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Gianluca Ricci

TRE CASI DIFFICILI

      

      

1. La piccola peste

Gli avevano detto che non era opportuno, alla sua età, pretendere di rispondere personalmente al telefono. Quando mai si era visto un bambino di quattro anni correre a rotta di collo dribblando genitori e fratelli più grandi per afferrare la cornetta e gridarci dentro a perdifiato: «Pronto, chi parla?»

I rimproveri si sprecavano inutilmente. I grandi dovevano stare attenti a non calpestare la piccola peste, perché per arrivare primo all’apparecchio non si preoccupava di infilarsi letteralmente sotto le scarpe altrui.

Dopo un anno, Marco, questo il nome del nostro amichetto, si era però stancato di giocare in quel modo ed aveva cominciato a mettersi in evidenza con l’indovinare al primo suono della voce nella cornetta il nome dell’interlocutore.

«È la signorina Rossi… E l’avvocato… E Paolo, che questa sera forse non torna a cena…»

La cosa buffa era che poche volte Marco sbagliava, anche se nei presenti all'iniziale ilarità si sostituiva subito un vago senso di disagio, se non di paura. Ufficialmente però la cosa era giudicata molto divertente e nessuno si poneva il problema di come ciò fosse possibile.

Passò un anno ancora e Marco andò alle elementari e ciò gli diede una particolare capacità di comprendere il mondo circostante e la vita nel suo complesso. Ovvero, un pochino di più. Le sue intuizioni adesso si estendevano anche sugli argomenti che si sarebbero potuti trattare per telefono. Il che cominciava a moltiplicare l'inquietudine e la diffidenza da parte di tutti. Non è bello sentire sul proprio collo, dietro le proprie orecchie, la presenza di un’autentica centrale di spionaggio.

Un po’ alla volta le persone di casa dovettero dire addio alle proprie tresche, piccole o grandi che fossero. La privacy era continuamente in pericolo. E finché si trattava dei piccoli flirt dei fratelli maggiori, niente di male. Il peggio non poteva capitare che ai suoi genitori. Moderni, aggiornati quanto si voglia, ma sempre una coppia formalmente unita. A volte capitava che la segretaria di papà chiamasse ad un’ora non consueta o un certo signore, molto gentile, impegnasse la mamma in lunghe conversazioni…

Fu così che Marco finì le scuole dell’obbligo nel miglior collegio della sua città.

      

2. Giovannino ed il fagiolo magico

Giovannino se lo trovò di fronte all’improvviso, sbucato fuori del boschetto di foglie cresciute in cima al fusto del fagiolo magico piantato appena la sera prima.

Stava accucciato, accoccolato sui talloni, tenendosi in equilibrio grazie ad una lunga ascia piantata per terra. Il suo aspetto, però, non era orrido e il suo sguardo appariva mite pur sotto una folta capigliatura incolta.

«Ti aspettavo – disse il gigante spezzando l’atmosfera irreale che si era creata tra loro – e non c’è bisogno che ci mettiamo a correre di qua e di là. Basta inutili sceneggiate, siamo uomini di mondo, noi. Puoi prendere quello che vuoi ed anche uccidermi. Tanto io rinascerò nel sogno di un altro bambino».

«Posso prendere davvero la tua gallina dalle uova d’oro?» chiese titubante Giovannino.

«Ma certo!» tuonò ilare il gigante.

«Ed anche la tovaglia magica?» pietì il giovanetto.

«Ovvio!» assentì il bruto.

«E l’anello che rende invisibili, la rete per catturare il vento e l’acqua dell’eterna gioventù?» insistette il ragazzo.
«Indubbiamente!» consentì l’orco.

«E potrò fidanzarmi con tua figlia?» chiese ammiccando audace Giovannino.

«Se a lei farà piacere!» rispose il troglodita.

«Non c’è più gusto in questa storia!» sbottò il teppistello e, tolta la scure dalle mani del gigante, gli tagliò la testa e se ne andò a zonzo per il paese magico prendendo rabbiosamente a calci sassi, fiori e quanti animali gli fossero capitati a tiro.

      

3. Il caso e la necessità

A nascere i pulcini ci mettono molto tempo. Dopo essere rimasti a lungo al caldo sotto le ali della chioccia, chiusi per molti giorni nel proprio guscio, cominciano di solito a picchiettare piano piano contro la volta dello stesso. Vorrebbero farsi notare e chiamare aiuto, poiché la parete che li divide dal mondo è ancora troppo solida per il loro fragile becco. E tale è la riconoscenza per questo soccorso, che a loro capita di sentirsi debitori, se non figli, di ogni oggetto o persona intravisti al momento della schiusa.

Dopo questo momento la loro vita non ha più un attimo di requie. Subito a cercare cibo, a razzolare e pulire la propria tana, a scoprire nell’immagine riflessa della fontana o di qualsiasi pozza d’acqua lo spuntare dei bargigli e quindi l’inizio di una nuova vita di relazione.

L’idea che la stazione finale della propria vita possa coincidere con il riposo in un piatto di portata dopo una bella scodella piena di cappelletti domenicali non li spaventa, poiché la coscienza in questa specie è un po’ difettosa.

La storia di Miki, l’unico polletto che ebbe modo di distaccarsi da questa linea evolutiva, fu abbastanza singolare e merita pertanto di essere segnalata.

Quando nacque stupì subito tutti, perché il suo uovo era protetto in superficie da uno strato finemente screziato di rosso che irradiava una luminescenza particolarissima. Era difficile, a prima vista, dire se il suo fosse proprio un uovo di gallina o di piccione o di fringuello, non volendo il suo ospite farsi assolutamente vedere. Gli rincresceva di rispettare i giusti tempi dell’incubazione, perché così avrebbe polverizzato e distrutto la sua meravigliosa casetta.

La madre, una chioccia con un piumaggio molto importante e fin troppo lucido, non diede troppa importanza a tali dettagli, visto che aveva grandi progetti su questo figlio nato per ultimo. Giorno dopo giorno lo spazio dentro l’uovo cominciava a venir meno e la luminescenza tendeva a trasformarsi in trasparenza. Miki era così praticamente allo scoperto e non poteva sottrarsi allo sguardo degli sfaccendati e dei perditempo che lo venivano a trovare, quasi fosse un fenomeno da baraccone. Anche il fattore un giorno lo agguantò, lo soppesò lentamente, lo rimise a terra, ma non prese alcuna decisione.

Passarono i giorni e gli anni e Miki continuava a svilupparsi dentro il suo monolocale diventato troppo fine, anzi trasparente come un cristallo di rocca. Rotolando su se stesso, usciva fuori dal pollaio, andava nel cortile e qualche volta fino alla siepe di confine. Conosceva così il territorio, faceva esperienze e soprattutto progrediva intellettualmente. Talora permetteva, ma non spesso per paura di ammaccarsi e scheggiarsi, di essere usato come pallina.

Tuttavia per lui questa era una condizione di forte infelicità. Non poteva percepire né caldo né freddo, non conosceva la pioggia ed il vento e mai e poi mai avrebbe potuto azzuffarsi con i polletti della sua età e provare così il brivido del coraggio ed il sapore aspro delle ferite sulla pelle, pardon sulle piume. Sì, era bello, unico, ma tanto solo. Un pulcino prodigio che nessuno avrebbe voluto come genero. Lui ne era così consapevole che ormai non rivolgeva neppure più la parola alle proprie compagne di classe, pardon di stia.

Un giorno, non sopportando più la sua condizione, pensò di farla finita, ma era molto indeciso se andarsi ad offrire ad un McDonald o saltare giù nel fiume a capofitto. Stava per prendere la sua decisione quando, rotolando sbadatamente, inciampò su se stesso ed andò a sbattere sullo spigolo vivo di una casa molto vecchia. Svenne, ma non per molto, perché sentì l’abbraccio tenero e caldo di una giovane pollastrella precipitatasi per aiutarlo a rialzarsi.

Dell’uovo trasparente non furono trovate più tracce e questo per la scienza fu davvero una grave perdita.

          

 [gennaio 2010]

   


Gianluca Ricci è nato il 17 novembre 1950 a Perugia dove attualmente risiede. Dopo essersi laureato in lettere moderne si è trasferito per motivi di lavoro per circa un decennio in provincia di Bergamo. Ha insegnato italiano, storia e geografia nella scuola secondaria di I e II grado. 

Sono stati pubblicati alcuni suoi volumi di poesia:

Su SuperZeko, poi, sono riproposte con il consenso dell'autore alcune Poesie inedite degli anni 2005-2007, già pubblicate da Enrico Cerquiglini nel suo blog «Tra nebbia e fango» (http://enricocerquiglini.splinder.com/tag/gianluca_ricci), e Vigoroso è il moto del cielo (Poesie 2010-2012), già pubblicato da Midgard Editrice, mentre sono pubblicate in prima edizione la raccolta del 2008 Nova. Amor sacro ed amor profano ed altre cose ancora, quella del 2009 L'Uno vacante. Ancora citazioni, haiku, koan, aforismi e quant'altro..., Avessi ancora qualcuno (2011-2012), e le opere in prosa Koan all'italiana (2009), Il micio curandero & altri racconti (2009-2010), Le fiabe svoltate (cioè all'incontrario) (2010), Quando i ragazzi raccontano (2010), Tre viaggiatori (2010). Vi ha inoltre pubblicato Me le ha raccontate la mamma..., una raccolta di storielle e filastrocche apprese da sua madre Alda Rebecchi.

Il suo indirizzo di posta elettronica è etsi.omnes.non.ego@gmail.com.

   

 

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