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Alberto Fasano
PAROLE SUL CONFINE DEL SILENZIO
(Umbria, agosto 2005)
Sei arrivata qui bianca come la neve.
Le tue parole cadevano come fiocchi candidi e delicati.
Nei tuoi occhi deboli volava uno sguardo vivace.
Hai visto sulle mie mani la solitudine.
Hai letto sulle mie labbra un’ombra d’inquietudine.
In questi giorni infuria un violento turbine di neve.
Nella mia mente i pensieri sono un vortice oscuro di dolore.
Le tue orme sul mantello bianco inseguono il mio sguardo fugace.
Son solo nella solitudine, abbandonato nell’abbandono.
Sento il freddo nel fuoco e il calore nei tuoi occhi pallidi.
Il tuo sorriso di fiordaliso mi ricorda campi di grano.
Non seguire la mia ombra perché il mio deserto è più freddo della neve,
è più violento della bufera. Allontanati da me.
Non lasciare che i tuoi fiocchi si posino candidi e delicati sulle mie mani,
che le tue guance di neve diventino rosse come il tuo sguardo.
Perché sei giunta qui colomba bianca e delicata?
Ogni giorno i tuoi occhi sono più pallidi.
Segui i miei occhi e lascia che le tue parole si sciolgano tra le mie mani.
Abbandonati nel mio abbandono e scaldami con il tuo sguardo.
Sarai sola nella mia solitudine.
Giorno, mese e anno. La tua somma è centonove.
Timida visitatrice. Conti. La mia somma è centonove.
Distesa sulle nubi rosse, ti allunghi come una rosa nella sera.
È notte di parole che s’intrecciano con la ringhiera del tuo balcone.
Dolce e calda è la tua mano, piccola ma infinita
come attimi che s’inseguono l’un l’altro.
Sento la quiete dell’acqua immobile avvolgersi sulla mia mano
mentre le tue parole bianche si posano vive sulla mia anima cinerea.
Ad un tratto il mare s’ingrossa e sbatte la mia barca
su scogli di pioggia. Il cielo indossa i suoi vestiti neri.
Il temporale s’annida sulla spiaggia dove ho abbandonato i remi verdi
e orizzontale raggiunge la mia capanna di memorie.
Non ascoltare la mia mano che vibra nel vento,
la tua vita è una coperta di barche cupe.
Le tue labbra nel sonno si chiudono come un fiore nel freddo,
in esse si legge il tuo sogno oscuro, bimba di neve.
La mia mano si perde tra i tuoi capelli e accarezza i tuoi pensieri cupi.
Luna velata, stringiti al mio fianco. Non svegliarti.
Le tue labbra lentamente si schiudono. Attenderò il sole per baciarle.
Ora dormi. Dormi, rosso petalo di luna.
Le mie memorie sviscerano pesci opachi dai loro nidi ovali.
Strappano stoffe di ortica e gusci di buio da prati e tenebre.
Sradicano la tua notte dalle mie radici.
Arrampicati su di me come una dulcamara.
Non trattare con i tuoi timori fermi. Bimba di neve,
non dimenticare mai che sei un’onda.
Chicco della vite notturna, viola aroma del sud,
tu segni solchi densi nei miei sogni di muschio.
Lontana dall’odore del mare, cammini lenta
tra queste pendici che abbracciano le tue radici.
Il tuo sapore porpora scorre nel cielo
come un ruscello di nubi. Dolce come l’uva,
i tuoi baci cadono sulle mie labbra come grappoli rossi,
i tuoi sguardi inebriano creste d’onda.
Volano foglie assorte che girano attorno al tuo profumo.
Mi reggo tra gli ulivi strappandoti petali d’amaranto.
Ho spremuto olive in frantoi di sabbia e sale,
gocce d’olio filtravano attraverso l’imbrunire.
Nella radice notturna ho raccolto l’odore di salsedine
e l’ho dipinto nelle squame verdi di pesci spenti.
Sento il tuo respiro in questi boschi medievali.
Nel lago i tuoi seni bianchi sorgono come piccole isole.
Ti porterò specchi di Venere in ceramiche a riflesso
e, avido, ti adorerò in labirinti di mirto.
Arancione come il sole nel mattino, un piccolo villaggio
sorge tiepido dalle tue mani azzurre.
Piccola schiava della terra da te tutto nasce e vola
come le ali screziate delle farfalle o il suono dell’arpa.
La sera si rifugia tra le tue braccia. Tu così bella, lei così stanca.
Distesa sulla radice della notte, pieghi spighe nella tempesta.
Di te amo tutto, per questo tu mi piaci. Gialla come il grano.
Galoppa la notte, tu sei il suo oceano, e canti, e tutto canta.
Nulla si muove, e tu danzi. L’erba e la rugiada sussurrano.
Nelle tue mani il villaggio è silenzioso, le porte socchiuse.
Da quando i tuoi capelli profumano di luna,
la notte ti cerca, e ogni giorno si fa più breve.
Bambola, in te si succedono il bianco e il nero.
Soffoca il chiarore nelle tenebre.
In te tutto gioisce, impazzisce, nasce, muore.
In te dimorano l’acqua e il fuoco. Da te sboccia la felicità.
Improvvisamente nell’alba ulula il tramonto.
Il vento alza le foglie autunnali, il fiume bagna le ali delle api,
dal ponte tu dipingi gocce di sabbia. Sei stanca. Pallida. Debole.
Sei così bella nel tuo movimento incessante.
Nel tramonto fiorisce un’alba rosa, offuscata, trasparente.
In te tutto è amore, perfezione, quiete. Eppure tutto si agita, freme.
S’addensa la nebbia, e cinge la notte che, umida, grida.
Parlano di noi sul crepitar della pioggia
e nei miei occhi, i tuoi occhi indicano la strada bagnata
e un eco si diffonde nelle nostre mani albeggianti.
Parlano nel cielo le nubi, basse onde salate.
Nei tuoi occhi si distendono tramonti oceanici.
Raccolgo le tue mani appoggiate nella foschia rosa.
Il riflesso della pioggia segna vie grigie sulle mie mani.
Mentre un gabbiano piega le sue ali d’avorio verso sud,
raccogli le mie mani stanche nelle tue dita dolci e bianche.
Passeggi sull’arena. Nel tuo odore inverto la rotta fiammeggiante.
La mia traccia diviene arancione. L’autunno è nella primavera.
Cogli petali di sabbia, gialli petali che il vento porta via con sé.
Il tuo profumo è un’ala del vento. Io volo, svanisco nel vento.
Quanto ti sarà costato abbracciare nel tuo ventre calmo la mia anima ondosa,
dipingere nelle notti con le tue lacrime un sorriso di speranza per me,
disegnare in sogni inquieti prigioni e poi far evadere la mia ombra.
Per te rubo corone di baci da castelli d’argento,
porto fiori profumati nelle nostre notti rosse.
Per te rubo il calice dorato della luna nelle notti azzurre,
chiedo ai pesci notturni dell’abisso di danzare con le stelle.
Parlano di noi seduti su specchi neri,
il riflesso è giallo e, muto, parla nell’acqua.
Chiedono di noi alle piante marine,
le foglie riflettono il silenzio in un canto offuscato.
Qui ti accompagno.
Nel freddo di onde confuse si affievolisce l’inverno intricato.
Si bagnano nell’eco notturno i tuoi capelli lunghi e neri.
Nella sera il vento sfiora un crepuscolo che trema.
Gocce di pietra cadono come pioggia nera nel buio.
L’odore rosso della notte avvolge in un’elica d’amore
la tua anima delicata sulla mia, ruvida come la terra.
Il rumore della pioggia si frange nella notte come un’onda
e le nostre anime si perdono in luci oscure e soffuse.
I miei occhi accarezzano le tue labbra e ti indicano
vie intrecciate in umidi rovi di silenzio.
Il tuo pallore scava in me cunicoli dove nascondi
le tue ansie, e ardono i miei sensi, nudi viandanti.
Ardono sulla tua strada di baci, e sei tu con i tuoi sguardi
tristi e magnetici che risvegli in loro il rosso della sete.
Il tuo volto si bagna in lacrime viola che la passione terge
e trasforma in petali caldi ed echeggianti.
Così in notti ovali sotto la pioggia ho ascoltato
distendersi foglie d’acqua sul fruscio del vento.
M’inviti da te quando guardi la luna che brilla,
e mi parli silenziosa mentre la notte si copre.
Sei distante, e le ore come frecce m’attraversano
il petto, e sembra che le tue parole m’accarezzino.
Sembra che il tuo sorriso sia inciso
nell’ombra di meridiane crepuscolari,
e che nel giardino sfiorito i tuoi sguardi
cerchino dimora tra le mie braccia stanche.
M’inviti da te quando guardi i raggi lunari,
e intrecci la tua mano con la mia per volare.
E mi parli, fragile come il grano che si piega al vento:
volano i tuoi capelli bruni in spighe timide e silenziose.
Poiché la tua mano piccola m’accarezza nel buio,
non sento la tua mancanza, anche se non sei qui.
Come edera, m’arrampico aggrappato al silenzio,
scavalco la notte sospesa, e mi basta che tu esista.
Quando tu non sei qui, accarezzo la tua bocca silenziosa,
e mi basta che la tua voce disegni nella notte un sorriso assente.
E nell’ombra di ponti neri, lancette immobili, orologi increspati
le tue labbra schiuse e umide sfiorano le mie spente ed aride.
Nel mio cuore s’è abbattuto un tramonto nero.
Cinque cavalieri scuri hanno conquistato la mia anima.
I tuoi occhi spaventati mi fissavano da una fessura del cielo.
Le tue mani mi cercavano nel crine di un cavallo alato.
È stata campagna di mulini grigi e gladioli d’argento.
La tua voce risuonava sul filo di una tregua annegata.
È stata lotta di bighe crepuscolari e dardi di freddo.
Il tuo timore forgiava la spada del mio coraggio.
Dalla torre in cui eri caduta prigioniera, saette d’acqua
s’abbattevano sul campo di battaglia ed estinguevano spighe di vento.
Dalla torre, un ultimo bacio notturno.
Nella nebbia s’espande l’aurora.
Nel mio cuore giace un gladiolo d’argento.
Si affacciano nubi grigie sulla finestra dell’estate.
Il freddo è intriso nella tua bocca spoglia di parole
e nel tuo ritratto senza linee né colori.
Ti ascolto nell’odore della pioggia
nella sezione obliqua della mia anima
nel tempo scolpito su giorni spenti e inesistenti.
Un fulmine di luce squarcia l’oceano,
il tuo sguardo di fuoco ha lacerato i miei sensi.
Travolti dal temporale
sospesi sul vortice di un amore improvviso
aggrappati all’odore di un amore istintivo e caldo e intenso,
ci siamo abbandonati sull’orlo del crepuscolo
scavato nel profilo della sera.
Ho ancorato il mio cuore
nelle tue mani dolci e nelle tue labbra di ciliegia
nel tuo corpo in fiore e nella tua anima triste pioggia d’estate.
Sfocato sul riflesso della tua assenza
nell’attesa infinita dei tuoi baci caldi
vago, madido nella notte bagnata.
Immerso nelle ancor umide corolle del cielo con l’ombra
di un ricordo dipingo le tue orme sul confine del silenzio.
Paesaggi appena sbocciati scorrono sul sospiro dell’alba
mentre gocce corrono in diagonale sui finestrini socchiusi.
Fiore notturno, raggio lunare, stella di mercurio,
cade nell’erba bagnata l’oscurità della tua assenza.
Indelebili i ricordi che scolpisco nel tremore della dimenticanza,
nell’odore leggero delle tue pupille profonde. Scavo terre desolate,
consolazione nella disperazione, compagnia nella solitudine.
Abbatto onde verdi sulle tue orme silenziose.
Accarezzai il tuo sguardo intenso nei tuoi vivi petali d’argento.
Le tue dita come sepali erano il calice bianco del buio.
Cavalcai la furia dell’oceano nella quiete dell’ombra.
In te scavavo la notte.
Stringi la mia distanza nelle tue ali blu come il mare.
Libera ancora le mie mani sulla tua pelle umida.
Tormentato, inebriami nella catena di desiderio.
Perso, guidami nella valle acquosa.
La rugiada è il deserto del mattino, mio dolce fiore bagnato.
Il vento è la mia voce crepuscolare, mio dolce fiore da innaffiare.
Nessuna voce.
Nell’oceano bianco, il silenzio è blu,
e l’odore nero della notte galleggia opaco.
Nell’alba giace una rosa di cristallo. I petali si frantumano
e nel loro riflesso ondeggiano frammenti stanchi dei tuoi sguardi.
Sono rossi. Volano nell’abisso come gabbiani nel cielo.
Sono abbandonati. Scavano nelle onde come un contadino nella terra.
Sono vivi. Tramontano come la mia ombra nella foschia del mattino.
Mentre ali nere solcano temporali bianchi
e voli infranti, il viola incide le tue guance.
L’arancione sfuma nella morte, e il vento
soffoca nelle strade sterrate di campagna.
Tu, sola, piangi come una bimba
che non coglie più pratoline.
Le tue mani mi parlano di te. Le tue labbra m’ascoltano silenziose.
Nei tuoi occhi volteggio disperato su una croce bagnata di sangue.
La vita nasce in primavera, fiorisce orizzontale, soffoca nell’autunno.
L’amore sboccia in estate, vola verticale, si frange nell’inverno.
È debole il suono della vita. Ha un petalo amaro.
Ti cerco tra ferite schiuse e tracce mute.
Gira il suono dell’amore. Ha un’ala spezzata dalla notte.
Ti cerco sotto un albero di lacrime dove il dolore sussurra.
Spiga di grano,
quale tormento il vento della seminatura,
tarda maturità.
Rubo le tue vestigia gialle velate di bianco
come un ladro di giorni opachi,
spoglio di foglie.
Carico sulle spalle
bottini pallidi e ornamenti d’alabastro.
Spiga di grano,
quale tormento il vento d’argento,
indifesa.
Raccolgo l’ombra del tuo viaggio
come un uccello che migra verso sud,
chino su spiagge bianche e fredde.
Carico sulle spalle
scogli di sabbia e ali di gabbiani.
Spiga di grano,
quale tormento il vento del germoglio,
fiordaliso e pratolina.
Cascate d’avorio ti trascinano sul miele
come colombe gialle e nere,
voli su petali bianchi e rosa.
Carico sulle spalle
traghetti di api silenziose e fiori d’albicocco.
Spiga di grano,
quale tormento il vento della mietitura,
vola la crusca.
Spogliata in contenitori freddi e bianchi
come coperte invernali,
t’aggrigi in giugno.
Carico sulle spalle
l’aroma di pane e un bacio di farina.
In uno specchio uno specchio. Riflesso il vento grigio.
Alla finestra grappoli di ginestra, e il deserto blu nel cielo giallo.
Cammina una schiera di nubi nella stanza appassita
mentre dal soffitto onde cadono sul pavimento sfiorito.
Gira la strada e in incroci incrocia rami di cemento,
cartelli stradali affollano le linee bianche delle direzioni.
Opache vetture con ruote quadrate increspano il mare,
nell’acqua lampioni serali annegano nel sole spento.
Allo stop passeggiano viali appoggiati ad ombrelli di pioggia,
semafori capovolti e avvolti in cappotti di neve.
Il ghiaccio sull’asfalto disegna il freddo nell’estate,
le buche nascondono tartarughe in gusci di chiodi.
In un riflesso un riflesso. Specchiato un giovane invecchiato.
Alla porta una morta, e l’immagine di un ricco mendicante.
Siedono un alito di cristallo e la sua ombra nera,
stanchi stropicciano orizzonti d’indifferenza.
Annegano parole tristi in questo foglio blu.
Lontano dalla città. Dalla collina.
Da lei, che stringevo tra le mie braccia.
Qui, dov’è la sua lontananza. Nel riflesso
che nei miei passi coglie la sua assenza.
La sua barca fragile s’àncora a moli che pian piano s’allontanano.
Cammino lungo il fiume. Sprofondo nel nero infinito.
Nell’autunno l’inverno non termina ancora
e le foglie dagli alberi tramontano buie sulla neve.
Sola nel cielo. Così nasce la notte, e in essa getto reti di silenzio.
Le tiro su vuote e fredde. La notte è come il deserto.
Una goccia cade sulla mia mano, e lei non è qui.
Nell’azzurro, dove le nostre bocche parlavano d’amore
e i nostri occhi si perdevano nella primavera.
Come un profumo grigio, la sento nelle sfumature.
La cerco nelle ali delle capinere. In bucaneve fioriti.
Giro in cerchi concentrici. Nell’acqua posso dire che mi manca.
Mi manca. Come i suoi primi baci. Come l’emozione del suo volto.
Eppure lei non sarà più mia.
Ma come dimenticarla. Con il suo sorriso ha inciso la mia memoria.
Con le sue lacrime silenziose ha bagnato il colore della mia solitudine.
La cerco in questo fiume inquieto dove l’ho ascoltata.
Ascolto. Disteso su questo lenzuolo di foglie invernali.
Le sue mani allegre accarezzavano la mia voce.
Senza di lei le mie parole sfiorano pesci viola.
Benché l’aspetti, so che non passeggeremo più lungo questa riva.
Le sue labbra non saranno più mie. Lei è perduta. Per sempre.
Annegano parole tristi in questo foglio blu, e io con esse.
Nel mare. Il dolore si versa nel mare. L’acqua nell’oblio.
Non ci sarà un’ultima notte seduti a parlare di noi.
Una foglia rosa galleggia, e lentamente scompare nel freddo.
Nota di giugno 2006: è un piacere registrare che con alcune delle poesie sopra riportate Alberto Fasano ha vinto l'edizione 2005 del concorso Les Lyriques indetto dalla rivista Prospektiva (cfr. http://www.prospektiva.it/giuria.htm [10/6/2011: link non più attivo]).
Alberto Fasano, nato a Torino il 29/3/1977, scrive poesie fin dalla prima adolescenza. Laureato in matematica, ha pubblicato insieme a Hisao Fujita Yashima nella rivista The Mathematical Journal of the University of Padua (cfr. http://rendiconti.math.unipd.it/, Published Volumes, 111, pp. 205-238) lo studio «Equazioni integrali per un modello di simbiosi tra due specie con diffusione e struttura di età: caso di pino cembro e nocciolaia», successivamente riprodotto nei Quaderni del Dipartimento di Matematica dell'Università di Torino (n. 21/2003, maggio 2003, on line all'indirizzo http://www.dm.unito.it/quadernidipartimento/2003/pdf/q21-03.pdf). Su SuperZeko ha pubblicato due raccolte di poesie: Parole sul confine del silenzio e Voli ogni sera.
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