Articoli di Aliberth


 

L’ELIMINAZIONE della SOFFERENZA

 
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Proponiamo qui un altro dialogo generato tramite la rubrica ‘Posta’ di Facebook, in cui due o più interlocutori dibattono con interessanti domande e risposte che poi, ad una successiva rilettura, potrebbero diventare interessanti anche per altri lettori. Per questo motivo, visto che la cosa stimola il mio pensiero, mi sento spinto a postare sul sito questi dialoghi….

 

 

XX. - Aliberth, mi dispiace molto, non puoi immaginare quanto. Ma mi hai fatto una profonda tenerezza quando mi hai detto che vivi da solo, mangi da solo e dormi da solo, solitario e tranquillo nella tua caverna, e poi arrivo io come un uragano, anche da lontano, a disturbare la tua pace. Non l’avrei mai voluto fare, e me ne dispiace, chi sa cosa è successo… non lo capisco neanche io, non ti ripeto tutte le cose che gia ti ho detto in passato, ma l’ho sentito veramente e continuo a sentirlo, non mi smentisco anche se tu dovessi mandarmi al diavolo e con ragione. Scusami, se disturbo la tua tranquillità. Dimmelo, che così mi metto da parte con serenità. Però, se per caso una persona ha avuto una grossa sofferenza, deve fare il possibile per dimenticarla, non deve pensarci su, o in alternativa deve tenersela e lavorarci su, e convivere con essa. (Non serve a nulla parlare di ‘Sunyata’, perché se la persona l’ha realizzato, di questa domanda non avrebbe bisogno). Allora, come si fa per lavorarci su?

Aliberth - Quanto a quello di cui parli, di questa domanda non ne sentivo il bisogno... e nemmeno io ne parlo tanto. Quando ti ho parlato di “Sunyata” e delle mie sofferenze del passato, l’ho fatto solo per farti capire come si può cambiare la propria mente... Ricordi “La Sindrome di Milarepa”? Cioè, anche se una persona ha sofferto tantissimo, in realtà quella sofferenza è solo il frutto della sua ignoranza, della sua illusione e della sua mente che gli ha provocato il suo karma. Ma, una volta che si è capito questo, la sofferenza scompare... il passato scompare... e l'ignoranza e l'illusione scompaiono.... Capito? Quindi, in realtà, non c'è nulla di cui parlare, niente da dire... solo scambiarci abbracci e saluti…

XX. – Va bene… ma ciò che ho scritto nel mio ultimo messaggio, Al, non si riferiva a te, oramai queste cose le hai superati, sei andato oltre. Ti chiedevo un consiglio: cioè, se queste sofferenze bisogna togliersele, eliminarle della propria mente, o elaborarle e saper convivere con loro serenamente; e tuttavia, come si fa a elaborarle? Ti ringrazio con tutto il cuore se mi darai una spiegazione… Un abbraccio…

Aliberth – Vedi… il Buddha-Dharma è l'Insegnamento profondo del Buddha. Si dice che il Buddha insegnasse il Dharma in tre modi e con tre diversi livelli di profondità...

Il 1° livello è quello per i principianti, in esso si evidenzia di più l'aspetto pratico del Dharma da applicare durante le nostre azioni della giornata (cioè, fare azioni positive, avere pensieri positivi e pregare per migliorare il karma proprio e degli altri, ecc.)

Il 2° livello è per praticanti già un pò più esperti che hanno compreso il vero scopo del Dharma e cioè, la comprensione della Vacuità e l'abbandono del samsara (vale a dire, l'abbandono delle attività mentali che producono il karma, le rinascite e quindi, il sorgere del samsara)

Il 3° livello è per i praticanti molto avanzati. A questi esseri non serve più niente altro, perchè hanno già compreso quello che c'era da comprendere, e finalmente essi non credono più al mondo delle apparenze e dell’illusione mentale (questo è il livello che è chiamata l’Illuminazione Improvvisa dei Sentieri Finali conclusivi, come lo Dzog-Chen, il Tantrismo estremo (anuttara), il Chan-Zen, l’Advaita-Vedanta, e pochi altri). Questi Esseri Avanzati ormai non aspettano altro che l'ingresso nel Nirvana senza ritorno.

Tutto ciò, però, è solo pura Teoria... Per la messa in pratica, ce ne vuole! E per parte mia, è stata proprio la grande fede nel Dharma (soprattutto quando si afferma che la mente è prigioniera dell'ignoranza e dell'illusione), che mi ha fortemente aiutato nel riuscire a liberarmi della sofferenza... Ho meditato tantissimo sull'impermanenza e sulla morte. E così, ad un certo punto, ho cominciato a "vedere" le persone come irreali e impermanenti, con l'occhio interno della mente che riusciva a "vedere" i loro scheletri e i loro organi interni (compresi urina, sangue, pus ed escrementi), ed è accaduto che la mia mente cominciasse a pensare in questo modo anche nei confronti di "me stesso". Così, pian piano ho cominciato a non sentir più attaccamento e desiderio, ma soltanto una forte "compassione", per come tutti noi esistiamo veramente... Ed allora, al posto della sofferenza personale, pian piano è arrivata proprio una grande tolleranza, una paziente compassione per tutti gli esseri viventi e una profonda comprensione della nostra vera essenza e del fatto che la nostra vera REALTA', la nostra natura reale, è solamente l'energia della COSCIENZA. Un abbraccio!

XX.- Caro Al, ti racconto come ho vissuto la morte per prima volta: Sono entrata felice e cantando (avevo 26 anni) nella camera della mia bambina che aveva 4 mesi, e l’ho vista morta, soffocata. L’ho presa in braccio e le ho fatto la respirazione bocca a bocca. Ma era vuota, in braccio avevo solo l’involucro, mentre le facevo la respirazione sentivo che era vuota. Non avevo nessuna religione ma credevo nella reincarnazione, non so come ho capito in quel momento che cosa sia il nostro corpo, un involucro di qualcosa di prezioso, che va curato con molta attenzione perché faccia il suo ruolo fino alla fine. Il Buddismo l’ho incontrato nel 1990, e Ghesce-Là mi ha spiegato perché la mia bambina è morta e che stava molto bene. Questo mi ha permesso di trovare la completa pace. Io avevo già mio figlio di 2 anni, e non volevo certo traumatizzarlo più di quanto potevo averlo fatto, così il mio dolore me lo tenevo dentro, tra crisi di panico (mi chiudevo in bagno perché nessuno se n’accorgesse) e depressione, però ho tirato avanti. Nessuno se n’era accorto, io ridevo e scherzavo sempre, poi, dopo un anno preciso, lo stesso mese, 10 giorni prima del giorno che era morta la mia bambina mi è nata un’altra bella bimba, di cui sono fiera. Io non vedo il corpo come lo vedi tu, pieno di pus, escrementi ecc., lo vedo come la casa della coscienza sottile, quella casa che deve essere curata con amore perché contiene una cosa molto preziosa, la futura buddhità, e deve fare bene il suo compito fino alla fine. La mia bambina morta avrà preso un altro corpo tanti anni fa, mio padre ha lasciato il suo due anni fa, e anche lui ha trovato il suo nuovo corpo, come mia madre ecc… Loro non pensano più a me, noi siamo sempre soli, e moriamo soli, è inutile e assurdo pensare che stiano li a pensare a noi e a proteggerci. Ciao…

Aliberth:- Cara amica, io vedo il corpo pieno di pus, ecc. per evitare l'attaccamento, di cui sarei sicuramente vittima, così come lo sono stato per tutta la vita, così come sembra che sia per tutti gli esseri del mondo... E' proprio il vedere il corpo come una cosa bella e ospitale che ci fa continuamente rinascere.... Certo, bisogna dire che questa è una comprensione molto sottile ed elevata, e che arriva solo alla fine delle nostre rinascite, così da NON farci avere più voglia di riavere un corpo... So bene che è una cosa disumana... ma è il solo mezzo per evitare che la mente si attacchi sempre al proprio corpo ed ai corpi delle altre persone... purtroppo il Nirvana (cioè, la cessazione o fine delle rinascite, non può essere ottenuto con la mente ordinaria... che è ordinaria fino a quando considera il corpo come una casa accogliente e piacevole, e così ci si attacca). Ma io non condanno certo le persone che hanno quel tipo di considerazione nei riguardi del corpo, perchè se poco poco la mia mente si allontana dalla vera comprensione e dal vero insegnamento purtroppo anche essa ricade nella trappola del materialismo...

Va bene, ora ti lascio e ti abbraccio, sperando che prima o dopo, anche grazie alle tue pratiche del tong-len, tu possa arrivare a comprendere la vacuità e l'impermanenza e dunque non essere più così attratta dalla manifestazione mondana di nome e forma... anche perchè, solo così, si può sperare di non sentire più il dolore e la sofferenza che la mente prova in questa veste umana e proprio a causa del suo bel corpo che, però, poi invecchia, si ammala e muore... Se si sarà in grado di EVITARE la rigenerazione mentale del desiderio di avere un corpo (bhavanakama), allora e solo così si potrà entrare nel 'parinirvana' senza ritorno (quello che fece il Buddha)... E perchè, noi non dovremmo essere in grado di fare altrettanto?... Ciao.

XX: - Si, ma però senza questo corpo bello o brutto che sia, non possiamo arrivare al Nirvana, è esso che trasmette tutte le esperienze alla coscienza sottile. E questo lo si può capire senza avere attaccamento, e sapendo nel profondo del nostro cuore o nella mente, che è soggetto a putrefazione. Ma è solo con lui che puoi arrivare a non avere più bisogno di lui. ciao

Aliberth:- D’accordo, ma quando si è arrivati a destinazione è inutile stare a pensare al viaggio fatto,... lo capisci???? Se io devo andare da qui a Milano, una volta che ci sono arrivato, a che serve che mi attacco allo strumento che mi ci ha portato, cioè la macchina... Il Buddha disse che per arrivare all'Illuminazione e attraversare il Samsara, serve la zattera (del corpo, si potrebbe dire, o del risveglio mentale)... Ma una volta che si è arrivati al di là, la zattera bisogna pur abbandonarla... soprattutto nella nostra mente... Forse la differenza sta proprio qui, e cioè tra chi è già arrivato al Nirvana e quindi vede il corpo come ingombrante, perchè non gli serve più... e chi è ancora in viaggio, e quindi NON può fare a meno del suo corpo... (Ma, prima o poi, questo viaggio DEVE finire! No?) Un caro abbraccio…