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Lucio Pescarolo

DUE POESIE

 

 

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AbissoPer me

   

Abisso

 

Se per lustri, o decenni,

nella luce calante, verde di mughi,

calda di muschi, di resine e legni,

vado cercando, tra sassi e dirupi;

 

Mi assale dolente, la mala coscienza:

ricordi obsoleti, filmati sonori,

tante emozioni, coi forti colori;

non trovo riparo, né convalescenza;

non so che suture mi possan lenire.

 

Lascia i sogni, lascia le nostalgie fluire!

Che vadano, con la corrente!

Lascia svanire il suono!

Fai quietare la mente!

Ora – mi dico – Io Sono,

l'abisso è qui; il presente!

   

   


   

Per me

 

Se, andando per prati e boschi,

nel solido silenzio della stagione morta,

non permetto alla mente di svagare,

come un cane lasciato a correre felice,

 

ma mi afferro all'ora,

e non mollo,

ostinato,

appassionatamente determinato,

aggrappato al sentirmi qui,

prima che contento e stanco e accaldato,

e per ore recito la formula sacra della mia più intima certezza...

 

allora,

a un tratto,

le nuvolette della primavera azzurra sorridono...

sorridono a me;

 

e i ruscelletti cantano,

dolci e sommessi...

cantano per me.

   

   

   


Lucio Pescarolo, dopo avermi inviato queste due dense poesie e una traduzione da Hermann Hesse, a fronte della mia richiesta di inviarmi altro, in data 18/8/2008 scrive di se stesso: 

«Non sono un poeta, e i versi che mi sono usciti, con mia sorpresa, dalla penna, sono tutti davanti a lei: si tratta di un parto improvviso e inaspettato, di qualche anno fa, che non ha avuto seguito alcuno.
Ecco, direi che questo è proprio un mio tratto saliente: una signorile noncuranza per quanto il mio genio potrebbe produrre, se solo ci fosse un po' di ambizione e voglia di ammirazione; ma proprio non ce n'è, né dell'una, né dell'altra.
Sono un musicista diplomato, e mi sono divertito parecchio a dimostrare a me stesso che sarei stato in grado di scrivere una fuga della stessa complessità e ricchezza di quelle di Bach; ma, fatto questo, non mi è mai passato per la testa di comporre sul serio; semplicemente non ho nulla da dire con la musica (oggi, perché molti anni fa avevo affidato a una passacaglia tutto il mio dolore esistenziale, piegando la musica a sfogo romantico).

[...] Sono laureato in filosofia, e da giovane la cosa mi appassionava. Ma da anni ormai nutro un supremo disprezzo per la cosiddetta cultura umanistica di derivazione idealistica, e ho invece una grande passione per quasi tutti quei rami della scienza (matematica, fisica, cosmologia ecc.) che oggi sono giunti in vista di frontiere così sorprendenti, così rivoluzionarie, ma anche così difficili da dominare appieno, da farmi pronosticare una rinascita della figura del saggio/sapiente/sacerdote che solo, grazie alle sue superiori capacità e alla sua disciplina, può dire di comprendere l'intima essenza della realtà, e può dirigerne le energie elementari. Ovviamente distanziando le masse che non potranno, non sapranno, seguirlo.

Sono nato a Venezia nel lontano '41, e qui ho sempre vissuto; ho lavorato come insegnante a scuola, abbandonandola al suo sfacelo appena possibile. E sto per abbandonare anche Venezia, ormai invivibile, per un paesino dolcissimo ai piedi delle Alpi, che mi promette silenzio, pace, verde, solitudo vera beatitudo, senza rinunciare grazie a Internet a rimanere in contatto col mondo. Credo che le mie meditazioni, come me le ha insegnate il Buddha, ne trarranno molto beneficio».

Queste sono dunque finora le sue uniche poesie, fatta eccezione per una lirica d'amore giovanile, esile ma genuina, che mi ha inviato successivamente per documentazione e che riporto qui di seguito per completezza.

Me ne vado a zonzo,
per prati,
e boschi silenti,
nella luce accecante di una splendente estate.

Ma perché lei non è qui con me?
Cammineremmo nel silenzio e nel sole...
tenendoci per mano.

Dario Chiol - 18/8/2008

   

 

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