Cigno d’oro
Oscilla, oscilla albero mente, oscilla. Danza, danza albero cuore, danza. E intrecciate le fronde a ricoprir la stanza dove il tripode giace, illuminato dalla fiamma del nappo, il cui liquore spicca con labbra di pietra il sire oscuro dell’ombra mia, figlio di draghi e soli, vento muto d’abisso, cigno d’oro.
31.I.1987
Matris nigræ carmen
“Sussurro canti, figli del deserto. Ho partorito, madre nera, incubi che la notte pervadono, e la mente. Senza nemici, nell’ignoto regno sola e libera danzo. Solamente mi pervade passione per quel fuoco che dal cuor di costui giunge alle stelle”. “Insorgi dunque, o madre nera. Sono luna e sole i tuoi occhi e quei fantasmi come figli d’un sogno son svaniti. Dall’inizio del mondo tu hai gettato incantesimi limpidi, ma impuro rese il tuo sogno il vile, onde ti ha fatta madre d’incubo, ché era egli incapace di cavalcare il fuoco. Ora ti chiedo di risplendere, o sacra nuda Notte, nel deserto del cuore”. “Tu a me luce domandi? In quale anfratto o caverna del mondo vuoi fuggire? Tutti gli esseri dormono e nel sonno mai non cercano alcuno che li svegli. Ora tu cerchi morte ed un serpente che ti fischi negli occhi oppure il verde vai cercando segreto occhio di Dio? Per qual fine ricerchi che io splenda?” “Seguo e percorro la via dell’astro regio, del vate oscuro che enuncia in sortilegio questo segreto mio e tuo, l’intimo amplesso per cui fragili ossa non chiudono il fuoco in una chiusa fossa. Splender perciò voglio vederti, mossa d’amor per questa meta ch’io spero, donna segreta”.
31.I.1987
Nella valle dei morti
Nella valle dei morti sono entrato. La mente ardeva possente, ho cantato. Eco fischianti e arcangeli d’abisso mi seguivan nel viaggio. Mi scortavano fino alle ultime barriere dei mondi esseri limpidi d’aria ed il ricordo di saggi antichi e splendenti che un tempo, aquile alte, guidavano il mondo.
Per un giorno ho veduto, ho contemplato il mare dove giacciono le ancore dei velieri scomparsi. Ho raccolto dall’albero di vita un rosso frutto, l’ho accostato alle labbra, l’ho baciato e ho pianto.
Quando morsi, però, morsi il mio cuore: svanì la gioia e tace il dolce canto. Hanno chiuso i miei occhi, mi han rubato il frutto rosso: il fanciullo è infelice. Dalle case di pianto non sa uscire, non vi è alcuno a sentirlo, non vi è alcuno. In nessun luogo al mondo vi è qualcuno.
28.III.1987
Il granello d’oro
Se un epitaffio, me morto, mai voleste scrivere, scrivete che un cane morto ha partorito un granello d’oro. Quel grano poi mise radici, ne venne fuori un grand’albero. Su esso posò un usignolo: di giorno vola, di notte canta.
Un piccolo bambino s’è innamorato: nel cuor della notte è fuggito dal suo lettino. Su per la spessa scorza della quercia speranza e coraggio lo spingono.
L’uccello fuggì, ma lui guarda, non vuol rassegnarsi, non scorda; ne spera il ritorno, lo attende con occhi sgranati - e lo afferra una nuvola d’oro - una stella in cima dell’albero spunta.
La nebbia d’incanto lo prende: sull’ultimo ramo scompare. Per terra rimane il cane morto: il grano d’oro ne è uscito. Un usignolo stellare l’ha portato lontano dalla mente degli uomini.
29.V.1987
Ad un amico
Serbo il ricordo di un uomo dal vasto intento: il suo cuore era nobile, il pensiero una spada.
Volle recidere la catena che ci legava, e insieme volle distruggere il ricordo dei compagni.
Oh quando la notte tu guardi fuor del tuo eremo le stelle, non senti piangere il cuore per ciò che era e non è?
O forse pensarci non vuoi e cerchi un deserto d’oblio, e vaghi sognando quel mondo che attende i viandanti laggiù?
Fin là, tuttavia, nel profondo tuo specchio quest’uomo ti cerca, poiché mai nessuno recide il congiunto segreto immortale.
Quand’anche tu te ne fuggissi fin dentro le terre del cielo, giammai mi potresti oscurare nel cuore il ricordo di te.
5.XI.1987
Esser tra noi rivali
Io non so nulla, certo, io non so qual è la strada per fuggir dal sogno, quale il magico verbo che ho bisogno di dire per volare, neanche fare prodigi mai veduti io so, e neppure combattere con gli astri guerre dure. Però la notte al cielo mostro il cuore, cerco la via, getto sospiri e incanto: taluno forse che sia chiaro e dolce dal cielo un dì verrà per amor santo. Allora forse splenderà l’oscuro, scordato ne sarà ogni suono impuro, l’ala sapiente dell’uccello anima una via s'aprirà dentro le nubi. E non vuoi tu, ti chiedo, allora essere qui con me e con te stesso e in quell’istante, nobili aurighi dell'anima nostra, rivaleggiare nella corsa magica su in alto, là, su in alto tra le stelle?
5.XI.1987
In questo vasto mondo meraviglioso
In questo vasto mondo meraviglioso qualcosa abbiamo accettato, qualcosa rifiutato. Chissà se la nostra scelta era esatta, chissà se la mente non ci ingannò. Però di certo sappiamo che di dov’era il nostro cuore mai siamo fuggiti. Fratelli che come noi avete cercato del mondo chiaro il segreto, cantate per noi una strofe di quelle che abbassano l’orecchio di Dio. Ditegli che noi cercammo il vero, che sol per questo noi c’incamminammo. Sorgano dunque i soli del profondo, gli angeli dai chiari occhi. Ed entrino nella nostra stanza gli amici giammai perduti.
12.XII.1987
Melograni nella penombra
Guidaci tu nel luogo del tramonto. Coglieremo melograni nella penombra, berremo al calice rosso scuro del loro cuore e getteremo i semi, dolci della nostra vita, fin nel ventre segreto del tempo. Sii tu, madre morte, nostra luce.
18.XII.1987
Al guardiano
Dammi il responso: Orfeo dove ha danzato infine? Dei suoi canti divini l’ultimo dove è fluito? Il vento delle sue parole, dimmi, dov’è andato? Il sole del suo cuore, dimmi, in quale mondo dà luce? I nostri fratelli se ne sono andati, i barbari spregiano le bellezze del mondo: nostro destino è rinchiuderci nel silenzio. Ma ascolta, fratello, il Regno non è perduto: inseguiremo le tracce di coloro che sono andati, canteremo canzoni che dal passato le nostre labbra rievocheranno nel triste deserto di quest’epoca, e ancora una volta, amico, il cuore batterà forte e moriremo non senza aver combattuto con nobile cuore l’ultima battaglia.
3.IV.1988
O passeggero
O passeggero, non guardarti intorno; la strada è piana e solida e la nebbia non sa impedirti il passo. Nel cammino tu prega Dio e inoltre non deviare, ma guarda in alto e giù non scender mai. Se scendi un attimo, non ritornerai: segui la strada, fratello, e pace avrai.
3.IV.1988
È celata la spada
È celata la spada che colpirà domani, che oggi nessuno vede , che noi sappiamo esistere, fatta di ferro d’anima, temprata nel sangue.
6.X.1988
Disconobbi me stesso
Disconobbi me stesso. Ora conosco quel che gli altri non sono e cerco intorno se mai un dì, fuor dalle porte bianche, possa vedere gli occhi del fratello, chiari lucidi astri di quel mondo onde cademmo, frusti, in quest’errore. O tu che vaghi, se troverai Dio, vieni a darmene conto, e del suo asilo troppo bianco per gli occhi, troppo vivo sicché pochi lo vedono, e anche dimmi un nome per poterlo infine udire quando parla tra i venti, ed un arcano che ci guidi in sua terra. Grati siamo a colui che ci aiuti, nostro padre novello essendo, che ci dia la vita che un dì fu nostra.
6.X.1988
Come una nube
Come una nube posa sul mio cuore: il mio destino è celato da un velo.
La soluzione è semplice semplice. Quante parole nel vento di novembre!
16.XI.1988
I saggi d’un tempo
I saggi d’un tempo celavano anime profonde come mari, in cui pesci sconosciuti contemplavano soli. Nessuno vide mai l’intima giostra delle visioni scomparse ch’essi non rimpiansero, perduti nella luce.
16.XI.1988
Le cinque direzioni
Ora che aspetto un figlio, ascolto il vento da est. Sorgerà nel sole novello il nostro rimedio alla morte?
Ora che gli avi son sazi, volgo il mio cuore lontano. Da nord risplende la stella che è polo del cielo dell’uomo.
Intorno la sagra dei folli al solito vedo inesausta. Il sole del sud li arde in fretta e presto verranno a sventura.
Ricordo montagne a occidente: la luce ogni dì vi scompare. Si perde un sospiro di pace là verso quel buio confine.
Di giorno e di notte io taccio: attendo il segnale dell’alto. Nel centro celeste del corpo da sempre l’altare è ricolmo.
16.XI.1988
Fuggiasco pellegrino
Fuggiasco pellegrino, invero qui non ti fermo. Di là, di là troveremo la nostra casa e la vita.
16.XI.1988
I puledri impazziti nel sole
Acclamano, cianciano, saltano, puledri impazziti nel sole.
Un cenno del sire Morte sgomenti li rende, e silenti.
La luce abbagliante del sogno presto ritroveremo.
Dalle mute sponde staccandoci, voglia il cielo che pochi rimangano.
16.XI.1988
Alzo la coppa e brindo
Alzo la coppa e brindo a coloro che verranno, che anch’essi possan gustare l’aroma fuggente del vino. Auguro loro che possano non troppo tardi imparare, ché il vino gustiamo da giovani e poi si è noi vino alla morte.
16.XI.1988 |