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Dario Chioli

NAVIGANTI

Poesie dei trent'anni

 
 
Sommario
1986Chi il tuo amore pretendeSeguo l’uccello bianco
 Ali del fondoIl cavaliere
NavigantiIl figlio delle stelle veloceL’arca
Il tamburo magicoLo sguardo furtivoSe cerchi ebbrezza
E il ladrone morìDello strappamento dell’essere 
Davanti ai suoi verdi occhiIl giardino1987
Dietro il paraventoLa Porta del Sole 
Nel mattino del mondoIl QuartoLa mandragora rossa
Danza l’anima miaHallowe’enLa danzante forma amorosa
 
   
 

Naviganti

Naviganti che percorsero l’ombra
hanno scoperto l’isola.
Su di essa, raccontano, fiori bianchi
dal calice di smeraldo suggono api dorate.
Nel loro miele divino intingono mani e bocca
i bambini immortali che raggiunsero il sole.
Oh potessi d’un tratto dimenticar me stesso
e me stesso raggiungere, fino alle radici:
albero sorgerei, protenderei i rami
per gettar mele rosse sulle vivide labbra.

25.2.1986

   

   

Il tamburo magico

Càpita a volte che un segno del cielo
Compensi per un attimo o forse per sempre
Quel doloroso impatto di cristallo infranto
Per cui risorge l’anima nostra immortale.
Sembra allora che si possa rifare,
Radioso racconto, la splendida dimora,
Liberi movendo, fieri del nostro anello
Che governa le stelle e i recessi del cuore.
Non vi è alcuno però che non ne abbia dolore,
Ché l’ombra ci scuote e ci affascina sapienza,
E per plaghe di sogno l’uomo è spaventato
Dal suo intimo essere e invoca, ottenebrato,
Che il velo duri eterno, ed eterna paura.
Poss’io svelarmi il cuore e danzare rapito
Al suono del tamburo magico della notte.

 

25.2.1986

   

   

E il ladrone morì

Fango e anima restano,
semi di terra e cielo,
e di coloro che furono
l’eterno sbocciar d’un fiore.
 
Tali fiori taluno
credette di nascondere:
venne un bimbo e glieli rapì
e il ladrone morì.
 
E noi anche aspettiamo,
o fanciullo del sogno,
ansiosi di capire
il tuo gesto infinito.

23.III.1986

   

   

Davanti ai suoi verdi occhi

Forse accadrà quel che tu speri,
viandante.
Rapito nei tuoi pensieri,
fuor d’essi,
incontrerai le stelle.
Girerai l’angolo
e vedrai Dio.
Rimani integro, allora.
Persisti, di fronte al fuoco.
E anche ricordati di me,
davanti ai suoi verdi occhi.

4.VI.1986

   

   

Dietro il paravento

Dietro il paravento
occhi neri ci guardano,
chiedono passione.
Esseri del sangue vengono
con infinito lamento a chiederci
che divorar ci possano. E noi
quasi daremmo in pasto
carne e mente all’abisso.
 

Pur si leva d’in basso
la ragione di fuoco
che in danza flautata si oppone
all’invida morte, e restiamo
nel deserto dei sensi
arsi,  in silenzio,
col ricordo d’armonie che furono.

4.VI.1986

   

   

Nel mattino del mondo

Quante cose potrebbero chiederti,
quante cose potrebbero dirti;
ma nessuno ti parla e tu sei
sempre solo al mattino del mondo,
mentre si spezzan l’acque e tu
stai di fronte alla morte,
dolce fanciulla splendente
prima che cada nel mondo.

4.VI.1986

   

   

Danza l’anima mia

Poiché t’ho chiesto, morte, il tuo segreto,
e tu hai danzato in una folle danza,
io t’ho ascoltata, oh sì t’ho ascoltata.
E or nel segreto - nessuno lo sa -
danza l’anima mia, danza l’anima mia.

4.VI.1986

   

   

Chi il tuo amore pretende

Tu suoni la nota incantata
che lega i paurosi. Ti inseguo,
o mia anima, o Moira,
osservando il bambino che finge
esser sole e leone di morte.
Ho veduto, non v’era nessuno
più forte di lui, perché molti
hanno ucciso leoni, ma proprio
quell’antico animale del cuore
assai pochi lo seppero avere
sotto il ferreo polso.
Ed i più, troppo vecchi per vivere,
son prostrati a pregarti; ma ami
chi il tuo amore di forza pretende.
Il tuo cuore, mai sazio d’incanti,
si rallegra del fuoco.

4.VI.1986

   

   

Ali del fondo

Per quanto lontano tu vada,
mai così lontano andrai
come entro te stesso.
Ventimila miglia di terra puoi girare,
ma l’abisso infinito oscuro
in mille secoli non puoi scandagliare.
Mentre gli uomini viaggiano per acque conosciute,
ali del fondo getta la mia mente
e il cuore germoglia occhi fin dentro la notte.
Sangue di stelle nelle vene del mio pensiero:
bevo alla coppa di un sogno
in ebbra regale compagnia.

15.VI.1986

   

   

Il figlio delle stelle veloce

Non vi è alcun luogo dove non possa vederti.
Non vi è stanza nel vasto mondo donde non ti chiami.
Sorgi, amor bruciante, fuor dagli abissi del cuore:
non altri che te, non altri che te amo.
Fenice in volo, te, libera sul mondo, guardo,
e il mio cammino si fa di fantasime dissipatore
e il sole, il figlio delle stelle veloce,
ferma i suoi raggi sopra le verdi colline del mondo.

10.VII.1986

   

   

Lo sguardo furtivo

Quando la morte serrò il mio cuore
con le sue mani di rubino e di vento,
come mi piacque, amore, ch’io potessi morire
ma lo sguardo per te, furtivo,
non potesse svanire.

29.VII.1986

   

   

Dello strappamento dell’essere

Piccolo viaggio è stato,
pochi dì t’ho lasciato;
eppure entro me uno iato
tra presente e passato
per qualche ragione strana
ha egualmente creato.
Meravigliosa certo, arcana
questa passione, inumana
se basta a toglier fiato
alla mente, al passato.
Per non averti veduto
così poco tempo, ha ceduto
entro di me la costanza
che univa l’interna stanza
dove l’ignoto giace
con l’apparenza che piace.
Come qualcosa mi fosse confitto
dentro il cuore, od invitto
un Eroe di ritorno, un Sole vivo
che mi bruci le piaghe onde soffrivo
si facesse davanti, disfacendo
quel ch’illusione va sempre tessendo.
La ragione che mente, il vecchio dire
quasi di te non parla, onde soffrire
io possa questo acuto dissennato
senso di chi in due è strappato
e guarda specchio e guarda gli occhi e il viso
per ritrovar consiglio di sorriso,
e nello specchio giace, sfinge muta,
un’immagine piatta, bruta.
O viandante, se al paese vai
della mia amata, quando là sarai
avvisala che soffro gran dolore.
Amor violento sforza la mia mente,
batte l’abisso, storna duramente
ogni passione cui fosse legata.
Se molto dolce non è l’amata,
rapisce ogni cosa il vento,
sire feroce e violento.

29.VII.1986

   

   

Il giardino

Getto dalle mie mani di corallo marino
gemme senza fine, perle di sangue immortale
fin dentro il giardino dell’Amico, entro il suo acquario
di pesci volanti e tartarughe antiche.

24.VIII.1986

   

   

La Porta del Sole

Non vado per dove andavo,
non credo quel che credevo.
Io penetrerò la Porta del Sole,
invero entrerò dove pochi sono entrati.
E forse nessuno, nessuno
è sulla mia libera strada.
 

24.VIII.1986

   

   

Il Quarto

Nella notte il mio destriero di vento cavalca sogno.
O sogno cavaliere di cavalli di morte!
O figlio di astuta follia!
 

Il Quarto di là da sogno e morte,
l’Occhio d’Abisso Sole,
mi guarda.

26.IX.1986

   

   

Hallowe’en

Ade dai sette occhi,
Madre dei nove rami,
spezzate, fratelli,
i nostri legami.
 
Scendete, fratelli Morte,
aprite le vostre porte,
aprite le porte del destino
verso il mondo divino.
 
Scendete, fieri fratelli,
Ade e Selene belli,
scendete, sorella e fratello
con bastone ed anello.
 
Scendete qui, portateci lì.
 
Fratelli amanti, in terra
scendete senza guerra;
guidateci al vostro regno
con splendido segno.
 
Ade dai sette occhi,
Madre dei nove rami,
spezzate, fratelli,
i nostri legami.

31.X.1986

   

   

Seguo l’uccello bianco

Seguo l’uccello bianco
nel suo libero volo infinito.
Parole vastissime ha il mondo.
 

20.XI.1986

   

   

Il cavaliere

Or sono mill’anni un cavaliere
libero cavalcava nel deserto...
E ai tuoi figli diremo, amor mio, che la morte
non colse che poche parole perdute
che il vento dal cielo, felice,
ne sperse; che l’uomo
pur scrutava nel sogno suo alto,
come un libero falco, la preda.

20.XI.1986

   

   

L’arca

Volgi il viso, o seguace del misterioso regno,
verso la bianca fiamma della fine del mondo.
Saliremo l’arca che il sire dolce mostrerà,
vedremo il sogno che il mondo oscuro non saprà,
e adageremo le nostre stanche membra
infine nei liberi campi del silenzio.

20.XI.1986

   

   

Se cerchi ebbrezza

Bevi, se cerchi ebbrezza.
Bevi, se cerchi ardore.
Ma nel cammino del vivere riguardati,
che nella notte l’occhio non ti chiuda
colei che comanda l’oblio.

20.XI.1986

   

   

La mandragora rossa

Sorgi e danza, sorgi e danza
luce di morte,
sole dell’oscuro.
O dissolvente fuoco,
o acqua prodigiosa,
quando, ti chiedo, oh quando
il nobile cigno, il santo,
la figura di stella
scesa all’orto buio del mondo,
leverà col suo strappo possente
la mandragora rossa del destino?
Quando, sire dolce, oh quando
potrò infine danzare,
nudo fauno e cavallo
per le steppe centauree e volare,
possente aquila libera,
tra i paesi del sogno?
Quando, sorella nera, oh quando
ti guarderò negli occhi ed in segreto
tu porrai fiori,
inghirlandando amore,
tra le vene dolenti del mio essere?

23.I.1987

   

   

La danzante forma amorosa

Quel che fugge non sono - certo sono
quel che nome non coglie - sono vento
prima che soffi il dio - angelo sono
dai suoi occhi sfuggito - sono un’onda
del gran fiume fluente - dell’abisso
nel palazzo di pietra son la freccia
che dal sogno ti uccide, la danzante
forma amorosa - abito il tuo cuore.

23.I.1987
 

   

 
   

 

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