Bambino nudo
Bambino nudo in seno alla madre nuda: e la luce si dispiega in mille fonti, in cento bagliori, in completo calore.
31.I.1974
Innanzi a uno specchio d’acqua in cui si riflette la luna
Profondo è l’abisso dell’acqua; la mano improvvisa v’immergo. Esplode il riflesso di luna: in mille uccelli s’invola.
31.I.1974
Nel silenzio
Nel silenzio cade una parola. Se n’impossessa l’anima: sino al nulla la scruta.
31.I.1974
Azoto
Caldi libecci percorrono le strade. Penetra il soffio dentro cocci d’anima. Tratto a mezz’aria, mi dissolvo in azoto.
6.2.1974
Anima madre
Anima madre, oscura donna che conduci il mio essere alla casa del sogno, eri tu sola a mostrarmi il castello in mezzo al mare. Mi si apriva la mente e i pensieri assistevano umili, mentre la casa del presente svaniva e un coro remotissimo si udiva. E la rossa lieve arena del mare sosteneva i miei passi, ed il mio cuore poteva nel profondo penetrare. Pioveva una pioggia così lieve e calda mentre sentivo il canto in lontananza che agli scogli abissali, ai gorghi era sottratto.
22.2.1974
Tu non fuggi e non gridi
Ti afferro, donna, e non fuggi. Correvi, e t’afferro, e non fuggi. Ti entro in casa, ti entro in cuore, disserro i segreti più veri. Tu non fuggi e non gridi, arrossisci in silenzio. Quest’umana finzione è già nuda, non rimane cortina. Non ripara più nulla, arrossisci in silenzio. Non c’è un mare che copra, non c’è un’onda che corra ululando.
22.2.1974
Ballata del vento e della baia
Baia e vento, baia e vento, su dal mare sale un’onda, verso il buio l’onda grida, nell’abisso l’onda cade. Baia e vento, baia e vento, fuori il mondo si dissolve, corre in alto, cade in basso, gira e turbina e s’avvolge, dieci barche sono in volo, mille venti e mille pezzi, l’orizzonte scolorisce, aghi neri il turbinio. Baia e vento, baia e vento, corsa e canto dei marosi, corsa e canto delle spume, inquieta è questa baia, inquieta questa calma: tutto è morto, tutto nasce, lo spettacolo d’un’orgia. In silenzio noi mediocri ce ne stiamo zitti e fermi, al riparo d’una baia timorosi già tremiamo, e piangiamo d’una goccia che negli occhi ci è caduta. Baia e vento, baia e vento, corre in alto, cade in basso, verso il buio l’onda grida, nell’abisso l’onda cade.
24.2.1974
Pensieri in fuga
Muta è la parola, ricolmo di canti il silenzio; pensieri in fuga ci portano le arie montane, e cori del cielo ed angeli gridano nella notte e nell’ombra.
5.III.1974
Eolo soffia
Il cielo gioca a palla con le nuvole. Eolo soffia. Le sue guance gridano ipotetiche guerre.
28.III.1974
Le nostre ore
Quest’ora già fugge, e non sappiamo frenarla. Le ore future anch’esse fuggiranno e ad una ad una quelle che ci paiono lontane saranno vicine, e ad una ad una le ore inattese ci domineranno, ché la nostra attesa è di cose un giorno più lontane oltre il limite della vita. Il deserto del presente c’inaridisce l’azione e intanto la luce del noatro mondo si abbassa, mentre pensiamo a come un giorno agiremo, e cosa quel giorno faremo ai quattro venti dell’anima nostra gridiamo, e passiamo, distratti dal gioco pietoso, ogni anno, e ogni anno parliamo di un’ora vicina, e vicino il passato è soltanto.
8.IV.1974
Domani riposerò
Ti vedrò domani, Dio, domani riposerò. Di questa lieve danza l’ultima nota già viene nell’aria.
12.IV.1974
La casa e il tempo
La casa e il tempo governano l’uomo. Egli ha paura delle strade e degli anni.
15.IV.1974
A lidi profondi
Che posso dire di te, dolce amaro me stesso? Che dirò di te, docile duro me stesso? Quale mai onda troverò che voli nell’aria e trascini così lontano la tua anima, lontano su mari inattesi sconosciuti, a lidi profondi conducendo la sconvolta mente dell’uomo che è infelice e non sa in quale luogo dirigersi, in quali mani, in quale grembo il capo porre, consolandosi della stanchezza dei giorni troppo lunghi, passati uguali nel gelo delle notti di terre oscure, poco e mal solcate da impraticabili sentieri abbandonati, solo percorsi da vaganti lupi e spettri solitari in veste d’uomini che urlano al vento?
21.IV.1974
Mani
Con mani decise ci oscurano il volto. Mordiamo la polvere, per non mordere le mani.
21.IV.1974
Sabbie
Nella mano accumulo sabbia, dalla mano disperdo sabbia; con la mano la sabbia benedico, con la mano la sabbia maledico. Su dai fiumi ho tratto la sabbia, giù dai monti ho tratto la sabbia, dalle serre ho asportato la sabbia, e le stelle in sabbia ho frantumato. Il mondo intero tutto si è insabbiato, si è ricolmato totalmente il mare; sabbia ora sono il fiume e la palude; dov’era ghiaccio, in sabbia s'è cambiato. Che vorticosa cada oppur leggera giù dal cielo la pioggia, subito s’asciuga, giacché ogni fluido questa sabbia prosciuga, sabbia che copre la galassia intera. Il caos mi getta dentro gli occhi sabbia e sabbia ruota attorno al sole e sabbia nel sole brucia e sabbia ancora spegne le brevi luci del mio breve giorno. Tutta insabbiata è la città del mondo, e aggiunge sabbia dentro sabbie ardenti, sabbie che penetrano il cuore degli uomini, sabbie che vanno bruciando il mio cuore.
6.V.1974
Chimera
Ora ho noia qui in me e nulla mi sorregge se non tu, Chimera, che ombrosa raccogli apparenze nel mio cuore e te ne fai figura, quasi fossero un manto di fili intrecciati e colorati e non il pesante, cosciente, doloroso carico del tempo.
18.V.1974
L’immagine riflessa
Questa semplice forma del tuo viso, o dello specchio immagine riflessa, quante inestese profondità, disordinati fermenti, inconclusi mondi, ricordi, tra queste ciglia e il ciuffo di capelli dimostra e, tra le ironiche labbra, desiderio.
18.V.1974
Lo sbadiglio
Ha sonno tutto il mio essere stasera. Rughe di noia corrono dagli occhi fin giù dentro i polmoni trasmutando in sbadiglio la forte inspirazione. E dalla bocca fugge, pure lui stanco, Eolo stesso, dio di questa vita.
18.V.1974
Il sonno
Non è rimasto nulla, ogni barriera al sonno ha ceduto. Così debole è l’uomo che gli basta un così debole moto di stanchezza a morire.
18.V.1974
Il caso
Se siano buoni o cattivi questi che ho attorno, non so. Se siano forti o deboli, non so. Chi siano, non so. Se debba saper chi sono, non so. Il caso mi guida, o è forse il caso la tua divina impareggiabile esperienza?
18.V.1974
Paura
Chi incontrerà i tuoi occhi, o Dio così grande? Chi berrà acqua dalle tue mani, o Dio troppo ristoratore? Paura ho, di troppo gioire. Paura ho, di non morire. Paura ho, e tuttavia vorrei temere ancora.
18.V.1974
La pace
In ginocchio, se servisse, vorrei gettarmi. Ma questo spirito che da me vuol fuggire non nel nodo dei ginocchi svanisce, non nel nodo della gola, non nelle lacrime degli occhi. Vorrebbe me stesso, il mio corpo, gli occhi, l’anima lontano portare, ma tuttavia il corpo è terra, e par persino terra l’anima, e nulla se non il sonno che venga a me intristito dà pace.
29.V.1974
Il riso dell’ira
Ecco, i giorni dell’ira vengono, atroci e spenti, e con vasti disprezzi e incommensurabili rigetti bruciano la nera porta dell’anima, e il vento che penetra i vuoti ne scopre la cavità profonda e l’agonia fantastica di orribili schiavi sconvolge il cuore, e iroso riso è, del tutto, l’occhio cieco e profondo.
13.VII.1974
Irosi amori
Irosi amori perduti, le costernate rabbie di giganti che persero la chiave della grandezza, qui nel nostro giorno di uomini folli si celano sotto aggrovigliati veli nel cuore, o nella gola chiusa, ora impazzita nel grido.
13.VII.1974
Eppure
Per queste musiche forti il cui ignoto nome dissolve le armonie in eco più violente, per questi pozzi scordati e abbandonati in cui si perse l’amoroso grido, per tutta la mia esistenza sublime un istante e un istante colma di stanchezza, per gli eterni ritorni e le ininterrotte rincorse, per tutto quello che è cercato e quello che è perso, affermo che è il mondo una congerie vuota, senza senso, infida. Eppure è vuoto tanto il cuore senza questi fantastici spazi che il grido dell’ira si perde in amorosa dolcezza.
13.VII.1974
Per i fiumi del cielo
Dio, mi hai tratto dai sentieri dei folli, mi hai condotto per i fiumi del cielo. Cento uccelli vi passano in volo; dentro ogni piuma cadente è composto il tuo nome.
27.VII.1974
Voci d'uccelli
Cantano gli uccelli e nessuno li sente. Gridano le loro voci e nessuno s'accorge. I linguaggi di terra attraversano l’aria. I linguaggi dell’aria attraversano il mio cuore. I linguaggi del mio cuore non li ode alcuno.
31.VII.1974
La corda
La corda che mi fermava s’è rotta. L’ha tagliata Qualcuno, o s’è rotta gravata dal mio peso? 31.VII.1974 Marina La mia prima donna fu bambina, e a tutt’oggi è la sola che soddisfi il mio cuore in cerca di dolcezza nel passato. Si chiamava Marina. In lei m’immergevo tanto che non vedevo più nulla se non lei quando d’un tratto mi recavo sul balcone e guardavo se lei c’era, e se c’era mi vestivo come pareva più bello, meno usuale, e poi guardavo fisso lei e solo a me ancora riservavo qualche pensiero, per dedicarlo a lei sull’altare del tempo e della luce. Non saprei dire come poi finisse, era lontana e mai non l’accostai; solo dai nostri balconi un po’ distanti ci parlavamo a gran fatica un poco. Così distante ella era che pareva già un po’ lontana nel tempo e a poco a poco più non guardammo con gli occhi tra di noi. Ma come è il tempo un gioco strano e vario, ora di nuovo la vado ricordando, perché m’offriva il suo costume nuovo, partecipava con me a strane immagini, per quello spazio che ci divideva e per l’unione assoluta che causava, per il suo cielo lucente e inaccessibile e il suo sorriso vivo, grato, bello.
3.VIII.1974
Cristina
Cristina si chiamava la seconda mia donna, e per me fu un tocco strano, che non ero più un bimbo, che cercavo qualcosa di diverso e più preciso. Fu, Cristina, l’amore di un giorno, perché non la vidi che un giorno, poi più non la conobbi: così strano e timido ero che ognuno mi passava davanti e mi sembrava difficile accodarmi, impossibile credere.
3.VIII.1974
Il pensiero di Dio
In verità il mio pensiero di Dio è difficile, perché non so io chi sia, qual nome abbia, come s’accosti, di quali intenzioni abbia intessuto il nostro futuro, quali mondi e strade ci competano e infine quale sia la più giusta preghiera. Solo è Dio per me il respiro del mondo per cui profondità inestese vanno lontano estendendosi nell’inconcepibile nulla. O come il ricordo di noi stessi che ci smarrimmo dopo aver visto il complesso di ciò che non può smarrirsi, di ciò che resta in noi come incompresa indistruttibile semenza. O come la morte di tutto ciò che è vero per noi e della logica stessa nei cui alvei camminiamo, così almeno crediamo, ma forse non è vero, poiché nessuno sa cosa sia il mondo, corrente fiume o alveo inaridito, nube temuta od anelata pioggia, e le speranze di cui nessuno ha registro, e la tristezza di ricordare allegrie che già si mutano in lacrime, e lo scoglio nel mare su cui credemmo, sognando, baciare il volto d’un uomo, e la donna con gli occhi cercata e abbandonata appena ci è venuta accanto, forse per paura di vivere, paura di credere, perché si ama morire ogni tanto e ci son giorni in cui la più gran gioia è disciogliersi in pianto. In verità ho trovato che è falso ogni pensiero, e sogno di un giorno è il morire, sogno di una vita il vivere, ed esser chiusi nella luce, questo soltanto è Dio, questo soltanto è spirito, questo soltanto è idioma che significa. E di quanto sappiamo, di quanto speriamo, di quanto infine anche vediamo, non resta che una breve parola nel vuoto di un sonno smarrita.
14.VIII.1974
Come una donna che sveli il chiaro corpo
Oh vedere una luce che trapassi l’anima mia immersa nell’azzurro. Come una donna che sveli il chiaro corpo guardare uccelli in volo nel tramonto.
17.X.1974
Ridente donna
Poni la mano sotto l’acqua e ascolta il chiaro freddo che riempie il vuoto, come una dolce parola che ti lanci ridente donna nel nuovo mattino.
17.X.1974
Dentro il vento e l’acqua
Dove posarsi, è domanda assai difficile, perché non puoi posare in nessun luogo. Poni il tuo piede dentro il vento e l’acqua: ti reggeranno, e tu potrai dormire.
17.X.1974
Il pigro
Cosa che è ferma e tu non la puoi smuovere, per vanità non dedicarle il cuore. Dispera il pigro, senza proseguire la propria strada, per non inciampare.
17.X.1974
La mia ultima forma
Padre, quando l’ultima nota avrò cantato e la danza del tempo avrà deposto la mia ultima forma, concedimi ch’io fugga come donna che si svesta del tempo nell’ignoto.
7.XI.1974
La soglia
A questa soglia, Signore, come sono giunto? Quale corrente ho varcato per trovarti in quest’isola? I dadi della mia scommessa si son rivolti verso il buio, a indicare l’eternità. Le carte del mio destino hanno sbiancato le figure, nella purezza dell’abbandono. Una bimba mi è corsa accanto, rideva, ed io con lei ho riso. Quale prodigio è questo, che io parli parole che non credevo esistere? Donde ho tratto semenze per i campi del mio spirito? L’aratro stava col vomere coperto di polvere, eppure il campo è stato arato, qualcuno ha impresso orme di amore accanto ai tralci delle vigne, e in questa soglia, Signore, qualcuno ha mormorato benedizioni.
7.XI.1974
Memorie notturne al nascere dell’anno
La solitudine di questa vasta stupita notte, i fuochi passeggeri dentro il cielo illanguidito, il tempo e le parole dentro il tempo. Tutto è fermato, tutto è rinnovato. Eppure va lontano il mio pensiero, ed io dentro lo spirito ricordo notti pensose.
1.I.1975
Questa notte
Questa notte oramai non so parlare. Cosa che passa senz’anima muta sparisce.
1.I.1975
Nuovo anno
Nuovo anno è arrivato ma il passato pesa coi giorni suoi duro stridendo, e la fucina dei ricordi forgia nuovi ricordi con cui s’imprime in mente la stagione degli anni vecchi, e il tempo, il tempo strano sposo e sovrano, corre alla morte, matrimonio eccelso liberatore.
1.I.1975 |