Quanto più amo
O mai trovassi un sospiro di lungo sonno infine venuto. Cerco il riposo, la chiusa, il ritratto compiuto, e le luci poste e raccolte, e la mente finalmente assalita di sazietà, e quanto più amo tanto più vedere la luce.
15.2.1972
Fusione
Fusione tra il corpo, il tempo e lo spazio. Nell’immobile estasi la scossa leggera di un vento mi preme.
27.III.1972
La stanza
Tempo fu che in una stanza rinchiudevo me stesso, e a nessuno prestavo attenzione, e la soglia serravo, con chiodi acuti la fissavo, e nel mio viver solo di peso mi sedevo e tremavo, tremavo perché chiudere la mente non sapevo.
5.IV.1972
Limiti
Satura pienezza è questo vuoto di chi non ha speranze, ancora chiuso in limiti angusti, ma talvolta si dirompono abissi e se ne schiude un delirio di lacrime sfrenato, e inutilmente vuoto egli vorrebbe trovar qualcosa, ed i suoi pianti volano perdendosi al sole, e lui ne ride.
5.IV.1972
Il fantasma dello specchio
Ecco che viene l’uomo della sera passata e saluta il mio fantasma nello specchio.
Lo specchio è buio, la luce non serve, l’immagine è muta essa pure.
12.IV.1972
Lontano fra i mari
Lontano fra i mari narravano fiabe di antiche sirene e incanti profondi. E chi mai potrebbe dimenticare l’andare giù lieve svanendo nel mare, e i sorrisi e gli spettri che lo scoglio tradisce?
23.IV.1972
In fretta rialzati
Da un sospirone ti è sgorgato il pianto. In fretta in fretta rialzati, bambina, ritrova presto il tuo sorriso dolce che condivide con tutto il mondo tutto. Intorno corri, ricomincia a cantare quella tua favola tutta fresca di vita.
23.IV.1972
Talora si spengono fiammelle
Talora si spengono fiammelle e s’accendono luci. E nell’abbandono, vagante dentro la luce abbagliante, il cuore scorge tremando l’oscurità del tramonto.
4.V.1972
L’attesa
Dimmi se nude e scure son le fronde, se fissi di paura sono i venti, o se piuttosto insieme non stormiscono, sospinti dalla primavera. Dimmi se così fredda è la terra che il sole non riscalda più il tuo sangue, oppure se nell’ansia del ritorno ancora l’esule sorride alla sua terra. Nello sfarzo delle luci l’uomo osserva lo spazio tra le stelle, e languono pensose le anime, in attesa di una terra serena sulla soglia del tempo.
5.V.1972
Dove mi perderò
Davvero abbandonatemi sull’erta che conduce alla cima del monte Dove mi perderò...
5.V.1972
Ora non parlo
Ora non parlo, vuole la sera alla fine raggiungermi. E allora la desiderata pace avrò, raggiungerò dentro il supremo sogno la fine del sogno, lascerò passare il reale nel vuoto.
20.V.1972
Dalla porta socchiusa
Dalla porta socchiusa s’intrufola il vento. Il sole da sopra, scoperto di nubi, risplende sui balconi e nelle chiome degli alberi. Una tenda s’è alzata veemente, trascinandola il vento. Tra la porta e lo spazio arioso fisso lo sguardo nel profondo cielo.
27.V.1972
Il cercatore
Chi incontravi laggiù dove il sole si spegneva e l’acqua si tingeva dell’ombra della notte? Chi incontravi laggiù dov’era cupo il cielo e la luna sul limite appariva, guida al cercatore? Dimmi: chi c’era là dove tutto si fermava, dove le stelle offuscate svanivano nel sole d’oriente? E infine, quando nel mezzogiorno andasti, chi incontrasti lungo i muri sommersi nella precipite luce, fra le ombre senza freschezza delle lunghe strade faticose? Hai forse visto il cercatore scrutare la luce, cercando il punto buio in cui fissare lo sguardo? L’hai visto il cercatore rompere il cielo, rubarne le stelle con aperte mani? L’hai guardato, fermo nel suo deserto, mentre attorno a lui si diffondeva il vuoto e il turbine delle cose in ultimo se n’andava lasciandolo stupito a cercare, a non trovare, a fissare incerto la libertà del pensiero?
1.VI.1972
T’ho lasciato
T’ho lasciato, spirito prigioniero di queste case mute e cieche, t’ho abbandonato, ché mi chiudevi il pensiero. L’anima mia sorge e scruta lo spirito del mondo: attende un’ora, poi riprenderà la strada. Cerca ancora se qualcuno la segue, ma nessuno la vede. Ridendo s’avvia e scompare. Nel profondo della mia solitudine troverò la luce.
22.VI.1972
Il gabbiano
Mentre me ne sto sullo scoglio, l’onda corona di spruzzi la mia solitudine.
Torbidamente le acque marine ed io ci fissiamo.
O travolgermi potessero e furiose respingermi nel buio, mentre s’attarda sulla superficie il gabbiano irraggiungibile.
10.VII.1972
Dialogo d’amanti
– Sono come fossi una rosa avvizzita avvinghiata dal sole senza gioia. – Dunque ti sarò luna, la luna che l’afosa tristezza nella brezza notturna fa svanire. – La luna è una lucciola che vaga nella noia del giorno: per lei ti estasii un momento e già i prati hanno confuso la sua luce. – La luna è il preludio al sole: essa scompare in lui che la nasconde tutta col suo corpo possente; la luna è il colore della notte: essa sola ne abbaglia le tenebre. – Le tenebre sono arcane e profonde, un bagliore le vela ma il velo si lacera: come i circoli nell’acqua che un sasso produce svanisce. – E a questo velo afferrati prima che si fermino l’acqua e la luce del cuore. Il gorgo allora non t’afferrerà, l’ombra ridendo non si scatenerà: tu sarai rosa rifiorita, che il sole avvinghia trascinandola con sé amorosamente.
17.VII.1972
Nel mio andare
Nel mio andare è l’uomo che va col suo bagaglio di vita, è l’uomo bambino che sogna universi leggeri, è il vecchio uomo ormai prossimo a morire che guarda il vento con aperti occhi, udendo l’ultimo sospiro del mare.
19.VII.1972
Elegia dell’amato all’amata
Oltre i veli ti guardo, come in un sogno atteso in cui si spegne il faticoso giorno. Il tuo corpo, amato amante, attende che vi sussurri un bacio. Lo spazio ha occhi, le nuvole ci coprono, la luce filtra, il sole abbaglia. Nell’ora cogliamo i secondi. Occultamente, profondamente soli, noi due viviamo di gioia. Ogni velo deposto, Fiore di luce, profondo bagliore risvegliami. Lasciati l’ordito e la trama, riapriamo le menti all’abbandono. Nel chiaro amore non sappiamo pensare; giochiamo come il bambino gioca, con l’aquilone e il canto che lo segue. Apertamente, profondamente immersi, il sonno ci unisce mentre fuori scorrono le ore. Come il fiore e la rugiada nella notte dolcemente avvinti cediamo al silenzio.
1.VIII.1972
Qui la notte lotta per me
S’insanguinano le nuvole, ferite dal tramonto; dietro le case spaziano gli ultimi raggi. Lontano, all’orizzonte, nuvole oscure attendono la luna. Qui si fonde il giorno alla sera, qui s’avvinghiano i raggi respinti dalle tenebre, qui mi chiamano con voci di attesa, qui la notte lotta per me.
11.VIII.1972
Andranno a Cnosso
La gente passa: andranno a Cnosso e il Minotauro li inghiottirà. Anima di Tèseo più non nasce: Arianna è andata sposa al Minotauro.
11.VIII.1972
Il ritorno
Ecco arrivo, poi parto. E con me partono gli uomini, poi tornano, perché ognuno torna infine e prega all’ombra di ciò che è stato.
11.IX.1972
Il tempo
In un angolo di perfetto buio mi sono seduto, e ho veduto. Ho veduto le innumerevoli generazioni d’uomini affaticati nel proprio nulla. Era un nulla senza uscita, maledettamente vuoto. Mi ci perdevo oziando, in profonda apatia. E le generazioni passano, mutano, ma infine restano uguali. Sì, m’accorgo che i timidi restano timidi, nonostante le loro commedie; che i pazzi restano pazzi, sia vecchi che giovani; che i sapienti tali rimangono, e compresi e incompresi.
Mi son nascosto e ho osservato, come tutti temano la morte, avvertendola dietro le quinte. Solo il bimbo che non sa il tempo breve, per cui ogni attimo è un lungo attimo, fatto per essere vissuto allora e non più tardi, egli solo, assorto nel suo momento, è eterno e libero fuori delle epoche. Ed ecco lo guarda, oggetto raro, il tempo che non osa toccarlo, che non può trarlo di dove è asserragliato. Il dio impietoso che incatena l’anima il bimbo non lo conosce, né io. Nell’intrico d’intelletto chiaro e oscuro alle epoche sfuggo.
23.IX.1972
Il sole innamorato delle stelle cerca di nascondersi
Un’ombra, una nube sul sole, ma di nuovo si scopre il suo disco. Danzano nell’aria tentatrici le stelle: il sole comanda alle nubi, e lo coprono. Ma Eolo ecco spazza il cielo, e il sole s’adira e lo infiamma. Nel tempo che muta, piccoli lampi s’insinuano nella mia anima.
25.IX.1972
Melodia morente
Il rovo pieno di sangue del pettirosso caduto ogni primavera rinnova il suo lutto, e il canneto, miglia lontano, scuote le dure foglie, e l’acqua in cerchi uguali si attarda nei fiumi e nel mare. Adagiato su una riva, al declino tante volte cantato del sole, un solitario riempie di sogni il confine lontano. Al rovo rosso di sangue, volando quel rosso al tramonto, si calma il rimpianto. Una fronda per l’ultima volta al declino stormisce, diviene invisibile flauto.
2.X.1972
Le ali
Ala, ala dell’uccello che cade, cade giù verso il basso, verso le bocche aperte insanguinate della terra. Guarda, e s’avvicina, la sua fine. Ala, ala dell’uccello suo compagno, in fuga porterà il suo grido tra canne e paludi, sopra valli e foreste. Ne ascolti tu il lamento, che lo strazia nel volo per il cielo? Ala, ala dell’uccello che s’impiglia nella rete, ala spezzata, ala rossa, ala che il vento non sospinge più.
8.X.1972
Assenti lontananze
Assenti lontananze mi mancate come manca l’esser cosa alle cose. L’universo in me più non s’allarga.
Ottobre 1972
L’ultima luce
Cerchiamo, vivamente cerchiamo, per sempre, l’ultima meta, la serenità profonda, il cosmo vasto, il nulla, l’ultima luce, più fonda, e il buio attorno, più lieve.
28.X.1972
La conca
Ho posto queste mie mani a far da conca alle tue labbra, perché vi bevano tutto il mio universo. Vi bevano le tue labbra tutto il mio spirito, vi bevano la fonte che sgorga, vi bevano il crescere dimenticato, vi bevano i mari dei nostri occhi, vi bevano le mie labbra. O conca che intrecciai con le mani, paradiso infinito di rimpianto! Forse un dì passeremo per questo luogo e scorgeremo un sentiero nascosto, in salita, tra le nubi. In cima d’esso un gran muro, inatteso, troveremo, e solo per questa conca intrecciata, per questa gioia ormai dimenticata d’un balzo lo scavalcheremo.
21.XI.1972
Noi siamo
Noi siamo come vite di uomini oscuri che si levano il giorno a cercare la propria catena. Noi siamo come volti di chi non sorride mai perché non apprese il modo d’essere libero. Noi siamo come galassie coperte dalla notte, che più non hanno lume da inviarci. Noi siamo gli innumerevoli ritorni e giri di chi non sa dove dirigere il cammino.
22.XII.1972
Il gioco
Il gioco gaio di cui siamo esperti è quello d’un cammino senza fine a uscir dai muri della cieca vita, è quello d’un sorriso arduo a trovarsi dove gettammo già le nostre reti.
17.I.1973 |