L’apertura delle porte
Chi potrà contrastare la mia marcia? Camminerò vittorioso verso il Sole, e nessuno, lo so, mi fermerà. Sarà vano che inducano gli amici a rinnegarmi, a svender lo stendardo che mi condusse in questo mio entusiasmo: camminerò nel buio e contro vento, senza mano né traccia che mi guidi, e di certo giammai mi smarrirò. Quando pure vi sembrerò perduto, non credete infine alla mia morte; dalle ceneri risorgerò splendente, luminoso la morte abbatterò. Procedendo mi troverò davanti sette porte, e tutte le aprirò, e la Luna, il Sole e le altre Stelle coroneranno di luce la mia fronte. Uomo nuovo, io confesserò il cammino della giovinezza: mille dee a me si volgeranno, nella vita mi reintegreranno. Uomo vivo, voi più non mi vedrete nello specchio grigio del dolore. Se il mio luogo un dì conoscerete, mille stelle a voi si volgeranno, ed allora avrete il ricordo di una luce ritornata alla luce.
17.2.1979
Quando gli angeli vanno nei giorni
Vorrei un tranquillo sapiente incontrare nel folto del bosco oscuro di mia vita, conoscerci con un cenno appena del capo e sedermi e ascoltare, ascoltare la verità dalle sue labbra. Dentro mille caverne mi guiderebbe e le ombre e il timore in me disperderebbe, recherebbe una luce remota e familiare di memoria riacquistata dalle riserve del cielo. Quando gli angeli vanno nei giorni e tempo e spazio disfanno, incontrare sarebbe bello un uomo che mi guidasse nei suoi grandi cammini. Senza ritegno potremmo perderci l’uno nell’altro alla fine del tempo e andarcene di là dai giorni e dalle notti verso il seno luminoso dell’universo. Allora certo laggiù giocheremmo a lungo, a trarre con le nostre dita dentro i disegni dei nostri destini trame variopinte, orditi illimiti dall’oscurità.
27.2.1979
Attraverso i confini del giorno
I.
E noi ti daremo un segno, ti daremo un segno perché tu possa raggiungere Dio. II.
Nascosto è il tuo regno nel folto d’una selva antica, e chiara la Luna splende sulla tua fronte; il Sole ti conosce nel cuore e tu, folle d’amore, accogli con gli occhi ridenti l’arcobaleno sul mare. III.
Con dolci labbra voglio pronunciare una parola che guidi al castello oscuro dell’anima, al sogno sconfinato dell’essere. IV.
Il Limite... Oh, lascia ch’io corra più oltre, o troppo presto mi coglierà la morte. Ho forza, ma lasciatemi lungo il torrente senz’argine cantare.
6.III.1979
Il plettro dell’onda
Conosci, Ulisse, le immagini dei fiori e il desiderio e il seme della nostra fuga, oppur non è per te la terra che tenue velo scorrente su binari di carne fin giù verso l’oblio, il fumo, il vento coagulati in abisso e oscurità? Conosci l’essere gaio e il morto amplesso dell’esistere ove corrono gli uccelli multiformi del destino, aridi passi sovrastando e vaghi laghi notturni coronando in fuga? Urlii sommessi trascorrono nel vuoto, passi smorzati vengono al ricordo, tu guardi il plettro flebile dell’onda mentre ti assorbi in melodiosa pace. Sonare è fare e disfare è morire: tale conoscere raggiungere è rinascere: conosci tu la strada che divaga per le vergate poesie del cielo?
22.III.1979
Stella luminosa della notte
Stella luminosa della notte, tu affondi i miei passi in amore. Stillano le mie mani potente gentilezza, sulle mie spalle si allevia l’universo. E io vado nel vento e nel fuoco sprofondo fiore rosso il mio esistere.
22.III.1979
Il groviglio
Fornitore di regni, non scettri ti chiedo, ma corona e spada. Un immondo groviglio mi avvolge: fammi uscire nel fuoco.
22.III.1979
Sulammita
O Madonna del buio, o Intelligenza, o Sulammita, dea selvaggia e fiera, dammi un bacio nel cavo della mano, mia per cogliere il sole.
22.III.1979
Madonna del silenzio
O Madre, non preghiere né inni: lascio tenue dissolversi la morte. E ti guardo e si scioglie fuoco azzurro il mio cuore. Tu, Madonna del silenzio, flebile rispondi. E ti scopro sorgente vagante nella vita.
22.III.1979
In sacra danza sorgesti dal mare
Vagai per terre lungi da qui, volli contare i giorni e dire quante avessi ragioni di sorridere e piangere. Tu in sacra danza sorgesti dal mare e mi legasti le mani e la mente. Da allora sono irrevocabilmente preso dal viso tuo, dalla tua pace, o tu, radice della mia natura, o tu, parola d’ogni mio potere. Concedi dunque ch’io fugga gli uomini, le loro piccole caparbie illusioni: siimi guida silente verso l’essere.
22.III.1979
Il frutto e il fiore
Chi ti rispose, dimmi, chi ti disse che avresti raccolto il frutto e il fiore? Nessuno mi rispose, nessuno me lo disse, però raccolsi il frutto e il fiore. Come potesti trovare la strada, come riuscisti a scoprirne il segreto? Nel buio nacqui, nel buio mi rivolsi verso la notte e il sogno, ma non so come potei marciare, e dove andare come sapessi non dovete chiedere; però raccolsi il frutto ed anche il fiore, e la mia donna mi svelò il suo viso. Mai vi dirò come fu che raggiunsi quest’incolmabile baratro di luce.
22.III.1979
Dammi te stessa
- Dammi parole. - Non avrai parole. - Dammi canzoni. - Non avrai canzoni. - Dammi te stessa. - Non avrai me stessa. - Certo morrò. - E avrai me stessa e tutto.
22.III.1979
Il ritratto abbandonato
- Chi sei tu, danzatrice? - Cavaliere sopraffatto dal silenzio, in bosco ansioso sperduto, affrontando pericoli e paure, che vai cercando e perché chiedi il mio nome? - Per cercarti e trovarti, per chiedere il tuo nome sono partito, poiché m’innamorai d’un tuo ritratto ch’era abbandonato in una stanza del mio ricco palazzo. Tutto mi parve allora così brutto che me ne andai e mi spogliai di tutto. Ora ti vedo e altro non so fare se non chiederti il nome e sopraffatto morire. - O Cavaliere dei miei, figlio della mia razza, il mio nome è un amore, un amore immortale. Tu meritasti morire d’un merito immortale: certo non v’è salvezza né scampo dalla questione. Perciò fonderò la tua nella mia forma e tu sarai, Cavaliere, il mio sposo immortale. - O danzatrice, dimmi tuttavia qual è il tuo nome. - Impassibile è il mio nome, impassibile fuoco è il mio nome, ed impassibile brucerò il tuo nome e presenza di fuoco diverrai, danzatore immortale sul limite degli universi.
22.III.1979
Ad un’amica su una strana notte Mi hai detto: “Scrivi una poesia su questa notte strana”, e t’accontento. Dirò dunque di noi dalle diverse vite e esperienze uniti per un’ora dentro la notte come nel bel mezzo di un Redon o di un Klimt, noi vivi fiori simboli forse d’un più grande fiore; uniti, pure con le nostre menti separate e dischiuse in separati cieli e intimi laghi, eppure amanti più che il giorno e la notte, luce e caos. Anime perse nello sconfinato che sottilmente vibrano a una nota di comune raccordo, di sommaria sovrumana memoria, che sovrasta l’essere e il lago regno degli amori di là dal corpo e dall’anima, di là dall’artificio e dalla distinzione. Io e te, nel vuoto camminando, inermi già ci credemmo, eppure fummo vivi, e già fu nostra un tempo la promessa, e non c’è giorno che ci passi invano. E questo è il segno che noi non erriamo: la nostra pace mentre camminiamo, pace sottile ed ardua a sentire da cui non più vorresti, udita, uscire.
25.III.1979
Il calice rosso
Come il ramo secco d’un albero cade schiantato dal vento, così dalla mia anima il vento ha strappato l’illusione. Vera e limpida la visione del reale s’è dischiusa al mio sguardo ed io, senza presumere, senza volere, senza andarne in cerca, ho bevuto dal calice rosso della vita il libro e la spada. Una candida Stella sulla fronte mi si è posata, un limpido Oceano celeste nel mio cuore si è immerso, un profondo concorso di Pianeti giù nelle cavità vaste ha indicato una strada vittoriosa e solitaria. Non c’è alcuno che mi segua, nessuno che mi doni un complice sorriso, uno sguardo d’intesa: il disgusto degli uomini mi prende, l’amore del cielo mi sovrasta, mille fronde come uccelli neri cadono dall’albero della mia vita. Nudo rimango, e spoglio di colori, quasi per entro un fondo pozzo il mio corpo si sciogliesse nelle diecimila creature.
25.IV.1979
Ammalato sentendo uccelli
I.
Qui a sentire il dolce canto degli uccelli, con le viscere attanagliate dal dolore, chi più felice di me?
II.
Quanto più soffro, tanto più tu appari, scacci il dolore dal cuore e solo il corpo soffre la presa dei cattivi dèmoni; ma che mai è, qual fuscello al vento perduto il mio corpo?
III.
Se pur mi ronzi il capo e il male afferri l’illusorio mio vivere, pure un canto s’innalza dalla gola.
IV.
O tu incarnata in mille uccelli e fronde, quante volte nel giorno parli e spieghi. Pur nessuno ti sente.
V.
Incatenato alla terra volo in alto e si lacera in mezzo il corpo oscuro.
6.V.1979
Inanna O Inanna, dea della morte, dolce e fuoco è il tuo essere. Il cuor fragile spezzi in mille rivi, onde fluisce il suo liquore amaro in nero fiele e disperato vento. Non hai voce però da liberarmi soglia e cammino? Le fuggite ere sono il tuo antro, regno ai savi e tomba ai ciechi che si sfasciano da vivi. Perciò ti cerco e investigo nel fondo dentro i luoghi dell’anima, e senz'altro ti posso dire in faccia che la mia danza già da lungo ha infranto di te l’opera oscura: non hai velo per coprir la tua luce.
18.VI.1979
L’Oggetto incommensurabile
Sul vento vidi un uccello correre volando. “Oh, il canto!” gridai, ma mi rispose: “Non canto né parola, solamente l’Oggetto incommensurabile, lontano, più vicino del soffio”.
20.VII.1979
Il setaccio
O Tu, ti fai sabbioso esistere e, al setaccio, al cercare acque pure, oro riscontro.
20.VII.1979
Alchimia
Nel tuo Piombo io penetro, vo in basso, ma nel fondo non trovo che le Stelle. Quale cielo, e quale sacra notte? Santi templi per te la piaga e il ventre, la tua mano ne indica l’abisso, e non so ritrovare paragoni in codeste larvali forme chete. Voglio scender nel fiume che trascorre sotto l’umida terra e lì guardare, se ne vedo le Stelle, il tuo Mercurio. Quindi, se il caso mi assiste e mi dà aiuto, sgorgherà una sorgente d’acqua dolce che nel nostro deserto di assetati come l’Oro varrà, più che l’Argento. Però, in realtà, il tuo caso è certo Zolfo o, se non vale nulla, è la follia. Se invece Stelle tu hai visto, e Sole e Luna, sii certo, ti ha guardato e, con un canto, l’armonioso Destino ti ha premiato.
20.VII.1979
La Dea delle armonie
O Tu, la Dea delle armonie ha intessuto dentro di me una rete per poterti alla fine del tempo catturare. Ma Tu, Tu scaltro, non cercare chi ti tagli la rete.
20.VII.1979
Ali di fanello
Lascia, o Tu, che quest’uomo t’imprigioni con catene di ali di fanello. La fuggevole estate non so dire come, inseguendo, poterla fermare. Fermati Tu, e trattieni il sole, finché il popolo santo vinca la battaglia.
20.VII.1979
Il vaso chiuso
Ora basta parole, chiuso è il vaso. Questo ultimo verso è ancora esito dal seno dell’oscuro mondo a Te, solo innocente.
20.VII.1979
Luminosa figlia della notte O luminosa figlia della notte, te sola volli poiché può brillare, candida stella del mattino, solo quella anima che conobbe il grande buio. Essa soltanto, e non pallide statue concretate dal mondo vacuo, essa soltanto vive, e al fianco può starmi. E non v’è luce che oltre la soglia della morte e il gioco onde noi siamo esseri muti ed ombre che invano slittano indefinitamente sopra la rena e fantasiosi venti. 7.X.1979
Alla limpida anima di un dio Poi che i corpi s’incontrano, anche l’anima tutta appresso si fa, nel gioco accumulando inespresse ricchezze che darà sia, perdute, ad un fantasma in fuga, sia alla limpida anima di un dio. Sola, il destino e un gioco le cui regole non conosciamo qui presso ti portarono dentro i miei giorni. Penetrasti in essi ed or vivendo non ne fuggirai poi troppo presto. O forse quando annotta volgerai al ricordo ed entrerai ancora dentro un fantastico limbo. Pensa allora, o segno del mio segno, alla freccia ed al fuoco in cui t’incontro. Così sia la terra nostra danza.
7.X.1979
Luna piena Debolezza, stanchezza, infida cenere quell’amor che non ha splendore e luce, ma il tuo spirito e il mio s’incontreranno infine e ti darò un bacio oltre la carne e il fuoco. Guarda all’azzurra vastità del cielo, l’umida luna piena che già ci festeggia: fuor d'ogni inganno potremo ritrovare in noi la via che ci conduca a riva.
7.X.1979
La vecchia padrona del mondo La vecchia padrona del mondo vede basso, gli anni le pesano e ormai più poco regge queste emozioni e questi desideri che ci distruggono vita e conoscenza. Possa morire in fretta, e rinnovarsi il nostro cuore alla luce del tramonto. Possa morendo lei, questa domestica follia svanire e trarre seco in nulla l’orrore che c’imbestia e falsa e ostacola i nostri passi, volti alle regioni chiare del cielo.
7.X.1979
Se ti fermi un attimo Se anche fu il nostro congiungersi umano troppo e forse troppo cieco, non fu in noi che l’epilogo d’un lontano periodo che alla verità sconviene, una commedia di falsità, sconvolta dall’ardore d’un veniente risorgere. Fu il fuoco che bruciò le catene. E possa, infine, mostrarsi libero, al di sotto del velo, questo limpido amore ch’è fratello a spiriti di noi ora più puri e non però dissimili, anzi figli di stessi madre e padre, poiché invero ti dico: se ti fermi un attimo, chiaro vedrai che uomo e donna è un dio.
7.X.1979
La tua più limpida radice In te lodo la donna, amo il processo che a te stessa conduce te e me stesso, seguo passione eppur non m’arrovento che per la tua più limpida radice.
Mesci, amor mio, nelle tue carezze la tua anima e il gioco del tuo vivere. O altrimenti va via, siimi avversa: non verrebbe che il male, irrimediabilmente.
7.X.1979
Altra volta l'amore Talora accade che gli esseri non sappiano d’avere anima e spirito e si tacciano per lunga notte senza veder stella, e laudando soltanto pietre e sassi, pietre essi soltanto e doloranti per troppo peso e troppe concrezioni, temano morte e noia e indifferenza finché li tragga dalla sofferenza qualche messo del cielo od un ignaro in cui la stella appaia illuminando. Altra volta l’amore li conduce lungo una fragile salita, come un sogno di là dai limiti dei giorni, oppure un’esile nascita di dèi nel cuore, ed io ti attesto che questo accade e molti dèi ti attendono, sol che apri gli occhi e il cuore e in nudità, senza inganni, li cerchi. Vuoi tu dunque, chiedo, guardare?
7.X.1979
Ali di pensieri
Ali di pensieri, primavere del cielo, vaghe fanciulle tenui come il sole, vittoriose Chimere. Pèrseo conoscimi il cuore. Giù nel profondo invoco il Solitario.
13.X.1979
Anima
I centomila uomini del cuore cantano anima per me.
15.X.1979
Donna libertà O mia donna, donna libertà, vero volto vivo, guardami coi tuoi occhi limpidi come il giorno. Lascia correre i tuoi anni dentro le mie mani. Il tuo seno sussulti per amorosa pace. O vera luce del cuore, ben oltre quest’ora andremo, un paese ecciterà i nostri sguardi, vi andremo e non ci vedrà più nessuno. Assieme scopriremo i remoti altari scomparsi e dimenticheremo, obliandoci, ogni terrena furia, giù nel vasto oceano allargandoci muti e congiunte le anime nostre nel mezzo delle stelle.
25.XI.1979
Strofe sul Gran Dio dell’intima rilucenza
Onore al Gran Dio, colui che scuote le chiome nella danza del giorno. Onore al Gran Dio, colui che accende nel cuore la fiaccola rossa. Onore al Gran Dio, colui che naviga leggero sull’oceano. Onore al Gran Dio, colui che dolce si volge all’amplesso della Dea. Onore al Gran Dio, colui che gioca, il soddisfatto, il ridente. Onore al Gran Dio, colui che dona parole sulla punta di una spada. Onore al Gran Dio, colui che soggiorna nel centro della stella. Così prenda misura la canzone oscura.
29.XI.1979
Quel diamante che ti splende nel cuore Per te medito nella notte sulla limpida purezza dell’acqua di fonte, per te la fresca sorgente del desiderio discopro, il fiore umido di brillante rugiada, quel diamante che ti splende nel cuore, tu mia terra, mio assolato sconfinato luogo vivo. Specchi nei tuoi occhi la splendente luna vagante, l’inno suo ti risuona nel cenno delizioso del labbro, il tuo ciglio splende come il raggiato vestimento del sole, e la fronte ne è cielo e ne scende, giù dal sopracciglio dolcissimo il naso che accoglie al di sotto la tenue fossetta e conduce alla madre del mondo, la bocca ove mi perdo, illanguidito ragazzo tornato così come quando credevo alla semplice terra ed al semplice cielo. Ora gli anni condussero ad astruse coscienze i miei sguardi, più fine ebbi l’occhio; ma perdo il potere di scernere tra le cose del mondo se ti vedo ti sento ti bevo il respiro.
26.XII.1979
Lotta contro di me Ti prego, lotta contro di me, distruggi le molli certezze che fanno di me ancora un uomo privo di cielo sereno, le stolte peregrinazioni d’un errore più presuntuoso della morte. Vai alla porta lontana della mia anima, con dolcezza insinuati, cogline dei pregi la rosa. Il resto vi si bruci in inutile sfarzo. O mia stella, in cammino ti guardo, non sai quanto brilli nel cuore del deserto segreto, non sai quale appari là dove neppur tu sai di vivere. Io ti ringrazio, ti lodo soltanto, o mia dolce, per questo: che sei, qui o altrove, sei fisica luce del cuore dissolto in mattino.
26.XII.1979
Arido verso il mondo Arido verso il mondo, scettico, non ho più parole per questo gioco, irrido, scherzo, recito frasi altre volte sentite dire a me stesso, m’inganno mentre vorrei tacere, parlo come un selvaggio trampoliere in bilico tra errore e vacuità. Perdona, amica, per la tua amicizia, questo acre distruggere. Semi di morte ho ingerito, virtù nere ho cercato. Ma forse, distesomi nella tua visione, saprò rispondere al tuo cuore come vaso all’acqua, acqua al mare, mare al cielo; l’esperienza sarà risanata, scoprirò un’altra volta le cose sante della vita che vorresti avere, quei doni che un bambino può fare, e colui che è tornato due volte alla fonte del mondo.
26.XII.1979
Nel centro del sole Abbi fede. Insistendo oltre il fuoco, quel già conosciuto bacio diverrà splendore, rivelerà a noi cantori più belle cantate, più dolci parole, la formula per disciogliere il nodo dell’abbraccio in luminosa pace. Non voglio per noi un abbandono inutile, ma stare nel centro del sole, tu il sole io il centro, se lo vuoi, poi ci avvicenderemo, generando danzanti meraviglie.
26.XII.1979
Abbracciare il vuoto
Ho guardato senza vedere, ho toccato senza sentire, carezzato un’entità vuota, fruito d’un piacere inesistente. Un corpo lontano emetteva il seme, un abbraccio lontano accadeva; era un gran sogno irreale e ci siamo trovati né più vuoti né più colmi di prima. Un’illusione era solo, una parola detta nel mezzo d’un sogno ricorrente. Ecco toccai un velo e lo scambiai per parete inaccessibile. Ecco colpii il vento e lo presi per un dèmone armato. Ecco spesi il mio fuoco e perplesso intatto lo ritrovo. Splendi Sole, e tu candida Luna pure irradia a tua volta quest’inganno. Io che un uomo soltanto volli essere ora mi trovo alle radici del mondo; volli essere un bimbo che è cullato e mi ritrovo signore del teatro. Ecco tendo la mano, vado indietro, non insisto, un poco solamente, ma non regge il confine, la barriera si è sfaldata, di là non c’è nessuno. Guardo, forse più in là se n’è andato, ma neanche d’un passo si spostò: solo inganno afferro con le mani, e la destra preme la sinistra. Quale vuoto, quale dissolvenza, o Signora, è il tuo regno, come vana ogni umana sostanza. Dovrò andare in paese lontano, assai viaggiare per raggiungere cosa che sussista; forse anche cesserò il cammino solo quando ormai non cercherò. Ingannevole Signora della notte, hai nascosto sotto reti innumeri il tuo semplice corpo di fanciulla.
12.I.1980
Serbare il Vino Grande è l’uomo ma più grande è Dio. L’uomo di lungi ogni dì lo saluta, lo contempla, lo ama con sospirante comprensione.
E finché la luce nel ventre della notte rimarrà, io tacerò, serbando il Vino nella segreta Coppa.
28.I.1980
Alla Luce
O Tu suprema Luce, non cessi per mia causa alcuna vita al mondo, nessun essere si spenga in quest’era oscura.
Come infatti riconoscerei il fratello e la madre, il padre e la sorella, il maestro e l’amico in mezzo al buio?
28.I.1980
Sulla limpida riva del giorno
Sulla limpida riva del giorno oh vedessimo ancora la luce che scendendo dal cielo si spande sull’immobile terra dell’anima. E potessimo ancora guardare la più facile cosa del mondo.
28.I.1980
Madre Luce
Sii tu, Madre Luce, il costume leggero, ovvero il corpo nudo di chi più volte s’è spogliato del male e del fango.
28.I.1980 |