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DIALOGO SULL'ESOTERISMO
Licio Zuliani & Dario Chioli
7/10/2007
Licio – Caro Dario, mi son letto e meditato il tuo Esoterismo e filosofia dei vivi. Come spesso ti succede riesci con poche parole a contrabbandare per semplici le cose più difficili!
Nel merito, so bene che hai ragione e che l’esoterismo risiede essenzialmente nella ricerca interiore, come bene è espresso dal hadîth «Chi conosce se stesso, conosce il suo Signore». Ma questa è cosa veramente per pochi; tra i quali, per puro esempio, io non penso nemmeno di pormi.
Può darsi tuttavia che tra la pratica exoterica e l’esoterismo puro, quello da te delineato, o se vuoi tra la strada dei vivi e quella dei morti, si insinui un terzo viottolo, una via intermedia, sì, di compromesso, che si potrebbe ben definire la via dei moribondi o dei nascituri, a seconda che siamo pessimisti od ottimisti, oppure secondo il senso di percorrenza. Questa terza via si potrebbe definire come la strada della conoscenza discorsiva; via sicuramente non definitiva né autosufficiente, però di utilità, questo sì. Ma si può parlare di utilità in queste cose? Forse no, ma diversamente non saprei come esprimermi, tenterò di spiegarmi. Chi segue una via rigorosamente exoterica (professa una religione) si trova spesso in difficoltà di interpretazione che non di rado portano ad un affievolimento o ad un vero e proprio rigetto della fede; e ciò accade tanto di più nelle persone che i problemi se li pongono e cercano di affrontarli con gli strumenti della ragione. Per questa tipologia di persone può essere utile imboccare una via intermedia, la via dello studio e della conoscenza con i supporti materiali a disposizione, persone e libri. Poi si vedrà. Per questa terza via è veramente indispensabile una sola cosa: credere nel Principio Universale infinito, fuor del quale non v’è nulla che esista. Si obietterà: bella forza, se credi in Quello puoi credere a tutto. Questo non è vero, perché in noi che siamo rivestiti di pelle anche la ragione reclama i suoi diritti. Farò un solo esempio, significativo. Nella religione cattolica certamente il mistero più duro da digerire è quello della resurrezione della carne, a partire da quella di Gesù stesso. Si dice: «Com’è possibile? E passi anche per Gesù, che è Dio, per chi ha molta fede; ma per noi? E come risorgeremo, a quale età della nostra vita trascorsa? E chi era gobbo continuerà ad avere la gobba?» e via di seguito. Interrogativi più che legittimi se a questo argomento non si diano risposte più profonde che non la solita «è un mistero, solo Dio può sapere, sono le imperscrutabili vie del Signore, dobbiamo credere».
Ora, uno crede in Dio ma la ragione non è disposto a metterla in soffitta ed è quindi portato a dire «ma sì, sono tutte favole per bambini». Vediamo invece qual è la risposta di uno che le cose le studiava in profondità, René Guénon (sempre lui? per forza, ma se qualcuno ha da suggerirmi qualcos’altro di più convincente ne sarò ben lieto). Leggiamo quindi dallo studio La Gnosi e le scuole spiritualiste (contenuto ne Il Demiurgo e altri saggi di recente pubblicato da Adelphi, e già in Mélanges della Gallimard) quanto ci dice Guénon: «Quanto alla ‘resurrezione della carne’, si tratta in realtà di una maniera erronea di designare la ‘resurrezione dei morti’, che esotericamente può corrispondere al fatto che chi realizza in sé l’Uomo Universale ritrova, nella sua totalità, gli stati che erano considerati passati rispetto al suo stato attuale, ma che sono eternamente presenti nella ‘permanente attualità dell’essere extra-temporale’».
Subito tutto chiaro? No davvero; lo diventa se però ci studiamo dello stesso autore Gli Stati molteplici dell’Essere e Il simbolismo della Croce. Con il che avremo anche raggiunto il risultato nient’affatto disprezzabile di credere un poco di più a quanto scritto nella Bibbia e nei Vangeli, che a volte sono più impervi di quanto non pensiamo. In conclusione, è evidente che ognuno parla sulla base della particolare esperienza vissuta; ma immagino, e spero, che come me siano in parecchi a porsi interrogativi di tal sorta. Interrogativi cui è possibile rispondere anche razionalmente. Insomma, è già un grande passo in avanti poter dire: «so di non saper nulla, ma ho capito che si può anche capire».
7/10/2007
Dario – Caro Licio, quel che tu dici, che contrabbanderei per semplici le cose più difficili, corrisponde abbastanza a un analogo commento di mia moglie... Io replicherei solo che non è necessario rendere il difficile ulteriormente difficile... Quanto ai distinguo che tu operi, girano intorno a punti ben noti. Il “terzo viottolo” va benissimo, se vuoi, ma a me non sembra necessario, a meno che non si voglia per forza mantenere in piedi uno schema di riferimento generale, la cui utilità è discutibile. La conoscenza discorsiva rientra in quella dimensione di “cose in sospeso” che costituisce la quasi totalità della nostra vita, ovvero la foresta per cui si diramano i sentieri a Y. Quello che conta non sono tanto i singoli alberi, quanto la scelta, la direzione, momento per momento. Chi non sceglie appartiene agli “ignavi” e quindi in realtà ha già scelto.
7/10/2007
Licio – Caro Dario, mi pare che nella tua risposta ti sia lasciato prendere questa volta un poco dal temperamento ed abbia trascurato dei punti non marginali. Ci ritornerò con la dovuta calma.
7/10/2007
Dario – Caro Licio, probabilmente ritieni la mia replica troppo sbrigativa, ma l’alternativa era affrontare per l’ennesima volta il problema dell’attendibilità e del ruolo di Guénon. Quel che non mi pare corretto, proprio dal punto di vista razionale a cui giustamente tieni, è utilizzare le credenze di una tradizione per far loro significare altro rispetto a ciò che tutti credono vogliano dire. Vivaddio, sono le loro credenze, e sapranno ben loro cosa credono! Ad ogni modo ho apprezzato la tua risposta, e l’impegno che ci hai messo. Comprendo anche cosa vuoi dire parlando di terza via della conoscenza discorsiva. Comprendo ma non sono del tutto d’accordo. La conoscenza discorsiva verrà distrutta dalla morte, per cui ad essa deve accompagnarsi una conoscenza spirituale, se no non vale nulla. Ora, certamente tu sarai d’accordo sulla conoscenza spirituale, ma sembra che sia diverso il peso che noi attribuiamo a quella discorsiva. Ma è possibile, dal mio punto di vista, che tu ritenga a torto di non possedere conoscenza spirituale proprio a causa di un eccesso di schematismo exoterico-esoterico. Sembra che un punto di vista eccessivamente separante in merito porti a non riconoscere le pur presenti ricchezze del nostro animo, quasi che ogni risorsa fosse riversata a dar forza allo schema, anziché a dar lode a Dio. Bada poi che non intendo in alcun modo contestare la tua pratica cristiana, anzi, caso mai propendo a invitarti a non filtrarla troppo con degli schemi estranei. La risurrezione della carne è un’aspirazione che giace nella carne stessa, la quale carne è in rapporto analogico con lo spirito. È dunque possibile che risorgano le memorie passate, ma perché non estendere tale resurrezione anche al cosmo fisico? Come, è un altro discorso. Ma che non si sappia la risposta, non vuol dire che non ci sia.
8/10/2007
Licio – Mio caro Dario, non era in discussione il ruolo di Guénon né lui stesso (che noia, hai ragione) e anch’io ero perplesso se citarlo ancora una volta. Tuttavia l’esempio aderiva troppo bene al mio pensiero e per questo l’ho riportato. Quando però mi dici «Dire che l’interpretazione cristiana è erronea non è un bel modo di entrare nel cristianesimo», questa sì è una forzatura delle sue parole ed anche del mio pensiero. Dire “resurrezione della carne” anziché “resurrezione dei morti” se non proprio erroneo è quanto meno assai limitante, come limitata è ogni interpretazione letterale (la lettera uccide, lo spirito vivifica – questo non lo ha detto né Guénon né tanto meno il sottoscritto). Da qui la necessità, per chi lo voglia, di andare più a fondo. Così facendo avrà risposte razionali convincenti, senza intaccare la credibilità della forma religiosa a cui si fa riferimento e della quale nulla si nega. Peraltro, ammetterai che spiegare coram populo in Chiesa gli stati molteplici dell’essere, ammesso e non concesso che qualcuno dei ministri ne sia in grado, non è possibile e sarebbe financo dannoso. Quanto mi dici poi sulla resurrezione della carne mi trova concorde solo in parte.
È vero infatti che tutto si salva, ma la carne è solo una parte – le proporzioni non le conosciamo – dell’essere integrale nella sua pienezza. Se è quindi comprensibile che tale essere integrale possa anche rientrare nei nostri attuali tempo e spazio assumendone anche in carne ed ossa la forma a suo tempo consolidata (cfr. Giovanni, 20, 25: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il dito nel posto dei chiodi e non metto la mia mano nel suo costato, non crederò »), ai fini di una comprensione più profonda, e completa, è tuttavia meglio dire resurrezione dei morti che non resurrezione della carne. Questo non solo non intacca il credere cristiano, bensì ne corrobora razionalmente la validità. Quanto poi alle “fonti” di Guénon, è questione antica, ma di scarso peso: si prende quanto c’è di valido nella nostra valutazione, non è una rivelazione, questo è chiaro (anche se non sarebbe troppo difficile risalire per quanto riguarda la dottrina degli stati molteplici alla tradizione estremo-orientale – vedi Matgioi, La via metafisica). D’accordissimo invece su quanto dici nel tuo secondo intervento di stanotte sulla questione della conoscenza discorsiva. Su ciò non ho altro da dire, vorrei solo ben sperare che in tutto vi entri in qualche modo lo spirito che vivifica anche la nostra conoscenza discorsiva, sino a che siamo di questo mondo, se Dio vuole.
8/10/2007
Licio – Parlando di lettera e spirito, mi è venuto voglia di riandare a S. Paolo, I Corinti (15, 51-52). C’è di che discutere. Eccoti un assaggio: «Ecco che a voi svelo un mistero: Noi non morremo tutti, ma tutti saremo trasformati, in un attimo, in un batter d’occhio, al suono dell’ultima tromba. Squillerà, infatti, la tromba e i morti risorgeranno incorruttibili e noi saremo trasformati». Che poi sono le parole del meraviglioso Deutsche Requiem di Brahms.
9/10/2007
Dario – Caro Licio, sull’esoterismo rifletterò. Come al solito, non mi pare che siamo poi molto lontani, ma discutere serve a elaborare e comprendere. Circa una mia forzatura su “resurrezione della carne/resurrezione dei morti”, non mi pare che sussista, ho citato le parole da te riprodotte di Guénon, che a proposito della “resurrezione della carne” parla di «maniera erronea di designare la ‘resurrezione dei morti’», anche se tu smorzi dicendo che «se non proprio erroneo è quanto meno assai limitante, come limitata è ogni interpretazione letterale». Ora, «La dottrina della resurrezione della carne, affermata dalla Chiesa cattolica, da quella ortodossa e da altre confessioni cristiane, sostiene che alla fine dei tempi, dopo il Giudizio universale, tutti i corpi dei defunti risusciteranno e si ricongiungeranno alle rispettive anime [...] La chiesa cattolica afferma inoltre che Maria, per uno speciale privilegio, ottenne la resurrezione della carne subito dopo la morte, anziché dopo il Giudizio universale come tutti gli altri uomini (dogma dell’Assunzione di Maria). Anche la chiesa ortodossa condivide questa credenza, ma non la definisce come dogma» (Wikipedia). Propendo dunque a credere che ci sia una stretta relazione tra il rifiuto della resurrezione della carne da parte di Guénon e la sua “ordinazione episcopale” nella chiesa gnostica.
9/10/2007
Licio – Caro Dario, voglio precisare cosa intendevo per “forzatura” circa la resurrezione della carne. A me sembra chiaro che la frase di Guénon («quanto alla ‘resurrezione della carne’, si tratta in realtà di una maniera erronea di designare la ‘resurrezione dei morti’») si riferisce ad un errore semantico, che certo ha la sua importanza ma dal quale non si può estendere l’accusa di errore all’interpretazione cristiana tout court. Rimango del parere che le interpretazioni siano entrambe valide, ognuna al livello di profondità che loro compete, ma che tuttavia sia più completa la dizione “resurrezione dei morti”.
10/10/2007
Licio – Caro Dario, ancora qualche parola attorno alla questione. Lo schematismo exoterismo-esoterismo può essere effettivamente dannoso per chi ritenga di poter risolvere i suoi dubbi aderendo semplicisticamente ad una organizzazione iniziatica, ammesso che esista, abbandonando il più delle volte (sempre, nel caso della Massoneria) la religione d’appartenenza. Questo dilemma io lo conosco bene perché nel passato ne sono stato tentato; non ho ceduto e almeno di questo mi rallegro con me stesso (la sola cosa certa è che si vengono a perdere i benefici effetti dell’influenza spirituale emanante dalla religione d’appartenenza). Detto questo, si tratta di dimostrare che la ricerca di una comprensione non letterale dei testi sacri e della stessa dottrina della Chiesa (nel nostro caso) sia non solo lecita ma anche, per chi può, doverosa. Si obietterà che è questa una via che la Chiesa stessa preclude ai suoi fedeli. I motivi del divieto sono noti ed anche comprensibili: se ognuno facesse a modo suo si scadrebbe in un protestantesimo anarcoide. Ma la “terza via” (che, sia ben chiaro, non ho inventato io!) è un’altra cosa: in primo luogo, la dottrina della Chiesa deve essere accettata nella sua interezza, dogmi inclusi, in quanto emanazione provvidenziale e come tale “deve” essere vera; secondo, è dentro questa cornice che va condotta una ricerca conoscitiva intesa alla comprensione dei significati non letterali o, se vogliamo usare l’abusata espressione, esoterici. Naturalmente qui si rischia di ricadere nell’altra annosa questione dell’esoterismo cristiano, quanto meno degli inizi, per la quale sono stati versati fiumi di inchiostro da parte di studiosi ben più qualificati di me. Vorrei evitarlo, ma non è colpa mia se gli stessi Vangeli ne riportano passi non eludibili. Innanzi tutto, a fattor comune c’è la reiterata frase «Chi ha orecchi da intendere, intenda». Cos’altro può significare se non quello che ho già detto? Poi, Matteo 13, 36: «Licenziate le turbe, se ne ritornò a casa. I suoi discepoli si avvicinarono a lui e gli dissero ‘Spiegaci la parabola del loglio nel campo’», e Gesù, dopo la spiegazione, che pertanto non sarà stata completamente alla portata di tutti, pronunciò la solita frase: «Chi ha orecchi da intendere, intenda». Sulla resurrezione, Matteo 22, 29: «Voi sbagliate, non sapendo comprendere né le scritture, né la potenza di Dio. Perché, nella resurrezione, né gli uomini avranno moglie, né le donne marito, ma saranno come gli angeli di Dio in cielo. In quanto poi alla resurrezione dei morti [nota che si dice sempre “dei morti”], non avete letto quello che vi fu detto da Dio? Io sono Iddio d’Abramo, Iddio d’Isacco, Iddio di Giacobbe? Non è il Dio dei morti ma dei vivi». E aggiunge Marco 12, 27: «Voi avete dunque sbagliato e di molto». Marco 4, 22: «Viene forse portata la lampada per essere posta sotto il moggio o sotto il letto? O non forse per esser messa sul portalucerne? Poiché non c’è niente di nascosto che non debba essere manifestato e niente di segreto che non sia per venire alla luce. Se uno ha orecchi da intendere, intenda». E diceva loro: «Fate attenzione a quello che udite: con la misura con la quale avrete misurato, sarà misurato a voi, e vi sarà dato di più; poiché a chi ha, sarà dato, e a colui che non ha, sarà tolto anche quello che ha». Parole difficili ma sacrosante. Luca 8, 10: «A voi è stato concesso di conoscere i misteri del regno di Dio; agli altri invece è annunziato in parabole, affinché vedendo non vedano e udendo non comprendano». Sulla carne, Giovanni 3, 5 (Nicodemo): «In verità ti dico: chi non rinascerà per acqua e Spirito Santo non può entrare nel Regno di Dio. Ciò che è generato dalla carne, è carne; e quel che nasce dallo Spirito è spirito». Eppoi c’è tutto il san Paolo di I Corinti, capitoli 14 e 15, sui quali eventualmente riparleremo.
Per concludere, mi par chiaro che sotto la lettera ci sia quanto più conta e pertanto, almeno per quanto mi riguarda, mi sento più che autorizzato a ricercarlo. D’altronde le lezioni soprattutto dei cristiani Meister Eckhart e Jakob Boehme, ancorché quest’ultime in linguaggio criptato a me ostico, confortano questa convinzione.
11/10/2007
Dario – Caro Licio, una risposta celere: non è l’esoterismo che metto in discussione, in quanto sia inteso come conoscenza spirituale (che altro importa?). Ma non posso accettare che la conoscenza spirituale sia in contraddizione con quella letterale; è questo il nocciolo del problema. O si va di là dalle forme religiose, e in questo caso è finita lì, o si sta all’interno di una di esse, e allora non si può contestarne il corpo mettendolo in contraddizione con lo spirito. In secondo luogo mi pare evidente – come del resto sicuramente a te – che un reale esoterismo non può diventare un ospedale in cui curare le proprie incertezze; ovvero non è un modo per sentirsi puri e duri perché si affermano alcuni punti di vista (tipo guénoniani apparentemente strasicuri di sé). E neppure deve diventare una rigida gabbia o un orfanotrofio in cui duri educatori – i guru, gli shaykh – hanno potere di vita e di morte sui discepoli e pensano al posto loro. In terzo luogo non può esser fatto carico al Corpo Mistico della Chiesa dell’ignoranza abissale di tanti suoi rappresentanti. La Chiesa non vieta la comprensione spirituale, ovvero esoterica (lo spirito non vieta lo spirito); solo molti ecclesiastici terreni, ahiloro, non sanno di che si tratta. In quarto e ultimo luogo penso che la tradizione non debba comunque essere stravolta. Nessuno mi convincerà che un Dante che mette Maometto all’inferno possa essere stato islamico, come nessuno mi convincerà che Guénon, negando come islamico la resurrezione di Cristo, possa essere definito cristiano. Questa non è beninteso una condanna, ma una delucidazione necessaria. Se di esoterismo cristiano mai deve parlarsi, questo non può prescindere dalla morte resurrezione e ascensione di Cristo, né dalla verginità ed assunzione di Maria, come del resto nessun ebreo e nessun cristiano dovrebbe negare l’assunzione in cielo di Elia.
11/10/2007
Licio – Non ho detto nulla, ma proprio niente, di diverso. O non ho forse detto che la dottrina della Chiesa va accettata per intero? Con la tua esaurientissima risposta possiamo anche cessare (momentaneamente!) le ostilità, in attesa della riapertura del fronte.
12/11/2007
Licio – Caro Dario, non ti preoccupare, non è una rottura dell’armistizio; la tua ultima è straordinaria ed io la condivido pienamente, Dante e Guénon compresi (non è un caso che io non sia andato avanti per quella via). Solo alla fine c’è qualcosa che non capisco o che ti è sfuggito dalla penna. Perché mai «nessun ebreo e nessun cristiano dovrebbe negare l’assunzione in cielo di Elia
» mentre solo l’esoterismo cristiano «non può prescindere dalla morte resurrezione e ascensione di Cristo, né dalla verginità ed assunzione di Maria»? Può essere l’esoterismo a senso unico (i cristiani devono accettare le verità degli ebrei, ma non viceversa)? Forse ho anche capito male, ma a dire il vero non mi pare.
12/10/2007
Dario – Caro Licio, è chiaro che ci sarà bene una ragione se la tradizione “x” include alcuni riferimenti e “parole di passo” e la tradizione “y” altri. Dato che i misteri sono difficili da penetrare, non si può chiedere a un ebreo di entrare nel mistero mariano, o a un islamico nel mistero della croce. Altra cosa è la comprensione ipertradizionale delle vie, che neppur essa però include la completa conoscenza di tutti i fatti di tutte le vie, ma semplicemente sa vederne e mostrarne l’analogia di ruolo e finalità. Né dunque il cristiano è obbligato all’osservanza del precetto levitico, né l’ebreo ad aderire al novum cristiano. Nessuno di loro poi è obbligato al pellegrinaggio alla Mecca, mentre lo è l’islamico. Intendo dire che le forme misteriche non si possono mescolare. Altro è il fatto storico, ma nel paragone dei fatti storici su cui si basano le varie vie esoteriche c’è la grandissima difficoltà che quasi nessun fatto («mito di fondazione» per chi non ci crede) è storicamente accertabile, e in nessun modo sono sicure le sue cause. Quindi può essere che la via di uno lo porti ad accertare soggettivamente la pretesa storicità di un fatto su cui si basa la propria tradizione, o magari anche di un fatto proprio a quella di un altro. Ma mentre è necessario verificare ed accertare il cammino che personalmente si percorre, riguardo agli altrui sentieri se anche non si verifica non cambia nulla. Cioè la verità vissuta e compenetrata è reale, quella supposta e parlata non lo è. Sono dunque reali per ciascuno i fatti che ha verificato, non gli altri. In questo senso ho sempre creduto, per esempio, che anche del dogma cristiano si possa pretendere dai cristiani il rispetto ma non la confessione: rispetto dei santi antenati e dottori, ma non confessione di ciò che non si è interiormente riscoperto. Tanto più dunque se la tradizione non è la propria; chi è sufficientemente colto e lucido può rispettare gli elementi di una tradizione a cui non aderisce, ma salvo eccezioni non può dire di averli fatti propri e pertanto non può dire di averne constatato la verità. In conclusione, secondo me l’esoterismo può legittimamente esprimersi sui misteri di una tradizione se rappresenta l’aspetto spirituale di tale tradizione; mentre l’esoterismo che non riveste i panni di una singola tradizione (quello che sopra ho chiamato ipertradizionale) può conoscere in generale e condurre anche molto lontano, ma non può realmente comunicare l’essenza di quei misteri che sono propri di quelle tradizioni di cui esso non rappresenta l’aspetto spirituale. Può bensì portare più in là ancora, essendogli proprie prospettive più vaste ancora, ma non è la stessa cosa.
12/10/2007
Licio – Caro Dario, vedo la nostra fragile tregua volgere verso una pace armata (non guerra fredda). Quello che dici è profondo e vedrò di esaminarlo con un certo impegno. Tuttavia ci sono anche punti che mi lasciano perplesso. Primo, è vero che non si può chiedere a un ebreo di entrare nel mistero mariano o a un islamico nel mistero della croce, ma è lecito viceversa chiedere a un cristiano o ad un islamico di accettare i misteri del popolo eletto? e per qual motivo? (non sto parlando dell’osservanza del precetto levitico, è chiaro che a questo non siamo tenuti). Poi, la struttura esoterica da te configurata comincia a prendere forma anche ai miei poveri occhi: è alquanto diversa da quella tradizionale. Verrebbero definiti un esoterismo interno alle singole tradizioni (esoesoterismo?), teso alla comprensione profonda dei misteri peculiari di ogni singola forma tradizionale, ed un esoterismo che le trascende (iperesoterismo o endoesoterismo?) ma che non può penetrarvi i misteri. Strano esoterismo. In tutta franchezza mi pare una costruzione alquanto cerebrale e, se devo essere sincero, preferisco quella da cui sei partito, Esoterismo e filosofia dei vivi. Che sia colpa mia l’averti portato a questa deriva così involuta? La guerra continua, per andare avanti con la metafora bellica? Direi proprio di no, ma vedrò di meditare.
12/10/2007
Dario – Non è poi così strano come ti pare. Non c’è forse nel sufismo la via del Khidr, a fianco di quella comune? E non è forse vero che molti degli illuminati dal Khidr pur accedendo ad uno stato fuor dell’ordinario anche esotericamente parlando, possono benissimo essere ignoranti quanto alle forme exoteriche e persino ignorarle, ignorando pertanto anche il loro specifico, singolo significato spirituale?
12/10/2007
Licio – Sulla via del Khidr non ho di che dubitare, e poi non ne sono così informato da poterne discutere. Se però correggiamo il tiro, come mi pare tu da buon artigliere stia facendo, dicendo che un certo tipo di esoterismo vola più alto di qualsivoglia "forma" tradizionale esoterica e che può anche ignorarne i "significati" specifici (lo Spirito però soffia dove vuole), su ciò possiamo anche vedere di convergere. Benché. benché, quale terrestre sarebbe dotato di ali tanto forti da poter avvicinare il Sole senza schermo? Non ti pare che anche questa considerazione dettata dal senso comune sia da prendere sul serio?
12/10/2007
Dario – Non si tratta di avvicinare il Sole, si tratta che il Sole avvicini te...
Il Khidr non è mai atteso, e le sue manifestazioni sono sempre comprese a posteriori.
Per quanto mi consta, la manifestazione del Khidr è legata alla sfera della necessità. Quando l'ordinario non porge il necessario a chi necessita, appare lo straordinario. Allo stesso modo, direi, quando la storia individuale non consente soluzioni, se l'individuo è meritevole, la soluzione appare comunque.
Io non penso di incontrare il Khidr, ma so bene che le forme tradizionali a me note non mi possono coinvolgere oltre un certo limite non perché io desideri che così sia, ma perché non ho alternativa. E così sarà per molti altri.
12/10/2007
Licio – Speriamo così sia e che Dio voglia: da buon ex comunicatore, le vie dell'etere sono infinite.
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