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IL BARDO DELLA SOLITUDINE

Pier Colonna & Dario Chioli 

   

   

Pier Colonna, 18/11/2009

Ciao Dario, una nota su un tuo commento.

«Mi pare che appena si procede di un passo sul sentiero della raffinazione del gusto spirituale, il panorama umano si diradi enormemente, e poco più in là non ci sia quasi più nessuno: questo è quel che mi pare di vedere, non posso farci niente, ma il cammino però procede».
(da: Franco Landriscina & Dario Chioli - Che fare? Ragionamenti sul sentiero e sulla morte)

Come è vero questo. Ne parlavo con mia moglie, la quale commentava sulla scarsità delle mie amicizie. Non so se dire “purtroppo”, ma non riesco a legare, in un modo che vada oltre al superficiale, con nessuno che non sia dotato di una certa profondità di pensiero.

E anche se talvolta mi capita di incontrare qualcuno con interessi spirituali, di solito non riesco ad aprirmi che parzialmente con chi non abbia percorso un sentiero simile (a prescindere dal tipo di tradizione, qui conta il succo tratto da ciò che si è appreso/praticato). Come tu giustamente scrivi, i molti sono pieni (e cercano di riempirsi ulteriormente) di nozioni e convincimenti. I pochi contemplano il deserto così come si presenta, e lo sguardo si trova da solo per 360 gradi...

Un saluto da questo bardo, che non è differente da quello post mortem: cambiano le forme ma gli attori sono gli stessi.


Dario Chioli, 18/11/2009

Eh sì, siamo in un bardo, dove la solitudine è al contempo una protezione e una sofferenza. Del resto non si può pensare di condividere il modo di pensare di coloro che non pensano... o il modo di amare di coloro che non amano...

Però bisogna essere aperti a tutti, questo sì: a servizio dell'Ospite che passa, che non si sa mai chi possa essere davvero, o chi stia dietro di lui... e mentre attendiamo, si nutre la nostra umanità, e si svuota il cuore dei preconcetti inutili.

Molta solitudine, ma molto mistero, e nel mistero una parentela più vasta assai di quella che ci tocca in questo bardo.

Un caro saluto


Pier Colonna, 18/11/2009

Ecco, la nostra dimora vera è ovunque siamo. Che ciò sia in questo mondo confuso oppure in stati di chiarezza: che si manifestino nonostante esso, attraverso di esso, o oltre.

Alla fine gli ottundimenti sono solo nuvole passeggere. Come questa carne, questa terra la cui percezione diamo così per scontata. La cui durata ci sembra in questo momento eterna.

Aiuta il poter credere ad un Ospite che dal Mistero ci accompagna, e ad una parentela che pazientemente aspetta il diradarsi delle nostre nuvole. Però per credere bisogna vedere, e sta a noi aguzzare la vista momento per momento e non cedere alle continue illusioni.

Che sia la solitudine non altro che la percezione sfuocata dell’Âtman...

«Se non si impara a Vedere di qua, non lo si imparerà da nessuna altra parte»... e pensare che i nostri Avi spirituali parlarono di mondi infiniti.. Li ho sempre pensati come forme di sollievo, ma forse l’intensità non vi è minore, le prove da passare altrettanto ardue.

Un abbraccio


Dario Chioli, 19/11/2009

Sì, per fortuna il mistero interferisce nel quotidiano, lo sfuoca di tanto in tanto. Se no, chi potrebbe percepire altro?

L'Ospite ci chiama da fuori la porta di casa, così possiamo aprire, uscire e percorrere una strada. Viaggiamo...

   

 

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