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Prattica dell’Estasi Filosofica

[testo attribuito a Tommaso Campanella,
tratto dal primo volume delle Opere di Tommaso Campanella
edite a cura di Alessandro D’Ancona, Torino 1854]

Edizione elettronica di Dario Chioli

   

Bisogna eleggere un luogo nel quale non si senta strepito di alcuna maniera, all’oscuro o al barlume di un piccolo lume così dietro che non percuota negli occhi, o con occhi serrati. In un tempo quieto et quando l’uomo si sente spogliato d’ogni passione tanto del corpo quanto dell’animo. In quanto al corpo, non senta né freddo, né caldo, non senta in alcuna parte dolore, la testa scarica di catarro e da fumi del cibo et da qualsivoglia umore; il corpo non sia gravato di cibo, né abbia appetito né di mangiare, né di bere, né di purgarsi, né di qualsivoglia cosa; stia in luogo posato a sedere agiatamente appoggiando la testa alla man sinistra o in altra maniera più comoda... l’animo sia spogliato d’ogni minima passione o pensiero, non sia occupato né da mestizia o dolore o allegrezza o timore o speranza, non pensieri amorosi o di cure famigliari o di cose proprie o d’altri, non di memorie di cose passate o d’oggetti presenti; ma, essendosi accomodato il corpo come sopra, dee mettersi là, et scacciar dalla mente di mano in mano tutti i pensieri che gli cominciano a girar per la testa, et quando viene uno, subito scacciarlo, et quando ne viene un altro, subito anco lui scacciare insino che non ne venendo più, non si pensi a niente al tutto, et che si resta del tutto insensato interiormente ed esteriormente, et diventi immobile come se fussi una pianta o una pietra naturale; et così l’anima non essendo occupata in alcuna azione né vegetabile, né animale, si ritira in se stessa, et servendosi solamente degli istrumenti intellettuali, purgata da tutte le cose sensibili, non intende le cose per discorso, come faceva prima, ma senza argomenti e conseguenze: fatta Angelo, vede intuitivamente l’essenzia delle cose nella lor semplice natura, et però vede una verità pura, schietta, non adombrata, di quello che si propone speculare: perciocché avanti che si metta all’opra, bisogna stabilire quello che si vuole o speculare o investigare et intendere, et quando l’anima si trova depurata proporselo davanti, e allora gli parrà d’avere un chiarissimo e risplendente lume, mediante il quale non se gli nasconde verità nessuna. E allora si sente tal piacere e tanta dolcezza che non vi è piacere in questo mondo che a quello si possa paragonare: né anco il godimento di cosa amatissima e desideratissima non ci arriva a un gran pezzo. In tal maniera che, l’anima pensando d’avere a ritornare nel corpo per impiegarsi nelle vil’opere del senso, grandemente si duole et senz’altro non ritornerebbe mai se non dubitasse che per la lunga dimora in tal estasi si spiccherebbe al tutto del corpo. Perciocché quelli sottilissimi spiriti ne’ quali ella dimora se ne sagliano al capo, e però alcuni sentono un dolcissimo prurito nel capo, dove son gli strumenti intellettuali: e a poco a poco svaporano, i quali se tutti svaporassero, senz’altro l’uomo morerebbe. Et però sono più atti a quest’estasi quelli che hanno il cranio aperto per la cui fessura possono esalare alquanto gli spiriti: altrimenti se ne raduna tanti nella testa che l’ingombrano tutta et gli organi per così gran concorso si rendono inabili. Questa credo che sia l’estasi platonica, della quale fa menzione Porfirio che da questa Plotino sette volte fu rapito, et egli una volta; essendoché di rado si trovan tante circostanze in un uomo: contuttociò in duoi o tre anni potrebbe succedere tre o quattro volte; et quelle cose che allora s’intendono bisogna subito scriverle et diffusamente, altrimenti voi ve le scorderesti, e rileggendole poi non l’intenderesti.

   


Domande e risposte

Un internauta mi scrive il 4/3/2004:

«Ho letto una seconda volta, e sempre con vivo piacere, la magnifica pagina di Campanella che lei ha messo su Internet. La prima volta avevo letto questa pagina (sempre tristemente solitaria, cioè senza le altre sue compagne) nel secondo volume (parlo della nuova edizione Adelphi) dei Mistici dell'Occidente curata da E. Zolla. Volevo chiederle di dirmi se ne esiste un'edizione integrale e, nel caso esista, le chiederei anche d'inviarmi i dati per potermela procurare. In caso contrario sarebbe un testo da pubblicare!»

Rispondo il 5/3/2004:

«Per quanto ne so io, ovvero sia per aver consultato e confrontato l'edizione delle opere del Campanella curata dal D'Ancona e per quel che ho letto in giro, la Prattica dell'estasi filosofica è un frammento singolo senza compagni, di incerta attribuzione, taluni dandolo al Campanella, altri al Bruno, altri a qualche terzo ignoto. Non è un estratto da un'altra opera nota, o perlomeno nessuno mai l'ha rilevato.
La mia edizione è identica a quella del D'Ancona, che era un erudito attendibile. Egli l'ha tratta dal manoscritto della Biblioteca Nazionale di Firenze contrassegnato come Manoscritto magliabechiano, Classe VIII, codice 6, del secolo XVII, cm. 20x28, di carte 557, che contiene parecchie opere non tutte del Campanella (cito dall'Introduzione di Antonio Bruers alla Magia naturale, che ho in una anastatica di Melita Editori dove non si riportano né luogo né data di edizione).
È un testo molto interessante, quasi senza paragone per la sua chiarezza in occidente, e perciò l'ho riproposto. Dell'antologia dello Zolla io ho l'edizione precedente di Garzanti dove la Prattica compariva incompleta, cosa di cui non ho mai capito il senso, vista la sua brevità. L'avevo trovata intiera invece in qualche opera occultista di cui peraltro non mi fidavo, donde ne venne che confrontai e corressi sull'edizione del D'Ancona.
Tutto il problema dell'interpretazione dell'ermetismo rinascimentale è estremamente complesso; difficile discernere le posizioni immature e sincretiste da altre ragionate e profonde, a motivo dell'estraneità dello spirito, delle consuetudini e dei tempi, che spinge facilmente al fraintendimento. Bisognerebbe avere un sacco di tempo e disponibilità economica e di viaggiare maggiore della mia per potere condurre approfonditi studi che portino davvero a qualcosa. Certo sarebbe interessante e magari culturalmente proficuo, perché ho l'impressione che sia un campo dove – come in molti altri – vige una paurosa approssimazione, soprattutto nel non saper distinguere lo stravagante dallo spiritualmente valido.
Del resto... ars longa vita brevis...»

   

   

 

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