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GENETICA ONDULATORIA

NOTIZIE DI UNA TEORIA DI PIOTR PETROVIC GARIAEV

M. C.

Interventi di Clericus e Dario Chioli

      

   

PREMESSA

L'amico M. C., avuta notizia di alcune curiose ricerche del russo Piotr Petrovic Gariaev, ha cercato di capirci qualcosa girando su Internet ed ha ricavato il seguente articolo, che non ha la pretesa se non di mettere a fuoco talune ipotesi formulate dal Gariaev e stimolare a eventuali discussioni.


M. C. (20/4/2006)

GENETICA ONDULATORIA – NOTIZIE DI UNA TEORIA DI PIOTR PETROVIC GARIAEV

Negli ultimi decenni la genetica è prepotentemente entrata nell’immaginario collettivo come una delle ultime frontiere della scienza. Anche per l’uomo della strada “DNA” è una sigla che evoca un ben preciso contesto, in molti casi piuttosto inquietante. In questo ambito, forse come in nessun altro, l’uomo ha la possibilità di “giocare” con la vita e con i suoi più intimi segreti, o, perlomeno, ne può avere l’illusione. È infatti nostra personale opinione, che certe vie scientifiche rappresentino in realtà un labirintico gioco di specchi in cui più ci si affanna a raggiungere l’uscita più ci si allontana. Ma non è di questo che vogliamo trattare; non ne abbiamo neppure la pretesa… 

Teniamo inoltre a precisare che quanto esporremo in seguito non vuole essere, nel modo più assoluto, una trattazione scientifica, quanto piuttosto il frutto di una indagine dettata da pura curiosità, in cui ci siamo addentrati in campi di pertinenza di persone ben più qualificate. Ben vengano, dunque, critiche, appunti o semplici osservazioni che permettano di chiarire meglio l’argomento.

Ci siamo imbattuti, percorrendo vie mediatiche non ufficiali, nella notizia di una ricerca portata avanti sin dai primi anni ’90 da una équipe russa guidata dal Prof. Piotr Petrovic Gariaev, biofisico e biologo molecolare, membro dell’Accademia delle Scienze Russa e dell’Accademia delle Scienze di New York. (*) 

(*) Ne abbiamo letto per la prima volta nel testo di Flavio Daniele, Scienza, Tao e arte del combattere, ed. Luni.

Di tale gruppo fanno parte biologi, genetisti, embriologisti e linguisti (!). Il primo aspetto interessante è la tipologia di DNA su cui si è concentrata. È di dominio pubblico che il DNA sia al centro dei meccanismi di produzione delle proteine costituenti i “mattoni” degli organismi viventi, nonché “vettore” delle informazioni specifiche per tale produzione, quelle derivanti dalla specie e dalla familiarità. In tali funzioni è però coinvolto solo il 10% della totalità di DNA. Il restante 90% è considerato “junk”, spazzatura, cosa che può lasciare francamente perplessi (*). Su tale “spazzatura” si sono indirizzate le indagini del gruppo russo.

(*) Altre fonti parlano del 5% e addirittura del 2%. La recente, e alquanto pubblicizzata, mappatura del genoma umano eseguita su tali ridotte percentuali si è rivelata essere tutt’altro che completa. A fronte di circa 70000 tipi di proteine presenti nell’organismo umano, sono stati codificati solo 30000 geni. Ora, per la produzione di 1 proteina serve la sequenza di informazioni presente in 1 gene. Dunque c’è un netto disavanzo! Di più, tale mappatura ci rende “sgradevolmente” vicini, in quanto a ricchezza di genoma, a primati come gli scimpanzé, con cui ne condivideremmo il 98%... È lecito qualche dubbio?

Eccone per sommi capi i risultati. Prima di tutto vorremmo risalire alle esperienze fatte dal biofisico tedesco Fritz Albert Popp sul fenomeno dei biofotoni. Si è constatato che ogni organismo vivente emette una debole radiazione luminosa, visibile in camera oscura e solo se opportunamente rinforzata. Questa radiazione si è scoperto essere sempre più forte all’inizio dell’esperimento, dopodiché, in un breve periodo, decade fino a raggiungere un livello stabile di emittanza, più basso (*). Si è dunque supposta la capacità, da parte dell’organismo, di immagazzinare luce, ma in che modo?

(*) L'emittanza [radiant emittance] è la capacità di un corpo di emettere energia per ogni suo cm2 di superficie; è cioè il flusso radiante generato da ogni cm2 e si misura in Watt/cm2 (cfr. http://pwhux.tin.it/apexrol/energiar.htm).

La caratteristica forma a doppia elica allungata della macromolecola di DNA lo renderebbe un’ottima antenna per la ricetrasmissione di onde elettromagnetiche. In effetti, dagli esperimenti compiuti dai russi, il DNA, sottoposto a radiazioni elettromagnetiche, si comporta come quello che in fisica è definito “oscillatore armonico”. La misura dell’efficienza di tali dispositivi è detta “qualità di risonanza”, ed è tanto maggiore quanto minore è la perdita di energia, espressa appunto con le oscillazioni, nel tempo dopo averla ricevuta (*). Il DNA risulterebbe essere, in questo, di gran lunga superiore agli oscillatori realizzati in laboratorio. In tal senso il DNA si comporterebbe come un superconduttore (**), ma alle normali temperature corporee. Tale comportamento si esplica anche nei confronti di quel particolare insieme di onde elettromagnetiche che noi chiamiamo “luce”. Nello specifico, la frequenza di oscillazione del DNA è di 150 MHz più tutte le sue armoniche, tra cui rientra anche la luce visibile. 

(*) Un grossolano esempio di oscillatore può essere un semplice pendolo. Dopo aver ricevuto l’impulso energetico della spinta si mette in movimento. Quanto più a lungo si mantiene in movimento tanto più alta si può definire la sua efficienza, o “qualità di risonanza”.

(**) Superconduttori sono quei materiali che, a temperature prossime allo 0 assoluto (-273°C), sono in grado di condurre energia con dissipazione pressoché nulla.

Riassumendo, la molecola di DNA, investita di radiazioni elettromagnetiche di opportuna frequenza è in grado di:

Il secondo punto importante coinvolge i linguisti presenti nel team di Gariaev. Individuate le basi semantico-sintattico-grammaticali fondamentali comuni a tutti i linguaggi umani, compresi quelli artificiali (es. quelli informatici), le hanno confrontate con le regole di codifica del codice genetico, e hanno riscontrato delle impressionanti somiglianze.

Il terzo punto che ci preme sottolineare è il tipo di risposta vibrazionale che fornisce il DNA sottoposto a radiazioni. È stata infatti individuata una vibrazione in uscita di tipo solitonico. Il solitone è una particolare forma d’onda individuata già nel XIX° secolo ma, data la sua complicata non linearità, è stata descritta solo grazie al computer. La sua principale caratteristica è la grande persistenza nel tempo e nello spazio, che la rende un ottimo vettore di informazioni.

Dalla somma di questi dati si può giungere ad un’immagine piuttosto nuova del DNA. Se fino ad ora questa molecola era stata vista come uno scambiatore di informazioni di tipo esclusivamente biochimico, e, conseguentemente, trattato come tale, ad esempio in campo biomedico, queste ricerche lasciano intravedere la possibilità di interagire con il DNA in altri modi (*).

(*) Anche i trattamenti radioterapici, che pure utilizzano impulsi elettromagnetici, possono essere considerati chimici, in quanto puntano alla distruzione delle cellule tumorali tramite la degradazione dei legami chimici molecolari. La cancerogenicità di certe radiazioni è stata fin qui attribuita alla loro influenza sugli stessi legami.

Il principale “mezzo di comunicazione” messo a punto dai ricercatori russi è uno speciale apparecchio laser denominato PLR (polarization laser radiowave). Senza voler entrare in dettagli tecnici peraltro a noi poco familiari, la caratteristica principale di questo strumento è la capacità di polarizzare, tramite specchi laser, una ben determinata frequenza laser (632.8 nm), trasformandola in onde radio.

Da questa serie di esperimenti è risultato che:
1) materiale cromosomico (*), sottoposto a PLR è in grado di immagazzinare e interpretare i messaggi trasportati dalle onde radio.

(*) Il cromosoma è il costituente del nucleo cellulare, ed è composto di DNA.

2) tale materiale è in grado esso stesso di riprodurre questo processo, in quanto emittente fotoni e polarizzante gli stessi in onde radio, adoperando i cristalli liquidi di cromatina come specchi laser.

Tramite PLR si è verificata sperimentalmente la possibilità di “rivitalizzare” la capacità germinativa di semi colpiti da radiazioni a Chernobyl. Altri esperimenti, condotti con apparecchiature simili da altre équipe, avevano prodotto modificazioni transgeniche in embrioni di gallina introducendo caratteri genetici di anatra.

L’altra sorprendente conclusione a cui sono giunti gli scienziati russi è che tali segnali-onda si propagano nello spazio-tempo in modalità di tipo nonlocale-quantico, secondo l’effetto Einstein-Podolsky-Rosen (EPR) (*).

(*) Tentiamo di descrivere sommariamente uno dei più affascinanti dilemmi della fisica. I tre grandi scienziati sopra citati avevano tentato, con il paradosso EPR, di confutare le basi della Meccanica Quantistica (MQ), la quale sostiene che in un sistema fisico di tipo quantico non sia possibile misurare contemporaneamente tutte la variabili, perché la misurazione di una di esse, ad esempio la posizione di una particella subatomica, ne influenza automaticamente un’altra, ad esempio il momento (principio di indeterminazione di Heisenberg). Nell’esperimento paradossale si supponeva di scindere il sistema S in due sottosistemi S1 e S2. Secondo la MQ, dal momento che le grandezze misurabili nel sistema originale non possono variare nei due sottosistemi, e dal momento che ci sono “accoppiamenti” di variabili influenzantisi reciprocamente, la misurazione di una di queste in S1 doveva avere una risposta nella variabile accoppiata in S2. Questo non poteva essere, secondo i tre, perché avrebbe violato il principio di causa-effetto, in assenza evidente di connessione spaziale tra i due sottosistemi.
Ora, sperimentalmente si è verificato che questo paradosso in realtà si realizza (naturalmente le interpretazioni variano, a seconda dei punti di vista delle diverse scuole). Ad ogni modo, sulla base di quello che oggi viene chiamato effetto EPR, si sono effettuati con successo esperimenti di teletrasporto, sia di particelle subatomiche come fotoni (presso l’Istituto di Fisica Sperimentale di Vienna da Anton Zeiliger), sia, e questo ci interessa più da vicino, di luce laser quantizzata, presso la Australian National University. Per dettagli: Bollettino della Comunità Scientifica in Australasia, settembre 2002.

Quest’ultimo punto è di rivoluzionaria importanza. Permette infatti di ipotizzare che il materiale genetico di un organismo vivente formi un ologramma (*), in cui ogni unità cromosomica funge da biochip, che emette e riceve simultaneamente tutto l’insieme di informazioni riguardanti l’esistenza nello spazio e nel tempo di quell’organismo, organizzandole in un “testo”, scritto con lettere corrispondenti alle basi nucleotidiche (**). Questo “testo” è, naturalmente, dinamico: essendo formato da un flusso di informazioni variabili, esogene ed endogene, deve continuamente correlarle tra loro al fine di garantire l’adattabilità e, in ultimo, la sopravvivenza dell’individuo.

(*) Ologramma: sistema di memorizzazione fotografica in 3D. Vi sono due caratteristiche particolarmente interessanti: una lastra olografica conserva il suo contenuto informativo in ogni sua parte, ovvero spezzando in più parti la lastra è possibile ottenere la stessa immagine tridimensionale con una diminuzione del dettaglio. Altra caratteristica è la possibilità di memorizzare sulla stessa lastra più ologrammi orientando diversamente il raggio laser. Queste caratteristiche sono attualmente allo studio per la creazione di supporti per la memorizzazione di massa. (Tratto da Wikipedia.org)
Nel nostro caso, visto che l’immagine varia nella dimensione temporale, si considera un ologramma in 4D.

(**) Adenina, guanina, citosina e timina per il DNA. Nell’RNA quest’ultima è sostituita dall’uracile. La sequenza di un gene è descritta da triplette di queste basi chiamate “codoni”. Ad ogni codone corrisponde un amminoacido, l’unità fondamentale della proteina. Questo per quanto riguarda la proteinosintesi ma, come abbiamo già fatto notare, la molecola di DNA si allunga ben oltre…

Questo è lapalissiano, se vogliamo, ma uno dei quesiti della biologia è legato al tipo di vettore utilizzato da queste informazioni. Ci sono dei dubbi sul fatto che i normali messaggi di tipo elettrochimico che viaggiano sul sistema nervoso siano in grado di assicurare da soli l’efficienza e la velocità nello scambio di una enorme mole di informazioni complesse come quelle dei biosistemi superiori.

In più, questa memoria olografica darebbe ragione di altre perplessità, sorte più o meno recentemente in aree “non allineate” del mondo scientifico, sui processi evolutivi. La classica visione darwiniana, basata sulla completa casualità della selezione naturale, non spiega a fondo come:

1) si sia potuto giungere alla attuale grande varietà e complessità di forme viventi sulla base delle sole mutazioni genetiche casuali (infatti la biologia insegna che la riproduzione da parte dei geni tende ad essere il più fedele possibile, e a ridurre al minimo le mutazioni; altri eventi accidentali, causanti mutazioni, non possono essere per definizione considerati sufficientemente frequenti);

2) come tali mutazioni possano essere andate con tale frequenza nella giusta direzione evolutiva;

3) come possano averlo fatto in tempi relativamente brevi (*).

(*) Tutti dovrebbero conoscere il famoso cubo di Rubik, un puzzle tridimensionale in cui ogni faccia è composta di 9 cubi più piccoli. Scopo del gioco è allineare i cubi più piccoli in modo che ogni faccia abbia lo stesso colore. Il matematico Frank Hoyle ha ipotizzato che un uomo cieco, per risolvere il puzzle, avrebbe bisogno di 5*10^14 giri. Ipotizzando un giro al secondo sarebbero necessari 126 miliardi di anni , un lasso di tempo superiore all’esistenza dell’universo. Se si aiutasse il cieco con dei sì o no, se la caverebbe con 120 giri, un paio di minuti.
Teniamo presente che si tratta di allineare soltanto 64 cubi, non 3. 1 miliardi di nucleotidi come nelle stringhe di DNA.
Secondo l’evoluzionismo corrente, la selezione si sarebbe mossa come il cieco…

L’idea di una “quasi coscienza”, che potremmo definire di tipo informatico, in grado di dirigere le variazioni genetiche sulla base delle variazioni ambientali (un “testo” che varia in base al “contesto”), potrebbe dare una risposta a questi interrogativi. Non si vuole, ovviamente, rigettare l’idea di selezione naturale, ma ipotizzarne una forma “auto-guidata”.

Infine, e non vogliamo spingerci oltre, si aprirebbe una prospettiva del tutto nuova nello studio del rapporto tra soma e psiche. Sarebbe lecito considerare quest’ultima come “elaboratore informatico” che, oltre a ricevere e processare gli stimoli provenienti dall’esterno dell’individuo, ne ricava anche il “testo” della sua esistenza organica, oltre che psicologica? Si potrebbe, in altre parole, configurarla come l’ologramma di cui abbiamo parlato poc’anzi?

Non passa giorno, si può dire, senza che i canali di divulgazione scientifica proclamino la scoperta di questo o quel gene, o proteina, o ormone, che sta all’origine di un dato sentimento. Sinceramente, questa ci sembra che sia disinformazione (*). Su cosa sta all’origine di cosa, ne siamo fermamente convinti, la scienza è ben lungi dall’aver dato una risposta definitiva. Non dimentichiamo mai che alla base dei principi universali della termodinamica c’è l’assunto che qualunque sistema tende sempre ad uno stato di equilibrio al livello energetico più basso possibile. Non dimentichiamo, inoltre che l’entropia, cioè il disordine, universale, tende costantemente all’infinito, e solo a prezzo di un dispendio energetico è possibile creare e mantenere, e per un periodo limitato, un sistema ordinato. La vita, anche nelle sue forme più elementari, può in tal senso considerarsi un’autentica eresia (**). Figuriamoci nelle sue forme più avanzate.

(*) Anche se non sapremmo sempre dire con esattezza se debba essere imputata al giornalismo o alla fonte scientifica…o a tutt'e due.

(**) O un miracolo. Dipende da che faccia della medaglia si vuole guardare…

Lo “sforzo” che un organismo deve fare per sintetizzare una molecola al solo fine di generare un sentimento o un’emozione ci parrebbe ingiustificato, considerando che altre forme di vita piuttosto evolute anche socialmente, pensiamo a certi insetti, dei sentimenti fanno benissimo a meno (per quel che ne sappiamo…).

Un modello come quello olografico appena presentato potrebbe forse dare ragione della complessità del sistema neuro-psico-fisiologico umano, interpretandolo come un continuum olistico in cui ogni parte è profondamente interrelazionata con tutte le altre.

A conclusione di questo rapido e certamente impreciso excursus ci preme, per amore dell’equilibrio e della logica, sottolineare che gran parte delle fonti a cui abbiamo attinto sono di “seconda mano”. Abbiamo rintracciato alcuni articoli scritti direttamente da Gariaev e dal suo gruppo, corredati da una nutrita bibliografia, che però sono molto specialistici. Per una nostra predilezione abbiamo cercato di trarre il massimo degli spunti da questi ultimi, nei limiti delle nostre possibilità di comprensione. Questo perché gran parte degli altri articoli reperiti recava un impronta new age e semplicisticamente divulgativa da cui abbiamo preferito discostarci (*). 

(*) Cfr. per es. Grazyna Fosar e Franz Bludorf, Vernetzte Intelligenz, 2001, opera presentata sul sito www.fosar-bludorf.com, nonché un loro articolo del 2004 ridotto in  italiano all'indirizzo http://www.dentrolanotizia.com/n/283.php [10/6/2011: link non più attivo]. Gli autori sono del tutto inattendibili, citano persino i famigerati «archivi segreti del Vaticano»!

PUBMED, uno dei più grandi archivi di pubblicazioni medico-scientifiche, non reca traccia di queste ricerche, come abbiamo potuto constatare personalmente.

Molto interessante è una lettera aperta dello stesso Gariaev, datata luglio 2005, in cui oltre a esporre per sommi capi le sue teorie, fa cenno a difficoltà nel reperire fondi per continuare i suoi studi e denuncia un certo oscurantismo nei suoi confronti da parte della comunità scientifica. Il sito da cui la si può scaricare è:
http://www.powertoshare.com/forums/practicalspirituality/posts/2041.html.

Altre fonti:

http://www.self-managing.net/genetica/zip.htm Volnovaja genetika [«genetica ondulatoria»], che presenta e permette di scaricare parecchi articoli sia in cirillico che in inglese. [1/8/2010: link non più attivo]

http://www.self-managing.net/genetica/Engl.htm – Volnovaja genetika, presentazione in inglese. [1/8/2010: link non più attivo]

http://www.emergentmind.org/gariaevI2.htm Peter P. Gariaev, George G. Tertishny, Katherine A. Leonova, The Wave, Probabilistic and Linguistic Representations of Cancer and HIV, Journal of Non-Locality and Remote Mental Interactions Vol. I Nr. 2 (maggio 2002).

http://www.emergentmind.org/gariaevI3.htm – P.P.Gariaev, G.G.Tertishny, A.M. Iarochenko, V.V.Maximenko, E.A.Leonova, The spectroscopy of biophotons in non-local genetic regulation, Journal of Non-Locality and Remote Mental Interactions Vol. I Nr. 3 (ottobre 2002).

http://www.emergentmind.org/gariaev06.htm P.P. Gariaev, M.J. Friedman, E.A. Leonova-Gariaeva, Crisis in Life Sciences. The Wave Genetics Response,  Journal of Non-Locality and Remote Mental Interactions Vol. IV Nr. 1 (aprile 2006).

http://www.emergentmind.org/Sidorov06.htmLian Sidorov, DDS & Kevin Chen, Ph.D. MPH, Biophysical Mechanisms of Genetic Regulation: Is There a Link to Mind-Body Healing?,  Journal of Non-Locality and Remote Mental Interactions Vol. IV Nr. 1 (aprile 2006).

http://www.rialian.com/rnboyd/life.htm [10/6/2011: link non più attivo] The Physics of Life, (c) Robert Neil Boyd, che rimanda a Volnovaja genetika.

http://www.rialian.com/rnboyd/dna-wave.doc [10/6/2011: link non più attivo] – Peter P. Gariaev, Boris I. Birshtein, Alexander M. Iarochenko, Peter J. Marcer, George G. Tertishny, Katherine A. Leonova, Uwe Kaempf, The DNA-wave Biocomputer, 2001 Fourth International Conference Computing Anticipatory Systems, Journal of Computing Anticipatory Systems,10, 290-310.

http://www.aif.ru/online/health/483/02_01?comment Argumenty i fakty – sono citati parecchi articoli di Gariaev, alcuni dei quali in inglese (in cirillico). [1/8/2010: link non più attivo]

http://www.rexresearch.com/gajarev/gajarev.htm – Vari articoli di e su Gariaev.

http://paradigmshiftnow.net/paradigm_shifting/twm.docThe DNA PHANTOM EFFECT: Direct Measurement of A New Field in the Vacuum Substructure di Vladimir Poponin, collaboratore di Gariaev.

      


CONSIDERAZIONE DI DARIO CHIOLI (22/4/2006)

Caro M. C., ho condotto due tipi di verifiche sul suo testo. La prima coi miei occhi, la seconda con gli occhi del mio amico Clericus più di me esperto in campo scientifico.

Per quanto riguarda l'opinione di quest'ultimo, non se la prenda per il tono troppo critico; dal suo punto di vista ha perlopiù ragione (gli ho chiesto, a partire magari da queste annotazioni, di elaborare una specie di screening per discernere le affermazioni scientifiche del tutto inattendibili da quelle che potrebbero in varia misura esserlo), e io già sapevo che non si sarebbe persuaso. Penso che possa servire di raffronto, per capire il tipo di obiezioni a cui questo scritto può dare o dà adito. 

Io stesso sono, per esperienza personale, estremamente scettico circa la possibilità di comprendere campi che non si siano approfonditi per anni con strumenti adatti. Temo anche che chi si esprime con troppa sicurezza perlopiù inganni o si autoinganni. E sono sicuro che chi pontifica su scienze segrete non conosca niente altro che le sue immaginazioni. Questo chiaramente non è il caso suo, se no non sarei qua a scriverle...

   


CONSIDERAZIONI DI CLERICUS (22/4/2006)

Il materiale che ho visto è troppo poco per farsene un'idea sicura, comunque posso fornire qualche impressione.

Lo scritto sulla Genetica ondulatoria non fornisce di per sé nessun elemento certo di valutazione, perché non contiene nessun riferimento ad un lavoro scientifico sottostante (pubblicazioni). Un biologo molecolare sarebbe certamente in grado di dare un giudizio sicuro anche solo in base al contenuto, ma io non sono un biologo molecolare, quindi... dovrei procedere per via indiretta.

Le singole affermazioni riguardo a fatti presunti andrebbero controllate. Per es. bisognerebbe stabilire chiaramente realtà e portata del fenomeno dei biofotoni, sul presunto comportamento del DNA come oscillatore e in generale su tutte le affermazioni riportate in merito alla capacità del DNA di trasmettere/immagazzinare informazione.

Alcune affermazioni andrebbero chiarite. Per es. che cosa significa "materiale cromosomico sottoposto a PLR è in grado di immagazzinare e interpretare i messaggi trasportati dalle onde radio"? Noi siamo sottoposti in continuazione a segnali radio e non in tutte le frequenze; se ne concluderebbe che Radio Mosca modificherebbe o influenzerebbe il DNA? Conclusione interessante, ma... non sembra che le stazioni radio abbiano questo potere. Dovrebbe esserci da qualche parte una funzione di selezione che separi i segnali "giusti" da quelli sbagliati, e spero che questo Gariaev ci abbia pensato...

Un'altra cosa strana è che il materiale genetico, dato che  i "segnali-onda" prodotti dal DNA si propagherebbero in modalità "non-locale-quantica", potrebbe essere un ologramma che "emette e riceve simultaneamente tutto l’insieme di informazioni riguardanti l’esistenza nello spazio e nel tempo di quell’organismo, organizzandole in un “testo”, scritto con lettere corrispondenti alle basi nucleotidiche" . Qui ci sono un po’ troppi paroloni,  non mi piace.  
Le «aree “non allineate” del mondo scientifico» sarebbe molto meglio lasciarle perdere: sono un pessimo biglietto da visita.

Non ho capito in che modo la teoria di Gariaev risolverebbe i problemi della teoria di Darwin. Forse in questo punto c’è un salto logico. Si era detto che il DNA “immagazzina” informazioni che non vengono da Radio Mosca ma dall’organismo grazie alle radiazioni elettromagnetiche solitoniche non locali-quantiche ed è tutto un ologramma coi biochip e vabbè, che ne so, io magari è vero, ci vuole un biologo molecolare, io non so niente, ma ci starei attento anche perché «quello ha capito tutto e quindi lo boicottano...» ma questo collegamento non mi pare chiaro. Allora il DNA – se Darwin sbaglia, che ne so io – parrebbe di capire non è che trasmette e riceve soltanto, accidenti quello invia impulsi costruttivi in base a un costante monitoraggio pluriepocale che dura da milioni di anni, accidenti, è una quasi-coscienza di tipo informatico. Poi c’è l’entropia e il continuum olistico soma-psiche e la vita che è un’eresia (questo è vero, in certi casi isolati...).

Insomma, l’idea che l’evoluzione sia guidata da un DNA “intelligente” quasi quantico elettromagnetico solitonico ologrammatico ecc., tolte via le solennità linguistiche, non è proprio una novità, e non so quanto possa valere. Non è chiaro, ma forse non può esserlo, in un documento breve:

1. qual è la base sperimentale di queste affermazioni;

2. se queste affermazioni possano avere una qualche base sperimentale. O, meglio, se si possa produrre una qualche base sperimentale da sola sufficiente a giustificare tali affermazioni.

Insomma, l’idea sottostante sembrerebbe più filosofica che “scientifica” – se per “scientifica” si intende un’ipotesi in favore o contro la quale si possano produrre osservazioni o esperimenti decisivi.

A parte le impressioni che si possono avere dal contenuto, che comunque in una certa misura possono essere soggettive, considerato anche che il contenuto è un riassunto molto vago e incompleto, se uno vuol farsi un’idea più precisa della consistenza del lavoro di  Gariaev dovrebbe fare due cose:

1. controllare direttamente i lavori di Garaiev. Ma è una cosa molto lunga, e potrebbe essere molto difficile, se non si è esperti;

2. vedere chi pubblica i suoi lavori. Questo criterio è quello generalmente adottato da chi lavora nel settore scientifico, e deve valutare un lavoro scientifico o presentato come tale senza conoscere l’autore e/o senza conoscere l’argomento in oggetto. Quest’ultima situazione è assai frequente, perché in generale chi lavora in ambito tecnico-scientifico può trovarsi nella situazione di dover utilizzare il lavoro di altri senza poterne valutare direttamente la qualità.

In ambito scientifico, vi è una gerarchia precisa dell’attendibilità delle pubblicazioni. La massima attendibilità va a pubblicazioni tipo ovviamente lo “Scientific American”, “Nature” ecc. Poi, ci sono le pubblicazioni che fanno capo ad Accademie, Università ecc. È chiaro che un articolo pubblicato a Cambridge ha più valore di uno pubblicato a Timbuctù. Molti lavori sono prima resi disponibili sul Web. Un lavoro presentato sul sito del CERN ha un “valore” enormemente superiore a qualsiasi cosa presentata su un sito privato. Ciò che viene presentato esclusivamente su siti privati, in ambito scientifico, è perlopiù come non esistesse – deve essere presentato e accettato da una Istituzione pubblica.

Anche istituzioni private possono raccogliere materiale interessante sul piano scientifico. Molte istituzioni private organizzano seminari, convegni, ecc. e pubblicano i testi di conferenze e dibattiti. In questo caso, si tiene conto del “livello” dell’istituzione.

I “lavori” scientifici o presunti tali – cioè, gli articoli teorici e le relazioni sugli esperimenti – devono essere pubblicati o su riviste specializzate internazionali o nazionali o su “bollettini” pubblicati dall’Università o Istituto presso cui il ricercatore o il “team” di ricercatori lavora o collabora a qualche titolo. Non è affatto detto che il comune mortale ci arrivi facilmente; voglio dire, non è affatto detto che informazioni di questo tipo le trovi sul Web. Tutto ciò che ha un carattere “scientifico” viene registrato negli “abstracts” – io li avevo utilizzati per la tesi – si tratta di volumi abbastanza enormi, che contengono gli indici di tutti gli articoli ritenuti scientificamente rilevanti in tutti i possibili settori.

Un criterio abbastanza interessante è la lingua in cui un articolo viene pubblicato. È ovvio che l’inglese è la lingua di riferimento. Se Pinco ha qualche centinaio di pubblicazioni in inglese – possibilmente su una rivista “importante” – allora Pinco è scientificamente importante. Se Pallino ha pubblicato duecentoventitré articoli in russo, presso l’Università di Omsk, Pallino è importante…nell’Università di Omsk. Può essere che Pallino sia molto più valido di Pinco, ma il criterio generale è che la lingua scientifica per eccellenza è l’inglese, e se uno non pubblica in inglese, vuol dire che le istituzioni scientifiche americane inglesi europee ecc. non accettano i suoi lavori… e questo non va bene.

Bene, per concludere… potreste cercare di scoprire dove sono pubblicati gli articoli di Gariaev. Su quello che ho letto sono scettico, però non è escluso che faccia riferimento a ricerche serie…

   


ULTERIORI CONSIDERAZIONI DI DARIO CHIOLI (23/4/2006)

L'insieme, pur nella mia incompetenza, mi dà l'idea che ci siano dietro delle reali ricerche, anche perché c'è un team di un bel po' di gente che firma gli articoli, in diversi istituti di ricerca, e in varie discipline. Gariaev risulta aver partecipato a diversi congressi tedeschi di psicologia e lavorato per istituti canadesi, di cui bisognerebbe magari cercare di capire la consistenza. Però l'obiezione di Clericus sul fatto che ci possono essere progetti pompati solo per spillare soldi è consistente, anche perché queste cose in Russia negli ultimi anni devono essere frequenti. E che Gariaev non venga citato da molti altri ricercatori, non è così rassicurante.

Limerei un po' certe espressioni, tipo: «Individuate le basi semantico-sintattico-grammaticali fondamentali comuni a tutti i linguaggi umani, compresi quelli artificiali». Detto così è un po' difficile da mandar giù, sarebbero risolti tutti i problemi di traduzione automatica da una lingua all'altra, se così fosse. I linguisti abbozzano da decenni penosi tentativi di arrivare a una struttura standard, a cui non hanno però testa per arrivare, anche perché spero bene che l'intelletto c'entri ancora qualcosa nell'elaborazione del linguaggio...

Infine manterrei quel prudente distacco che peraltro ha già manifestato parlando di PUBMED. E eviterei il più possibile, qui ha ragione Clericus, di parlare di "scienza non ufficiale" o "alternativa", perché su mille scoperte "alternative" in genere ve n'è forse 1, o 0,1, o 0,01 che lo sia davvero... e spesso non su cose di gran conto...

Questo che forse le parrà un eccesso di scrupoli, è determinato dal fatto che, se avesse ragione Gariaev, indubbiamente sarebbe una rivoluzione non da poco. Però di onnirisolutori fasulli ce n'è già stati troppi e allora tutti vanno cauti.

   


M. C.  (26/4/2006)

Credo per la verità di  essere stato chiaro fin dall'introduzione sul fatto che il mio articolo non voleva avere validità scientifica, né tanto meno volevo fare mie le tesi esposte. D'altronde che titoli avrei per farlo? E sono inoltre ben conscio della carenza di prove sperimentali pubblicate ma ancor di più della mia assoluta incompetenza per poterne dare una valutazione attendibile, qualora ce ne fossero.

Credo che questa contestualizzazione sia sfuggita a Clericus. Nel complesso, non ho difficoltà ad ammettere che la mia è poco più di una "ricerca" simile a quelle che ci facevano fare a scuola (per ironia della sorte, all'epoca mi scocciava sommamente farle...) e, quando ho usato "paroloni", ho semplicemente riportato termini che venivano utilizzati nei pochi abstracts che avevo a disposizione. Mi rendo altresì conto che alcuni passaggi possano risultare lacunosi a livello logico, ma mi creda, ho fatto del mio meglio per "cucire" assieme in modo comprensibile concetti molto specialistici. 

   

   

 

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