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«L'APOCALISSE» DI DOMINIQUE VISEUX

Licio Zuliani

   

Dominique Viseux

Dominique Viseux
da:
http://www.domvis.info/

Recensione di:
Dominique Viseux, L'apocalypse, son symbolisme et son image du monde, 1984, trad. it. di Paolo Carbonini: L' Apocalisse. Il suo simbolismo e la sua visione del mondo, PiZeta, San Donato (MI), 2001, pp. 248.

Biografia dell’autore dal sito http://www.domvis.info/ (5/10/2010):
«Nato nel 1951, originario di Boulogne-sur-mer, Dominique Viseux vive in Piccardia e insegna arti plastiche e applicate ad Amiens. Ha già pubblicato dodici romanzi, sette saggi e due opere teatrali. Interessato all'immagine ed alla storia delle civiltà, si dedica anche alla pittura e alla scultura, nonché a diverse ricerche sul simbolismo nell'arte».


Parlerò di un libro adatto a quanti sentono il desiderio, se non proprio la necessità, di affrontare la lettura dei testi della nostra tradizione religiosa, la Cristiana, con una chiave di interpretazione che vada oltre quella letterale. Peraltro, il pensare di poter anche minimamente interpretare l'Apocalisse dell'Apostolo ed Evangelista Giovanni con i consueti criteri è illusione, ancorché pia. 

Il libro è L'Apocalisse di Dominique Viseux, tradotto da Paolo Carbonini per le Edizioni PiZeta, 2001.

L'ambito nel quale si muove l'autore non è certo ignoto alla gran parte dei frequentatori di questo sito; è tuttavia necessario aver particolare riguardo per coloro che si avvicinassero solo ora a queste tematiche. 

Il terreno di riferimento è quello del "pensiero tradizionale", intendendo con questo la dottrina metafisica la cui idea principale è l'unità trascendente delle religioni e delle forme particolari. Per il loro tramite, per sentieri diversificati, l'uomo entra in rapporto con il Divino, con il Principio-Vetta, meta e termine della scalata cui tutti i sentieri convergono. Vetta che, a seguito della "caduta" dell'uomo dalla condizione edenica, rimane avvolta nelle nebbie, che si diradano per coloro che intendono perseguire la conoscenza e possono quindi conseguire, anche in questa vita, la "liberazione", ovvero il raggiungimento della Vetta e la reintegrazione definitiva nel Principio, «fusi ma non confusi» (Meister Eckhart). 

Per coloro che invece, più modestamente, si attengono al codice di comportamento morale dettato dalle religioni, è garantita "la salvezza", rappresentata dal Paradiso, vera anticamera, se così si può dire, dell'unione con il Principio Supremo. 

Per poter però avvicinarsi alla comprensione del pensiero tradizionale è indispensabile acquisire il concetto di ciclicità del tempo. La nostra civiltà occidentale moderna (diverso sarebbe il discorso per quella classica e per gli orientali) intende il tempo come uno svolgimento lineare progressivo indefinito. La concezione tradizionale del tempo ne prevede viceversa uno svolgimento articolato in cicli e sottocicli cosmici, via via allontanantisi dal Principio-Vertice in una sorta di elica conica a scendere percorsa a velocità crescente sino alla dissoluzione. Il completamento della serie determinerebbe la fine della presente umanità e di un mondo, con il riassorbimento istantaneo nel Principio-Vertice e concomitante rinascita-rimanifestazione dal Principio in una nuova umanità e in un nuovo mondo. 

Per chi volesse capirne di più, oltre alla lettura del libro in questione, che non a caso si apre con il capitolo relativo alle "Determinazioni qualitative del Tempo", si fornisce alla fine una breve bibliografia.

Per cercare di chiarificare un po' meglio i termini della questione darò ora alcune definizioni. Per "metafisica" deve intendersi ciò che è "al di là della fisica", quindi tutto ciò che trascende il mondo della fisica della natura. Tra parentesi, vano è lo sforzo e la pretesa dei cosiddetti scienziati di voler spiegare ciò che trascende la sensibilità degli strumenti di misura di cui si servono; pretesa non diversa da quella di voler "pesare" l'anima. Nell'ambito della metafisica il ragionamento discorsivo serve unicamente come strumento analogico, se è vero, e penso lo sia, il detto ermetico "come in alto così in basso", dal momento che tutto è fatto "ad immagine e somiglianza". Ma per coloro che non si accontentano della visione "per immagini" è possibile accedere direttamente alle ineffabili verità metafisiche con un atto di intuizione intellettuale. Non mi si chieda come si fa perché non lo so, altri sanno. 

Peraltro anche il tipo di conoscenza che ho denominato analogico, per immagini, discorsivo, è accessibile a vari livelli di comprensione, più o meno profondi. In generale, si suole suddividere questi livelli in due maxi-categorie, l'exoterico (o essoterico), e l'esoterico. Il primo, l'exoterico, comprende l'interpretazione letterale di un insegnamento, comprensibile alla maggioranza degli uomini e pertanto strumento provvidenziale delle religioni, che con questo garantiscono la salvezza a tutti gli uomini di buona volontà. Il secondo, l'esoterico, indica quella parte dell'insegnamento rivolto ed accessibile a coloro che per le loro qualità sono in grado di comprenderlo. A qualcuno ciò potrebbe suonare come elitario o ancor peggio vagamente razzista, ma non è così. Che ciascun individuo sia diverso dall'altro, sia fisicamente che come possibilità di comprensione, è banalmente sotto gli occhi di tutti, volerlo negare è pura scemenza; non c'è che da prenderne atto, magari ponendo se stessi nella categoria inferiore, tanto per non sbagliare (a questo proposito, non sottovalutiamo l'indispensabile adesione ad una pratica religiosa tradizionale, la nostra cattolica cristiana nella fattispecie; ma altrettanto dicasi per le altre). Quanto alle élite, non di categorie classiste si tratta né di livelli di erudizione, bensì di livelli di comprensione intellettuale, del tutto svincolati, mi spiace per i cattedratici che eventualmente leggano, dai diplomi conseguiti e dal numero dei libri letti e/o scritti.

Detto ciò, a che livello di comprensione si colloca il nostro autore? Tanto per intenderci, direi che io capisco quasi tutto e se voi avete capito quanto sinora ho io detto...

Sicuramente è una lettura non alla lettera, d'altronde con una lettura letterale dell'Apocalisse non si toglie un ragno dal buco. Non per nulla la Chiesa, che ne ha totalmente perduto la chiave di lettura più profonda, per motivi la cui illustrazione esula da questo scritto (in ogni caso provvidenziali, dovuti alla sua diffusione urbi et orbi), praticamente ignora questo testo estremamente impegnativo e, se potesse, trascurerebbe anche lo stesso Vangelo di Giovanni, per tanti versi piuttosto ermetico. Tutto ciò è collegato allo stato di estremo degrado cui è pervenuta l'umanità e non sono pochi ad essere convinti che quelli che stiamo vivendo ne siano i tempi ultimi. Anche per questo motivo, e mi ripeto volentieri, si ribadisce la necessità di una partecipazione effettiva alla propria forma religiosa exoterica (Chiesa). Che non per nulla è sottoposta di questi tempi ad un attacco concentrico senza precedenti.

Dopo la magistrale apertura con l'illustrazione della concezione ciclica del tempo e dei cicli cosmici, l'autore affronta nel secondo capitolo, "Struttura e Temi dell'Apocalisse", il significato del numero sette, di cui è improntata l'intera Apocalisse, e il concatenamento dei settenari. Di grande importanza e interesse è l'illustrazione del simbolismo spaziale, le sei direzioni dello spazio più il centro, che simboleggiano l'espansione della manifestazione nel tempo e nello spazio e il riassorbimento finale nel Centro-Principio.

Ma è tutta l'Apocalisse che è strutturata sul settenario, ad iniziare dal Primo Settenario: prologo-visione del Figlio dell'Uomo-le sette lettere alle sette Chiese. Questo simboleggerebbe (il condizionale è sempre d'obbligo) la riaffermazione del Principio Supremo nei confronti della manifestazione.

Il Secondo Settenario comprende la visione del Trono, dei ventiquattro vegliardi e dei quattro Viventi, quella del Libro sigillato e dell'Agnello e l'apertura dei primi sei sigilli. Simboleggerebbe il mito della Creazione e lo sviluppo ciclico della manifestazione.

Il Terzo Settenario comprende l'apertura del settimo sigillo, fine del ciclo. Qui termina la fase di discesa del ciclo, insieme punto di arresto e di restaurazione, annunciata dal suono della settima tromba.

Il Quarto Settenario prosegue la descrizione della fine del ciclo dalla prospettiva terrestre, tempo del capovolgimento e della grande parodia "dell'abominio e della desolazione".

Il Quinto Settenario è quello della distruzione finale, il Tempo del Castigo e dell'Ira.

Il Sesto Settenario rappresenta la Restaurazione Finale e termina con la settima visione, l'ultima, quella della Città o Gerusalemme Celeste, suprema Rivelazione (Apocalypsis), coincidente con l'Apocatastasi, restaurazione dello stato primordiale (edenico).

Apparentemente mancherebbe il Settimo Settenario, l'ultimo, che sarebbe rappresentato dall'Apocalisse nel suo complesso, che tutti li comprende, come tutto comprende il Centro da cui di dipartono le sei direzioni dello spazio.

Questa la struttura a grandissime linee dell'Apocalisse e del libro che ne segue passo passo le orme.

Richiamerò ora l'attenzione del lettore soffermandomi su alcuni punti di particolare interesse e originalità di questo non comune lavoro: l'autore affronta a viso aperto gli scogli più ostici dell'esegesi biblica e dell'escatologia in generale.

Viene innanzi tutto affermata l'identità del Verbo con il Figlio dell'Uomo. Verbo, «voce potente come di tromba», inizio e fine del Ciclo, creatore e distruttore, Primo e Ultimo, Alfa e Omega, Principio della caduta cosmica e della Redenzione. Spesso ci si chiede anche il significato dell'espressione "Figlio dell'uomo". A questo proposito Viseux scrive:

«Il Figlio d'uomo è il "Figlio" che è "nato dall'uomo" ovvero la Persona trascendente che è riuscita a venir fuori dalle pastoie e dai limiti dell'individualità umana, secondo il detto evangelico: "Se uno non rinasce dall'alto non può vedere il regno di Dio" (Giovanni III-3). È quindi a Cristo , modello eterno del Figlio dell'Uomo, che s'identifica chi ha saputo innalzare dentro di sé il "Figlio dell'uomo" nel deserto dell'anima, cioè nel vacare Deo, o vuoto per Dio: "Quando avrete innalzato il Figlio dell'uomo, allora saprete che IO Sono" (Giovanni VIII-28)»

e aggiunge in nota:

«È importante tuttavia osservare che Cristo è spesso chiamato "Figlio dell'uomo" o "simile a un figlio d'uomo", ma non " Figlio d'uomo", cosa che gli toglierebbe inevitabilmente il carattere di modello».

Ho riportato le frasi precedenti come esempio di interpretazione non letterale e più profonda; si possa poi definire esoterica, questo non lo so e devo anche confessare che assai poco interessante mi parrebbe una disputa di tal fatta.

Interessante anche l'interpretazione del "Fiat Lux" primordiale: la luce rappresenta l'aspetto superiore del fuoco, la Misericordia divina, e accompagna la creazione del mondo; mentre il calore ne rappresenta l'aspetto inferiore e ne caratterizza il riassorbimento. Cosa che, aggiungo io, è riscontrabile in analogia anche nello spettro elettromagnetico della comune fisica terrestre. Ma l'autore ne sottolinea anche l'analogia con l'Amore, che come il fuoco possiede l'ambivalenza della luce e del calore, come dire della rivelazione liberatrice e della passione soffocante.

Sull'argomento è anche consultabile su questo stesso sito un dibattito a suo tempo intercorso tra il curatore del sito e lo scrivente.

La settima e ultima stazione del primo settenario, la lettera all'Angelo della Chiesa di Laodicea, è la più importante. In essa viene descritta la parodia luciferina dei tempi ultimi, quelli dell'Anticristo, con tutte le sorprendenti, ma non troppo, analogie riscontrabili nella modernità. Tuttavia la lettera si rivolge anche all'uomo interiore, «all'anima infatuata della sua ricchezza e gonfia del suo attaccamento al mondo». Così vanno intese le parole evangeliche «È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno dei cieli» (Matteo XIX, 24). E cosa si debba intendere per povertà interiore ce lo illustra da par suo Meister Eckhart nel Sermone "Beati pauperes spiritu": "Beati i poveri in spirito" o "nello spirito", e non "Beati i poveri di spirito", come erroneamente troppo spesso viene tradotto e quindi erroneamente interpretato, come se Cristo avesse voluto beatificare i sempliciotti sprovveduti. Tutt'altro: «Siate prudenti come i serpenti e semplici come le colombe» (Matteo X, 16).

Il secondo settenario, il libro sigillato con sette sigilli, è denso di un simbolismo impervio. Scorretto sarebbe il tentativo di condensarne il contenuto in poche parole, il Viseux ne fa l'oggetto del Capitolo IV ed è assai convincente. Richiamo solo l'attenzione del lettore sul riferimento che l'autore fa all'opera di Dionigi Areopagita, in particolare alla descrizione delle gerarchie angeliche contenuta nel trattato Gerarchia Celeste. È questo un autore assai importante per chi desideri approfondire la conoscenza della Verità senza qualificazioni ed etichette assurde, ed assieme alla lettura di Meister Eckhart rappresenta quanto di meglio ai fini dell'elevazione spirituale. Alla quale dovremmo tendere, con determinazione, impegno e concentrazione, rigettando le facili scorciatoie, le improbabili iniziazioni e le ancor più discutibili, artificiali devianze.

L'Agnello è il simbolo della Divinità sacrificata, è la rappresentazione del passaggio dall'Essere immutabile all'Essere mutevole, dell'emanazione da sé stesso dei Mondi e degli esseri. È "Colui che apre le porte", colui che rompe i sigilli del Libro per rivelarne il contenuto agli occhi della manifestazione. 

Il Capitolo IV è corredato dallo schema "Ontologia dell'Apocalisse".

Il terzo settenario, quello delle sette trombe e del settimo sigillo, pone l'accento sulla fine del ciclo, caratterizzata da un clima di distruzione ed oscuramento e dalla "chiusura del cielo". Privata di ogni principio trascendente, oltrepassato il limite della massima densità di materializzazione, l'umanità sprofonda nel caos della dissoluzione. Lo squillo della settima Tromba segna "il compimento del mistero di Dio" con il riassorbimento della manifestazione e la sua conclusione definitiva. 

Il Capitolo V è corredato da utili schemi illustranti la "Cosmologia dell'Apocalisse".

Il suono della settima Tromba marca il tempo della Risalita. Opportuna giunge a questo punto la precisazione dell'autore, il testo dell'Apocalisse non deve essere seguito seconda una rigida successione cronologica, essendo spesso il tempo considerato dal punto di vista "celeste", ovvero vissuto in modo simultaneo: «Nell'eternità non c'è né prima né poi... Tutto ciò che Dio ha creato, Egli lo manifesta in un istante» (Meister Eckhart). Dal punto di vista "terrestre" la seconda fase comprende quindi gli ultimi tre settenari, i sette Segni, le sette Coppe e le ultime sette Visioni, sui quali non mi soffermerò, tanto analitico è l'esame che ne fa l'autore. Rimarco solo, a titolo consolatorio, che il 

«Cristo discende nel mondo umano prima della fine dei tempi, allo scopo di allentare la stretta del Serpente e di permettere la reintegrazione delle ultime scintille di luce».

Sulle "Bestie", del Mare e della Terra, nonché sul numero 666, sono stati versati, inutilmente, come giustamente dice il Viseux, fiumi di inchiostro. Meglio lasciare la parola a Giovanni: «Qui sta la sapienza. Chi ha intelligenza calcoli il numero della bestia: essa rappresenta un nome d'uomo. E tal cifra è seicentosessantasei» (Apocalisse XIII,18). Chi si sente sufficientemente sapiente e intelligente ci provi. L'autore lo fa.

Con il settimo segno termina il quarto settenario e si apre il quinto delle sette coppe dell'ira divina.

Siamo nella fase della distruzione del mondo manifestato ad opera del diretto intervento divino e del raddrizzamento. Da notare che il Male è un valore del tutto relativo, esistente solo nel mondo fenomenico e che in nessun modo si può contrapporre al Bene. Ecco perché "l'ira divina" opera per dissipare l'illusione dell'esistenza manifestata ed ogni attaccamento ad essa, «illusione che costituisce la sostanza del peccato, nel senso metafisico del termine». «La distruzione riguarda pertanto la totalità della manifestazione formale, la quale deve necessariamente scomparire prima della restaurazione finale». « La settima Coppa non è che il compendio e la sintesi di questo annientamento, simboleggiato dalla distruzione di Babilonia e dalla fine del mondo profano». Il simbolismo della Babilonia dev'essere inteso come quello della solidificazione e fossilizzazione del mondo. La caduta della Babilonia significa la distruzione di questo mondo e, dal punto di vista individuale, la morte. E sempre dal punto di vista individuale, solo le possibilità superiori dell'anima, quelle informali (quelle "povere" delle forme) e luminose, otterranno la liberazione nella caduta. E guai ai "ricchi", che si sono arricchiti e avvoltolati nella molteplicità delle manifestazioni più formali ed esteriori di questo mondo.

Il sesto e ultimo settenario è costituito da una successione di sette Visioni riferite all'escatologia ed al giudizio postumo. A proposito del Giudizio, l'autore tuttavia sottolinea giustamente che 

«l'uomo resta la misura di sé stesso. Egli è il proprio giudice, come i suoi atti sono i suoi accusatori. In funzione delle sue azioni egli crea il proprio stato, così come il proprio stato genera le sue azioni, come dice Meister Eckhart: "chi cerca il nulla (azione) trova il nulla (stato)"».

Quindi il Giudizio Universale ha unicamente lo scopo di separare i salvati dai dannati, che finiranno nel "luogo" da essi stessi prescelto. Quanto alla "durata" della pena, La Pistis Sophia, che rappresenta le dottrine esoteriche del Cristianesimo degli inizi, parla sempre di perpetuità e non di eternità; il che presuppone la possibilità di un ritorno al tempo ordinario nel corso di un altro ciclo. Ma non è questa la sede per aprire un discorso sulla trasmigrazione e la reincarnazione, che amplierebbe a dismisura la presente trattazione, anche se in verità quanto mai in tema.

La Nuova Gerusalemme, settima e ultima visione escatologica, è contemporaneamente il termine dell'Apocalisse e l'ingresso in un nuovo ciclo di cui la Città Santa è l'embrione, sede della presenza divina e portatrice degli sviluppi futuri. E viene un Angelo a misurare la città e le sue mura con la Canna d'oro, unità di misura perfetta dell'uomo restaurato. E la forma cubica della Nuova Gerusalemme è la forma geometrica stabile che riporta le potenzialità contenute nel Paradiso terrestre, rappresentate dalla sfera, dalla qualità pura alla quantità pura. Vera "quadratura del cerchio", matematicamente impossibile senza il passaggio nel non manifestato.

A quanti hanno avuto la pazienza di giungere alla fine di questa esposizione auguro buona e proficua lettura del testo originale.

   

[5/10/2010]

   


   

Breve bibliografia raccomandata:

- Vangelo di Giovanni
- La Bibbia
- Il Corano
- Ananda Kentish Coomaraswamy, Tempo ed Eternità, Luni
- Ananda Kentish Coomaraswamy, Sapienza orientale e cultura occidentale, Rusconi
- Dionigi Areopagita, Tutte le Opere, Rusconi
- René Guénon,  Autorità spirituale e potere temporale, Luni
- René Guénon, Forme tradizionali e cicli cosmici, Mediterranee
- René Guénon, La Metafisica orientale, Luni
- René Guénon, Il regno della quantità e i segni dei tempi, Adelphi
- René Guénon, Il simbolismo della Croce, Luni
- Meister Eckhart, Sermoni Tedeschi, Adelphi
- Meister Eckhart, Commento al Vangelo di Giovanni, Città Nuova
- Pistis Sophia, Adelphi
- Frithjof Schuon, Unità trascendente delle Religioni, Mediterranee

   

 

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