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«L'ANIMA SMARRITA» DI JACOB NEEDLEMAN

Licio Zuliani

   

Jacob Needleman
da: http://www.sfsu.edu/~phlsphr/images/needleman.jpg 

Recensione di:
Jacob Needleman, Lost Christianity. A journey of rediscovery to the center of christian experience, trad. it. di Lorenzo Bonomi e Andrea Andriotto: L' anima smarrita. Viaggio alla riscoperta del cuore dell'esperienza cristiana, CENS, 1988; Servitium, 2001.

Biografia dell’autore come da risvolto di copertina:
«Jacob Needleman, docente di filosofia e ricercatore nel campo delle religioni comparate, vive e lavora negli Stati Uniti a Oakland, California. Di origine ebraica, ha abbandonato l’osservanza della sua tradizione religiosa fin dalla giovinezza. Dopo gli studi di filosofia compiuti ad Harvard, si occupa negli anni ’50 di dottrine orientali ed incontra molti maestri spirituali dell’oriente. Dopo lunga ricerca si avvicina al cristianesimo. È autore di parecchi studi e conferenziere di fama».
Su di lui cfr. http://www.jacobneedleman.com/.


L’autore di questo interessante studio, di cui si raccomanda la lettura alle persone che ritengono di non essere ancora in possesso di tutta la verità, si muove alla ricerca del cristianesimo perduto, che egli definisce “cristianesimo intermedio”, intervistando alcuni religiosi, cattolici e ortodossi, ed illustrando uno straordinario documento attribuito ad un misterioso "Padre Silvano".

Ma cosa intende il Needleman con "cristianesimo perduto"? Naturalmente si tratta del cristianesimo esoterico degli inizi, del quale si son perse le tracce ben presto. Ora, su tale argomento sono già stati versati fiumi d’inchiostro; tuttavia bisogna rendere atto al Needleman di aver affrontato l’argomento in piena autonomia.

La domanda fondamentale che l’autore si pone e pone ai suoi intervistati, è la seguente: qual è la componente perduta dal cristianesimo nel corso della sua evoluzione storica, di cui oggi si è persa anche la memoria, ad ogni livello della sua organizzazione religiosa?

La domanda non è certo oziosa, se pensiamo a quanti oggi si dedicano a pratiche ascetiche veicolate dalle dottrine orientali, che sembrano in grado di meglio rispondere alle aspirazioni, legittime, di una completa realizzazione fornendo idonei strumenti, anche di pratica utilità (pensiamo innanzi tutto alle pratiche yoga e alla meditazione). La risposta che il Needleman si sente di fornire al termine della sua indagine è la seguente: ciò che nel cristianesimo sembra esser venuto meno è non tanto la mancata comprensione delle verità più profonde in esso sottese (chi ha orecchi per intendere intende), quanto gli elementi di quel cristianesimo “intermedio” che dovrebbero supportare la costruzione, o meglio, la ri-costruzione dell’anima individuale; anima individuale che dovrebbe costituire il trait d’union tra corpo, mente, cervello ed elementi psichici con lo spirito, vera potenza in fieri quando non resa attiva. Secondo il Needleman sono le modalità tecniche di attivazione di tale potenza dell’anima che da molti secoli non si ritrovano più nel cristianesimo.

Sin qui, l’estrema sintesi del pensiero dell’autore, se ho ben capito. In mezzo c’è… il libro, 

Il libro – assai ricco di interviste e citazioni integrali, sempre corredate da considerazioni e profonde meditazioni sinceramente espresse – è articolato in due parti.

La prima parte consiste di due interviste e di citazioni con commento dal diario del già citato Padre Silvano. La prima intervista è al Metropolita (titolo equivalente nella Russia ortodossa  quello di arcivescovo) dell’Europa occidentale  Antonio Bloom, “Antonio di Sourozh” della chiesa ortodossa russa, quartiere di Knightsbridge, Londra. E questa a parer mio è la più interessante, per la notevole personalità del Metropolita e per la profondità delle domande e delle risposte. Certo, le domande di Needleman sono concentrate sulla ricerca di un metodo di realizzazione pratico alle quali il Metropolita non sa o non può o non vuole – o tutte e tre insieme – rispondere. In ogni caso dal suo sguardo, ben descritto dall’autore, traspare una consapevole spiritualità che con ogni probabilità trascende qualsiasi desiderio di conquiste legate, in definitiva, alla nostra condizione terrena.

Il secondo incontro è quello con Padre Vincenzo, singolare figura di missionario cristiano che si dichiara non cristiano perché «I cristiani non esistono!», conosciuto, o meglio scoperto, dall’autore nel corso di un congresso universitario religioso nel quale era conferenziere invitato. La conclusione di Padre Vincenzo, identica in ciò a quella di Padre Silvano che occupa l’ultima serie della prima parte del libro, è l’identificazione del collegamento mancante nel cristianesimo, ovverosia la costruzione dell’anima. Largo spazio è anche dedicato ad una dissertazione su Freud ed il freudismo, che francamente non sembra aver molto a che spartire con il cristianesimo.

Anche il diario di Padre Silvano palesa una concezione del cristianesimo assai originale; il positivo ed il negativo dipendono dalla visuale da cui si osserva. Certo, per il cattolico tradizionalista tutto ciò sarà da porsi né più né meno che nel novero delle tante eresie, ciò va detto per completezza di informazione.

La seconda parte del libro tratta della dottrina perduta sull’anima, scaturita dall’esperienza vissuta dall’autore nella sua ricerca. Punto di vista limitato, egli stesso lo ammette, come lo è ogni umana attività. Qui si intensificano le citazioni dal diario di Padre Silvano, ma non mancano ampi riferimenti a Thomas Merton, al buddismo zen, a Gurdjieff, alla cui influenza Padre Silvano sembra non essere indifferente. Eclettismo, gnosi, pur nell’opportuna distinzione dallo gnosticismo che ne fa l’autore? Forse sì, almeno un poco. 

È tutto condivisibile? No, per quanto mi riguarda. Per quanto io non intenda in alcun modo intaccare il giudizio ampiamente positivo fin qui espresso, non posso non rilevare che il Needleman parla di cristianesimo senza essere cristiano. Lui stesso, persona onesta, lo dichiara in premessa affermando di aver avuto del cristianesimo «soltanto una conoscenza libresca». Beninteso, su ciò nulla da eccepire, ognuno sceglie consapevolmente il suo sentiero. Però, come si può parlare consapevolmente dei benefici che può o non può comportare una forma religiosa senza praticarla, al contempo citando senza la minima ombra di dubbio i “risultati” che producono le nuove religioni? Voglio dire, cosa ne sa il Needleman degli eventuali benefici indotti dalla pratica, per dirne una, dei sacramenti?

Altra osservazione, simile alla prima, è che in tutto il libro, che tratta di cristianesimo, il Cristo non viene mai citato, quando viceversa vengono riportati amplissimi brani di Padre Silvano che, pur con tutto il possibile rispetto, indubbiamente non potrebbe competere.

Nello stesso contesto si pone in discussione l’opportunità del richiamo alla fede da parte della Chiesa; peccato che si tratti però di quella stessa fede che secondo il Cristo “può smuovere le montagne”. E parlando della dicotomia fede-ragione egli ci presenta il sorprendente, per un cristiano, interrogativo: «Dove si trova la sorgente della verità cristiana?». Interrogativo per lui irrisolto; non per un cristiano, la cui risposta non può che essere: «Dove, se non nel Cristo?».

Tuttavia è possibile che quanto di meno positivo si riscontra in questo studio del Needleman sia dovuto alla ricerca di un qualcosa di meramente pratico, un metodo insomma, in un settore, quello dello spirito, nel quale la pratica è solo la parziale manifestazione visibile della ricerca interiore; che quindi deve precedere, e che certo può anche dare, per sovrappiù, risultati esteriori.

Si consiglia infine un’attenta lettura della “Conclusione”, che contiene pagine assai belle. Opportuno ad esempio il riferimento allo svilimento del ministero spirituale della Chiesa a favore delle istanze sociali ed in rincorsa ad un malinteso spirito di solidarietà tutta terrestre, a scapito dell’interiorità. Bella e condivisibile anche l’interpretazione del concetto di “prossimo”, come colui al quale trasmettere l’insegnamento per amore e la definizione di anima come «quella forza o principio che può riunire assieme tutti gli aspetti intellettuali, emotivi e istintivi dell’essere umano, tramite la sua relazione mediatrice nei confronti dei più elevati principi d’ordine dell’universo e dei più elevati livelli della mente».

In chiusura, non posso non sottolineare un errore tecnico. Durante una conversazione, il Padre Pennington dell’Abbazia di S. Giuseppe, Massachussets, lamentava, in accordo con Mc Luhan, l’eccessiva dipendenza dei giovani dai media e la negativa cultura indotta soprattutto dalla TV. Il Needleman si dichiara in totale disaccordo, affermando che la TV non agisce diversamente dagli altri organi di informazione, libri e giornali. Ciò è inesatto, poiché la TV penetra nel cervello con audio e video contemporaneamente, in un effetto sinergico moltiplicativo, non additivo, inducendo per di più la dipendenza dal mezzo. A buon intenditore (teleutente) poche parole…

   

[17/10/2009]

   

 

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