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Gianni Colombo
MADRE. MADRE T.
(una rara preghiera)
– in 5 su 16 alla somma di 7 –
I
Ti ho incontrata
o Madre
Anch’io a metà
del cammino
Di una vita
Senza desiderio
alcuno d’incontrarti
Per volontà di
un fato che ignoravo
II
Tra i pochi
ponesti le tue mani
sul mio capo
Il solo al quale lo facesti
e
Il perché forse entrambi
lo ignoriamo
Così come ignoro il Dio
che dimora aveva
Nel tuo esile e diafano
corpo
III
L’estrema pellicola
del mio passato
In bianca
e nera vorticosa
velocità
Mi è scorsa agli
occhi
Perfettamente distinguibile
in particolari
Che alla fine
assumevano tenue colore
IV
Vidi
così il bene e il
male
Errori e menzogne
Come attonito
spettatore incantato
Da una magia d’estrema
spietata bellezza e
Piansi
ruscelli per interi
giorni
a venire
V
Non so quel che interiormente
sono
Ma non son più
quel che ero e
Ad ogni pianto
una brezza spostava foglie
morte
Lentamente svuotando il
bagaglio
Che da viaggiatore
portavo verso luoghi
che non conoscevo
VI
Mi restano sottili
percezioni
Alcuni rari
sogni d’efficace
linguaggio
Il vivido istinto
vestito dell’altro
e
L’impossibilità
a raccontare
Un’inenarrabile
seppur materica storia
VII
Scioccato ho ripreso
il cammino
Con occhi dolenti
a veder
Strade di rovi
ove il merlo s’annida
A deliziar
con canto umano
La fatica d’osservar
rosse ferite
VIII
Da lì l’impietoso
tempo
Fino a poco più
del lustro a venire
Nulla ha risparmiato
Alla miseria
della mia umana condizione
Senza dimenticar
la gioia
di veder l’azzurro
del cielo
IX
Lentamente alle spalle ho lasciato
Menzogne e tradimenti
Nell’ineluttabilità
del non ritorno
Ma essi son
tornati col vestito
del mio amore
Così come io feci
ad altro impeccabile
eterno cuore
X
Devastato ed umiliato
il mio
orgoglio
Fagocitata e schiacciata
mia presunzione
Interpreto comunque il
dono e la fatica
Come pesante e polveroso luogo
Ove pioggia
cade a dar forse pulita
nuova luce
XI
Ma non son bastati
umiliazione
e derisione
Pauperismo e sacrificio
Incessante dedizione
e disciplina
All’anima mia
ferita
Che del tempo arcaico
non rimembra
XII
Altro viaggio
dovevo fare ma
Per qual destino
o scelta fin lì
dovevo arrivare?
Perché oltre volontà proprio
oggi ho attraversato
Il limbo
senza amori e sentimenti
Fino alla
sorgente dei fiumi
dell’odio impertinente?
XIII
O madre! Sono qui in questa fredda
cella
Nudo sono inginocchiato
All’altare della sponda del mio
letto
Le mie sincere
lacrime e il
capo tra le mani
Sono la, chissà,
minuscola anima
del tuo ebete figlio
XIV
Forse son io che
ho contribuito
A trasformar amici-agnelli
in lupi
Famelici
ed eroici
fino al parossismo
dello star bene
Così come io
sono e altro dovrei
essere
Nel vuoto pieno di
questo nuovo altro giorno?
XV
Io ti
prego!
Se mai oltre il
dosso, Signora debbo incontrare
Fa' che sia tu
quella signora
Minuscola e
rugosa, piegata e silenziosa
Così come fu quand’io
t’incontrai
XVI
Perché altro non so
E nulla più so
della mia vita
E per prima volta
non so dove andare
Ma risparmiami
ti prego il
ritorno
A pura intelligenza
e sensibilità
Che da infante
ero l’erba recisa
e il coniglio
sgozzato
[2006]
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