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Dario Giansanti
DAN BROWN E L'ANTIMATERIA
con postilla di Dario Chioli
3/12/2004
Dario Giansanti - Sono arrivate in libreria le copie di Angeli e Demoni, il nuovo-vecchio bestseller di Dan Brown. Questa volta abbiamo una setta di cattivi - gli Illuminati - che ha in progetto di annientare il Vaticano con cinquecento milligrammi di antimateria, vendicando così secoli di repressione ecclesiastica della scienza e del libero pensiero. Lo spunto permette a Brown di portare avanti la sua personale polemica contro il cattolicesimo, che sembra essere il vero motore ideologico del libro. La trama procede invece secondo i canoni del thriller, ingegnandosi di tenere i lettori col cosiddetto "fiato sospeso" dalla prima all'ultima pagina, nella quale il nostro eroe sconfiggerà i cattivi e salverà il Vaticano.
Poiché la base è più fantascientifica che esoterica, mi sono trovato un po' più a mio agio che col Codice Da Vinci. Naturalmente si tratta di fantascienza solo in apparenza, e immagino che lo stesso Dan Brown rimarrebbe un po' imbarazzato a veder classificare il suo romanzo in quel vetusto e rispettabile genere letterario. Il thriller ha bisogno di essere ben piantato nella realtà: l'etichetta di fantascienza gli darebbe una patina utopica non conciliabile con le odierne esigenze del mercato. Nonostante questo, Brown attinge a piene mani ai temi prediletti della cara vecchia science fiction, ma lo fa in maniera superficiale, limitandosi a imbastire una trama d'azione intorno a idee che avrebbero meritato ben altro approfondimento. E questo perché egli ragiona secondo l'impianto del thriller, genere letterario specializzato in minacce da sventare all'ultimo secondo.
Ma salvare il mondo è, a ben guardare, pigrizia letteraria. Riporta la situazione al punto di partenza: tiene il lettore col fiato sospeso ma gli si impedisce di andare oltre. All'autore di fantascienza non interessa blandire il lettore con un finale rocambolesco ma, in fondo, rassicurante. Al contrario, egli è abituato a portare avanti le sue idee alle loro più estreme conseguenze. La fantascienza è letteratura speculativa e, proprio per questo, coraggiosa. Così, chi è cresciuto aspettando trepidante l'uscita del prossimo Urania, non può che accogliere con perplessità un libro così derivativo, banale, superficiale e poco intelligente come Angeli e Demoni. Ma che importa? La prosa di Dan Brown non è destinata a chi si è deliziato per anni su quei libercoli bianchi col cerchietto rosso.
Lasciamo pure da parte gli svarioni "turistici" del libro, il truce trattamento riservato da Brown alla lingua italiana, le sparate su Galileo e l'eclatante anticattolicesimo che anima l'intero romanzo. Piuttosto, il punto che avevo piacere di discutere con te era squisitamente speculativo: il significato esoterico dell'antimateria.
Nella sua presa di posizione anticlericale, il romanzo di Brown tenta una rivincita verso quegli oscurantisti che da cinque secoli avversano tutti gli eliocentrismi e gli evoluzionismi. E l'antimateria – punto di convergenza tra scienza e fede – ne sarebbe la giusta nemesi, simbolo di quella ragione umana che è in grado di svelare i misteri dell'universo e il piano divino.
Queste, almeno, le ambiziose pretese di Dan Brown.
"Ha già sentito parlare di antimateria, vero, professore?" gli chiese Vittoria, che nel laboratorio bianco sembrava ancora più abbronzata.
"Sì. Be'... più o meno" rispose Langdon.
"Allora guarda Star Trek" concluse lei abbozzando un sorriso.
Langdon arrossì: "Ai miei studenti piace così tanto..." Aggrottò la fronte. "L'antimateria è il carburante dell'Enterprise, giusto?"
Vittoria annuì. "La fantascienza di qualità affonda sempre le radici nella scienza vera" (pag. 84).
A parlare è Vittoria Vetra, fisica al CERN di Ginevra. Il suo interlocutore è Robert Langdon, docente di "simbologia" all'università di Harvard, ben noto ai lettori del Codice Da Vinci. L'imbarazzo di Langdon nel citare Star Trek tradisce probabilmente quello dello stesso Dan Brown che svela qui la sua principale fonte di documentazione sull'antimateria. Cosa sia l'antimateria, è presto detto: a ogni tipo di particella subatomica corrisponde un'antiparticella, la quale ha identica massa ma carica elettromagnetica opposta e opposto spin. Così al protone, che ha carica elettrica positiva, corrisponde l'anti-protone con carica elettrica negativa; all'elettrone, che ha carica elettrica negativa, corrisponde il positrone con carica elettrica positiva. In quanto alle particelle neutre, con carica elettrica zero, come neutrone e anti-neutrone, ciò che è opposto è lo spin. Se una particella e un'antiparticella vengono a contatto, esse si annichilano convertendosi in energia. Elettroni e positroni, per esempio, producono una coppia di fotoni con un'energia caratteristica (511 keV).
È un po' rozzo affermare che l'antimateria sia il "carburante" dell'Enterprise. Come ogni appassionato di Star Trek sa bene, l'Enterprise utilizza l'energia di annichilazione per curvare lo spazio-tempo e superare la velocità della luce. La fantascienza di qualità – dice giustamente Vittoria Vetra – affonda sempre le radici nella scienza vera. Questo naturalmente non vale per Dan Brown, il quale non scrive fantascienza ma semplici best-sellers.
Procediamo con ordine. Nel capitolo 19, Vittoria Vetra sta cercando di spiegare gli esperimenti condotti da suo padre, il fisico e sacerdote Leonardo Vetra. Parlando della teoria del big bang – l'esplosione primordiale che avrebbe dato vita all'universo – ella afferma:
"Naturalmente gli scienziati [...] spiegarono la teoria del big bang in termini matematici, privandola di qualsiasi connotazione religiosa. Purtroppo per la scienza, però, le loro equazioni continuano ad avere una lacuna che la Chiesa, naturalmente, non manca di sottolineare."
"La singolarità" bofonchiò Kohler [il direttore del CERN] con un tono che lasciava intendere che quel problema lo tormentava da una vita.
"Esattamente. La singolarità. Il momento esatto della creazione, l'attimo zero" confermò Vittoria. Poi si voltò verso Langdon. "La scienza non è ancora riuscita ad isolare il momento della creazione. Le nostre equazioni spiegano le prime fasi della vita dell'universo, ma se procediamo a ritroso, più ci avviciniamo all'attimo zero, più la logica vacilla e improvvisamente tutto perde di significato."
"Già. E la Chiesa sbandiera questa deficienza come prova del miracoloso intervento di Dio."
Quanto Vittoria Vetra afferma dello stato delle ricerche cosmologiche relative al big bang, è sostanzialmente corretto. Certo un fisico non avrebbe usato certe espressioni a effetto, ma in fondo Vittoria sta parlando al profano Langdon. Così come risponde a verità il fatto che in certi ambienti si sia voluto vedere un'analogia tra il big bang e la creazione da parte di Dio. Nel suo Dal big bang ai buchi neri, Stephen Hawking ricorda un episodio avvenuto nel 1981, allorché venne invitato in Vaticano, insieme a un certo numero di scienziati, per un convegno sulle frontiere della cosmologia organizzato dai Gesuiti. «Al termine del convegno i partecipanti furono ammessi alla presenza del santo padre. Il papa ci disse che era giustissimo studiare l'evoluzione dell'universo dopo il big bang. Ma che non dovevamo cercare di penetrare i segreti del big bang perché quello era il momento della creazione e quindi l'opera stessa di Dio. Fui lieto che il papa non sapesse quale argomento avessi trattato poco prima nella mia conferenza: la possibilità che lo spazio tempo fosse finito ma illimitato, ossia che non avesse alcun inizio, che non ci fosse alcun momento della Creazione».
È possibile che Brown abbia letto Hawking. Di sicuro inciampa nel medesimo strafalcione teologico: che Dio si sia limitato a far scoccare la prima scintilla del big bang e poi si sia fatto da parte lasciando che le leggi fisiche si occupassero dello sviluppo e del destino dell'universo. L'errore logico, prima ancora che teologico, sta nell'idea che non vi sia alcuna necessità di introdurre Dio laddove basta la fisica a spiegare il funzionamento e il divenire dell'universo. Dunque, poiché la fisica non riesce (almeno al momento) a penetrare l'istante fatale del big bang, si giunge alla conclusione, altrettanto fallace, che si possa ancora ipotizzare – o forse sperare – un intervento divino in quell'unico punto rimasto scoperto dalla nostra comprensione scientifica.
L'errore - logica conseguenza del voler applicare la fisica alla teologia - è di considerare la Creazione a opera di Dio come una spiegazione degli inizi dell'universo, mentre dovrebbe essere una risposta al mistero della sua esistenza.
Ma andiamo avanti. Vittoria, parlando di suo padre Leonardo Vetra, afferma:
"Il punto è che mio padre ha sempre creduto nell'intervento di Dio nel big bang. Se la scienza non è mai riuscita a comprendere il momento divino della creazione, lui era convinto di farcela" (pag. 79).
Dunque, se ho ben capito il ragionamento, poiché Dio non è presente nell'universo tranne che nell'istante del big bang, è soltanto lì che la scienza può trovarlo. Allo scopo, Leonardo Vetra, scienziato e sacerdote, si era messo in testa di ricreare il big bang in laboratorio. Rincara Vittoria:
"[Mio padre] voleva innalzare la scienza a un livello da cui avrebbe potuto ammettere l'esistenza di Dio. Aveva intrapreso una ricerca che nessun altro scienziato aveva mai concepito [...]. Dimostrare la plausibilità della Genesi" (pag. 79).
È arduo trattare in maniera convincente problemi filosofici, teologici ed epistemologici di tale portata, fosse anche in un romanzo di fantasia. Qualsiasi scrittore dotato di una buona coscienza letteraria se ne sarebbe tirato indietro. Dan Brown a quanto pare possiede quella giusta dose di cialtroneria e sfacciataggine che gli permette di pontificare su argomenti di cui capisce poco o nulla. Intanto fa' sì che Leonardo Vetra progetti il suo esperimento col proposito non già di "dimostrare" bensì di "ammettere" l'esistenza di Dio. Il resto - come vedremo - sarà solo questione di trovare un acceleratore di particelle abbastanza potente, e un po' di fantasia per interpretare i risultati.
E già ci imbattiamo nel primo scoglio logico, perché dimostrare la realtà del big bang non è esattamente la stessa cosa che rendere plausibile la Genesi. Tra l'evento cosmologico e il racconto mitologico possono essere tracciate delle analogie, puntualmente messe in rilievo da teologi, scienziati e filosofi (e dal Santo Padre nel suo discorso ad Hawking), ma nessuno si sognerebbe di pretendere che l'una cosa dimostri o implichi l'altra. Negare questo assunto sarebbe però un po' come negare Angeli e Demoni. È un salto logico che Dan Brown dà continuamente per scontato.
A questo punto Robert Langdon ha un moto di stupore: «Che cosa? Fiat lux? La materia dal nulla?»
Lasciamo pure agli esegeti biblici il sottolineare che, almeno nella Genesi, Dio non crea l'universo dal nulla, ma si limita ad organizzare il caos; è comunque indubbio che la creatio ex nihilo faccia parte delle successive speculazioni teologiche, e così accettiamola pure. Si sarà anche notato che Vittoria Vetra non ha mai parlato di materia dal nulla, ma a quanto pare i partecipanti alla conversazione (come evidentemente Dan Brown) sembrano considerare il concetto automaticamente insito nell'idea stessa di creazione, sia che si tratti della Genesi che del big bang.
Vittoria Vetra annuisce: «Mio padre ha creato un universo dal nulla. O, per meglio dire, ha riprodotto il big bang». E spiega:
"Ha accelerato in direzioni opposte due fasci ultrasottili di particelle, che si sono scontrati frontalmente a velocità straordinaria, compenetrandosi l'uno nell'altro e comprimendo tutta la loro energia in un unico punto. In questo modo ha ottenuto una densità di energia mai vista prima. [...]. In questo punto di energia ultracompressa all'interno dell'acceleratore si sono infatti materializzate dal nulla particelle di materia." (pag. 80).
E ancora:
"Materia. Sbocciata improvvisamente dal nulla. C'è stato un incredibile spettacolo di fuochi d'artificio subatomici e un universo in miniatura ha preso vita. Perciò mio padre ha provato non solo che la materia può essere creata dal nulla, ma anche che sia il big bang sia la Genesi si possono spiegare con la presenza di un'enorme fonte di energia" (pag. 80).
Qui bisogna prendere fiato e districarsi tra tutte queste affermazioni poco chiare. Innanzitutto è evidente, dalle parole stesse di Vittoria, che suo padre avesse creato della materia a partire da una fonte d'energia. Energia e materia sono convertibili l'una con l'altra, come ben sanno tutti i fisici da un buon secolo (la formula E = mc2 risale, seppure in diversa formulazione, al 1905). Dunque Vittoria Vetra non solo si meraviglia per la semplice applicazione di un principio fisico che avrebbe dovuto esserle ben noto dai tempi dell'università, ma dimostra anche – e questo è imperdonabile – di confondere l'energia con il nulla. Prima afferma che la materia sia stata creata a partire da «una densità di energia mai vista prima», poi dice che la materia sia «sbocciata improvvisamente dal nulla». Ma se per Dan Brown l'energia e il nulla sono evidentemente la stessa cosa, un'affermazione del genere risulterebbe intollerabile sulla bocca di un fisico.
E non solo questo incredibile esperimento avrebbe rivelato il segreto del big bang, ma – secondo il professor Vetra – anche la Genesi. Il nesso logico francamente ci sfugge, a meno di non prendere per scontata l'affermazione secondo la quale Dio stesso sarebbe intervenuto nel big bang.
A ogni modo, dov'è Dio nell'esperimento di Leonardo Vetra? Dan Brown ce lo rivela subito. Infatti, alle parole «un'immane fonte di energia», Maximilian Kohler automaticamente esclama: «Cioè Dio?»
E risponde Vittoria Vetra:
"Dio, Buddha, la Forza, Jahvè, la singolarità, il punto di unicità... chiamiamolo come vogliamo, il risultato non cambia. Scienza e religione arrivano alla stessa conclusione: alla base della creazione c'è l'energia pura" (pag. 80).
Tralasciamo pure la manifestazione di stupore del direttore del CERN, a cui evidentemente nei corsi avanzati di fisica delle particelle avevano insegnato che Dio può essere misurato in Joule. Inutile anche sottolineare la faciloneria con la quale Vittoria Vetra afferma che la divinità neotestamentaria, un bodhisattva, il principio numinoso di Guerre Stellari, la divinità anticotestamentaria, il cuore di un buco nero e un ultimo termine di dubbio significato siano la stessa cosa. «Scienza e religione arrivano alla stessa conclusione» afferma pomposamente la scienziata. Ma di scienza ne abbiamo vista poca, di religione niente.
Vittoria Vetra cerca di convincere i suoi ascoltatori dell'importante scoperta di suo padre.
Vittoria assunse un'espressione trionfante. "L'universo contiene due tipi di materia, è scientificamente provato." Si voltò verso Langdon: "Professore, che cosa dice la Bibbia riguardo alla creazione? Cosa creò Dio?"
Langdon, non capendo che attinenza ci fosse, era a disagio. "Be', Dio creò... la luce e le tenebre, il paradiso e l'inferno..." (pag. 81).
Brown sta qui cercando di fornire al lettore le basi per la sua metafisica dell'antimateria e vuole dimostrare che, nella creazione dal nulla (o dall'energia, tanto per lui è lo stesso) ogni cosa si formi insieme al suo opposto o contrario. Ora è senz'altro vero che, quando si converte energia in materia, si formano sempre coppie di particelle e antiparticelle. E questa non è affatto una novità: anzi, i fisici lo sanno molto bene, avendolo visto accadere in laboratorio un'infinità di volte. Se fosse stato questo che voleva dimostrare il professor Vetra, difficilmente avrebbe ottenuto i fondi del CERN. Invece non è affatto vero che l'universo contenga entrambi i tipi di materia, anzi, è vero esattamente il contrario: attualmente l'universo contiene - a quanto ne sappiamo - un solo tipo di materia, quella che ci è familiare. Tant'è vero che i cosmologi non si spiegano ancora la ragione della mancanza di antimateria.
A questo proposito bisogna far notare la faciloneria con la quale Brown fa passare affermazioni assolutamente infondate appiccicandovi sopra l'etichetta «è scientificamente provato».
Quando Vittoria Vetra chiede a Langdon cosa dica la Bibbia riguardo alla creazione, Langdon risponde imbastendo alcune coppie di opposti. Afferma che Dio avrebbe principiato la creazione creando la luce e le tenebre, il paradiso e l'inferno. Il guaio è che la Genesi non dice nulla di tutto questo. Nella Genesi, Dio crea semplicemente la luce. E non crea le tenebre, ma piuttosto la luce nelle tenebre. E in quanto al creare «il paradiso e l'inferno», ebbene, in tutto l'Antico Testamento non si fa alcun riferimento preciso alle dimore ultraterrene delle anime dei defunti. Incredibile ma vero, Langdon, professore di simbologia ad Harvard, non ha mai letto la Bibbia.
"Esattamente" esclamò Vittoria. "Creò ogni cosa e il suo contrario. In maniera simmetrica, con un equilibrio perfetto." Si voltò di nuovo verso Kohler: "la scienza afferma lo stesso concetto, e cioè che il big bang creò ogni cosa e il suo contrario" [...] (pag. 81).
In realtà, se Dio (nella Genesi) non creò «ogni cosa e il suo contrario», nemmeno il big bang creò antimateria insieme alla materia, o almeno non nelle medesime quantità, tant'è vero che i cosmologi – l'abbiamo detto – ancora si chiedono la ragione dello sbilanciamento dell'antimateria, sempre che vi sia mai stata.
Langdon non capiva: "Leonardo Vetra ha creato il contrario della materia?" (pag. 81).
"Contrario" è parola assai ambigua, ma possiamo ignorarla poiché in fondo è stata messa sulla bocca di quell'ignorantone di Langdon. Cos'è il contrario della materia? È evidente che l'antimateria non è il "contrario" della materia, ma soltanto un tipo di materia in cui protoni ed elettroni sono dotati di cariche elettriche speculari. Nel romanzo (che è del '99), Leonardo Vetra viene considerato "l'inventore dell'antimateria", in quanto la figlia insiste sul fatto che sia stato il primo uomo a produrre in laboratorio particelle di antimateria. Ma i primi atomi di anti-idrogeno furono ottenuti per la prima volta al CERN di Ginevra e al FermiLab di Batavia (Illinois) nel 1996; mentre il primo anti-deuterio fu osservato da Antonino Zichichi addirittura nel 1965, al CERN. E la cosa strana è che nessuno degli scienziati coinvolti in tali esperimenti ha mai preteso di aver dimostrato la Genesi. Nemmeno Zichichi, il ché è tutto dire.
Sembra che l'antimateria di Brown abbia qualità metafisiche, non fisiche.
Vittoria Vetra spiega allo stupito Langdon:
"Ogni cosa ha il suo contrario. I protoni hanno gli elettroni, i quark top, i quark bottom. C'è una simmetria cosmica a livello subatomico. L'antimateria è yin rispetto alla materia, yang. Bilancia l'equazione fisica."
La profondità di una tale affermazione è solo apparente: ma a ben guardare si tratta semplicemente di parole in libertà. Ogni cosa ha il suo contrario (dichiarazione dal sapore apodittico). I protoni hanno gli elettroni (se è da intendersi nel senso che i protoni siano il contrario degli elettroni, ebbene, non è vero: protoni ed elettroni hanno carica elettrica opposta, ma sono particelle appartenenti a due classi non confrontabili tra loro). «I quark top, i quark bottom» (bella simmetria, visto che esistono quark top, bottom, up, down, charme e strange, e in genere si assortiscono a gruppi di tre) – «C'è una simmetria cosmica a livello subatomico» (eh? cosa? cosmico e subatomico nella stessa frase?) – «L'antimateria è yin rispetto alla materia, yang» (e invece no, visto che yin e yang sono il principio passivo e il principio attivo, dunque i due complementari dalla cui unione sorge l'armonia, cosa che non mi sembra proprio facciano antimateria e materia) – «Bilancia l'equazione fisica» (quale equazione fisica?).
Tutto questo può dare un'idea di cosa sia effettivamente il "pensiero debole". L'antimateria serve a Dan Brown a giocare sul concetto di "contrario" e a prendere in giro il lettore propinandogli una metafisica in cui mescolare il big bang, la Genesi e una bomba un po' più potente del solito. Brown mostra di confondere tra loro l'opposto, il simmetrico e il complementare. Inutile puntualizzare sul fatto che bene e male siano opposti (e anche qui ci sarebbe da discutere), che materia e antimateria siano simmetrici, che yin e yang siano complementari. Alla fine i personaggi di Dan Brown - benché professori, fisici, teologi – imbastiscono discussioni dozzinali, insignificanti chiacchiere da osteria che lasciano il tempo che trovano. Brown è evidentemente un profano nelle materie sulle quali pontifica, e Angeli e Demoni è come la sua bomba all'antimateria: destinata a esplodere senza far danno.
Ma un romanzo incentrato su così profonde tematiche religiose, non può che chiudersi con un ultimo illuminante scambio di battute, nel quale finalmente verrà svelato il più sublime significato dell'esperienza religiosa: il rapimento mistico.
"Non me lo dire! Non hai mai avuto un'esperienza mistica? Un momento di perfetta estasi religiosa?"
Langdon scosse la testa. "No. E dubito di essere in grado di averla."
Vittoria si sfilò l'accappatoio. "Scommetto che non sei mai stato a letto con un'esperta di yoga, vero?" (pag. 560).
4/12/2004