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PERCHÉ SONO VEGETARIANO
Dario Chioli
Io sono vegetariano, il che significa che non mangio né carne né pesce in nessuna forma.
Ogni tanto amici e conoscenti mi chiedono perché, e per questo ho pensato di fornire qui una estesa spiegazione scritta. Così, quando me lo richiederanno, li rimanderò ad essa.
Anzitutto, vediamo quali tipi di vegetariani - sopportabili e no - ci siano in circolazione.
VEGETARIANI DIETETICI
Ci sono i vegetariani dietetici.
Sono dei vegetariani pro domo sua: credono così di campare più a lungo.
Oggi perfettamente integrati nel new age, convintissimi di essere “naturali”, spesso si ritengono anche molto “intellettuali”.
Narcisisti per natura, si ritengono in diritto – al pari di molti carnivori – di stressare gli altri con non richieste consulenze alimentari.
Sono diventati vegetariani per considerazioni dietetiche di dubbia validità scientifica. Si sa infatti che i dietologi cambiano idea con molta facilità. Per esempio la dieta mediterranea è attualmente considerata ottima, ma in passato la si criticava aspramente. Carni bianche e carni rosse hanno goduto di alterno favore. Oggi si apprezzano le alghe e i prodotti macrobiotici, ma un giorno o l’altro diverrà chiaro che i danni del trasporto dall’oriente in Europa superano i vantaggi. Un tempo si riteneva il cioccolato dannoso, ma ultimamente è saltato fuori che farebbe bene per un sacco di cose, e così via.
Ogni volta questi “esperti” sembrano scoprire l’America, mentre l’unica cosa che non danno in pasto ai mass media è un po’ di buonsenso, perché non farebbe audience.
VEGETARIANI ESOTERICI
Ci sono poi i vegetariani esoterici, alla cui cerchia apparteneva quella buona pasta d’uomo di Adolf Hitler, che per un certo periodo frequentò ambienti contigui ad alcune settucole ariosofiche tedesche.
Non mangiano carne perché hanno paura di assimilare sostanze sottilmente dannose, legate alle caratteristiche psichiche o alle circostanze della morte dell’animale.
Non la mangiano, insomma, non perché gliene importi qualcosa dell’animale, bensì per “essere puri”, per non ostruirsi la mente, per una specie, insomma di astuzia esoterica.
Perlopiù non li turba più di tanto il sospetto che puri non siano neppure più i vegetali, in virtù di pesticidi, manipolazioni genetiche, lunga conservazione e coltivazioni intensive. Basta loro, in effetti, avere di che ritenersi più furbi degli altri.
VEGETALIANI, CRUDISTI, SEMIVEGETARIANI
Equamente suddivisi tra le due precedenti categorie ci sono anche i vegetaliani, che non mangiano neppure latte e formaggio, i crudisti, che come dice il nome mangiano tutto crudo, ed i semivegetariani, che mangiano pure pesce, in base a considerazioni che non mi sono particolarmente chiare, forse ritenendo i pesci meno “affini” a loro perché abitano nell’acqua invece che sulla terra, o forse solo per l’abitudine linguistica dei cuochi di contrapporli alla “carne”.
VEGETARIANI ASCETICI
Parenti più o meno lontani dei vegetariani esoterici sono altresì i vegetariani ascetici, che si astengono dalla carne per fare penitenza o per adempiere un voto, estendendo il vecchio divieto cristiano di mangiare carne il venerdì a tutti i giorni della settimana (suppongo che si astengano anche dalle trote, a differenza di quei frati che le allevavano proprio per mangiarsele in carpione il venerdì).
Ora, io non discuto della pratica ascetica della penitenza in generale, ma questa in particolare, più che affermare il vegetarianesimo, pare affermare i pregi dell’alimentazione carnea, visto che l’astenersene vi è identificato come una rinuncia, un disagio.
VEGETARIANESIMO COME NON VIOLENZA
Per quanto concerne me e – suppongo e spero – parecchi altri, nessuna delle precedenti considerazioni ha reale valore.
Ci si astiene dalla carne per un desiderio di non violenza, poiché si riconosce la parentela psichica tra l’animale e l’uomo e ci si rifiuta di immergere il ferro, il proiettile o peggio in un capolavoro della natura qual è la struttura dell’essere vivente.
Ci si rifiuta di distruggere ciò che non si sa ricostruire.
Se poi questa scelta avrà effetto anche sulla sottigliezza della mente, o farà sì che si assumano meno tossine di quante non ne assuma un carnivoro, tanto di guadagnato. Ma non è questo lo scopo.
UNA VISIONE SOVRANNATURALE DEL MONDO
Lo scopo è affermare una visione sovrannaturale del mondo, che rifiuta ogni parentela con i torturatori che affliggono intere specie viventi senza considerazione alcuna e che, attenta alla natura, rifiuta però di accettarla supinamente nel suo aspetto distruttivo, cercando invece di trasformarla alchemicamente nel suo prototipo edenico, perlomeno per quanto ci concerne.
Chi ha un animale domestico – un cane, un gatto – difficilmente potrebbe risolversi ad ucciderlo, salvo che non sia un sadico, un torturatore, un idiota della razza di quelli che gettano i cani sulle autostrade.
Così pure, qualunque essere umano degno di tale nome, allorché abbia instaurato un rapporto di qualche tipo con qualche altro essere vivente, non saprà ucciderlo, né lo vorrà, perché la frequentazione gliene avrà mostrato il carattere, l’affettività, la fedeltà. E si sa che qualcuno deve al cane – o il naufrago al delfino, o il cavaliere al cavallo – persino la vita.
La conoscenza dunque, com’è proprio della sua natura, impedirà la distruzione.
VEGETARIANESIMO COME EFFETTO DI CONOSCENZA
Per questa ragione, in India – paese che forse più di tutti ha prestato attenzione a quest’aspetto – l’essere vegetariani è considerato un segno di distinzione spirituale, è addirittura la via per cui intere caste, messesi d’accordo, passano di grado nella struttura sociale indù.
Infatti, rifiutare di uccidere, fosse anche un animale, indica conoscenza, e l’amore per la vita che ne deriva.
Se quindi dovessi rifarmi a simboli del vegetarianesimo, citerei caso mai, tra i moderni, un Gandhi, o gli indù di un certo livello spirituale, non certo qualche fissato dietista monomaniaco o qualche occultista che vanta conoscenze che non possiede.
IL VEGETARIANESIMO NON SI PUÒ IMPORRE
Sono infine del tutto convinto che il vegetarianesimo non si può imporre, nel senso che è comprensibile solo a chi abbia compiuto un certo cammino interiore.
Per gli altri sarebbe solo una forzatura, e la percentuale di violenza non espressa nell’alimentazione finirebbe per manifestarsi comunque altrove.
Se non si smette di uccidere neppure i propri simili, come si potrà riuscire a smettere di uccidere gli animali?
Il vegetarianesimo ha un senso per chi già è innocente (in-nocente, non nocivo) verso la vita degli altri uomini: non si può dare un bignè al cagnolino e lasciare il vicino crepare di fame.
IL VEGETARIANESIMO DELL’ERA MESSIANICA
Sono pure convinto che la non violenza (nella lingua di Gandhi "ahimsâ", cioè "in-nocenza") non si instaurerà in questo mondo come abitudine generale fintantoché esso rimane simile a com’è ora.
È una via utile a coloro che sono adatti a percorrerla, che hanno percorso un cammino di purificazione. Altrimenti, alcuni potranno anche essere vegetariani, ma ciò nonostante – come Hitler e Stalin – violenti, violentissimi.
Se invece la non violenza, in un’ipotesi che sembra fiabesca (Gandhi, Martin Luther King e innumerevoli altri pacificatori sono stati assassinati), divenisse generale, questo vorrebbe dire che è avvenuta una trasformazione sovrannaturale della Terra, che si è instaurata l’era messianica.
Che la violenza è cessata, dopo essere stata spenta nel nuovo Adamo, anche nella natura, che dell’uomo – secondo le antiche tradizioni – rispecchia pregi e difetti.
Non si può certo pretendere che tutto ciò venga creduto a cuor leggero, tuttavia si potrebbe e dovrebbe indagare se a qualche potenza del nostro essere – forse al nostro bambino interiore, all’insaputa dell’adulto inautentico che riteniamo di essere – non paia in qualche modo possibile.
LA NON VIOLENZA ESTREMA
La posizione estrema di non violenza è quella di chi non estirpa neppure i vegetali, ma si limita a mangiare ciò che la pianta o l’animale evidentemente concedono (frutta, legumi, latte ecc.).
Ho rispetto per questa posizione, soprattutto se viene da una sensibilità così evoluta da imporla con evidenza, ma per attuarla sensatamente bisogna essere una specie di monaco, dedicarsi di persona almeno in parte alla coltura ed all’allevamento, per verificare che siano effettivamente attuati con le caratteristiche che desideriamo. Non ha senso infatti non estirpare noi stessi un vegetale se comunque sappiamo che lo ha estirpato un altro, o non voler bere del latte che sia sottratto ai suoi naturali destinatari – probabilmente uccisi – se poi non controlliamo di persona. È troppo facile essere ingannati, chi vuole mantenere questa posizione deve mantenersi vigile, altrimenti perderà tempo per niente, non avrà alcuna efficacia, verrà preso in giro.
Considerando dunque che il tempo della vita umana e le sue risorse sono limitate, io non mi sento di impegnarmi in simili battaglie che, stante la natura dell’epoca, non troverebbero che scarsissima comprensione tra i miei simili, mentre invece posso oppormi più direttamente alla violenza per vie più comprensibili e praticabili.
IL VEGETARIANESIMO DI ADAMO NELL’EDEN
Concludendo si può sintetizzare dicendo che il vegetarianesimo ha senso se è effetto di un desiderio più generale di non nuocere, di capire la natura e anche il nostro ruolo sovrannaturale in essa. Perché il vegetarianesimo non è naturale, perlomeno in questa natura che noi vediamo, che è piena di violenza, di sopraffazione, anche di torture terribili. È invece eminentemente sovrannaturale, come si confà al ruolo originario di Adamo, che – secondo quanto afferma la Bibbia, e con altri termini più o meno tutte le diverse tradizioni religiose – era quello di governare e nominare le cose del mondo, di deciderne pertanto le caratteristiche, che avrebbero dovuto essere conformi alla sua natura luminosa. Fu infatti quando cadde e la sua mente si offuscò che portò con sé tutto il creato, e nacquero la violenza e la morte.
Il vegetariano dovrebbe avere nella sua speranza il proprio prototipo umano luminoso, l’Adamo dell’Eden, altrimenti la sua posizione sarà difficilmente sostenibile.
Infatti al primo Adamo “Dio disse: «Ecco, io vi do ogni erba che produce seme e che è su tutta la terra e ogni albero in cui è il frutto, che produce seme: saranno il vostro cibo.
A tutte le bestie selvatiche, a tutti gli uccelli del cielo e a tutti gli esseri che strisciano sulla terra e nei quali è alito di vita, io do in cibo ogni erba verde». E così avvenne” (Genesi 1,29-30).
Fu solo molto più tardi che disse, a Noè e agli altri sopravvissuti al diluvio: “Il timore e il terrore di voi sia in tutte le bestie selvatiche e in tutto il bestiame e in tutti gli uccelli del cielo. Quanto striscia sul suolo e tutti i pesci del mare sono messi in vostro potere.
Quanto si muove e ha vita vi servirà di cibo: vi do tutto questo, come già le verdi erbe.
Solamente non mangerete la carne con la sua vita, cioè il suo sangue” (Genesi 9,2-4).
OGGI
Le indicazioni di Dio all’umanità decaduta dell’epoca di Noè sono la constatazione di quale tipo di alimentazione si manifesti in tale epoca di decadenza e di violenza (“età oscura”, “kaliyuga”) e contengono una concessione (“vi do tutto questo, come già le verdi erbe”) e un limite (“non mangerete la carne con la sua vita, cioè il suo sangue”), che peraltro oggi non viene neppur esso rispettato. Non solo infatti si mangia la carne con il suo sangue, ma con espianti e clonazioni si va sempre più verso una sorta di cannibalismo.
Il significato probabile della concessione di nutrirsi di carne è che essa è il male minore.
L’imposizione vegetariana a chi non la può accettare perché troppo spiritualmente oscurato porterebbe infatti alla continua infrazione.
Che senso avrebbe salvare Noè e i suoi discendenti e poi dar loro leggi che, chiusi nella scorza ottusa del proprio io, non potranno rispettare?
Sotto questa storia si cela dunque un senso abbastanza comprensibile: le leggi sacre sono funzionali alla riscoperta della verità, e pertanto non giuste in se stesse, bensì adatte allo stato interiore di chi le deve rispettare.
Leggi per gente perfetta non servirebbero a nessuno, sia perché i perfetti non ne hanno bisogno sia perché gli altri non possono rispettarle.
Leggi perfette dunque non esistono; soltanto esistono, nei santi sapienti e solo in essi, delle attitudini spontanee armoniose.
L’ANGELO DEL CREATO
Se dunque non si può condannare l’alimentazione carnea per la gente comune, in quanto concessa esplicitamente da Dio come male minore, ci si può tuttavia rendere conto che è una nobile aspirazione quella di assimilarsi il più possibile allo stato interiore originario, e pertanto all’Adamo non violento dell’origine, che è il prototipo e l’angelo immortale del creato, e non – come l’uomo storico mortale – il suo cieco e inconsapevole tiranno.
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