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NOTA SU «ADAMO L'UOMO ROSSO» DI SCHWALLER DE LUBICZ
Dario Chioli
È uscita nel 2006 per le Edizioni Mediterranee la traduzione italiana dell'opera Adamo l'uomo rosso di René Adolphe Schwaller de Lubicz, opera già ritirata dal commercio dall'autore, a mio avviso con ragione, perché, pur contenendo diverse cose interessanti (nell'edizione italiana c'è anche un ben informato studio introduttivo dei curatori Alessandro Boella ed Antonella Galli), contiene tuttavia alcuni enormi spropositi che vorrei qui evidenziare, ad aiuto del lettore che sia magari portato dalla fama di Schwaller ad accettare sulla fiducia le affermazioni del libro.
L'autore inizia ponendo un notevole accento, sia nella prefazione che nel primo capitolo della prima parte, sul concetto di razza: «Una filosofia della storia dovrebbe quindi, anzitutto, essere uno studio della mistica degli individui riuniti in nazioni o razze» (p. 54). Nel primo capitolo afferma che le origini della razza ariana siano da ricercarsi nella semitica, da cui ora pure sarebbe così lontana, e che il cristianesimo «è diventato la causa della formazione della nostra razza» (p. 57) nonché la guida ideale della medesima. È dunque chiaro che intende parlare di «razze dello spirito», ma il suo linguaggio crea una certa confusione, giacché nulla impedisce a un semita di essere cristiano (si pensi ai cristiani palestinesi o maroniti) o a un ariano (oggi si preferisce dire indoeuropeo) di essere, per esempio, islamico (si pensi agli afghani). Risulta quindi più fuorviante che significativo definire le tradizioni spirituali in termini razziali.
Schwaller prosegue elencando i tre misteri che a suo avviso sono alla base della «religione occidentale»: Trinità, Incarnazione, Redenzione (p. 59). Segue una presentazione piuttosto superficiale della morale cattolica, che egli afferma – peraltro in questo caso con qualche ragione storica legata ai compromessi tra gerarchia religiosa e gerarchia feudale – aver generato nei cristiani una mentalità da servi. Evidenzia poi con ragione come la morale laica occidentale non trovi base se non in una derivazione di quella religiosa. Dopodiché afferma che «La legge più importante nella vita umana è quella che regola il rapporto tra i sessi» (p. 61). E aggiunge che «Il rapporto fra i sessi, nella sua origine religiosa, è definito dalla nozione di peccato originale» (p. 62).
Ora, soffermiamoci su questa affermazione. In primo luogo è palesemente falsa, giacché il peccato originale riguarda la disobbedienza a Dio – cioè la non fede, il distacco da Lui – e successivamente la conoscenza del bene e del male. L'interpretazione che ne dà Schwaller, per quanto possa trovare riscontro in talune posizioni estreme presenti tra i primi Padri della Chiesa e anche successivamente, nonché nella testa incolta di molti cattolici ipocriti o moralisti (poco si distinguono queste due categorie), non è però conforme alla dottrina cattolica, che vede questo punto di vista come eretico, e lo ha condannato ripetutamente.
Neppure è vero che la sterilità della donna sia causa di «dissoluzione dell'unione» (p. 62). Per dirla col codice di diritto canonico (canone 1084, § 3), «La sterilità né proibisce né dirime il matrimonio». È invece causa di annullamento l'«impotenza copulativa antecedente e perpetua» che «sia da parte dell'uomo sia da parte della donna, assoluta o relativa, per sua stessa natura rende nullo il matrimonio» (can. 1084, § 1) e così pure «Il matrimonio non consumato fra battezzati o tra una parte battezzata e una non battezzata, per una giusta causa può essere sciolto dal Romano Pontefice, su richiesta di entrambe le parti o di una delle due, anche se l'altra fosse contraria» (canoni 1142 e 1697).
Insomma l'interpretazione della sessualità che Schwaller attribuisce alla chiesa cattolica è piuttosto quella catara, manichea. La visione cristiana sia cattolica che ortodossa viceversa considera sacra la sessualità, se presa nella sua dimensione completa, tant'è che la identifica col sacramento del matrimonio, i cui celebranti sono gli sposi (lo sapeva bene anche il Manzoni).
Schwaller parla poi della sottomissione della donna (p. 63). La cosa è indiscutibile sotto il profilo storico, ma è assai dubbio che debba farsi risalire semplicemente alla tradizione cristiana e non anche alle consuetudini patriarcali precristiane, sia ebraiche che grecoromane. È ben vero invece che c'è una precisa differenza di funzioni, e in questo senso il sacramento dell'ordine è attribuito ai soli maschi. Suppongo che alla base tanto di ciò quanto della consuetudine di sottomissione sociale della donna ci siano antichi tabù e ragioni di protezione della stirpe: la donna nel periodo mestruale risulta impura (a me non è in realtà chiaro cosa voglia dire ciò, ma è una posizione universalmente diffusa), mentre quand'è incinta va protetta.
In realtà di ciò si può discutere all'infinito, ma quello che è fondamentalmente sbagliato è l'eccesso di schematismo: dire che il cattolicesimo ha reso la donna «un essere incosciente del valore della propria vita e del senso erotico delle proprie forme» (p. 65) è così schematico e generico da far rabbrividire. Sembra che Schwaller voglia riconoscere qualità di cristiani solo ai bigotti ed agli imbecilli. La cosa è certo comoda ai suoi fini, ma non è metodologicamente corretta. E quale visione poco gradevole per la donna quand'egli afferma che «non spetta a lei riparare l'errore commesso dagli uomini durante i lunghi secoli del loro regno dominatore» e che «è l'uomo che deve osservarsi come qualcuno che deve espiare le proprie colpe, rieducando la donna tramite una Conoscenza reale della Vita. Soltanto allora potrà trovare in questa donna la compagna perfetta, che risponde a tutte le tendenze coscientemente risvegliate in lui; e riceverà lei stessa la risposta ad ogni richiamo manifestato in modo naturale nella propria incarnazione» (p. 66). Insomma, è la vecchia storia della femmina che non esiste per se stessa, ma solo in funzione del maschio. Che vecchiume! Che ne direbbero santa Caterina da Siena, santa Teresa d'Avila, Ipazia, Rita Levi Montalcini, Marie Curie, Marguerite Yourcenar, Madre Teresa di Calcutta, tanto per fare qualche nome?
Schwaller si accorge nel secondo capitolo (p. 67) che, a guardare il Medioevo, il suo schema non funziona e allora usa il classico trucco di interpretare come protesta verso il potere costituito tutto ciò che non quadra col suo schema (allo stesso modo che gli esegeti modernisti consideravano interpolato tutto ciò che nei sacri testi non quadrava con le loro premesse). Dopodiché passa ad un'analisi della storia che ha la non piccola pecca di trascurare completamente il ruolo del feudalesimo. Vede nella chiesa cattolica e nell'«oscura epoca medievale» l'origine di tutte le barbarie, e nel rigorismo ecclesiastico la sorgente di tutte le deviazioni. Tuttavia, dice Schwaller, «il Cristianesimo cattolico, costruito sulla base evangelica, possiede anche tutti i fattori della conoscenza, tutti gli elementi della verità: intendo parlare dell'esoterismo». Però «La mentalità materialista ha completamente soffocato questo senso esoterico» (p. 70). La chiesa ha commesso errori, come nel caso di Galileo, ma è ben sorprendente il commento di Schwaller: «Quanto importa al Cristianesimo di Giosuè, che appartiene al popolo ebraico, carnefice di Cristo?» (p. 71).
Qui la stoltezza del discorso raggiunge uno dei suoi vertici. Sembra che l'autore ignori che esiste una Sacra Scrittura che include il libro di Giosuè, e che Giosuè stesso è visto nella tradizione cristiana come una prefigurazione di Cristo. E poi che noia, questo latente antisemitismo pseudoesoterico!
Schwaller passa poi a tracciare uno schema di trasmissione della tradizione esoterica, attraverso l'Osirismo, «il Buddhismo, il Bramanesimo e l'insegnamento segreto del Cristianesimo primitivo», il quale ultimo fornirebbe l'«aspetto concreto, ossia di applicazione pratica e finale» dell'esoterismo (p. 72). A questo punto l'autore si stupisce «come la Chiesa abbia potuto lasciar sussistere l'Apocalisse, questo capolavoro occidentale della Conoscenza. È un nonsenso, se la stessa Chiesa non può darne la vera chiave, e effettivamente non può; ma sarebbe meraviglioso se essa potesse fondare il proprio dogma sulla conoscenza di questo esoterismo» (p. 72). Naturalmente tutto ciò è molto chiaro, ma ben poco dimostrato, come poco dimostrato è che abbia Schwaller le chiavi dell'Apocalisse. E da dove emergerebbe che lui conosca tutto ciò che nella chiesa cattolica è presente?
Segue l'affermazione che la scienza dei Numeri è la base dell'esoterismo (p. 72), salvo che Schwaller fa seguire a tale affermazione quella ben incauta che la qabbalà sia «un'invenzione medievale [...] un esoterismo falso sotto ogni punto di vista» (p. 73). Segue a questa bella manifestazione di prudenza una trita similitudine tra le triadi cristiana (Padre Figlio Spirito Santo), egizia (Osiride Horus Tifone) e indù (Brahmâ Shiva Vishnu), che, a prescindere dalla loro relativa analogia strutturale, significano, checché ne pensi l'autore, ciascuna una cosa completamente diversa.
Per non perdere l'abitudine di mettersi al di sopra dei testi sacri, Schwaller (p. 75) cita un passo su Osiride «che esotericamente è più giusto delle parole di Mosè», e poco dopo (p. 76) rimprovera «al Cattolicesimo di avere tradito la conoscenza dei principi con l'espressione positivista in cui si è sviato».
Tuttavia «malgrado la Chiesa» (p. 76) l'esoterismo, dice Schwaller, è sopravvissuto nei Rosacroce, «esoteristi cristiani, che non si curano della Chiesa, ma unicamente della tradizione della Conoscenza, basandosi sul Vangelo, o leggenda della realizzazione cristica» (p. 78). Tale realizzazione non è che quella alchemica, che a sua volta è una scienza mistico-erotica. «Il problema sessuale è evidentemente alla base di questa scienza» talché «nel suo lavoro segreto, il Rosacroce non vedeva che un'erotica mistica» (p. 81).
Ora, qui è se non altro abbastanza chiaro ciò di cui si occupa Schwaller, ma certo non è confortante per il cristiano vedere definito «leggenda» il Vangelo. In realtà è ben chiaro che le parole «cattolico» e «cristiano» sono usate da Schwaller in modo molto fluido, stando a significare di volta in volta o tutto il peggio o tutto il meglio, e che lui reputa quest'uso conforme alla tradizione ermetica che è il vero polo dei suoi interessi.
Il terzo capitolo, «Il Testamento del Cattolicesimo», consiste in un ulteriore attacco al cattolicesimo, a cui, ancora una volta, vengono fatti risalire tutto il male e l'ipocrisia del mondo moderno. La Chiesa ha combattuto «l'esuberanza vitale» (p. 86) e «il matrimonio rigorosamente cattolico ha prodotto l'atrofia della donna, e ha coltivato nell'uomo soltanto il senso sessualmente bestiale» (p. 87). Ancora una volta, l'autore non si chiede affatto se non vi siano altri fattori ben poco cristiani in opera nel mondo cosiddetto cristiano, ovverosia non capisce o non vuole mostrare di capire affatto in che consista ciò che la tradizione cristiana (che peraltro non è solo «occidentale») chiama «anticristo», cosa che lascia ben perplessi.
Nella seconda parte, Schwaller passa dalla critica storica all'asserzione. E in «Matrimonio e Unione» inaugura il suo discorso (p. 91) in puro stile teosofico con una citazione dalla «dottrina occulta» sulle razze con la quale si spiega come originariamente l'uomo fosse androgino e solo su Lemuria (!) si dividesse in due sessi.
Il sesso poi non si determinerebbe fino al terzo mese (in realtà ciò avviene all'atto della fecondazione). «L'istante della determinazione è solo secondariamente di origine fisica, e in primo luogo di origine spirituale; ossia l'incarnazione è spirituale, o soltanto astrale. La prima determina il maschio, la seconda la femmina» (p. 92).
Per chi credesse d'aver capito male, Schwaller ulteriormente specifica: «Questa differenza di natura spirituale fra l'uomo e la donna è espressa da queste parole: la donna non ha anima. [...] La donna è essenzialmente fisica, e della totalità umana rappresenta il complesso fisico con i suoi sensi, più l'emotività e il mentale concreto, che è la sua espressione vitale più alta» (p. 92). A questo segue un lungo sproloquio che definire «reazionario» significa essere generosi. Persino l'Inquisizione sembra progressista al paragone, giacché mai negò che le donne avessero l'anima...
L'Unione sarebbe dunque riunificazione dell'anima e del corpo. Ora, è accettabile sostenere che l'unione sessuale nel suo significato più esteso possa ingenerare una forza spirituale, e comportare una riunificazione delle potenze, ma suddividere così, negando l'anima alla donna, è semplicemente stolto. Chissà cosa ne avrebbe pensato la Blavatsky, alla cui dottrina delle razze Schwaller si rifà...
I capitoli successivi, «Il Principio della Vita» e «La Divisione Originaria», analizzano l'attrazione tra i sessi dicendo cose di un certo interesse, anche se il tutto è un po' viziato dalle premesse. Di interessante lettura è anche il capitolo «Morale» anche se Schwaller non sa fare a meno di asserire che «il Dio nascosto degli ebrei è un Dio autoritario, crudelmente despota; il Dio cristico è un Dio misericordioso, d'amore», questo perché la razza «atlantidea o semita» ha una «coscienza della propria vita fisica spinta fino all'incoscienza di una vita nell'aldilà» mentre «la razza ariana ha la coscienza di una vita animica e anche spirituale» (p. 115).
Gli ultimi capitoli («La Magia dell'Erotica», «Il Senso dell'Eccesso», «Vita intima», «Consigli all'Uomo», «Conclusione», «Estratti da La Dottrina») risultano complessivamente più equilibrati dei precedenti, scritti meglio, anche se ritorna qua e là quest'assurda visione che identifica la donna col solo corpo e vede nell'uomo l'istruttore della donna, confermata peraltro negli «Estratti da La dottrina» dove si ripete che «l'uomo è l'anima della donna» (p. 170).
In conclusione, si possono riscontrare nel libro, soprattutto nella sua parte finale, alcune opinioni interessanti, anche se talora discutibili. Quest'aspetto è però compromesso dall'enormità di talune asserzioni, che ho qui ampiamente documentato.
Si è già detto del resto come l'autore in seguito ritirasse Adamo l'uomo rosso dal commercio, ed è pertanto probabile che si sia reso conto almeno in parte dei suoi difetti, i quali è però a mio avviso opportuno segnalare nel momento che l'opera viene proposta al lettore italiano.
[26.VIII.2007]
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