NON SI PUÒ NEGARE DIO
Dario Chioli
Volete negarmi Dio; ma non potete negarmi Dio, perché chi è Dio, che lo possiate negare?
Dite: Dio è l'Essere, ma poiché non c'è essenza diversa da ciò che tutti possono vedere, perciò non c'è Dio.
Ma invero Dio è l'essere così come è il non essere, è la verità così come è la falsità. Egli è l'essere se voi ragionate in categorie di essere, è verità se pensate per distinzioni di verità, come è il sole se adorate la luce, l'oceano se sacrificate alle acque, il silenzio se cercate la solitudine, l'eterno se indagate nel tempo, l'affetto se avete una sposa, l'amore se volete donarvi. Perché non c'è nulla che sia falso eppure concluda il nostro spirito, niente che sia vero eppure ci resti indifferente. Cos'è infatti la parola, cosa sono i singoli pensieri se non fiori che appassiscono in fretta? Le parole, i discorsi, le preghiere sono come un tappeto che ci facilita la strada, conducendoci intorno ad ammirare le innumerevoli grotte del nostro spirito, così che portiamo la luce delle une nelle altre, in modo da equilibrare i nostri sentimenti e dominarli con la naturalezza con cui la luce dissolve le ombre e le penombre.
Ma Dio è anche il buio. Se infatti vi ponete innanzi a Lui a confronto, con la vostra luce, che mai diverrete, se non assenza di luce? E se proclamate le vostre povere verità, Egli, l'improclamabile, a che sarà simile, se non a ciò che vi è di più falso, di più duro, di più irragionevole per voi? Perché se voi vi dite giusti, Egli, così totalmente diverso da voi come la vita lo è dalla morte, chi sarà se non il più ingiusto, il più ladro dei ladri, il parricida e traditore più abietto? Se dunque vi dite giusti, come potete giudicare gli uomini che, quanto meno sono simili a voi, tanto più sono per voi simili a Dio? Se credete di possedere la verità, come vorrete ammaestrare l'ignorante e non essere invece ammaestrati dalla somma Ignoranza?
Perché se voi affermate qualcosa, avete come simbolo di Dio colui che vi contraddice. Vorrete cambiar natura a Dio, tramutare i suoi simboli in simboli vostri? E se così farete, non sarà forse bestemmia tutto questo, che per voler vincere neghiate la strada della vittoria?
Come potete guidare un uomo se negate il messaggio che Dio, attraverso di lui, vi dà? Vorrete affermare Dio e negarlo nello stesso tempo, e con presunzione pretendere di affermarlo soltanto, quasi che potesse l'eternità essere chiusa in un giorno, gli abissi del vero in poco spazio, Iddio nelle vostre parole? Potete forse pensare di saper rispondere con parole adeguate alla Parola divina, quasi che foste voi stessi un dio e non piuttosto un uomo creato? E non è dunque idolatria, questo svuotare Dio per poterlo intendere?
Mi date definizioni sovraccariche di logica intorno a Lui, ma l'idiota che s'inebria un istante della luce del sole ha vissuto la sua fede mille volte più che il vostro astruso intelletto.
Un istante di amore supera di mille misure tutto il complesso delle speculazioni, e vedere il volto di Dio è assai più ignorare che comprendere.
E infine, voi che proclamate concetti come fossero perfezioni trovate dall'uomo, e non piuttosto semplici strumenti di umiltà, voi riempite il mondo di illusione, così che pare possibile negare che Dio esista, appunto perché proclamate a mo' di dogma che esiste, e non piuttosto che sopravanza il vostro intelletto e che l'esistere non è che una parola a cui si appoggia l'uomo. Perché voi dite che esistere è un qualcosa di definito, di necessario, di stabile, sebbene non sappiate spiegare come si esista, e perciò Dio pare un inganno creato da eruditi e straniero nei confronti dell'immediato, della vita.
Un uomo è infelice e vorrebbe credere: gli dite che Dio lo ha creato e lo sostiene; però è testardo e nonostante le vostre delucidazioni rimane infelice; allora iniziate a riempirgli il capo di logiche conseguenze, così che a tutto il resto aggiunge la noia. Egli vi guarda e vede che fantasticate, siete fuori del mondo e non amate. Cerca pienezza, e gli date fanfaluche. Vuol far qualcosa e lo inviate a dir rosari. Vorrebbe vivere, vi chiede come vivere, e voi gli dite come non si vive.
Se poi un giorno sapete che ha rinnegato la sua religione, dite che è pazzo e lo provocate a discutere, e sul campo delle parole vi perdete entrambi, e restate svuotati e senza Dio. Eppure forse amate entrambi la bellezza e gli uomini ma non sapete vedere che è questo lo stare in Dio.
Credete che tutto ciò, bellezza e uomini, sia un diversivo che distolga dalla conoscenza, ed eccovi a fuggire il mondo e la serenità, a temere la vita e la morte, ingordi di nozioni, bramosi di nullità, avari di amore, di abbandono.
Ma come si può credere di raggiungere Dio per necessità? Come si può sperare di sottometterlo? Troppo è infinito Egli, e non si può estendere il pensiero sino ad avvolgerlo; si può solo sperare che ci accolga in Lui, che ci attiri a Sé nonostante noi stessi, ma si deve acconsentire alla nostra ignoranza, santificare la propria manchevolezza con la esclusiva speranza in Lui.
Non c'è infatti amore che non sia umiltà, che non sia abbandono, che non sia fiducia. E non c'è amore che non venga alla fine corrisposto. Il segreto di Dio è il segreto della nostra umanità, è il nostro nulla: solo a esserne coscienti, solo nell'umiltà della constatazione di ciò che è vero, nasce in noi la vera religione, il vero amore per Dio. Senza ammettere ciò che si è, senza conoscere ed essere felici della propria impotenza, non si poté e non si può e non si potrà mai raggiungere il segreto della vita.
Amare Dio è traboccare di potenza, ma di una potenza che entra in noi, affluisce nel nostro cuore come un dono di amore, come una partecipazione gioiosa, e non come una parte di noi stessi, non come una virtù posseduta, perché non c'è potenza all'infuori di Dio, non c'è valore che non sia Lui stesso, creatore del mondo, spirito di amore, essenza di vita, così come non c'è uomo che senza amarlo sia preso dalla bellezza del creato, non c'è speranza, non c'è gioia che non siano speranza di Dio, gioia di Dio, perché le parole, i pensieri, le proclamazioni Egli le trascende infinitamente, e guarda l'uomo nella sua nudità.
[24.2.1975]
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