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NÉ SU NÉ GIÙ

ovvero

IL DAO IN UFFICIO

Dario Chioli

   

Sommario

Perché parlare di dao?

Esseri fermi

Una buona musica

Esseri malati ed esseri arrabbiati

Tutti i difetti e qualche virtù

Quando entri al mattino

Chi comanda e chi obbedisce

Lo  yin  delle complicazioni

Società rettamente ordinate e no

Lo  yang  fasullo

Comunque uno viva

L’ideale che non c’è

Tipologie

Come affrontare un software che non funziona parte 1

Nei rapporti umani

Come affrontare un software che non funziona parte 2

Strani poteri

Come affrontare un software che non funziona parte 3

Strane debolezze

Molto altro si potrebbe dire

 

PERCHÉ PARLARE DI DAO?

Si potrebbe parlare del mestiere dell’impiegato in tanti modi. Ma qui preferisco considerarlo da un punto di vista taoista perché è forse il più pragmatico che esista.

La parola dao non è altro che l’attuale trascrizione, adottata da un miliardo di cinesi, dell’ideogramma che in precedenza dagli orientalisti veniva trascritto tao. Il suo significato corrisponde più o meno, con grande dilatazione semantica, a quello di “via”.

I cinesi, popolo di mercanti, hanno ben considerato – forse meglio di altri – gli andirivieni della fortuna e i meccanismi che la manifestano.

E non è che, parlando di taoisti, pensi che l’opinione delle altre tradizioni cinesi in genere – parentesi comunista a parte – sia molto diversa. La realtà cinese è sempre stata un tutt’uno, in cui il funzionario era confuciano quando faceva carriera e taoista quando si ritirava, e magari buddista in prossimità della morte.

Non è questo ad ogni modo un trattato di filologia o di storia della Cina.

Bene o male molti hanno sentito termini come yin (il principio passivo) e yang (il principio attivo), e qualcuno anche il termine de (trascritto in precedenza te), che vuol dire “virtù”, in senso assai esteso, non solo morale ma anche potenziale (come il latino virtus).

Ambedue i termini dao e de compaiono per esempio nel titolo del più noto classico taoista, il Daodejing (in passato trascritto Tao te ching), “libro della via e della virtù”.

Per i cinesi tutte le manifestazioni sono armonie o disarmonie di yin e yang. Sapersi gestire alternando yin e yang è detto de.

Di chi così si conduce, può essere detto che si conduce conformemente al dao.

E chi si conduce conformemente al dao viene detto nella tradizione cinese “uomo nobile”.

 

UNA BUONA MUSICA

Se stabiliamo un paragone tra una buona musica e l’agire dell’uomo nobile, allora possiamo vedere che la mano del suonatore corrisponde al dao, l’armonia complessiva al de, le note allo yang, le pause allo yin.

Così anche in un ufficio ciascuno dovrebbe essere conforme al dao, il suo comportamento pertanto nell’insieme dovrebbe essere conforme al de, le sue decisioni e azioni improntate a yang e il suo riposo e le sue attese improntati a yin.

 

TUTTI I DIFETTI E QUALCHE VIRTÙ

Quasi tutti i difetti che qui descrivo sono stati o sono anche miei, e forse – spero – lo è stata o lo è anche qualche virtù.

Descrivo caratteri che è ben difficile trovare perfettamente incarnati in persone determinate. Tutti noi abbiamo infatti molti aspetti, e non è facile ridurre un essere umano a qualche schema psicologico.

È però vero che chiunque, leggendo le mie descrizioni, riconoscerà qualcuno. Se poi riconoscerà addirittura se stesso, spero che non se la prenda.

Creda pure che di nessuna persona che ho conosciuto penso che sia esattamente identica ai caratteri descritti.

Ma se poi infine qualcuno vuol prendersela, a me che importa?

 

CHI COMANDA E CHI OBBEDISCE

In qualunque struttura burocratica, a qualunque livello, c’è chi comanda e chi obbedisce. E secondo la terminologia cinese nel comandare predomina il principio yang, nell’obbedire il principio yin. Per questo quello dell’impiegato ordinario, destinato ad eseguire, è senz’altro un ruolo intriso di yin.

Però nell’obbedire dev’esserci anche yang, che in questo caso consiste nel senso di responsabilità e nella dirittura morale che conseguono al corretto svolgimento del proprio compito.

Questo si chiama “assecondare la volontà del Cielo”.

Ed anche nel comandare, come in ogni forma di yang, dev’esserci yin, che in questo caso è la disponibilità ad accettare che le cose accadano diversamente da come le avevamo programmate.

Questa disponibilità si chiama “accettare la volontà del Cielo”.

 

SOCIETÀ RETTAMENTE ORDINATE E NO

In una società rettamente ordinata chi svolge il proprio compito con correttezza sale nella scala gerarchica, “fa carriera”, mentre in una società scorrettamente ordinata succede spesso il contrario.

Tuttavia nel far carriera c’è anche debolezza, e nel non farla c’è anche forza.

Infatti il successo crea complicazioni e talvolta fa esaurire la spinta ad un’ulteriore ricerca, mentre l’insuccesso può spingere l’uomo nobile a maggior profondità e rettitudine.

Chi aderisce al dao ad ogni modo può vivere indenne entrambe le situazioni. La forza e la debolezza di un uomo non stanno nelle vicissitudini della sua vita, ma nel grado di adesione al dao.

Questo si chiama virtù e potenza, de. Più è forte la virtù, più è forte l’uomo, e viceversa. Perché l’uomo forte è forte perché asseconda quanto è più forte, mentre l’uomo debole vi si contrappone. E non c’è nulla di più forte del dao, per cui chi aderisce pienamente al dao ottiene il massimo del de e pertanto il massimo della forza.

 

COMUNQUE UNO VIVA

Comunque viva, l’uomo nobile può aderire al dao. Lo può dunque anche se lavora in un ufficio.

Svolgere le proprie mansioni correttamente e secondo il proprio ruolo ma senza identificarvisi, questo è per lui nel suo lavoro l’adesione al dao.

Gestire gli eventi contemperando ed alternando correttamente yin e yang, questo è per lui il de.

Decidere, informarsi o agire quando è necessario, questo è il suo yang in accordo con il dao.

Astenersi dall’azione ed attendere indicazioni quando non può sapere che fare, questo è il suo yin in accordo con il dao.

Questo è per lui il modo di “seguire la volontà del Cielo”.

 

TIPOLOGIE

Negli uffici ricorrono frequentemente alcuni tipi umani.

Ci sono l’inerte e la vittima consenziente – yin senza dao.

Ci sono il carrierista e l’arrogante  yang senza dao.

Ma ci sono anche il creativo di successo e l’uomo semplice e corretto – yang conforme al dao.

E ci sono anche il nobile oscurato dalle circostanze e il semplice che sopporta con dignità un avverso destino – yin conforme al dao.

 

NEI RAPPORTI UMANI

Colui nel quale predomina lo yang senza adesione al dao nei rapporti è arrogante coi subordinati e infido coi superiori, e mentre con questi fa mostra di fare più di quanto non faccia, con quelli gode nel mostrare di non far nulla.

Colui nel quale predomina lo yin senza adesione al dao sembra passare la vita come oppresso da un peso, rifugge da ogni coinvolgimento e odia coloro che gli creano lavori inconsueti. Non ascolta affatto gli altri, non gl’importa l’opinione di alcuno e in genere manifesta una resistenza passiva incredibilmente forte. È l’incarnazione della burocrazia più ottusa.

Colui nel quale predomina lo yang conforme al dao in una società rettamente ordinata s’impone per merito evidente, il suo consiglio viene cercato e viene ben considerato. In periodi di oscuramento sociale, spesso ciò non accade, e così la società degenera, proliferandone gli aspetti inutili e faticosi.

Colui nel quale predomina lo yin conforme al dao usa pazienza e mostra grande disponibilità, accetta le sventure senza avvilimento e le utilizza per rendere ancora più nobile la propria natura. La sua profondità lo porta ad incontrare la volontà del Cielo.

 

STRANI POTERI

Ci sono persone che accettano per decenni qualunque avvilimento pur di raggiungere alla fine qualche posto di rilievo. Quando infine lo raggiungono, esercitano un potere dispotico sugli altri.

Com’è chiara la volontà del cielo!

Hanno faticato molto ed è stato loro concesso ciò che tanto bramavano.

Tuttavia, se avessero speso la loro fatica a cercare la saggezza, ora ne mostrerebbero i pacifici segni, mentre così invece mostrano i segni di una spiacevole esaltazione.

Quanto yin e quanto yang spesi per nulla. Quanta pazienza e quanta decisione per fini di infimo rilievo.

Sono difficili da sopportare, ma sono anche una grazia che il Cielo ci manda, un’illustrazione chiara dei rischi che si corrono sottovalutando la rettitudine.

 

STRANE DEBOLEZZE

Ci sono persone che non hanno la capacità di fare carriera e tuttavia si comportano come se potessero riuscirci.

Privi di ogni senso strategico, sono veramente patetici. Una decisione ferrea in un mare di incomprensione.

Il dao li perde, il de li smarrisce. Yin e yang ne sono costante sventura. Le giravolte del destino costituiscono per loro un labirinto indecifrabile.

Non vogliono né sanno farsi amare, riescono solo a rendersi ridicoli ed a farsi odiare.

Talvolta, al vederli, pare quasi che la volontà del cielo sia crudele.

 

ESSERI FERMI

Incontri spesso negli uffici persone che non sanno vederti. Per loro non sei nessuno, solo una fatica di cui farebbero a meno, un impedimento al loro sonno.

Esseri che non vedono, sopraffatti da yin.

Esseri quasi morti, quasi del tutto oscurati, che non sapranno mai dirti alcunché di nuovo, di vero.

Se li interroghi ti diranno che la vita vera per loro è altrove, è la famiglia, la casa, sono gli hobby, o qualcos’altro. Ma non è così.

La loro famiglia, le loro occupazioni fuori del lavoro manifestano la stessa stanchezza.

 

ESSERI MALATI ED ESSERI ARRABBIATI

Quando yang viene utilizzato per accrescere yin si ha il malato globale, quello che ne ha sempre una, a cui appartengono tutte le malattie. Costui è assai attivo nel far crescere in sé i segni fluidi del malessere.

Quando yin viene utilizzato per accrescere yang si ha l’arrabbiato perenne, quello a cui ogni cosa suona come un’ingiustizia, che per tutto si adira. Costui è assai passivo, s’è dato in offerta al demone dell’iracondia e non vi resiste più affatto.

Dentro e fuori sono tutt’uno.

Per uno strano gioco quel che pare più attivo lo è spesso di meno, e quel che pare meno attivo, lo è spesso di più.

L’iracondo è in realtà un pigro, mentre l’ipocondriaco è un iperattivo. Nessuno dei due comunque ci guadagna.

 

QUANDO ENTRI AL MATTINO

Quando entri al mattino in ufficio, che fai?

Saluti convenzionalmente?

Saluti calorosamente?

Non saluti? Magari neppure rispondi al saluto?

Saluti qualcuno e non qualcun altro? O qualcuno freddamente e altri con calore?

La maggior parte della gente cambia di registro a seconda di come si prospetta la giornata. Mi sono svegliato male? saluto bofonchiando. Bene? saluto sorridendo.

Questo significa predominanza di yin. Lo yang dorme, lo yang starebbe nel salutare calorosamente coloro che ami, convenzionalmente o freddamente coloro che detesti. Meglio ancora sarebbe però non detestare alcuno, decifrando nei segni del tuo malessere verso l’altro i segni del malessere suo. Questo sarebbe davvero conformarsi al dao, che è con spontaneità verso tutti aperto ed imparziale.

 

LO YIN DELLE COMPLICAZIONI

In un ufficio, lo yin non conforme al dao assume spesso i tratti di una durissima “resistenza passiva”.

Sei in un ufficio aperto al pubblico ed arriva un estraneo che ti chiede qualcosa?

Ti fa lavorare e non ne hai nessuna voglia.

Tutta la vita dormi e non sai che l’altro esista fuori dei tuoi sogni.

Mormori una risposta. Se la cosa è troppo complessa, abbrevi, così l’altro capisce solo un quarto. Se insiste, cominci ad irritarti. Sei troppo importante tu, per perdere tempo con un estraneo qualsiasi. Se chiede spiegazioni troppo specifiche, tutto comincia a complicarsi, manca questo, manca quello, saprai domani, domani l’altro, chissà.

Vuole un documento? Minimo una settimana, e devi vedere cosa si può fare, anche se l’hai già fatto mille volte.

Se poi, vivaddio, ti chiede qualcosa non strettamente di tua competenza, allora la tua indignazione non ha più limiti. Ma come? Che ne sai tu! Chieda nell’altro ufficio o dove diavolo vuole!

Capita anche che arrivi quello non proprio sveglio, allora – secondo l’umore della giornata – lo sbrighi con quattro parole sufficienti  a farlo andare via senza aver capito nulla, o lo utilizzi per sentirti importante, dandogli prolissi consigli inutili, inviandolo con ferma cortesia ad uffici dove peraltro sai già che non caverà un ragno dal buco.

Ma sarai sembrato cortese e avrai l’impressione di essere molto furbo.

L’inconveniente è che tali atteggiamenti offuscano la percezione del dao. Quindi in ultima analisi risulti molto più stupido di quello che hai danneggiato.

 

LO  YANG  FASULLO

C’è uno yang particolarmente ingannevole, quello di chi corre dappertutto a vanvera.

Invece di pensare, corre.

Così sbaglia le cose sei volte, e deve farle sette volte.

Se non sembra stupido, pare molto solerte.

Se qualcuno ha bisogno di qualcosa da lui, deve fare molta attenzione a non ricevere la cosa sbagliata,  e che sia fatta bene.

Questa è una sorta di yang della paura, uno yang indotto dall’insicurezza. Agisce il demone della paura, non l’impiegato.

Una paura infantile, densa ma imprecisabile.

Tratti di questo tipo appartengono un po’ a tutti, ma in qualcuno predominano oltre il limite di guardia.

Anche questo modo d’essere offusca la percezione del dao.

Il dao deve essere indagato con consapevole attenzione.

Ma il dao non può essere trovato.

Dove correrai e dove ti fermerai nella ricerca di quello che non si trova?

 

L’IDEALE CHE NON C’È

L’ideale in un ufficio sarebbe che girasse tutto per il verso diritto, che le persone fossero reciprocamente calorose, le procedure chiare, i software ottimizzati.

Te lo scordi.

E allora come sopportare le faide intestine, le giravolte cartacee superflue e i software che ti danneggiano invece che esserti utili?

Bisogna proprio essere taoisti per sopportare questa forma diabolica dello yang che ti disturba, col fine di indurre in te uno yin indigesto che si chiama “depressione”.

Questo diavolo mette comunque in rilievo tutte le tue debolezze, in un certo senso puoi essergli grato.

Per l’uomo nobile, tutto serve.

E capita anche di constatare che quando riesci a sintonizzarti sul dao, i problemi diminuiscono, addirittura spariscono, a volte dai fatti, spesso dalla tua percezione.

In fondo, d’impiegare per un lavoro cinque minuti o cinquanta per via di una procedura che non funziona, se va bene a coloro che ti pagano, una volta che glielo hai detto che t’importa?

E dei dispetti reciproci tra colleghi, così puerili, così prevedibili, che t’importa?

Càpita persino di riderne.

 

COME AFFRONTARE UN SOFTWARE CHE NON FUNZIONA PARTE 1

Il programma che funziona male è sempre scelto da qualcuno che non lo usa o che lo usa per cose diverse da quelle che fai tu, pertanto bisogna neutralizzarne gli effetti negativi.

Sono possibili diverse reazioni, dal puro mugugno alla ricerca di un rimedio.

Chi è un po’ sveglio riesce talvolta a ridurre il danno mediante altri programmi, chi non lo è sente di meno il problema perché tanto non saprebbe usare bene niente.

Dando per scontato che hardware e software sono di per sé assolutamente yin, ovvero dei puri esecutori, chi li usa dovrebbe porsi in una disposizione yang per capire come funzionano. Una volta che computer e programma sono in azione, manifestando attraverso il proprio yin lo yang del costruttore e del programmatore, bisognerebbe essere un po’ yin (leggi: pazienti) per non interferire troppo, ad esempio premendo venti volte i tasti per accelerare un programma che in tal modo non s’accelererà affatto.

Infatti: è quasi sicuro che chi troppo preme sui tasti, inchioderà il computer. Un eccesso di yang determinerà così, come è logico, una conseguenza del tutto irritantemente yin: la necessità di spegnere e riavviare il computer con una sosta – yin – in genere di vari minuti. Lo yin è come l’acqua: “gutta cavat lapidem”. Allo stesso modo la staticità del computer avrà sempre la meglio sul tuo eccesso yang di irritata fretta.

Sembra da ridere, ma è quasi matematico.

 

COME AFFRONTARE UN SOFTWARE CHE NON FUNZIONA PARTE 2

In casi estremi, un sistema per sopravvivere è andare a farsi un giro. In genere lo yin della pausa, disperdendo lo yang della tua irritazione, permetterà allo yang del tuo raziocinio di  trovare una soluzione più o meno buona.

Un altro sistema è il martello sul computer, ma potrebbe costarti il licenziamento: troppo yang verrebbe immediatamente soffocato dallo yin della consuetudine e del risentimento per la perdita economica da parte dei tuoi datori di lavoro.

Un terzo sistema è provare a convincere – yang – i tuoi datori di lavoro a cambiare programma, ma in questi casi scoprirai quasi sempre che per i tuoi colleghi, interpellati, non c’è alcun problema. Beninteso, fino a ieri mugugnavano anche più di te. Ora, se i tuoi datori di lavoro sono attenti, analizzeranno comunque la questione, ma nella maggior parte dei casi penseranno che è una tua fissazione. In tal caso, da vero taoista, dovrai ritirarti – yin – di fronte alle avverse circostanze, sperando che a un certo punto il problema si faccia evidente anche per loro.

 

COME AFFRONTARE UN SOFTWARE CHE NON FUNZIONA PARTE 3

Se il problema non si evidenzia mai, prova anche a fare un po’ di autocritica, chissà che non scopri di essere un po’ scemo.

Se non giungi a questa abominevole conclusione fin troppo yin, hai comunque un’ultima speranza: che oggi non c’è software  che duri più di sei o sette anni. Prima o poi dunque te lo cambieranno (eccesso yin – l’inservibilità del software – che origina lo yang della decisione di cambiarlo).

Se non te lo cambiano, sei l’eccezione che conferma la regola…

 

MOLTO ALTRO SI POTREBBE DIRE

Innumerevoli altre considerazioni si potrebbero naturalmente sviluppare, ma per adesso quelle svolte basteranno. Lo schema è abbastanza chiaro: dove ti squilibri, la “colpa” è fondamentalmente tua.

È tua perché dimentichi il dao.

È tua perché sostituisci al dao dei miserabili personaggi interiori costituiti di debolezza, creati dal prevalere eccessivo di yin o di yang..

Peraltro è chiaro che il dao non può essere abbandonato affatto.

Il tuo oblio del dao è infatti esso stesso una manifestazione del dao.

Tutto sta a vedere se desideri essere sapiente o saputo.

Perché chi è conforme al dao non può essere indagato, mentre chi non gli è conforme può essere addirittura manipolato.

Il nobile conforme al dao infatti non può essere davvero riconosciuto se non dai suoi pari e neppure può essere veramente manipolato, anche se qualcuno può averne l'erronea impressione, mentre la persona non conforme al dao può essere classificata in base al suo demone e manipolata da chi ne faccia uno studio sufficientemente approfondito.

È bensì vero che anche i manipolatori sono manipolabili da altri manipolatori di loro più esperti, mentre ognuno di essi è manipolato dal dao, la cui astuzia è senza pari.

Quanto alla persona nobile conforme al dao, essa non manipola deliberatamente nessuno. È il dao stesso che trae in inganno – anche per quanto la riguarda – quanto è difforme da esso.

Ma chi è conforme al dao, invero, con occhio pacificamente ironico e profonda compassione verso se stesso e verso gli altri, in ogni ambito e circostanza della vita contemperando nel de lo yin e lo yang, vede i propri e altrui limiti ed è conscio che ogni sentiero confluisce, che si voglia o no, nella grande via del dao.

E questa grande via del dao è una via di pace, che è auspicabile percorrere consapevolmente.

   

[2001-2002]

   

   

 

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