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Dario Chioli

CONSIDERAZIONI SULLE «NOTERELLE» DI KLINGSOR

  

  

Ho pubblicato le Noterelle su «L'Arcano degli Arcani» di Giuseppe Maddalena Capiferro e Cristian Guzzo di Klingsor per varie ragioni. In primo luogo, l'autore è mio amico, e ne conosco la serietà d'intenti e l'assoluta buona fede. In secondo luogo recensisce un libro che porta un po' di luce sulla Schola Italica – quella a cui avrebbero appartenuto il principe di Sansevero, Cagliostro e più recentemente Giuliano Kremmerz – e la sua recensione contribuisce a portarne ancora di più. 

Tuttavia dissento da lui su alcuni punti particolari, per me troppo importanti per tralasciarli.

Il primo di questi è la valutazione assai negativa che dà di Guénon. Ora, se è vero che molte persone che a René Guénon si ispirano hanno spesso dato un pessimo esempio di fondamentalismo ideologico, tuttavia non si può a mio avviso rendere di tale vizio colpevole Guénon stesso, la cui opera perdura come impressionante monumento di una rielaborazione lucida, mai scontata, del sapere simbolico. 

Quando Klingsor ipotizza provocatoriamente che «la vera controiniziazione nasca con René Guénon», io semplicemente m'inquieto. Mi pare credibile che il  termine controiniziazione sia stato coniato da Guénon, ma ciò non significa che esso non identifichi qualcosa (Ahriman, Avidyâ, Iblîs, Satana) che in realtà si mantiene dall'origine del tempo stesso. È ben vero che questo qualcosa cerca da sempre di utilizzare a proprio nutrimento le eredità sapienziali, ma perciò appunto è necessario distinguere bene queste ultime, fondandosi su un metodo indiziario polivalente che deve illuminarsi con la luce dell'intelletto spirituale (il discernimento degli spiriti). Solo in tal modo questo qualcosa può anche essere utilizzato profittevolmente.

Guénon aveva sicuramente, come tutti, difetti caratteriali e manie ideologiche, e forse una punta di pretensione eccessiva quando asseriva di non avere mai cambiato idea, dato che la cambiò perlomeno sul buddhismo e nell'affaire dei Polari. Io non intendo santificarlo, ma neppure prenderlo alla leggera. Ha troppo influenzato il mio metodo d'indagine perché possa trascurarlo.

Secondo elemento di disaccordo è il modo in cui Klingsor cita Gurdjieff. Questi si esprimeva spesso in modi lapidari e paradossali, e certamente può aver detto che la morale è suggestione, ma allora bisogna che si comprenda bene che si sta parlando della morale coattiva ordinaria, a cui deve sostituirsi una morale costituita sulla base dell'esperienza e della comprensione. Questo dal testo di Klingsor non mi pare emergere.

Terzo elemento di disaccordo è la valutazione della tradizione cristiana. Egli sostanzialmente condivide l'antipatia per il cristianesimo degli ambienti neopagani o neopitagorici moderni, che sentono il cristianesimo come qualcosa di energeticamente depauperato e depauperante, che avrebbe usurpato l'antico sapere, sostituendovisi oppressivamente.

Il discorso storico sarebbe lungo e complesso, e non porterebbe nessuno a cambiare idea. 

Tuttavia una cosa mi pare chiara: la continua necessità di "porsi contro" manifestata da molte di queste scuole è indice del fatto che non avevano molto di meglio da fare. Nella fatica che compivano per risuscitare di tra i morti le vecchie tradizioni dell'antichità, cercavano di sostenersi emotivamente prima con la rivolta contro la Chiesa e contro lo stato pontificio o borbonico (molti aderenti dell'epoca giocarono infatti a favore della causa dei Savoia) e poi magari con il fanatismo totalitario fascista (Del Guercio) o, viceversa, con un ritrarsi sdegnoso dalle cose del mondo (Caetani, Ottaviano).

Tutto ciò però non ha niente di esoterico, e molto invece di profano.

   

[26/11/2005]

   

   

 

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