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CHE FAI QUI, ELIA?
Dario Chioli
Elia, dopo avere ucciso scannandoli sotto gli occhi del re 'Achàv i profeti di Bà`al, minacciato di morte da 'Izèvel (Gezabele) moglie del re, fugge e giunge dopo quaranta giorni e quaranta notti al Monte di Dio, il Chorév.
Ivi entrò in una caverna per passarvi la notte, quand'ecco il Signore gli disse: "Che fai qui, Elia?". Egli rispose: "Sono pieno di zelo per il Signore degli eserciti, poiché gli Israeliti hanno abbandonato la tua alleanza, hanno demolito i tuoi altari, hanno ucciso di spada i tuoi profeti. Sono rimasto solo ed essi tentano di togliermi la vita". Gli fu detto: "Esci e fermati sul monte alla presenza del Signore" (1 Re, 19, 9-11).
Nella Bibbia Bà`al si contrappone al Dio unico, è pertanto il simbolo della disgregazione, il contrario dell'unificazione interiore. Scannarne i profeti significa rigettare le identificazioni erronee, porre Dio, la verità, la sincerità al di sopra di tutto. Così facendo si scatena la collera di 'Izèvel. 'Achàv, il Re della nostra mente, l'io di superficie, è stato vinto; ma non è ancora vinta del tutto 'Izèvel, l'io collettivo, la regina dei profeti di Ba`al, che ha saldi domini nella nostra natura inconscia, nelle eredità della nostra psiche e nei nostri automatismi, che uccide le luci interiori, i profeti del Dio unico.
Quale la strada per vincerla? L'esodo dalla schiavitù (quaranta giorni e quaranta notti di sofferenza e preparazione) verso il Chorév, l'Arido, il Monte santo, per ivi rifugiarsi nel vuoto della caverna, nel vuoto interiore, e poterne infine uscire alla presenza del Signore che dal vuoto crea il mondo. E che succede così facendo?
Ecco, il Signore passò. Ci fu un vento impetuoso e gagliardo da spaccare i monti e spezzare le rocce davanti al Signore, ma il Signore non era nel vento. Dopo il vento ci fu un terremoto, ma il Signore non era nel terremoto. Dopo il terremoto ci fu un fuoco, ma il Signore non era nel fuoco. Dopo il fuoco ci fu il mormorio di un vento leggero. Come l'udì, Elia si coprì il volto con il mantello, uscì e si fermò all'ingresso della caverna. Ed ecco, sentì una voce che gli diceva: "Che fai qui, Elia?" (1 Re, 19, 11-13).
Si esce alla presenza del Signore. Che significa? Ci si è accorti che tutti i nostri fini sono vuoti, sono maschere di Gezabele. Con questo vuoto ci si volge alla Sorgente del mondo chiedendo: Scorri per questo vuoto.
E allora sorgono le potenze dell'errore, manifestando pensieri ed emozioni turbinose: le loro energie sono un vento impetuoso, perché risucchiato e travolto dal vuoto con cui ci presentiamo di fronte alla Presenza di Dio.
Allora sorge l'illusione che l'essere venga distrutto, il sommovimento della terra del nostro essere operato dalla fine dell'identificazione con le potenze di 'Izèvel che governavano i nostri sensi, l'impressione perciò di essere ciechi ed insensibili: ma anche tutto questo è risucchiato e travolto in questo vuoto con cui ci protendiamo verso la Presenza di Dio.
E allora si svela la natura stessa delle potenze di 'Izèvel, che è un fuoco che non ha più nulla da bruciare: e anche questo il nostro vuoto travolge e risucchia.
Ed ecco allora, fuori delle scorze del caos e del rumore di fondo, la brezza leggera della creazione, radice del fuoco, del terremoto, del vento; un lieve soffio, che crea il mondo dal vuoto, anche dal nostro vuoto, e Qualcuno vi chiede: Che fai qui? Ecco tu esisti, sei uscito dal dramma: attore, hai deposto le maschere e sei divenuto uomo. Che fai qui? Sei presente perché sei colmo della Presenza divina: qual è il tuo fine, qual è il Nostro fine?
[28.I.1996]
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