STRANA STORIA DI POLLI ED ELEFANTI
per cui si passa in un'oscura foresta
Dario Chioli
per M. E.
S'incontrarono una volta alcuni strani personaggi.
Uno era un gallinaceo veritiero, un altro un gatto intellettuale, sostenitore della virtù dei polli, e il terzo un'elefantessa ammirabile ma pazza, e convinta per questo d'essere un piccolo pollo.
Il gallinaceo verace era, come tale, ardente sostenitore del proprio modello sociale. Che poi qualcuno mai dovesse sgozzarlo o strozzarlo era cosa che ovviamente non lo riguardava.
Il gatto gallinologo, a sua volta, per sé non aveva scelto di vivere in una stia, ma avendo tempo da perdere, e in ragione della sua assuefazione ai polli (abitava tra di essi e non ne mangiava mai nessuno), non era restio a pollificarsi di tanto in tanto, e a sostener pertanto le ragioni del gallo.
L'elefantessa, a sua volta, nella sua disgrazia e follia, credendosi una gallina, s'ostinava a pensare come se fosse tale, nonostante che di tanto in tanto le capitasse di accoppar per caso con un pestone qualcuno dei suoi presunti, così assurdamente presunti, simili. Ma neppure ciò le mostrava la luce della sua natura, e così essa andava lamentandosi che la universale giustizia non le fornisse una stia.
La sua essenza, però, di tanto in tanto emergeva, sicché un dì la vide un animale che non nomineremo se non come il Cercaguai, il quale ficcandosi nel suo bestiale capo, per un acceso senso estetico, che fosse uno sconcio che gli elefanti si tenessero per polli, volle perciò cercare di sconvincere l'elefantessa dalla sua aberrazione.
Sennonché ella venne ad avere nei suoi confronti uno straordinario atteggiamento. La luce della sua natura, cioè, conoscendolo per un proprio simile, in quanto fomentatore della sua verità, se ne sentì attratta a seguirlo; ma la sua ragione di tutti i dì, assuefatta alle pollerie, vide e descrisse da pollo pure il Cercaguai.
In quest'oscena testardaggine era ovviamente coadiuvata, tra gli altri, dai due succitati personaggi pollificatori che, ritenendola, nonostante l'evidenza, un vero pollo, ne avevano una ingiustificata pietà, tenendo la ovvia mancanza di un pollaio che la imprigionasse per una grande sventura.
Il Cercaguai tuttavia un dì ebbe tant'uggia di questi intralciatori della vera natura che giocò loro uno scherzo.
Ovverosia con incanti e leggendarie parole condusse l'elefantessa in una cupa foresta, piena di insidie e fantasmi, in modo tale che chi la dovesse seguire, lo potesse se era un elefante, ma s'era un pollo fosse inghiottito, dopo pochi passi, da un qualunque serpentello o altra insidia.
Tutto andò infatti come aveva previsto: l'elefantessa si trovò a suo grande agio, ma il gallinaceo, per istinto di conservazione, nella foresta non entrò affatto, e preferì la stia. Quanto al gatto pollologo, colse piuttosto l'occasione per formulare una novella teoria circa la virtù sociale delle razze nate da uovo.
In tal modo nessuno seguì l'elefantessa, gli altri piuttosto la scordarono, e per essi non esistette più perché, non più gallina, si scordò la sua follia e così morì all'universo dei pollai.
Ed essa prese a danzare e a sradicare tronchi come fuscelli, e a carezzare, per la gioia della sua propria natura, le cime degli alberi e il cielo tra di esse.
[12.I.1984]
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