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NARCISSO

Dario Chioli

 

AMICO. Donde vieni, Narcisso?

NARCISSO. Sono appena riuscito a scamparla da Eco. Ho visto che mi aspettava dove passo di solito e allora ho cambiato strada.

AMICO. E perché mai hai cambiato strada? S'io fossi al tuo posto, farei ben altro in verità. Che razza d'uomo sei dunque?

NARCISSO. Eco è bella, non lo nego. Quando nasce l'alba, i suoi capelli ne rilucono come mille soli. Al tramonto, tutto il rosso del mondo vi intreccia danze ove l'occhio non potrebbe stancarsi di vagare. Tutto il suo corpo è senza difetto, è intelligente, ma ecco, non significa nulla per me. Essa non si accorge dei suoi capelli, non si accorge del suo corpo, della sua perfezione; come posso dunque occuparmene io? Io la vedo sempre timorosa di spiacere, ed ecco, perciò non l'amo, perché non ama abbastanza se stessa. Non è che una ninfa: è la certezza della dea che le manca. Afrodite non è sazia mai di compiacersi di se stessa, ed evidenzia così tutti i suoi pregi. Di lei potrei innamorarmi, ma essa non ha bisogno di me. Eco invece ha bisogno di me, e mi spiace, ma perciò non posso amarla. Se sapesse della sua bellezza, allora sarebbe davvero bella; se sapesse della sua intelligenza, allora sarebbe davvero intelligente. Ma non sa, e vorrebbe fermarmi a viva forza, e si scioglie in lacrime e si muove scompostamente. Se stesse ferma e calma, sicura, allora sì mi piacerebbe, ma le sue movenze sono incerte, malsicure. Io con me medesimo sto benissimo: non voglio che mi asfissino con troppe pretese. Un altro Narcisso potrei sopportarlo, forse amarlo, ma pare che non esista. Dunque che non venga Eco a seccarmi, se non si decide a cambiare.

AMICO. E la sua amica, quell'altra ninfa che spasima per te?

NARCISSO. È lo stesso, un poco più sanguigna forse, ma anche lei troppo inconsapevole per Narcisso. Tu capisci, vero? La solitudine è un dio che ha i suoi fedeli e i suoi miscredenti: son mai andati d'accordo fedeli e miscredenti? Dovrei forse mettermi a far da missionario? No, la solitudine non si può dare, come non si può dare Narcisso. Le idee si possono dare, i sentimenti comuni, non la solitudine. Nella torre dove sto io Eco non c'è: sta in basso, e i venti che spirano tra i miei merli non possono dirle nulla. Non sa quello che sa Narcisso: come può dunque parlarle Narcisso?

AMICO. E vuoi restare solo tutta la vita?

NARCISSO. Voglio e non voglio, chi sa? Non è questione di volere, semplicemente non vedo nulla che io possa volere. È questione di vedere, per l'appunto: vedere, non volere. Eco vede me e mi vuole. Mi vede nei boschi, ma io sono sulla torre, e di lì non vedo nessuna, né lei né la sua amica.

SOPRAGGIUNGE L'AMICA DI ECO, GRIDANDO E PIANGENDO. Eco! Eco! O maledetto Narcisso! Possa l'inferno tenebroso avvolgerti per sempre senza più attendere un'ora! Possa la morte ridere di te e del tuo bel corpo e della tua presunzione! Che le Mènadi ti strappino, Diòniso ti beva il vino dalle vene, il sommo Cronos faccia con te come fece con suo padre Urano, e tu non possa più amare in nessun modo, e t'innamori mille volte e mille volte tu sii deriso e fuggito, e possa tu infine abbandonare la tua vita giù dallo scoglio dove si spezzò la vita di Eco!

AMICO. Ma cosa vai cianciando, così stravolta? E perché simili maledizioni? Poco manca tu non faccia sprofondare il mondo negli abissi! Calmati dunque, ché pare ti dilacerino le Furie.

AMICA DI ECO. E ben è così, e come potrebbe essere altrimenti in chi vide la splendida bellezza di Eco cercare e trovare sollievo nella morte con volo così ampio da contenere i mondi? In uno spazio misero la giovinezza si sbalzò nella morte, precedendo la vecchiaia, e tu vuoi che sia calma? O imbecille, prendi piuttosto un forcone e infila con mille denti questa bellezza blasfema di Narcisso!

NARCISSO. Eco s'è uccisa?

AMICA DI ECO. Giovane putrido nell'anima, non pronunciare il suo nome, tu che lasceresti morire l'intero genere umano per la tua presunzione e la tua stolidità. Sì, si è uccisa, affranta per non poterti avere, persuasa che non bastasse la sua bellezza, la sua graziosa intelligenza, poiché ignorava ancora la tua incapacità di provare sensazioni che somiglino a quelle d'un uomo.

NARCISSO. Vedi, amico, che essa non era in grado di conoscere se stessa, e di vedere abbastanza da non rendermi cieco, se a lei mi fossi dato.

AMICO. Sei pazzo, Narcisso, pazzo, non altro. Non ti muove a compassione la sua sorte?

NARCISSO. Sì certo, ma ancor più è lo stupore che abbia potuto giungere a tanto. Me ne andrò a mirare me stesso nel fiume, per capire ciò che l'ha mossa.

AMICA DI ECO, MENTRE NARCISSO SI ALLONTANA. Narcisso, incorreggibile idiota, possa la Nèmesi abbattersi su di te e tu morire come si conviene alla tua follia!

NARCISSO VA AL FIUME, VI SI SPECCHIA, SI OSSERVA A LUNGO E POI ECCO S'INCURVA AMMALIATO. La mia stessa ombra, la mia immagine mi sono compagne: chi più ricco di me? E non è forse un altro mio pari, costui? Tale, Eco, dovevi essere, come questo impassibile giovane d'acqua. Ora lo seguirò ed egli mi condurrà in elisii di certezze.

NARCISSO LENTAMENTE SI SPORGE SUL VELO DELL'ACQUA, SI CURVA, BACIA L'ACQUA, SI PROTENDE IN UN ABBRACCIO LANGUIDISSIMO E CADE SENZA SPRUZZI NEL FIUME.

 

[8.IV.1976]

 

 

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