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LA CANTINA DI GIOVAMPIETRO

Dario Chioli

 

Giovampietro era il fabbro d'un piccolo paese. Non c'era molta gente a cui servisse il fabbro, in quel paese, ma lui se la cavava egualmente perché era l'unico fabbro e non aveva molte pretese. Aveva sempre fatto il fabbro ed avrebbe continuato a farlo fino alla morte, e tutti i suoi compaesani, se pensavano ad un fabbro, pensavano a Giovampietro, e tutte le mattine, passando davanti a casa sua, lo salutavano: Salve Giovampietro! Buondì Giovampietro! E Giovampietro era soddisfatto.

Poi venne in paese un altro fabbro che si chiamava Giovampietro, stabilì la sua casa a fianco di quella di Giovampietro ed iniziò a rubare i clienti a Giovampietro. Siccome era più veloce, il nuovo arrivato usciva ad accogliere i clienti prima del vecchio Giovampietro, e siccome aveva la stessa faccia gli stessi modi gli stessi lineamenti di Giovampietro, nessuno si accorgeva che Giovampietro non era Giovampietro. Giovampietro, dal canto suo, essendo sempre stato l'unico fabbro, era poco preparato alla concorrenza: si era sempre mosso con calma, senza eccitazione, con metodo e senza correre, e non poteva rinunziare d'un tratto alle proprie abitudini. Però restava senza clienti e di ciò era profondamente seccato. Quindi, poiché quello era un paese di gente pratica, prese una mazza, andò da Giovampietro, gli spaccò la testa, lo gettò in cantina e chiuse la botola. Poi ruppe la parete divisoria tra le due case, ne fece una sola e tutti videro che Giovampietro aveva ingrandito la propria casa. E Giovampietro era soddisfatto, era di nuovo l'unico fabbro ed alla mattina c'era di nuovo un solo Giovampietro ad essere salutato.

Poi però, siccome in precedenza Giovampietro non aveva mai fatto male neppure a una mosca, fu preso da qualche rimorso e pensò di andare a prendere Giovampietro per dargli se non altro una sepoltura meno disonorevole. Tirò dunque su la botola, entrò in cantina, ma Giovampietro non c'era. Rimase a lungo perplesso, poi, siccome era un uomo semplice, decise di non darvi peso e fece per tornare su. Ma la botola si era richiusa e Giovampietro non poté più uscire. Si lamentò, gridò, si disperò, languì, ma non riuscì a fare a meno di morire.

Dopo un po' di tempo la gente del paese cominciò a chiedersi dove fosse finito Giovampietro. Fecero molte congetture ed alla fine decisero di cercarlo. Lo cercarono dappertutto senza trovarlo, poi uno aprì per caso la botola e lo vide là sotto morto. Allora chiamò gli altri, e tutti andarono nella casa di Giovampietro, aprirono la botola, e Giovampietro non c'era. Incuriositi, entrarono nella cantina, che era così inaspettatamente larga che finì per entrarci tutto il paese. Cercarono in tutti i cunicoli, in tutti i più riposti pertugi, ma non trovarono Giovampietro. Allora vollero tornare su, ma la botola era chiusa. Al principio ci scherzarono su, perché cosa poteva farci una botola contro tutto il paese? Fatto sta però che la botola restò chiusa ed intatta contro tutte le previsioni.

Dopo un po' di tempo gli abitanti dei paesi vicini iniziarono ad accorgersi che il paese di Giovampietro non aveva più abitanti e, naturalmente incuriositi, incominciarono a cercarli in ogni luogo. Poi, siccome non li trovavano, pensarono bene di saccheggiare il paese, proponendosi, è sottinteso, di rendere tutto se il paese fosse tornato qual era. Fu in questo frangente che un tale aprì la cantina di Giovampietro, e ne sentì venire una puzza nauseante. Vi guardò, e vi vide tutto il paese imputridito. Allora, agitatissimo, avvertì gli altri, e tutti corsero a vedere la cantina di Giovampietro. Ma nella cantina di Giovampietro non c'era nessuno. Allora tutte quelle decine di paesi entrarono nella cantina di Giovampietro, che era così larga che non se ne vedevano le pareti, la esplorarono per bene ma, siccome non c'era proprio niente, si accinsero a tornar fuori. Ma la botola era e rimase chiusa.

Dopo un po' - neanche tanto - ci si cominciò a preoccupare che una intera mezza provincia non desse più segni di vita, ed allora gli abitanti delle province vicine vennero a vedere, e quando infine si sparse la voce che nella cantina di Giovampietro c'erano tutti i paesi scomparsi, sia pure un po' troppo simili a necropoli, a dire il vero, tutti accorsero. Ma naturalmente non c'era nessuno. E tutti coraggiosamente entrarono. E non uscirono.

Sparita l'intera regione, fu la volta dello stato di preoccuparsi, e tutto lo stato, presidente e ministri in testa, corsero a vedere se ci fosse qualcosa di cui profittare, e tutti vennero alla cantina di Giovampietro e tutti vi entrarono, perché a questo punto la cantina di Giovampietro si rivelava insospettabilmente spaziosa. Naturalmente nessuno uscì.

Sparito uno stato, è facile capire che gli altri stati, per nulla infelici, invasero il suo territorio ma, sia per curiosità sia per cautelarsi da eventuali ulteriori sparizioni che li riguardassero troppo da vicino, vollero cercare la causa di quell'evento prodigioso, e dopo un po' tutti vennero alla cantina di Giovampietro e tutti ordinatamente vi entrarono, chiedendosi se forse non ci fosse dell'oro o del petrolio o chissà che. Ma la cantina di Giovampietro era sorprendentemente larga e spoglia, e la sua botola eccezionalmente robusta, tanto che neppure un ministro seppe uscire. Per un poco la gente fu felice di vedere impauriti i potenti, e ne rise tanto come non aveva mai riso, anche perché i potenti, tanta era la loro paura che si dimenticarono persino di usare le galere e le forche. Però a un certo punto anche la gente comune incominciò a preoccuparsi, dopo che neanche i razzi più moderni erano riusciti a sfondare la botola della cantina di Giovampietro. Ad ogni modo, la botola rimase chiusa.

Vedendo che tutti gli stati e gli uomini erano svaniti nel nulla, le bestie si trovarono privi di attori che interpretassero il ruolo dell'imbecille e, preoccupate di quella disonorevole situazione, si misero a cercare gli uomini. Non fu certo una ricerca facile ma, finalmente, il lezzo di carnaio che emanava dalla cantina di Giovampietro attirò uno sciacallo. Questi chiamò a raccolta il reame delle bestie e tutti entrarono nella cantina di Giovampietro. Naturalmente non c'era nessuno, e allo sciacallo si torsero doppiamente le viscere, sia per la delusione sia perché la botola era inesorabilmente chiusa.

Le piante, a loro volta, pur con la pazienza che è loro caratteristica, si trovarono a dover affrontare il problema della sovrappopolazione e perciò, stanche di lotte fratricide, si unirono a consiglio e, fornendosi per l'occasione di qualche piede, andarono in cerca delle bestie, entrarono nella cantina di Giovampietro, e vi rimasero pur senza averne alcun desiderio.

A questo punto la Terra cosiddetta inanimata si sentì decisamente troppo spoglia e disanimata, e decise di cercare i suoi antichi abitanti. Lasciò dunque il suo posto in custodia al Mare e se ne entrò nella enorme cantina di Giovampietro.

Dopo un po' di secoli, il Mare cominciò a sbuffare più del solito per la noia e la solitudine. Lasciò dunque il suo posto in custodia al Cielo ed entrò anche lui in quella poco normale e poco equa cantina di Giovampietro.

Dopo un po' di bilioni di anni, il Sole cominciò a faticare per tenere insieme il suo sistema senza la Terra, con la Luna che pareva impazzita per non avere più che due movimenti da compiere. Portandosi dietro il suo codazzo di pianeti satelliti e pianetini, entrò dunque anche lui nella cantina di Giovampietro. Non trovandovi né la Terra né il Mare fece per uscire ma, nonostante le sue furie di monarca contrariato, la botola della cantina di Giovampietro restò chiusa.

La Via Lattea, a questo punto, si accorse che qualcosa di anormale stava accadendo e, nonostante l'indifferenza che la caratterizzava, smise per un istante di scorrere dalle poppe della Mucca Celeste, fermandosi incuriosita. Guardò guardò ed alla fine vide la botola, la aprì, vi entrò e vi rimase.

Inorriditi, la Mucca Celeste ed i Vitelli Celesti, che oltretutto iniziavano ad aver fame, furono costretti a mettersi alla ricerca di quel nutrimento galattico così inaspettatamente sparito. Videro la botola e vi entrarono. Conseguentemente vi entrarono tutte le mandre celesti che, come si sa, sono piuttosto conformiste. Fatto è che la botola della cantina di Giovampietro vide scorrere il più curioso corteo che mai occhio di botola abbia visto.

In cielo, alla fine, rimase solo Messer Universo, con l'anima un poco vuota, a dire il vero. Per consolarsi, si mise a giocare a palla con la cantina di Giovampietro, poi vi ficcò la testa e, non riuscendo a tirarla fuori, vi entrò del tutto. La botola si richiuse e si addormentò, perché non c'era più niente che potesse entrare. Naturalmente Messer Universo non trovò nessuno nella cantina di Giovampietro e fu costretto a rimanervi finché non si ammalò e morì per la noia.

A questo punto Giovampietro tornò e, usando la mazza con cui Giovampietro gli aveva spaccato la testa, si mise a suonare il tamburo con la cantina di Giovampietro, danzando con i suoi piccoli piedi per tutto l'immenso vuoto. Però la musica non risonava affatto, perché non c'era niente in cui potesse risuonare, dal momento che tutti gli spazi erano chiusi nel ventre della cantina di Giovampietro. Giovampietro, seccato, fece per aprire la botola e tirar fuori le note, ma la botola era ormai addormentata e non c'erano suoni per risvegliarla. Di conseguenza Giovampietro sedette e pianse, e le sue lacrime, non potendo uscire da lui perché non c'era spazio, lo soffocarono e fecero di lui un Grande Cadavere Celeste che s'ingrandì s'ingrandì, ricolmo di lacrime, finché non scoppiò dando luogo a miriadi di mondi di lacrime, ognuno con il suo Giovampietro, le sue Mucche Celesti, la sua mazza, il suo spazio e la sua cantina di Giovampietro.

 

[16.I.1976]

 

Ho "ricevuto" questo racconto in sogno.

Con esso ho partecipato all'VIII Edizione (1992) del Premio letterario nazionale "Una Favola al Castello" risultando primo ex-aequo nella sezione letteraria.

 

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