IL MAGO
Dario Chioli
Che eviti, sotto l'apparenza ingannatrice,
I pensieri malvagi che distruggono i meriti.
MILAREPA
Viveva nella sua grotta, separato dal resto del mondo, presso la cima di una collina. Talvolta venivano da lui dei paesani per chiedere consigli o sortilegi, ma di rado il mago si faceva trovare. Di lui dicevano che potesse sparire a suo piacimento e farsi trasportare dalle forze occulte dove gli pareva, in un baleno, e per la verità c'erano occasioni in cui si metteva proprio in testa di non farsi trovare ed allora nessuno riusciva a scovarlo. La sua reputazione era perciò assai grande, e di lui parlavano sempre a bassa voce, quasi che sempre potesse essere lì presente in quel preciso momento in incognito ad ascoltare quel che ne dicessero.
Quel mago peraltro era davvero un mago, non un ciarlatano qualsiasi. Sin dalla giovinezza si era applicato allo studio delle scienze segrete, e gli si erano svelati tutti gli antichi inganni, e conosceva il significato delle formule che i progenitori avevano posto come guida al segreto dell'essere.
Ma il mago, oltre alla scienza, aveva acquistato anche una considerevole dose di presunzione. Potendo infatti comandare a suo piacimento a talune forze della natura, si era formato il convincimento che nulla gli fosse impossibile. Era convinto di possedere tutte le chiavi, di conoscere le ultime profondità del mistero.
Un giorno però giunse nei paraggi della sua grotta un uomo, verosimilmente un vagabondo senza alcuna meta precisa. Il mago lo guardò da lontano con curiosità, e decise che gli avrebbe parlato volentieri. Ma l'uomo, pur passandogli davanti, non gli chiese nulla. Ritenendo che non lo avesse veduto, il mago lo salutò. Il viandante rispose, sì, al saluto ma subito dopo, coricatosi sull'erba a poca distanza dalla grotta, dimostrò tutte le intenzioni di mettersi a dormire, e infatti si addormentò. Il mago fu comprensibilmente sorpreso di quel comportamento, tanto quanto lo sarebbe ognuno se, eremita in un mondo senza più eremiti, contrariamente a quanto è abituale nella società umana non suscitasse negli altri stupore o curiosità alcuna. Lo fissò dunque per un po' con attenzione, finché non si ritirò nella sua grotta tra i suoi libri e i suoi strumenti.
Dopo qualche ora prese a piovere furiosamente. Il mago si ricordò allora del viandante, e s'aspettava di vederselo comparire da un momento all'altro sulla soglia della grotta per chiedere ospitalità. Ma il tempo passava e l'uomo non si vedeva. Preso da curiosità, il mago andò a vedere se ci fosse ancora e dove avesse trovato riparo, ma lo vide che stava ancora sdraiato per terra, pur sotto la pioggia battente. Pensò allora che doveva essersi sentito male e, poiché era un uomo buono, lo trasportò nella sua grotta vicino al fuoco ardente.
L'uomo non fece segno di accorgersi della mutata condizione, anche se in verità non aveva proprio l'aspetto di un cadavere, visto tra l'altro che respirava perfettamente. Il mago era sempre più perplesso. Certo doveva essere una persona ben strana, pensò, e si diede da fare per risvegliarlo da quel sonno anomalo. I suoi tentativi però non sortirono effetto alcuno. Era sul punto di adirarsi e, cosa per lui inusuale, si sentiva assai irrequieto. Fece ricorso alle più strane scienze, usò tutto il proprio intelletto, ma lo strano uomo rimase insensibile ad ogni attenzione.
A questa vista, lo spirito del mago fu infine dilaniato. Con frenesia abnorme, si mise a tracciar segni, invocare e produrre magicamente effetti mirabili, ma senza alcun risultato. Allora scoppiò in singhiozzi e cadde in terra disperato, poiché gli sembrava di non sapere più niente. Le sue conoscenze non bastavano a risvegliare un uomo, forse tutte le sue arti non erano che illusioni. Distrusse con rabbia tutte le cose che trovò attorno a sé, e dopo aver distrutto tutto si fermò e guardò ancora quell'uomo. Era perfettamente immutato.
Si mise allora ad osservarlo con tutta l'ostinazione che per anni ed anni aveva impiegato per studiare le realtà segrete, e per giorni e giorni, senza riposo, lo contemplò mentre dormiva.
Finalmente l'uomo si risvegliò. Si sedette, si guardò intorno con avidità, vide il mago e, stupito del suo viso stanchissimo ma attento, lo fissò a sua volta per qualche istante. Si salutarono, poi l'uomo parve trovare improvvisamente una meta e s'incamminò per la sua strada, seguito dallo sguardo del mago. Poi scomparve, e il mago scrutava gli orizzonti lontani e meditava, e finito che ebbe di meditare si mise a ridere, e rise, e rise, e per il gran ridere, che s'accumulava agli sforzi del passato, cadde addormentato.
[17.I.1976]
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