Jorg Urm I
Jorg Urm da Hatti, il viandante, lo scomparso, il fuggente navigatore, presto s’appressa, laggiù lungo i limiti del mare Oceano, ai confini del mondo dove la vista s’apre sul nulla, verso l’orrido sconfinato del Tartaro; presto s’appressa, avviandosi intorno a un suo Gorgo con ira, sempre più verso il centro proietta il suo corpo, guidando la nave sempre più verso il punto d’uscita. Ma non esce, non sa come uscire, e per ere, per secoli, eoni sempre in tondo sul limite buio si proietta, si getta, s’accende d’ira invano: non può sprofondare.
3.XII.1976
Jorg Urm II
Da lungo tempo Jorg Urm inseguiva nelle vesti sconvolte dal vento di Aase dagli occhi neri le parole dei canti perduti. Lungo il deserto incendiato dei pensieri, lungo le rive del mare che circonda il mondo, lungo i confini di cenere del vuoto va Aase, portata dal vento. Aase si sveglia, Aase s’incammina e si dirige alla baia di Jorg Urm. Jorg sulle navi dalle curve prue, volto verso terra, ode la voce di Aase; ma Aase non c’è, Aase è andata via, dentro gli obliqui canali dell’aria. C’è forse un segno per trovare Aase? C’è forse un sogno per dimenticarla? Jorg Urm non sogna, rifiuta di dormire: cercherà Aase all’interno della terra. Aase si sveglia, nei circoli del cielo s’era racchiusa, s’era addormentata: ecco si vede oramai sepolta da troppa cenere, da troppo fango e sogno. Aase s’è alzata, Jorg Urm l’ha cercata, verso la stessa meta entrambi andarono, ma ecco, Aase più in là se n’è andata, ed ecco, Jorg troppo indietro l’ha lasciata. Così alla meta Aase e Jorg passarono, cento volte passarono, ma non s’incontrarono. 27.I.1977
Jorg Urm III
Di questa stirpe cresciuta in solitudine alzo al cielo la canzone bardica. Verso dalle stelle il nettare nelle mie parole e a piene mani raccolgo il Graal lucente della conoscenza. Sono i miei occhi perennemente avvinti e l’eco ripercuote per sempre il mio nome. Così nelle solitudini e negli spazi lontani si fa essere e universo il nome di Jorg Urm.
9.2.1977
Jorg Urm IV
Scorre su un’armonia inaudibile verso i centri dell’essere dove si spegne il tempo, segretamente, il nome di Jorg Urm. Chi lo ode e non sa se ne va annoiato ma io, in silenzio e a lungo ripetendolo, come in uno specchio dell’umana natura volentieri confondo in ciò che non esiste l’esistere vero, come fa Jorg Urm, il dèmone benigno e ironico che scopre le cavità segrete dell’inconfessabile.
9.2.1977
Jorg Urm V
Jorg Urm è via, e nel vento si mostra, tragico e dolce, il rosso specchio di Aase, Aase che corre sui prati calpestando nel suo gioco inquieto esseri a migliaia, esseri vivi che al pari di lei abbatte la spada remota di Jorg Urm.
9.2.1977
Jorg Urm VI
Per i miei occhi invoco la cecità più totale, il nero abisso in cui nulla è sensibile, perché come un uccello notturno possa librarmi in un volo invisibile sulle correnti del vento in mezzo agli uomini come un terrore notturno che avvinca gli occhi bugiardi, li penetri e dischiuda verso il segreto che ognuno nei suoi anni di vita ricaccia in illusorio inferno, quali la paura e sgomento di vivere.
9.2.1977
Jorg Urm VII
Nella morte mi specchio ed è l’unico specchio che dia l’immagine dritta e non la magica beffarda ironia che stravolge passato e futuro. La destra e sinistra del vivere chi sa se davvero sian sogno oppure il segreto più strano, cammino lucente del saggio a uscir dalla grotta del nulla?
9.2.1977
Jorg Urm VIII
Aase sorge danzando dal buio, l’ombra oscura è Jorg Urm. Io guardo e Aase passa, e cammino con Aase. Io guardo e Aase è vana, come un filtro di cielo. Io guardo e Aase è un’ombra, e io sono Jorg Urm.
9.2.1977
Jorg Urm IX
Forse che è nero il buio? O non è nero davvero, ed è piuttosto il nostro simbolico trasporre dall’essere all’apparire a far sì che noi ci poniamo davanti ciò che abbiamo più vero nel cuore? Così Aase si volge a Jorg Urm, così Jorg si protende per Aase, e fors’anche si stacca da Jorg la bifronte figura di Urm.
9.2.1977
Jorg Urm X
Giano cammina in due versi né mai si spezza. Perché l’uomo nel gorgo delle idee vuol discernere un sentiero e non corre verso l’immobile lacerazione? Inverosimile il volto di Giano ci appare, una parola insicura, un mito dai molti significati. Eppur non è Giano una vita pari a quella di Aase e di Jorg Urm? Ma ci pare sia vano richiedere i segreti del myste, che mai tornerà dal sepolcro dei secoli. Come un fauno però Jorg si volge dentro il folto dei tempi, e cammina con lui Aase, e un iddio li sostiene.
9.2.1977
Jorg Urm XI
Quando diranno Pace gli uomini, se mai lo diranno, felici saremo, dicono, ed allora vedremo il volto di Dio, e tutto chiaro sarà per la nostra sofferenza. Eppure già da tempo il cuore ha dato fiori, un campo ricco di cose da vedere, e chi vi è andato ha già scritto mille volte sul dorso dell’esistere la parola Pace. Così ragiona Jorg Urm nella sera, stanco di pensare, chino sulla ragione, e Aase, un’ombra, accanto a lui appare e gli apre l’uscio degli spazi onirici.
9.2.1977
Jorg Urm XII
Le infide promesse: guardati dalle infide promesse. Chi sa se nel mondo ti conduce una stella o una sceòl di oblio. Le voci legate sono più delle voci libere, le occasioni nascoste più delle occasioni apparenti, e spesso nel gorgo dell’esperienza si perde l’uomo senza visione e senza paura se non quando all’ultimo vede l’abisso. Così ragiona Jorg Urm in cammino, e col bastone saggia la sua strada.
9.2.1977
Jorg Urm XIII
Si pensa che Alef, figlia del Sole, levasse i suoi passi nella Luna nuova, sicché tremavano le Stelle nella sede di re Chronos e Urano. E così si dissuade talvolta l’uomo dalle strade dolci e nel nero bagliore delle ceneri cerca il candido abisso e il caducèo. Stava Jorg nella notte volto al cielo, sicché aveva nel volto immenso specchio; stava Urm nella notte volto al buio, e gli bruciava in petto grande arsura; perciò vide Jorg Urm dentro ogni sfera, come un pensiero che accarezza il cuore, Aase figlia del mare.
5.V.1977 |