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ESTRATTI DAI DIARI DI CRISTINA MARTIRE
L'anticamera del Signore della Morte
Sommario: Illusioni – La morte – La solitudine – Il silenzio
In ultima analisi, sembra che anche lo Stato di Buddha, così come noi lo immaginiamo, sia una mera illusione. Il Buddha non può essere qualcosa di esterno, anche se qualcosa di esterno può fungere da Buddha. In Esso noi ci vediamo la perfezione della realizzazione delle nostre intenzioni e pertanto ci rifugiamo in queste intenzioni. Anche il Rifugio non può essere esteriore, sebbene un rifugio esteriore possa fungere da Rifugio. Questa vaga immagine, più o meno idealizzata, come può essere il Buddha? Tuttavia la sofferenza viene percepita come reale, concreta, tangibile; ed anche l'illusione viene percepita come reale: lo spazio, il tempo, il movimento. Perfino la morte viene percepita come un fatto reale, benché essa sia la negazione, la conclusione della sofferenza percepita a livello fisiologico, come pure dei cosiddetti fenomeni esterni. Che cos'è, quindi, più reale? Il dolore che senti, i fenomeni che percepisci, o la fine di tutto ciò?
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Domani morirò. Tutto scompare, prima o dopo, ed io sono sola. Io e la mia mente, con le sue creazioni, che sembrano reali. Mi sento in una fase di sgretolamento. Ho due alternative: ricomporre tutto e far finta di niente, come se nulla fosse; oppure seguire lo sgretolamento, il che implica sofferenza. Ma c'è un senso in tutto ciò? Sono in grado dì osservare lo sgretolamento in una maniera distaccata? Dovrei semplicemente osservare lo sgretolamento ma, mentre lo osservo, quest'accozzaglia di frammenti comincia a disintegrarsi. Sono o non sono frammenti? Stanno insieme per caso o, in essi, vi è un'integrità di base? C'è solo la morte! Il corpo che si disintegra. Devo andare in esilio; abbandonare questo corpo, questa vita, l'ambiente che mi circonda, le persone che conosco e che mi amano, tutte le attività. Eppure, c'è un filo di speranza: la mente rimane e l'io sopravvive, oppure la mente si disintegra anch'essa? La nostra mente, per vivere, dipende dal cervello che, però, è fisico e quindi si disintegra. E allora che speranze ci sono? D'altra parte, la speranza (l'ego) è l'ultima a morire. Al suo opposto vi è la disperazione. Anch'essa è l'ego e quindi, anch'essa avrà un momento in cui morirà. Ma morirà definitivamente? Senza più speranza e senza disperazione: sembra impossibile. Probabilmente, la speranza si nasconde dietro le grandi motivazioni e, quando non ci sono vere motivazioni, la speranza è già morta e rimane solo la disperazione.
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Sento molto il problema della solitudine, non quella che si identifica con l'assenza di persone intorno a noi, ma quella fondamentale, quella che si sperimenta durante la morte, in cui non ci saranno compagni né familiari. E, al tempo stesso, sento che questa solitudine non può essere goduta, assaporata, se non barattandola con la stessa morte. Sarò, allora, in grado di affrontarla senza la voglia di fuggire?
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Ed ora, eccomi qui, finalmente nell'agognato silenzio. Colpi di martello rimbombano cupi nello spazio. Il canto di un uccello lontano, testimonia che lo spazio esiste. Improvvisamente, un sibilo di aereo squarcia il silenzio come una divinità infuriata. Una folata di vento entra dalla finestra, per ricordarmi che il dentro è uguale al fuori. Una sensazione di solitudine ricomincia a farsi strada nel mio cuore, simile a quella sensazione di silenzio che era stata soffocata quando qualcosa aveva riempito lo spazio. Silenzio e solitudine, i gemelli della mia meditazione, stanno ora riemergendo nella pace.
1994-1995
Cristina Martire nacque a Roma il 16/10/1954 e vi morì a quarant'anni il 7/6/1995, dopo essersi a lungo dedicata alla meditazione in ambito buddhista. Queste riflessioni dell'ultimo periodo della sua vita sono state scelte e trascritte su file da Alberto Mengoni.
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