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RE DEL MONDO E PASTORE DELL'ESSERE

Alberto Bordogna

   

   

Parlare di un libro come Il Re del Mondo di René Guénon mi risulta molto difficile, nella misura in cui considero quest’opera più vicina alla poesia che alla prosa: le idee, le immagini e i simboli qui presenti si rivolgono a quella parte della nostra facoltà mentale dominata dalla fantasia e dall’immaginazione più che dalla logica.

In questo libro Guénon è capace di sedurre ed affascinare, spingere verso l’ignoto, rievocare immagini e ricordi di un passato lontano.

Ne Il Re del Mondo si trovano distillate in poche pagine o addirittura in poche righe immagini, pensieri, parole, idee, concetti e simboli: ermetismo, platonismo, gnosticismo, cabbala, alchimia, induismo, cristianesimo, tutto viene fatto convergere attorno alla figura del Re del Mondo.

Nondimeno ho voluto accostare alcuni passi di questo libro ad alcune pagine scritte da Martin Heidegger, il “mago di Friburgo”, il fenomenologo “occultista”, per mostrare come tra Guénon ed Heidegger esista una certa consonanza di immagini e, fino a un certo punto, anche un modo comune di intendere la verità.

Ritengo che più di uno studioso, leggendo il libro di Guénon, si sia chiesto chi il Re del Mondo possa essere, e dove si trovi, ma penso anche che già ai tempi di Guénon fosse difficile credere che, sopra o sotto questa terra, ci fosse un luogo fisico dove il Re del Mondo potesse dimorare.

Guénon difatti ci avverte che in tutte le tradizioni esiste un luogo o centro spirituale cui tutti gli altri sono subordinati, (1) ma che questo centro si deve intendere più come uno stato che come un luogo.

È a questo proposito che Guénon parla della misteriosa città di Luz:

«Questo nome, in origine, era quello del luogo dove Giacobbe ebbe il sogno in seguito al quale lo chiamò Beith-El, cioè “casa di Dio”». (2)

Guénon prosegue poi nella sua interpretazione della parola luz:

«La parola luz, nelle sue diverse accezioni, sembra per altro derivare da una radice che designa tutto ciò che è nascosto, coperto, avviluppato, silenzioso, segreto; è da notare che anche le parole che designano il Cielo hanno in origine lo stesso significato. Si avvicina di solito coelum al greco koilon «cavo» (il che può anche avere un rapporto con la caverna, tanto più che Varrone indica tale accostamento in questi termini: a cavo coelum); ma bisogna osservare però che la forma più antica e più corretta sembra essere caelum, «nascondere». D’altra parte, in sanscrito, Varuna deriva dalla radice var, «coprire» (che è anche il significato della radice kal alla quale si ricollegano il latino celare, altra forma di caelare, e il suo sinonimo greco kaluptein); e il greco Ouranos è un’altra forma dello stesso nome, poiché var si trasforma facilmente in ur». (3)

Questo modo di procedere utilizzato dall’Autore è sintomatico di un metodo che trova nel linguaggio il suo luogo di indagine e che ricorre all’analogia come ad un criterio di verità. D’altronde questo modo di precedere attraverso l’etimologia e l’analogia ha una lunga tradizione filosofica che parte da Platone per arrivare fino ad Heidegger.

Ma per tornare all’immagine della città di Luz, si deve dire che questa rimanda a qualcosa che si manifesta e si nasconde, che è chiaro come il caelum, ma proprio perché tale è celatum, nascosto, oscuro.

Leggendo queste righe non ho potuto fare a meno di accostarle a quei passi in cui Heidegger introduce l’immagine della radura (Lichtung) come lucus a non lucendo, della luce che si dà solo nel diradarsi delle tenebre in una radura.

Strettamente associato a questo concetto è quello di alètheia (verità in greco) intesa da Heidegger come a–lètheia = non-nascondimento. Questo modo di intendere la verità da parte del filosofo di Friburgo segna una precisa svolta rispetto a tutta la tradizione del pensiero cartesiano ed illuminista: in Heidegger la verità non è una manifestazione evidente ma un non-nascondimento dell’essere.

Proseguendo nel suo ragionamento Heidegger associa la radura al mondo:

«“Mondo” è la radura dell'essere in cui l'uomo sta fuori a partire dalla sua essenza gettata». (4)

Così Heidegger spiega meglio il significato di mondo e di essere-nel-mondo:

«Ma nell'espressione “essere-nel-mondo”, “mondo” non significa affatto l'ente terreno in contrapposizione a quello celeste, né il “mondano” in contrapposizione allo “spirituale”. In quella determinazione, “mondo” non significa affatto un ente e neppure un ambito dell'ente, ma l'apertura dell'essere. L'uomo è, ed è uomo, in quanto è colui che e-siste». (5)

«In ordine al contenuto, e-sistenza significa stare fuori (Hin-aus-stehen) nella verità dell’essere». (6)

Ma l’essere-nel-mondo è proprio solo dell’uomo in quanto ente dotato di linguaggio:

«Ai vegetali e agli animali manca il linguaggio perché essi sono sì ognora imbrigliati nel proprio ambiente, ma non sono mai posti in libertà nella radura dell’essere che, sola, è “mondo”». (7)

Il rapporto che esiste tra uomo e linguaggio è spiegato ulteriormente da Heidegger:

«Ma l'uomo non è solo un essere vivente che, accanto ad altre facoltà, possiede anche il linguaggio. Piuttosto il linguaggio è la casa dell'essere, abitando la quale l'uomo e-siste, appartenendo alla verità dell'essere e custodendola». (8)

E concludendo i passaggi del suo ragionamento:

«Il linguaggio è la casa dell'essere. Nella sua dimora abita l'uomo. I pensatori e i poeti sono i custodi di questa dimora». (9)

Verità come non-nascondimento dell’essere, radura, apertura dell’essere come essere-nel-mondo dell’uomo e linguaggio come luogo, casa dell’essere, queste sono le immagini essenziali spiegate da Heidegger nel procedere del suo pensiero.

Ma quello che qui più importa è la figura del pensatore e del poeta come custode, ovvero come colui che si prende cura della dimora dell’essere.

Il poeta, il pensatore sono nel mondo custodi della casa dell’essere, del luogo, della radura dove la verità non si nasconde.

E per questo l’uomo in quanto poeta e pensatore è legislatore, sacerdote, re del mondo, e nondimeno "pastore dell’essere":

«L’uomo è il pastore dell’essere». (10)

   


 

 (1)    Cfr. René Guénon, Il Re del Mondo, Adelphi, Milano, 1989, pp. 110-111.
 (2)    Ibid., p. 70.
 (3)    Ibid., pp. 70-71.
 (4)    Martin Heidegger, Lettera sull'"umanismo", a cura di Franco Volpi, Adelphi, Milano, 1995, p. 84.
 (5)    Ibid., p. 83.
 (6)    Ibid., p. 50.
 (7)    Ibid., p. 49.
 (8)    Ibid., pp. 60-61.
 (9)    Ibid., p. 31.
(10)    Ibid., p. 56.

   

   

 

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