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DIALOGO SULL'IO

Franco Orlandi & Dario Chioli

   

   

Franco Orlandi, 15/1/2010

Ma chi me lo fa fare di leggere tanto sulle cose spirituali? Non è una domanda provocatoria, è molto seria. Se questo "io" è una apparenza effimera che si "squaglia" tutto senza mai più ricomporsi e se la mia parte divina già esiste piena di luce senza che io aggiunga o tolga qualcosa, mi è difficile capire come tutti i maestri, compresa la Bhagavadgîtâ, parlino di "liberazione". Liberazione di "chi" o da "che cosa"?

Liberazione, se la accettiamo, non certo di me, del mio "io" che in un attimo viene e va sfaldandosi per sempre, non per la mia anima (logos secondo la tradizione greca; âlaya secondo il buddismo; manas superiore secondo l'induismo) che ritorna sempre nell'Assoluto per poi, forse, ricomparire in questa dimensione. Quindi? Mi sfugge il "guadagno" di tanta fatica, che tutte le tradizioni dicono sia molto importante fare. Caro Dario, chi è questo "io"? e quale funzione avrebbe in seno all'Assoluto, che già splende di luce, consapevolezza e beatitudine? 

Non siamo forse un po' orgogliosi mettendoci al centro di un'azione che crediamo necessaria? Ma, ripeto, per "chi" poi? Se hai voglia, rispondimi, però in modo banale e schietto.

   

Dario Chioli, 16/1/2010

Io non so dirti cosa sia l'io, né se sia l'io. Come tutte le astrazioni, è fondamentalmente poco reale. 

Però, che ti piaccia o meno, una strada la si percorre: quella che di fatto si percorre. Ma chi ha detto che si debba sapere prima dove va a finire? 

Liberazione, salvezza, io, verità assoluta, Brahman, tradizioni, sono i giocattoli con cui il bambino s'intrattiene finché non cresce. Quando cresce, poi, abbandona i giocattoli. 

Ora, c'è guadagno nel crescere? Chi può dirlo? D'altra parte si può dire che necessario non è mai ciò che vien detto tale, bensì ciò che è vissuto, quando è vissuto. Nessuna separazione tra conoscenza e azione, tra logica e sentimento. 

Quanto al leggere di cose spirituali, ebbene è uno dei sogni, ma non è dei peggiori, non è certo un incubo, non ti fa patire come un incubo. 

Può talvolta inaridire, se già si è aridi. Tutte le cose han due facce... Per questo talvolta bisogna sorridere, ricordarsi di amare, cercare in sé l'amore. 

Senz'amore c'è solo morte.

   

Franco Orlandi, 16/1/2010

Grazie. Non banale ma schietto e semplice. Però siamo costretti a giocare sempre con qualche giocattolo, altrimenti non potremmo sognare o leggere. O pregare.

   

Franco Orlandi, 29/1/2010

Non so come, caro Dario, ma la faccenda dell'io mi sta prendendo troppo. Non esisterà l'io, sarà come dici, solo un campo di forze o energie che evolve, il che mi può andare bene: finisce con la morte, questo insieme di aggregati che mi fanno dire "io". Ma ciò che continua a lavorarmi dentro è l'insistenza di tutti i maestri verso la scoperta della nostra sorgente, come se per "noi" – dico per "me" o per "te" – fosse importante. 

Nel Discorso della montagna Gesù dice: «Beati i puri di cuore perché vedranno Dio». Ora, "chi " vedrà Dio? E poi aggiunge: «Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati». Ma mi chiedo: "chi" sarà saziato?

Ricorre in tutti gli "illuminati" della terra il pressante invito alla liberazione, a trovare l'Assoluto perché così non ti reincarni (come sostengono alcuni) oppure trovi il Regno dei cieli (come sostengono altri). Ma , ripeto, "chi" trova qualcosa – ovvero la libertà da questa prigione?

   

Dario Chioli, 30/1/2010

Quante cose dette

attraverso atti e pensieri

 

mi muovo in uno spazio puro

molti io si disperdono

molti sguardi ristagnano

lacrime li sciolgono

epopee del lamento

di derelitte maschere

 

quando mi guardo indietro

non ho più direzioni

 

al centro di tutto

chi è io? chi è tu?

l'evento travalica l'espressione

la verità spegne i sapori

l'identico non ha natura

lo sguardo è felice di perdersi

   

 

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