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DIALOGO CON GLI INTERNAUTI

SULLA TRISTEZZA

 

30/4/2004

Mi scrive una internauta - Lei parla della felicità e la definisce nel modo più pieno, bello e convincente. Ma come si sentirebbe di definire la tristezza e quella fase di «inutilità» esistenziale di chi, pur non avendo mai fatto del male a nessuno, pur essendosi sforzato di vivere onestamente e di seminare nella modestia, arrivato a trent'anni si sente di non aver fatto niente di veramente significativo nella sua esistenza?

1/5/2004

D. Ch. - Non è facile rispondere a domande come quella da te posta senza cadere nella banalità o sparare inutili sentenze. Una risposta precisa non ce l'ha nessuno, prima di tutto perché ognuno di noi è diverso, ed è obbligato a gestire la propria vita secondo le proprie possibilità. Chi è ricco e chi povero, chi bello e chi brutto, chi dotato e chi no, chi comunicativo e chi chiuso, e così via.

Ogni situazione ha i suoi pro e i suoi contro, dal punto di vista dello spirito (possiamo chiamarlo così?).

Chi è bello ricco ecc. ha facilità a fare certe cose ma molte difficoltà a frenare il proprio narcisismo e a discernere tra amici veri e falsi. Chi è brutto povero ecc. per contro trova amici con difficoltà ma quelli che trova forse sono più sicuri, anche perché meno spesso lo vela il velo del narcisismo (c'è anche il brutto che si ritiene bello, ma questo è particolarmente iellato...).

Comunque, tristezza e inutilità esistenziale, senso di non essere nulla e nulla aver fatto sono strumenti potenti di crescita interiore.

Tutti dovremmo capire che i fenomeni sono destinati a finire, e così tutte le nostre elaborazioni e i nostri rapporti. Certo importa impegnarsi, ma nessuna legge a priori stabilisce in cosa.

Un modo per ridurre la tristezza è quello di avere un rapporto di coppia stabile, o una buona posizione economica, o un successo in qualche altro settore. Ma il problema si rimanda soltanto.

Io ho quarantotto anni e, per quanto sia in piena attività, tuttavia mi accorgo che non posso più prendere sul serio questi successi come avrei fatto un tempo. Certo, se mi arricchissi con i miei libri, o improvvisamente il mio reddito aumentasse significativamente, non mi spiacerebbe, probabilmente sarei felice per qualche giorno.

Ma l'inesorabile consapevolezza che tutto svanisce non mi abbandonerebbe, tornerebbe di lì a poco.

Quindi: se hai qualche settore in cui buttarti, buttatici, per non rimpiangere il non fatto fino alla vecchiaia. Però, se non ce l'hai, non patirne troppo, perché quel che ti darebbe non è poi così tanto.

È importante invece constatare la propria debolezza (miseria, dicono i più drammatici; insufficienza, i più moderati), e chiedere silenziosamente allo spirito (col nome che tu vuoi) di supplire.

Io che non so nulla, posso però garantire che l'invocazione allo spirito non va mai perduta.

La gente si sbaglia perché crede che se lo spirito t'ascolta tu starai da dio, ma non è così.

Se lo spirito t'ascolta (ma meglio sarebbe dire se TU lo ascolti, perché lo spirito t'ascolta sempre), starai a tratti probabilmente peggio, però, come dire, con una certa stabilità interiore, una fiducia.

Cioè: con una sorta di rodaggio interiore, acquisterai a mano a mano la certezza che a tutto c'è soluzione, che lo spirito valica ogni ostacolo, purché tu non ti frapponga.

Cose che ti paiono importanti, possono non esserlo affatto; cose a cui non dai valore possono essere fondamentali.

Tu non scoprirai questo da sola, fossi anche intelligentissima e ipercreativa. Tu scoprirai questo solo con il tuo volgerti allo spirito.

È lo spirito che chiarisce, ma non tutto, solo quello che costituisce la tua strada.

La gente fa un altro errore fondamentale, in effetti: crede che la conoscenza consista nel dare risposta a tutti i quesiti fondamentali. Ma questo è completamente falso.

Non esistono quesiti fondamentali in assoluto, per te esistono solo i TUOI quesiti fondamentali, e quindi tu puoi trovare le TUE risposte, non le risposte di tutti.

E poi, fa' un passo più in là: spostati con lo sguardo dello spirito nel mondo dello spirito e vedrai che, di mille, forse neanche uno ha lo stesso sguardo.

Ma se riesci a sporgerti, vedrai anche un'altra cosa: che devi ringraziare la tua sensazione di nullità per averti permesso di liberarti dall'attaccamento a cose che imprigionano la maggior parte degli esseri umani.

Credimi, che tu sia onesta e modesta, per un certo verso ha importanza, una grande importanza, proprio perché ti impedisce di fare compromessi che oscurano l'occhio interiore. Per altro verso, non deve costituire per te un eccessivo attaccamento, se no anche onestà e modestia diverranno un feticcio che ti ostacola.

Ama e fa' ciò che vuoi, l'amore non ha in effetti altro oggetto reale se non lo spirito, l'innamoramento sembra diretto a una persona, ma la persona non è se non una scusa per entrare nel mondo intenso dello spirito.

Io ho solo due ricette: amare ovunque è possibile, e non giudicare gli altri se non è assolutamente inevitabile.

Lo spirito è amabile e severo, ed è ovunque tu ti volga. Se ami, ti trasmette amore; se giudichi, giudizio. Con la misura con la quale giudicate sarete giudicati, perché entrare nella sfera del giudizio significa sottoporsi a giudizio. Ma anche: ama e fa' ciò che vuoi, perché nella sfera dell'amore, l'amante non nega nulla all'amato.

Gli indù chiamano questo lîlâ, divino gioco. Lo spirito è come tu lo vuoi, gioca con te al tuo gioco preferito. Importante è cercarlo, e magari è meglio non sbagliare gioco.

 

 

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