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SUL CHASSIDISMO E BUBER
Alfredo Cosco & Dario Chioli
Alfredo Cosco, 22/5/2010
Caro Dario, che ne sai tu dei chassidim e del chassidismo?
Ho letto un libro che mi ha affascinato molto, Gog e Magog di Martin Buber. Di lui che ne pensi?
È un libro che ti porta in un mondo stranissimo, tra questi ebrei dell'Europa dell'est e le loro arcane parabole e simbologie. Sotto te ne riporto un brano.
Fammi sapere qualcosa di più se puoi.
* * *
Il Rabbi abbassò nuovamente la voce: « Sta scritto », disse, « "immensa è la Sua attività". Le tenebre primordiali, delle quali ora parliamo, sono un fuoco nero. Da questo Egli fa scaturire delle fiamme, scuri e brucianti frammenti di tenebre che Egli lancia sulle vie del mondo. Ogni frammento cade nell’anima di un uomo e brucia tutto quanto in esso vuole opporgli resistenza. Quest’uomo, con il suo impeto si mette allora in cammino, e l’impeto confluisce verso di lui da tutte le parti, finché una grande, nera corrente di fuoco attraversa i paesi e brucia la vita dei popoli. Ma a ogni frammento di tenebre è assegnato un compito e un limite. Esso è lanciato affinché, non appena si sia posato sulla terra, dalla profondità di quello stesso luogo sul quale maggiore è la sua carica, si svegli il seme della luce. Ed ecco che, nel più profondo nucleo delle tenebre, là, dove il fuoco puro e incolore si è liberato del nerume, la bianca scintilla può mettersi in movimento e così può formarsi la luce e da lì essa può essere tratta. E così, a ogni frammento di tenebre, dal quale si trae la luce, è assegnato il compito di non oltrepassare, con la forza della sua carica, il limite in cui il destato seme della luce verrebbe soffocato. Poiché però le tenebre temono il nascere della luce, parte di esse oltrepassa sempre il limite impostole, come una volta fece il serpente. E allora succede loro quello che successe al serpente. [...] E, per quanto furiose le tenebre oltrepassino il loro limite, mai esse riescono a soffocare il seme della luce. Ma sempre e sempre essa si consuma e si spegne. Essa si spegne ma la sua vita si trasforma in forza, dalla quale sempre si trasforma il seme della luce. E la forza cresce. Essa è ricoperta di piaghe e di dolore per il continuo spegnersi delle luci, ma la sua forza diventa sempre più grande. È questo che si racconta del Messia, che egli quale mendicante lebbroso davanti alle porte di Roma fasci le sue piaghe, egli però diventa sempre più forte, e se scuotesse le porte della città le spezzerebbe; poiché il Messia è l’immagine e il simbolo di quella forza [...]».
(Martin Buber, Gog e Magog, Neri Pozza,1999, pp. 48-49)
Dario Chioli, 22/5/2010
Caro Alfredo, Buber è uno dei miei autori preferiti, perlomeno per quanto riguarda i suoi scritti chassidici. Quelli filosofici sono talvolta un po' noiosi, ma Il Cammino dell'Uomo, I racconti dei Chassidim, La Leggenda del Baal-Scem e Gog e Magog sono veramente eccellenti.
Il mondo chassidico è affascinante, perlomeno all'origine (il Baal Shem Tov) o a vederlo da lontano. Da vicino spesso dev'essere alquanto bigotto. Infatti certi eccessi emotivi, belli a leggersi, non sempre lo sono a viversi quando a rappresentarli sono dei fanatici.
Per me, soggettivamente, chassidismo e qabbalà sono tutt'uno, e tanto trovo fascinosa questa via che ci ho scritto il mio libro Percorsi nella qabbalà, nelle cui note bibliografiche in effetti rimando a Buber, Scholem ed Heschel.
Le opinioni su Buber non sono concordi, il suo non è tanto il chassidismo storico, quanto il chassidismo secondo Buber. Ma è da vedere se esiste e può esistere qualcosa come un chassidismo storico dissimile dalla soggettiva esperienza di qualcuno. Perché si tratta di vie di trasformazione, e a trasformarsi è sempre qualcuno. Raffigurazioni generali pretese valide per tutti sono soltanto quadri muti e morti. E la fedeltà storica, quando si tratta di maestri spirituali, vale quel che vale, cioè ben poco.
Quanto a Buber persona, era un grande erudito e biblista, ed era anche molto più amante degli arabi della maggior parte dei sionisti, e per questo fu assai ostracizzato in Israele. E si vede quali conseguenze abbia avuto l'esclusivismo nazionalista che, in inimicizia a Buber, ha predominato... sessant'anni di guerre...
Il mondo ebraico scomparso dell'Europa centrale, fatto di corti chassidiche, villaggi a maggioranza ebraica, pogrom, conflitti tra giuristi e mistici, è peraltro tratteggiato bene anche nei romanzi di Isaac Bashevis Singer e in tanti altri.
Quanto al passo che tu riporti, direi che tocca un tema centralissimo nella qabbalà: quello della rottura dei vasi, che non riescono a contenere la luce originaria, e conseguentemente della dispersione, dell'isolamento e della reintegrazione delle luci che in essi erano contenute. È un modo di drammatizzare quello che tutti, a meditarci, captiamo: di essere in perdita, di avere per debolezza dimenticato qualcosa che vorremmo riavere e darebbe senso alle nostre vite. Quanto al Messia, è la forza della reintegrazione (della resurrezione, direbbe un cristiano), sempre pronta ad agire ma così poco invocata, perché così difficile da percepire, così com'è difficile percepire il senso ultimo della Scrittura, che si capirà solo leggendo anche le "lettere di fuoco bianco" che completano, invisibili, le "lettere di fuoco nero" dei caratteri a stampa.
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