17) ANTICO ZEN E ZAZEN.

(Questo articolo apparve nel luglio 1996, estratto dal The Zennist Newsletter).

 

Si può dire che la storia dello Zen abbia avuto inizio nel porto della città Cinese di Canton, all’incirca nel 480, d.C., con l'arrivo di un misterioso insegnante buddhista indiano, chiamato Bodhidharma. Importante per il background dello Zen, è che non c’è niente di unico nell'uso del termine Zen (meditazione), il che suggerirebbe che Bodhidharma fu l’unico fondatore dello Zen. Giudicando da vecchi documenti buddhisti del periodo Sui, lo Zen come pratica meditativa, esisteva già in Cina prima dell'arrivo di Bodhidharma. Però, l'introduzione di Bodhidharma in Cina di ciò che oggi è riferito come "Zen" è unica, ma solo perché esso non è solamente una pratica di meditazione seduta. Durante il periodo dell'arrivo di Bodhidharma, la Cina era invasa dall'India di molte scritture buddhiste. Su questo sfondo, i buddhisti Cinesi erano sconcertati su come interpretare correttamente queste scritture, per i cui indizi dovendo spesso far affidamento sulle religioni loro natie. Insieme con l'avvento dello Zen di Bodhidharma, giunse il messaggio del vero insegnamento, che rivelò le chiavi per decodificare la lingua metaforica delle scritture buddhiste.

Inoltre, con l'arrivo dello Zen arrivò anche il messaggio che l’autentico insegna-mento del Buddha realmente riguardava la Mente, che poteva essere compresa soltanto da un supremo atto di intuizione noetica, elevando il pensiero allo stesso livello del Buddha, quando scoprì la sua visione universale sotto l'Albero della Conoscenza. Il nuovo messaggio dello Zen di Bodhidharma sosteneva che le sacre scritture buddhiste non dovevano essere intese in maniera letterale. Infatti, ciò che le scritture indicavano era oltre i limiti dei nudi termini; essendo questo il lato noumenico del buddhismo che poteva essere trasmesso solo da Mente-Buddha a Mente-Buddha, per mezzo di uno speciale trasferimento intuitivo. Durante questo trasferimento, usando l'analogia di una torcia che ne accende un’altra, l'adepto Zen si risvegliava improvvisamente alla vera stessa Mente a cui si era risvegliato il Buddha tanto tempo prima. In questo senso, la verità era impartita direttamente dal Buddha all'adepto, e le scritture buddhiste erano di conseguenza considerate da lui come un dito che indica la luna. Seguendo la metodologia dello Zen di Bodhi-dharma, i primi praticanti di Zen cercarono così di fondersi negli interiori recessi della più alta realtà suprema, cioè la Mente di Buddha. Come il loro fondatore, Bodhidharma, i Zenisti tradizionali praticarono una forma di contemplazione nota come "guardare fisso il muro" (pi-kuan), che significa ‘restarsene nel puro silenzio della verità avendo trasceso la discriminazione’. Ma piuttosto che essere una forma di meditazione convenzionale (Sanscr. Dhyana; Cin. Chan; Giapp. Zen), il ‘guardare-fisso-il-muro’ di Bodhidharma è completamente contemplativo, perché trae la sua forza dall’avere direttamente la sua fonte nella stessa Mente-Buddha. Lo Zen, diversamente da altre scuole buddhiste, ha sempre affermato che esso rappresenta il vero spirito del buddhismo primitivo e perciò, l'insegnamento auten-tico del fondatore. Generalmente parlando, questa dichiarazione sembra provata dai fatti, almeno quando noi paragoniamo i primitivi Zenisti con la prima ondata di seguaci del Buddha. Infatti, si può dire che entrambi abbiano messo molta enfasi sulla meditazione, la contemplazione, e l'autodisciplina. In più, come il primitivo buddhismo, lo Zen rifiuta l'esteso uso di rituali. Lo provano gli scritti di e su Bodhi-dharma, che mostrano un positivo disdegno per tali superstiziose sciocchezze, come lavare una statua del Buddha che, tra altre pratiche simili, era comune nel buddhismo Cinese quando egli giunse in Cina. Di sicuro, lo Zen tradizionale non dà molta importanza al ritualismo, né al dibattere dottrine arcane con altri buddhisti e non-buddhisti. Ma anzi insiste sul fatto che, quando tutto è detto e fatto, solo esso penetra nella vera dottrina del fondatore, rendendo possibile ad ogni Zenista dare una base sistematica alle parole del Buddha contenute nelle scritture. Come è evidente dagli stessi scritti di Bodhidharma, egli unisce sistematicamente insieme i diversi elementi del buddhismo, sotto la nozione della Mente di Buddha.

Rivolgendo ora la nostra attenzione allo Zen moderno, come praticato in Occi-dente, cioè alla pratica Zen moderna, principalmente derivata dal Soto Zen giapponese, si prenda ciò che è chiamato 'zazen', che è la meditazione "seduta a gambe incrociate". Il suo portavoce principale, Dogen (1200-1253), affermò con molta insistenza che il primitivo Zen era originalmente chiamato "zazen" che è invece, novella speculazione, semplicemente infondato. Limitato strettamente alla seduta a gambe incrociate, lo Zen moderno, cioè lo zazen di Dogen, non sembra proprio collegato con lo Zen tradizionale fondato da Bodhidharma. Infatti, non c’è nei sermoni di Bodhidharma la minima menzione di una qualche "seduta" Zen.

Gli aderenti del moderno zazen-Zen credono fermamente che la pratica di zazen da sola condurrà ad un stato di illuminazione nel quale l'adepto entrerà nell'unicità di ogni realtà, sentendo la coscienza di “ego ed altri” affievolirsi nel nulla, in cui resti solo un "santo Vuoto". Per raggiungere questa "beatitudine del Vuoto" in cui egoismo ed alterità si affievoliscono, allo studente di zazen vengono date minute istruzioni su come e dove sedersi a gambe incrociate, imparando principalmente come mettere il corpo fisico su un cuscino di meditazione, chiamato "zafu". Come principio, lo zazen insegna a "sedere come un albero morto", usando la descrizio-ne di un Maestro Zen che difese lo zazen come unico approccio.

A paragone dello Zen tradizionale, che è principalmente interessato nel realizzare la conoscenza della Mente-Buddha, non si può che essere colpiti dalla contraddi-zione della stessa pratica di zazen, che viene ritenuta il solo mezzo per realizzare la mèta dell’illuminazione. E’ chiaro che la metodologia dello Zen originario è fon-damentalmente noetica, mentre la metodologia dello zazen si dedica alla seduta sensoriale e ad alcune formalità fisiche come "tenere labbra e denti stretti l'uno sull'altro". Come queste faccende così fisiche possano condurre alla trascendenza è davvero curioso.

Infine, mentre l’originale illuminazione Zen può avere a che fare col mondo dei sensi, vedendo che tutte le cose non sono che una manifestazione della Mente, la terapia zazen della 'mente quieta' può durare, nelle migliori condizioni favorevoli solamente per alcune ore, poiché è basata sul sedere a gambe incrociate. Oggi come oggi, c'è una grande divisione tra lo Zen di Bodhidharma e lo Zen praticato nei moderni centri di Zen che si interessano solo al sedere rigidamente a gambe incrociate. Sottolineando il significato di questa disparità, alcuni insegnanti Zen moderni vanno oltre, fino ad enfatizzare che lo Zen non è 'mistico', il che è uguale a sostenere che il buddhismo non è una religione! La gravità di tali opinioni non dovrebbe comunque essere presa alla leggera. Coloro che sostengono tali opinioni non stanno seguendo lo Zen di Bodhidharma, che era mistico. Invece, essi stanno seguendo un tipo di Zen chiamato Bonpu-Zen, che è semplicemente una mera pratica di zazen.  

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 Agli Studenti della Via…

 

Io non posso insegnarvi il vero significato dello Zen se voi siete più interessati ai problemi di tutti i giorni, piuttosto che alla comprensione della verità. Vi prego perciò di non infastidirmi con domande del tipo, dove mettere le vostre scarpe o appendere i vostri cappotti. Io non sono vostro padre o vostra madre. Io non sono qui per sgridarvi o darvi il latte caldo o mettervi a letto. Ora alcuni di voi, l’ho notato quando sono entrato, sembravano annoiati. Siete annoiati dallo Zen? Forse vi aspettavate che io estraessi un coniglio da un nero cappello a cilindro? 

Io sospetto che alcuni di voi vogliano vedere dei miracoli. Io non sono mica un mago. Lo Zen non è un'attrazione circense. Inoltre, io sospetto che alcuni di voi siano venuti qui pensando di diventare immediatamente illuminati, aspettandosi che io mi eserciti a fare un buco nella loro testa e subito riempirlo con saggezza. Io non posso fare questo. Non sarebbe Zen. Voi dovete imparare ad asciugare da soli il vostro naso ed effettuare la vostra propria illluminazione e raggiungere la misteriosa trasmissione della Mente, che il nostro fondatore Bodhidharma ancora trasmette - anche se alcuni credono che egli sia morto molto tempo fa. 

Molto tempo fa il Buddha ci disse che la vita è un inferno; che è un cesso, e che non importa ciò che noi facciamo per migliorarlo, i nostri sforzi si dimostrerebbero ancora insoddisfacenti a lungo andare. Per rimediare a questa esistenza dolorosa il Buddha ci ammonisce di non aggrapparsi a questo mondo ed a questo corpo mortale nei quali ci vien data ospitalità, essendo noi, con parole sue, "semplici inquilini". Egli ci ha avvertiti che la conseguenza di tale attaccamento creerebbe solamente problemi peggiori. Io so che voi ora starete pensando che il Buddha è un pessimista; che quando era vivo, lui andava di villaggio in villaggio nell’antica India a dire a tutti che l’esistenza di tutti è misera e da accettare proprio così. Ma questo non è il messaggio del Buddha. Il Buddha non era un pessimista. Se volete che io ve lo dica diritto al cuore, il Buddha sperimentò la grande gioia quando egli realizzò l’illuminazione, diventando disincarnato dal corpo datogli dai suoi genitori e dal mondo in cui esso dimorava. Anche durante la mia propria pratica, io sono stupito nel guardare questa mia fabbrica di sterco, generata dai miei genitori e mi chiedo perché mi tuffai in esso, restando coinvolto nella sua nascita e morte. C'è molta più bellezza al di fuori di questo corpo mortale che non vivendo una vita così conficcati in esso - e c'è più libertà nel nirvana che andare ancora da un corpo ad un altro. 

Quindi questa sera, per favore, tentate di interessarvi alla ricerca della verità assoluta, arrivando alla gioiosa realizzazione della vostra Buddha-natura. È la vostra unica speranza per evitare una futura vita di dolore e di sofferenza. Studenti della Via, se cominciate sinceramente a cercare la verità, io vi prometto, le cose andranno molto meglio. Un giorno voi mi ringrazierete per avervi detto di cercare la vostra Buddha-natura. Ma se voi insistete ad infastidirmi con i vostri piccoli dettagli di tutti i giorni, temo che non scoprirete mai la vostra Natura-di- Buddha. Vi prego di smettere di aggrapparvi a problemi così limitati e di fare, invece, domande su chi o che cosa sta muovendo questo vostro corpo. Tentate almeno di pensarci sù stanotte.  

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 La Trascendenza (Domande e Risposte)

 

Domanda: Cosa si intende con ‘trascendenza’?

Risposta: Puoi vedere "chi" è che fa questa domanda? Puoi sentirlo? Il naso può odorarlo o la lingua può assaggiarlo? Puoi divenirne consapevole? In verità, tu non puoi. E poiché tu non puoi, qualcosa di misterioso trascende la sfera dei sei sensi.

D.: Ma se io non posso percepirlo, allora per me non esiste. Quindi, perché mai preoccuparsi della trascendenza?

R.: Tu non puoi vedere il vento né sentire una visione o vedere un odore. Ma ciò non prova l'inesistenza del vento, di una visione o di un odore. Se noi desideriamo smettere di soffrire, allora dobbiamo rivolgerci a ciò che è privo di sofferenza -nonostante il fatto che i sensi non possano vederlo. Ciò che noi rendiamo il più minuscolo, quello è trascendenza.

D.: Stai dicendo che l’Illuminazione del Buddha è oltre la sfera dei sei sensi?

R.: Si.

D.: Ma ciò suona come un qualche genere di Dio o Anima. Il Buddha non negò forse un Assoluto? L'assoluto non è forse questo stesso mondo, quando noi lo vediamo come puramente vuoto - quando lo svuotiamo di ogni forma?

R.: Non secondo me - anche se molti buddhisti accademici pensano di sì. Il Buddha indicò solo che tali parole, aqnziché essere vitali e reali, richiamano instabili imma-gini mentali che dovrebbero essere riconosciute come vuote. Ciò che è assoluto, è oltre la vacuità del discorso e dell’immaginazione mentale. E né esso può essere sperimentato come alcuni guru imaginano.

D.: Però, non hai risposto alla seconda parte della mia ultima domanda. L'assoluto non è forse questo stesso mondo allorché noi lo consideriamo vuoto?

R.: Sono sicuro che alcuni buddhisti lo credono. È come fare una montagna con le pietre, riducendo poi le pietre in polvere, e poi trasformare la polvere in etere! Ma questa è una visione distruttiva. La vera natura del cosmo è già vuota; non può essere ridotto in vuoto una seconda volta. È come guardare le increspature che sono sull’acqua. Solo la forma cambia - il contenuto è sempre lo stesso.

D.: A me tutto questo sembra solo un gruppo mistico di mambo-jumbo. Io lo ritengo solo un gioco di parole. Non aiuta neanche un pò il nostro mondo. La così-detta ‘trascendenza’, ne sono convinto, non farà alcunché per aiutare chicchessia, men che meno un bambino affamato. Non è irrilevante questo tipo di Zen? Nel nostro centro Zen noi stiamo aiutandoci l'un l'altro per diventare esseri umani migliori e rendere questo mondo un luogo migliore.

R.: Rendere il mondo un luogo migliore, come tu usi il termine, vuol dire soltanto farlo più comodo per le persone. D'altra parte, ciò che predicò il Buddha e ciò che gli antichi maestri Zen trasmisero, è un metodo per farci essere veramente felici imparando come distinguere l'imperituro dal mortale. Di conseguenza, è possibile smettere di aggrapparsi alle limitate apparenze, come questo corpo mortale che è un mucchio di sterco e che è una causa durevole di dolore. Personalmente, penso che sia meglio star comodi ed essere saggi, piuttosto che comodi ed ignoranti. Il tuo approccio è troppo ristretto. Tu non puoi escludere l’arcano misterioso. Se tu vuoi far avere problemi mentali ad ognuno, allora distruggi pure il mistico. Ma, devo aggiungere, un tale sentiero è una via di eterna alienazione.

D.: Che cosa intendi dire con quest’ultima affermazione?

R.: Al livello più profondo, tutti noi siamo Buddha. Ma guardando fuori a quella che è un'immagine della nostra Natura di Buddha, noi siamo confusi, perché non riusciamo a vedere la nostra Buddha-natura, che è senza-immagine. Essa non è allineata, per così dire. Questa è l’alienazione che fa la differenza tra la nostra potenzialità-Buddha ed il nostro stato attuale di progresso che va verso lo Stato di Buddha. In più, questa disarmonia è la stessa cosa che la sofferenza. Ora, quello che tu stai proponendo è che tutti noi si rinunci alla lunga marcia verso l'armonia con la nostra originaria Buddha-natura e ci si trasformi invece in moralisti. Bene, così facendo, l'alienazione può solamente peggiorare e non certo migliorare. Non riesci a vedere che noi tutti siamo infelici perché non stiamo praticando il Dharma, e non impariamo a ricordare la nostra Buddha-natura?

D.: Ma non è veramente che noi siamo infelici perché non abbiamo le cose di cui abbiamo bisogno e che richiediamo come esseri umani?

R.: Quando io ero ragazzo, noi vivevamo senza l'elettricità. Avevamo una vecchia radio a batterie. Avevamo anche una ghiacciaia, che conteneva un blocco enorme di ghiaccio in essa! Ora noi abbiamo l'elettricità, la TV, computer e frigoriferi - ma noi siamo ancora infelici. Ognuno è sotto Prozac - perfino i bambini piccoli. C’è qualcosa che non va. La tecnologia non sta facendo felice nessuno - in ogni modo a me piacevano i buoni vecchi giorni di una volta! Sul serio, noi dobbiamo invece guardarci dentro, cercando di ricordare dov’è localizzata la nostra Buddha-natura. La vita diventerà di nuovo gioiosa se lo facciamo. Io so che è veramente così.

D.: Dunque, stai dicendo che studiare il Dharma ci farà sentire meno alienati?

R.: Sì. Mentre seguire i metodi del mondo vi renderà infelici. Ed anche seguire religioni che insegnano solamente come far fronte ai metodi del mondo vi renderà infelici. Comunque, più si studia il Dharma autentico, e meno si avrà bisogno di medicazioni e cure!-[ridendo]. 

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 Il Satori (Domande e Risposte)

 

Domanda: Cosa si intende con "satori"(Cin.Wu)? Ritengo che con esso di solito si intenda "Illuminazione", ma ho ancora una certa difficoltà con la sua definizione.

Risposta: Normalmente, si tenta di definire il ‘satori’ come l'esperienza diretta di realizzare la natura della Mente, che è come indicare la nostra Natura-di-Buddha.

D.: Cosa si sperimenta nel satori?

R.: Strettamente parlando, il satori non è davvero ciò potrebbe essere chiamata un'esperienza. Per definizione, le esperienze sono sempre temporali e sensoriali. D'altra parte, vedere la natura della Mente non è qualcosa temporale o sensoriale. Quindi come può essere sperimentata? E se noi presumiamo che l'esperienza della natura della Mente sia possibile con l’esperienza sensoria, allora come potremmo aver fiducia nel nostro satori, data l'inadeguatezza della conoscenza sensoriale che è sempre in cambiamento? In realtà, il satori non è un esperienza.

D.: Allora, ciò che Lei sta dicendo, è che il satori non è un genere di esperienza sensoriale. Ma senza l'uso dei sensi, come potremmo arrivare alla realizzazione della natura della Mente ed avere il satori?

R.: Per avere il satori noi non dobbiamo essere separati dalla natura della Mente. Mentre i nostri sensi devono rimanere consapevolmente distaccati dai loro corri-spondenti oggetti sensoriali per percepirli, il satori esige partecipazione immediata con la base di tutte le realtà, vale a dire la natura della Mente.

D.: Mi lasci capire…. Sta dicendo che il genuino satori partecipa direttamente con la natura della Mente, piuttosto che essere consapevole di essa? Se è così, allora che cosa comprende il satori?

R.: Alla prima parte della Sua domanda, la risposta è sì; il satori è partecipazione con la natura della Mente. Quando si ha il corretto satori della natura della Mente, da quel momento in poi si diventa identici alla natura della Mente. È come acqua che fluisce nell’acqua. Infine, per rispondere alla Sua ultima domanda su che cosa comprende il satori, ciò che posso dire è che realizzare la natura della Mente, è vedere l'ovvio. Infatti, scopriamo che noi stiamo già usando la pura natura della Mente in tutte le nostre vite! Se non fosse per questa natura, ora come in passato non saremmo mai stati capaci di cercare la verità della Mente, per come risulta paradossale.

D.: Che cos’è che assomiglia a ciò che appartiene alla natura della Mente?

R.: Rispondere a questa Sua domanda è praticamente impossibile, perché questa natura non ha niente che le 'somigli'. Non c'è niente nell'universo che sia come essa. L’appartenenza alla natura della Mente è indipendente dalla somiglianza. Ciò che sto dicendo è che qualunque cosa noi si possa immaginare che sia come la natura della Mente, di sicuro non è quella. Noi semplicemente non possiamo usare sistemi convenzionali per cercare questa natura misteriosa. Essendo sconfinata, essa non ha limiti né dimensioni. Essendo libera da immagini mentali, come si potrebbe immaginarla? Ed essendo silenziosa, come se ne potrebbe parlare?

D.: Il satori è lo stato più alto di Illuminazione?

R.: In qualche modo, ciò è solo uno scaccia-parole. In linguaggio tecnico, il satori di un Buddha è molto diverso da, mi si lasci dire, il satori di un principiante. Ciò di cui io sto parlando oltre, è satori avanzato.

D.: Com’è il satori per un principiante?

R.: Presumo che per un principiante, il satori possa essere chiamato una sorta di "intuizione-interpretativa". Un principiante potrebbe arrivare ad avere una piccola intuizione-insight alla domanda, "Dove saresti tu se le tue ossa fossero ritornate a tuo padre e la tua carne a tua madre?". Ma ancora con una ulteriore riflessione, il principiante non sarebbe capace di capire ciò che fece il fondatore del buddhismo Zen, Bodhidharma, andando in Cina, né di capire quale sia il significato di un urlo Zen. Finché i principianti appartengono alla natura della Mente, lasciando andare ogni idea preconcetta, essi avranno a volte successi e altre volte fallimenti, nel loro tentar di capire il mistero dello Zen. Ma comunque, nel tempo, la saggezza di un principiante sarà sempre incompleta, perché essi non si sono risvegliati al principio stesso del buddhismo, che è oltre le percezioni.

D.: Cosa dovrebbero fare i principianti per ottenere il loro primo satori autentico?

R.: Tradizionalmente, i Maestri Zen dicono ai loro studenti di fare un tentativo nel percepire ciò che è oltre tutte le impressioni mentali. In una parola, di penetrare attraverso il velo dei propri ritratti mentali, vedendo il loro vero contenuto.

D.: Cioè, di arrestare ogni loro pensiero?

R.: No. Ciò sarebbe la condizione sbagliata, essendo soltanto il quarto dhyana (giapp. zenna). Se ci si ferma a questo, si precipiterà in un misero stato di essere, pensando di aver raggiunto la santità. Se non mi crede, allora legga dei cinquanta falsi satori nel Shurangama Sutra. Invero, alcuni buddhisti possono cadere in uno dei cinquanta falsi stati di illuminazione, pensando di essersi illuminati vedendo per esempio Buddha-Vairociana che sta di fronte ad essi. Alcuni immaginano di essersi illuminati entrando nella vacuità. Altri immaginano che l’illuminazione sia di essere capace di rendere immortali i Cinque Aggregati!

D.: Io raccolgo da ciò che Lei sta dicendo, che arrestare i pensieri è sbagliato. Lei sta forse suggerendo che questi cinquanta falsi stati sono solo percezioni sottili e che noi dobbiamo andare oltre di essi?

R.: Ben detto! Come disse un Zenista, "Se vedi il Buddha, uccidi il Buddha!". Se il Suo satori è qualcosa di percettibile, non è genuino satori. Se Lei va in trance, o si sente felice, - questo non è satori, perché Lei sta percependo un qualcosa. Non dovremmo mai dimenticare che la nostra fondamentale Buddha-natura è proprio qui, in questo momento. Quindi si deve concludere che tutti questi altri stati, sono solo pensieri di desiderio, parte della nostra produzione immaginativa.

D.: Penso di aver capito quello che sta dicendo. Ma io ho letto i resoconti di altri buddhisti che hanno visioni di divinità buddhiste, che danno loro insegnamenti. Tutto ciò è falso?

R.: Allora, secondo il Shurangama Sutra, tutte queste divinità emanano da Mara, che è una sorta di diavolo buddhista. Però, in realtà, esso simboleggia la nostra mortalità. Non è che queste divinità siano in se stesse cattive, è solo sbagliato che si diventi attaccati ad esse, fermandoci così vicini alla meta. Riguardo agli inse-gnamenti che queste divinità danno, esse danno soltanto indicazioni per le false illuminazioni. Il vero satori, in un certo modo, rivela solo il nostro naso che noi una volta pensavamo fosse scomparso. Perciò, come può una divinità rivelare ciò che Lei non ha mai perso o indicare ciò di cui è già in possesso? Ma, detto questo, il satori ci libera anche dalla ruota di nascita e morte, poiché noi siamo diventati colui che ora gira la ruota, invece di colui che la segue!