Qualche consiglio sulla meditazione… Quando si medita il corpo deve avere 2 qualificazioni fondamentali, la schiena dritta e la muscolatura rilassata, l'energia deve fluire e la mente deve avere il giusto atteggiamento. Corpo, energia e mente sono, ovviamente, estremamente interconnessi. IL CORPO Inutile sforzarsi di meditare nelle posizioni del loto o del semi- loto se queste ci provocano disagio o addirittura dolore, disturbando e accorciando la nostra meditazione. Se si vuole imparare a meditare in quelle posizioni facciamole oggetto di esercizi specifici di scioglimento, ma intanto meditiamo nella posizione che nel presente ci consente di tenere la schiena dritta e la muscolatura rilassata. Se il corpo non è rilassato anche la mente fatica ad esserlo. Una posizione che io trovo comoda è quella inginocchiata, con un cuscino fra le gambe, quella che si vede nella foto qui sopra. Il cuscino deve essere sufficientemente alto per fare in modo che il peso del corpo si scarichi su di esso e non sulle gambe. Le gambe ripiegate sono ai lati del cuscino, più o meno alla larghezza delle spalle, e i piedi poggiano sui lati del cuscino, con le punte all'indietro. Trovo comoda anche la posizione seduta, con le gambe piegate e unite, o leggermente divaricate, davanti e i piedi poggiati a terra. Ma per evitare prematuri doloretti e irrigidimenti, in questa posizione è bene far uso di una cintura di meditazione, che è semplicemente una fascia che ci consente di auto sorreggerci legando insieme ginocchia e schiena. E' un oggetto che si può realizzare con estrema facilità. Comunque, una volta trovata la posizione comoda, è sempre opportuno tener d'occhio le nostre sensazioni corporee, per individuare e sciogliere anche i piccoli irrigidimenti. L' ENERGIA Quanto all'energia quando cominciamo a meditare dobbiamo stabilizzarla attraverso una respirazione regolare, che si può raggiungere concentrandosi inizialmente sul respiro per uniformare i tempi di inspirazione ed espirazione. Non si deve forzare i tempi di espirazione - inspirazione e poi bisogna lasciar fluire liberamente. Una volta assunta una corretta posizione e regolarizzato il respiro possiamo cominciare la seconda parte della seduta di meditazione, dedicandoci al giusto atteggiamento mentale. LA MENTE Il giusto atteggiamento mentale si definisce in gran parte in relazione alla tecnica di meditazione a cui intendiamo dedicarci. Ci sono due tecniche fondamentali, trasversali a tutti i cammini di evoluzione spirituale: la fissazione e la contemplazione. La fissazione La prima tecnica è la fissazione: il meditatore si concentra e si sforza di stabilizzare la sua attenzione su un supporto esterno (ad esempio la luce di una candela, un fiore, una sillaba o un'immagine sacre, un fiore,. ..) o interno (il respiro, la visualizzazione del supporto all'interno di noi stessi, per solito fra le sopracciglia o al centro del petto). I supporti variano a seconda della scuola, ma i loro fini sono, secondo me, comuni a tutte: aiutarci a stabilizzare la mente ed essere evocativi di quell'Essenza che è il nostro primo fondamento e che vogliamo far riemerger dentro di noi. Applicando questa tecnica il lavoro mentale consiste nello stabilizzare il più possibile l'attenzione sul supporto, andandola a riprenderla tutte le volte che viene agitata da uno stimolo disturbante. Quando interviene uno stimolo disturbante aiuta intensificare per un po' la fissazione e cantare o pronunciare il nome (solo le sillabe sacre si prestano ad essere cantate, ma possiamo pronunciare ripetutamente “ fiore fiore fiore … o ciò che esso ci ispira “armonia armonia armonia”). La fissazione, dicono i Maestri, porta al silenzio della mente. Lo stato che io esperisco come umile camminatore è come un gioco di figura – sfondo, dove in realtà i pensieri non svaniscono ma finiscono piuttosto sullo sfondo, senza disturbare, dietro all' immagine del supporto. Come dice il mio Maestro, “divengono come api che smettono di ronzare e si posano sul fiore”. La contemplazione La seconda tecnica è la contemplazione : il meditatore osserva il proprio flusso mentale, mantenendosi distaccato da tutto ciò che sorge, piacevole o spiacevole che sia; insomma, si limita ad essere testimone imparziale del sorgere – transitare- sparire dei pensieri, delle emozioni, delle sensazioni e delle percezioni, piacevoli o spiacevoli che siano. Quando si accorge che il flusso mentale lo ha trascinato via ( il mio Maestro dice “Acchiappare i pensieri per la coda”) ritorna dolcemente ma celermente all'osservazione equanime. Come la fissazione, anche la contemplazione può essere fatta ad occhi chiusi o aperti. Con gli occhi aperti lo sguardo può essere posto nel cielo libero da nuvole, sulla massa informe del fogliame in un bosco, su una distesa d'acqua, su un muro vuoto. Dipende dalle circostanze, l'importante è che ci sia la caratteristica dell'uniformità, cioè l'esatto contrario della precisa individuazione richiesta dalla fissazione. In entrambe le tecniche la mente è spinta a funzionare in modo diverso dal consueto, quando viviamo identificati nel flusso egoico, ed è così possibile far emergere e sviluppare due qualità della sua naturalezza : la vacuità e la chiarezza. Non si possono vedere le cose con cui ci si identifica, così nella fissazione come nella contemplazione il meditatore opera sostanzialmente per un processo di disidentificazione dal flusso egoico: nel caso della fissazione ci lavora per calmarlo e renderlo meno disturbante, nel caso della contemplazione si limita ad esserne testimone equanime. I 2 lavori sono evidentemente sinergici. Gli ostacoli E' molto importante, quando si medita, essere molto presenti coi sensi e ai sensi. La calma della nostra stanza, il silenzio di un luogo ameno, il rilassamento muscolare e una discreta quiete mentale possono indurre al torpore, se non siamo vigili coi sensi, con tutte le porte aperte dentro e fuori di noi. ben presenti … nel presente. La prima cosa che spesso succede quando si comincia a meditare è che ci si rende conto di quanto il flusso egoico sia ininterrotto e caotico, difficile da calmare ed osservare con distacco. Per un principiante questo può risultare scoraggiante, ma è un passaggio obbligatorio, che si verifica spesso anche quando si diventa più esperti. Però, se il meditatore non si fa prendere dall'agitazione della mente e persevera nella pratica, magari applicando qualche mezzo abile di sua conoscenza per superare i momenti di crisi, il flusso diventa via via meno invasivo, subdolo e condizionante, e di riflesso si impara a vivere in modo più rilassato e consapevole. Un altro ostacolo mentale, molto subdolo, è l'aspettativa. Quando ci sediamo a meditare dobbiamo farlo senza cercare cercare nulla al di là del giusto atteggiamento sopra descritto. Se, ad esempio, ci sediamo per cercare tranquillità rischiamo solo di andare in crisi se la tranquillità non arriva e magari ci alziamo delusi e meno tranquilli di quando ci siamo seduti. Al contrario, se riusciamo a perseverare concentrati solo sul giusto atteggiamento la tranquillità arriverà da sola. Conclusioni In generale mi sono accorto che se riesco a mantenere la giusta via di mezzo in ognuno degli aspetti sopra descritti, le cose funzionano bene e riesco a meditare con buona continuità. Per lo sviluppo e il consolidamento delle pratiche i Maestri raccomandano regolarità. Mi permetto umilmente di aggiungere che sono senz'altro positivi anche periodi intensivi o addirittura ritiri di pratica personale. Lieto se ho potuto esservi utile, un grande abbraccio.
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