E poi ecco, come al solito la doccia fredda arriva all'improvviso.
La porta è chiusa, ho preso le mie pasticche e tutto è in ordine, posso mettermi a dormire. E' tardi.
Il sonno non arriva con rapidità perché il tarlo dell'inganno continua a farsi strada nelle mie orecchie, non posso fare a meno di ascoltarlo.
Non ci riesco neanche utilizzando i soliti metodi di sempre, il palcoscenico con gli attori che ho scritturato allo scopo di capire.
Anche questo continuare a vivere una vita non mia contro la mia stessa volontà, in fondo che senso ha?Una volta se ne sentiva il bisogno, un pò per colmare quella mancanza di amore che tutti prima o poi sperimentiamo, ma che invece ci sembra essere una nostra prerogativa esclusiva; un pò per provare davvero a vivere ciò che forse purtroppo o per fortuna non vivrò mai, o che probabilmente ho già vissuto chissà quando, e ho bisogno di ricordare.
L'ho sempre considerato poco più di un gioco o una malattia, solo da poco ho capito da quanti deliri mi ha salvato, e solo da pochi istanti mi rendo conto invece che è stato semplicemente il riassunto di tutto ciò che avevo bisogno di sperimentare per non trovarmi poi a doverlo vivere davvero per capirlo.
Cos'altro mi resta da pensare, nel bene e nel male?Non ho forse inventato tutto?
Se non fosse per quello stupido bisogno sensuale, se non fosse per lo stupido vizio di credere alla realtà concreta, allora si, tutto diventerebbe sperimentabile in modo innocuo. Lo so.
Ha senso trasferire il tutto nel calderone della realtà, quella convenzionale?Deve averlo, o tutti smetteremmo di farlo. Se fosse davvero così stupido allora smetteremmo di farlo... o no?O siamo forse una massa di stupidi, auto commiserevoli esseri?
“Vallo a dire a chi soffre”.
E' incredibile come una risposta può essere data in migliaia di differenti versioni, eppure significare sempre la stessa cosa. Farò esattamente così, eviterò di dirlo a chi soffre, e farò contenta la maggioranza della popolazione.
Anzi farò una cosa ancora più saggia, le terrò per me le mie stupide teorie su quanto è ridicola la pretesa di vivere la vita riempiendola di pensieri che si credono reali.
Non ho mai amato nessuno, ecco la verità schiacciante. Qualcuno ci riesce, in pochi a dire il vero, a me non è ancora mai capitato. E non parlo di amore eterno, di quelle visioni metafisiche e confuse che dovrebbero essere usate per amare e servire quella parte del mondo che ha bisogno di una luce, parlo dell'amore più spicciolo che esista, quello che ci insegnano da piccoli. Quello che presuppone delle aspettative e una sorta di carriera. L'ho vissuto, l'ho capito. Ho capito di cosa si parla nelle canzoni d'amore, ho capito cosa significa abbracciare qualcuno e sentirsene parte, ho capito come si possa diventare pazzi sulla base di qualcosa che sembra assolutamente vero.
Il problema è che nessuna delle persone che mi hanno accompagnato in questi viaggi, corrispondeva realmente a ciò che io amavo, e questo significa che non ho mai amato nessuno. Ho amato, si, ma non qualcuno, una mia idea.
La cosa non mi tocca poi troppo, in fondo sono abituata a sognare da una vita, non cambia nulla, se non la considerazione di ciò che è stato, se serve a qualcosa.
Ho pensato davvero seriamente al fatto che finalmente sarebbe andato tutto come doveva, che gli sforzi avevano portato ad un risultato, ma la concretezza è qualcosa di cui non posso più fare a meno, e quando manca diventa ridicolo anche il più puro fra tutti gli amori possibili. Ha davvero senso, persino in una realtà così logica e semplice, pensare senza agire?Voglio dire, ha davvero senso impegnarsi per una vita intera a capire, ma continuare a vivere come se non fosse mai successo?Non lo credo, ma ovviamente è indispensabile la condizione della consapevolezza.
Ci penso spesso a quanto sono stata ingenua nel comprare una gabbia più grande per i miei uccellini, non potevo neanche immaginare quanti gesti c'erano nascosti dietro a quel semplice desiderio di regalare loro qualche centimetro in più di quella falsa libertà di movimento.
Sbarre o non sbarre, questa è l'unica differenza possibile e sostanziale.
Molte volte la vera fortuna consiste nel trovarsi rinchiusi in una gabbia molto molto piccola, perché non si ha modo di dimenticare di essere prigionieri. Il problema vero che ci affligge tutti, senza esclusioni, è non riuscire a resistere alla tentazione di impiegare le nostre forze per costruire una gabbia più grande e confortevole di quella del nostro vicino.
Se non posso liberarmi mi basterà sentirmi più libero di te per essere felice, se non posso avere un cielo infinito, ne costruirò uno che lo ricordi per non sentirne la mancanza.
Ed ecco la gabbia diventa enorme e dorata, e la prigionia non pesa più, sembra la norma, perché come un uccellino nato e cresciuto in gabbia, anche un ego morirebbe senza l'acqua e il cibo che è abituato a ricevere, e la paura è il portone che sbarra l'accesso alla libertà.
Così siamo noi, aggrappati con le unghie alle nostre sicurezze costruite, ai nostri amori verso nessuno che esista davvero, ai nostri sogni adolescenziali trascinati un pò troppo in là, allo scopo di riempire vuoti.
E sembra che sia un processo naturale quello di preservare la propria vita, seppur in gabbia.
"Vallo a dire a chi soffre" che non è così. "Vallo a dire a chi soffre" che quella gabbia che lo rinchiude non esiste. "Vallo a dire a chi soffre" che la natura non ammette paure.
Ce l’ho io ora una domanda per chi soffre: perché a differenza degli uomini, se apro la gabbia gli uccellini volano via?