Testimonianze

 

Autoero(t)ismo

di Daria

 


 

Devo dirlo, sono letteralmente affascinata da questi strani momenti in cui la vita da sola sa costruirsi le sue trame e mi permette di perdermi senza essere costretta ad inventare e realizzare impalcature.
Sono quei momenti che lasciano addosso un sorriso costante che non svanisce neanche di fronte alla ferrea volontà di forzare le serrature dei ricordi dolorosi, giusto per vedere se le spine hanno ancora voglia di infilarsi nella pelle e fare male.
L’analisi è la stessa di sempre, una volta individuato l’oggetto del desiderio intendo. E’ raro che tutto sia nel posto in cui deve essere, ma purtroppo è tristemente comune la necessità di trovare forzatamente un posto a tutto. Un po’ come gli anziani in coda, che cercano un modo per saltare la fila, ognuno convinto che il suo malanno gli fornisca una giustificazione migliore di quelle altrui, ecco, i nostri malanni sono le nostre perpetue e insulse motivazioni per infilare con la forza qualcosa in un posto che non è il suo.
Abbiamo solo bisogno di una giustificazione, e in fondo trovarne è ciò che ci riesce meglio.
Io la mia l’ho scelta in quattro e quattr’otto, non ho dovuto neanche cercare, era tanta la voglia di uscire dalla pesantezza piombatami addosso come una pioggia proveniente dal cielo di un altro mondo, tanto il tempo trascorso da me e dagli altri a voler capire, che ho immediatamente riconosciuto come legittimo il mio desiderio di leggerezza. Ed improvvisamente è diventata una sicurezza. Nulla di più semplice.
Non che cerchi ancora stupidamente di capire se sia giusto o sbagliato, quella ormai so bene essere un’informazione che può essermi fornita solo a posteriori, dalle conseguenze.
Forse è più qualcosa di mio, qualcosa che serva a ricordarmi che comunque sono stata costretta a trovarmi una giustificazione. Oltretutto in occasioni che non la richiedevano affatto.
Ogni volta è la stessa identica storia da anni ormai, mi dico che stavolta renderò tutto più semplice e reale, che tutto corrisponderà a qualcosa che forse non esisterà mai, ma che potrebbe esistere eccome.
E invece puntualmente mi perdo fra gli invitati super selezionati di una festa a sorpresa, o fra i pugni in faccia e le violenze di qualcuno che da anni giura di amarmi come nessuno, sicuro che tanto non avrò mai la forza di lasciarlo andare a se stesso… o di lasciare andare me. Devo metterci l’invidia e la gelosia, la sofferenza e l’incapacità totale e continua di arrivare a ciò che volevo, se non per poco. Altrimenti non ne traggo nessun insegnamento e nessun piacere.
Ogni volta mi riprometto di non uccidere più nessuno, nemmeno col pensiero, e invece mi ritrovo ad utilizzare le vite altrui come fossero le pedine di un mio gioco, di qualcosa che ho inventato totalmente, dalle regole allo scopo finale. Soprattutto decido io chi vince, e non sono così scaltra da vincere sempre neanche così. Per fortuna direi.
Tutto ciò mi fa sorridere, mi fa sorridere la mia follia e le sue sceneggiature fantasiose.
Sembra un gioco, ma in fondo è la parodia della vita vera, e non lasciarmi sempre vincere mi ricorda che non sempre si vince.
Oppure forse che si, si vince sempre, a patto che lo scopo non sia quello.