Non te ne andare, non serve a niente.
E non tornare, non tornare che nessuno ha bisogno di te.
Ma soprattutto non avere paura.
Non so cosa chiedermi, ho provato a farmi delle domande, ma si sono palesate nella loro stupidità talmente in fretta, che non ho potuto fare a meno di riderci su e impedirmi per principio di darmi delle risposte.
Cosa me ne faccio delle risposte quando non includono neanche per un secondo ciò che ho assodat essere vero?Tienile per te, ti saranno molto più comode se nessun orecchio si presterà ad ascoltarle, sembreranno meno dolorose.
Ma quanti mondi esistono?Oggi ho ascoltato i deliri di una vecchia che non può fare a meno di pensare che qualcuno stia attentando alla sua vita per riuscire ad ottenere quel briciolo di dignità che la stanchezza altrui le nega ormai da un pò. Più tardi però, le voci di chi la rimproverava mi sembravano ancora più deliranti e fuori contesto.
Erano le stesse voci della condanna durante il pranzo, le stesse che cercavano di convincermi che abbiamo il diritto di punire le ingiustizie. Non solo, tentavano ardentemente di farmi credere che una volta che giustizia è fatta, non è giusto tenere in considerazione nient'altro, come se il pentimento non fosse mai puro. Follia.
Non riesco più a non sbalordirmi e a non soffrire di tanta arroganza, eppure fino a poco fa sembrava perfettamente normale e ragionevole.
Come posso far finta di non vedere il male che la rabbia della vendetta restituirà puntualmente al mittente?
Ci provo a ricordare un istante di purezza, ma apro gli occhi e l'orgasmo sembra essere rimasto attaccato alle pareti della vasca da bagno, deve essere lì da giorni. Visto così sembra un piacere qualunque, e non la beatitudine di perdersi nel silenzio perfetto di qualcun altro.
Per quanto sembri un'immagine spietata però, non mi fa tristezza, in fondo è la fine di ogni piacere quella di rimanere attaccato ad una parete. Magari per essere ammirato.
Ho passato così tanto tempo a dare importanza alla rabbia, che ho perso di vista l'importanza del desiderio, e lui poverino, ha dovuto provvedere da solo a trasformarsi in dolore per permettermi di dominarlo.
Ammetto che in altre vesti non sarei mai riuscita ad identificarne l'origine, lo ammetto. E non sono neanche sicura che d'ora in poi saprò farlo.
Però adesso lo so.
Devo ribadirmi il concetto principe dell'essere in grado di dimenticare.
Devo ripetermelo e ripetermelo migliaia di volte ancora, perché è più importante di quanto io abbia già intuito in passato, ne sono sicura, è indispensabile.
La prima volta che ci ho fatto davvero caso, alle parole di un Dio intendo, il massimo che sono riuscita a pensare è stato che gli umani dessero un significato così romantico e affascinante alla parola "perdona", da non accorgersi neanche che era seguita dalla sua essenza: "e dimentica".
Da dove mi trovo ora si vede perfettamente la superficialità con cui anch'io ho sottovalutato quella parola considerandola una conseguenza della prima.
Non esiste il vero perdono senza il dissolvimento dei pensieri, e forse, se non si riesce a credere alla purezza del pentimento profondo, è perché non si è sperimentato in prima persona.
Esiste, ma è una di quelle avventure che non si possono vivere sulle spalle degli altri, o credo sia impossibile crederci davvero.
Ma cosa vuoi che me ne importi?Io non ho più nessuna possibilità di scelta sui fenomeni, non posso che gettare lì una briciola di compassione e fuggire via, come ho fatto davanti alle voci deliranti.
Su questa mia stupida mente si che posso ancora qualcosa, sono il bue davanti al fiume, che cerca di cancellare il paesaggio intorno e continuare a bere.
La morte comunque arriverà lo stesso... e la cosa fa sorridere.