Testimonianze

Testimonianze di Daria
 

 La solitudine comoda

Troppe, troppe cose da lasciare indietro e buttare via senza averle davvero vissute ed interpretate, sono troppe, e sono troppo diverse. Eppure vanno gettate alle spalle.
Però occorre in qualche maniera trovare il legame che esiste fra ognuna di loro e cercare di mantenere almeno quello dopo averlo scoperto, altrimenti tutto questo non è servito a nulla e non servirà nemmeno parlarne.
Sono stata svegliata dalle urla dei morti, non dalla terra che tremava, ma dal grido soffocato dello sguardo allibito e sofferente di centinaia di persone.
Non mi era mai successo, sono scattata sull'attenti con una violenza tale che sembravo io stessa il terremoto che portava via tutto.
Soffocata dalle lacrime di chi non vedevo, ero forse sprofondata già troppo in quell'empatia per rendermi conto che la luce filtrava fra le rocce che facevano prigionieri alcuni di quei corpi, o forse non ci credevo.
Forse non volevo crederci perché la morte la immagino al buio e la luce le da troppo colore perché possa esistere senza diventare ridicola e grottesca.
Invece c'era luce per chi sapeva vederla.
La paura...
non mi sono accorta di aver avuto paura finché non ho avuto coscienza della mia totale perdita di coscienza.
Non può essere che un sentimento a farti arrivare a questo.
La solitudine faceva di nuovo paura dopo tantissimo tempo.
Niente però è ora più spaventoso del volerla mandare via, la solitudine che ti sballotta l'anima quando hai paura, ma che ti tiene vigile quando stai per perdere la sua purezza. Oltre a darti la sicurezza che solo tu hai visto le cose di te di cui ti vergogni... la solitudine di comodo.
E poi giù verso le strade desolate, ad osservare tutto ciò che rimane dell'umanità, se c'è mai stata.
Mi soffermo a pensare che per sentire i lamenti di chi ancora lotta contro la polvere c'è bisogno del silenzio più assoluto, quello della morte sembra perfetto.
Poi sento di nuovo le voci, il pianto, e mi dico che purtroppo non siamo ancora così bravi da servirci della morte per salvarci la vita,
purtroppo ancora siamo costretti a sottostare ai voleri capricciosi di una sofferenza senza spiegazione.
Saprai vederlo davvero tu?O sei solo l'illusione di qualcosa che già sapevo e desideravo?
Perché?La domanda più frequente.
Da sempre è questo che ci chiediamo, cerchiamo un motivo.
Perché?
Poche parole hanno in "né la potenzialità di un così enorme numero di risposte, eppure, per quanto ci siamo sforzati nei secoli, nessuna risposta è andata bene davvero. Almeno non per tutti.
Perché?una domanda senza risposta (se esiste) è una domanda inutile ed è sprecato ogni attimo che si perde facendola.
E' più probabile che una risposta ci sia, ma che non tutti siano in grado di trovarla.
Qualcuno offre il suo aiuto per gli altri, qualcuno invece ne approfitta per aiutare se stesso facendo razzia di qualsiasi parvenza di sacralità o di vita...è una vergogna solo sentirne parlare, almeno così dicono.
Io da parte mia trovo inutile anche gridare allo scandalo, non vedo differenza fra i due, in fondo si tratta sempre di aiutare qualcuno che ha bisogno di aiuto. Ben venga, mi assumo io la responsabilità.
C'è anche chi racconta, chi ha trovato il suo angolo comodo entrando a scavare fra i ruderi delle coscienze, e pensa davvero di saperlo fare bene. E di farlo per fare del bene.
Non credo sia un diritto di nessuno se non di se stessi, ma a quanto pare quello che credo io è ben diverso dalla realtà... attenti a non perdere la vostra però, di coscienza, mentre cercate risposte in quelle degli altri.
Potreste facilmente dimenticare che le risposte sono le stesse per tutti.
E poi c'è la paura più grande, quella di trovare il coraggio di dire che no, non è affatto un'ingiustizia, e no, non è affatto un caso...
Fa paura davvero dirlo quando si ricorda alla perfezione il grido di quei morti.
Fa paura pensare che ci sia un motivo per morire, ma c'è.
Fa paura anche sapere che non si hanno più scuse per dire di no, non c'è via d'uscita, non c'è giustificazione al rifiuto sterile di un pò di serenità...e dell'eternità.
Fa paura voler affrontare la grande massa di zombie feriti che vagano senza meta per il mondo, lo sguardo perso e l'impossibilità di distinguere ormai se è il pavimento a tremare o le loro gambe.
Fa paura pensare di dover sorreggere tutti i muri con la sola forza delle proprie braccia, per evitare che ne cadano ancora.
Ma non c'è altra possibilità, non c'è alternativa alla paura, non c'è altra strada che quella che porta a guardarla in faccia.
Le altre sono tutte inagibili, per via del terremoto.

 

SMETTO…

Non so bene, resto sempre un pò stupita davanti a ciò che non ricordo essere mai stato mio. Mi piace molto fissare attentamente l'assurdità degli accadimenti e fare un sorrisetto ironico. Mi piace far finta di guardarmi mentre sorrido, mi piace soprattutto quando indosso gli occhiali da sole.
Ciò che vedo è un mio problema, o la sua possibile soluzione.
E' difficile esprimersi quando non si vive insieme un'esperienza ed il suo esatto contrario, i pensieri diventano faziosi e lattugginosi tanto da annoiare persino se stessi.
Meglio ridere un pò, anche perché non trovo altre reazioni possibili.
Spesso e volentieri mi faccio ridere, non nel senso comico del termine, semplicemente mi trovo simpatica e mi piace intrattenermi. L'inaspettata occasione di vivere senza termini di paragone, ecco cosa stupisce davvero, altro che scoprire le proprie follie, non sapere più cos'è la follia perché non hai nella testa il concetto di non follia.
Sembrava partito davvero bene il pensiero, liscio come l'olio andava a scorrere nelle mie vene, muoveva le mani e schiacciava i tasti, invece no.
Ho dovuto cancellare ben due righe fra quelle già altamente selezionate dal mio senso del pudore e dal mio snobbismo scellerato verso le forzature. Eppure erano già sullo schermo, nero su bianco, quindi evidentemente le avevo ritenute valide, ma il problema è che a vederle invece che ascoltarle e basta, non sapevano di niente.
Niente che potesse essere comprensibile agli occhi di chi vede, intendo, e solo a loro ormai ho l'egoistica voglia di arrivare. Non mi piace ciò che non sa di niente, a meno che non sia il niente. In ogni altro caso sarebbe come mangiare cioccolata e sentire il sapore del mare.
Sono molto indecisa su come la vita stia cercando di proteggermi e salvarmi da ciò che ancora voglio troppo fermamente, non riesco ancora a vedere se lo fa spronandomi o frenandomi, ho deciso di rimanere immobile finché non sarà più chiara, non è un'ottima soluzione? O meglio, non è l'unica soluzione possibile? Qualsiasi altra mossa avrebbe in "né un potenziale di errore pari almeno al 50%. Un pò troppo anche per noi temerari, no?
E se traduciamo il "potenziale di errore" con la "responsabilità" il teorema conduce inevitabilmente a soffermarsi più a lungo sulla scelta. Diventa un dovere. Voglio dire, un conto se fossi costretta, ma visto che stare fermi si può...
Devo farne ancora una, o scriverne ancora una, non so. So che non si chiude così facilmente. E' che la voglia di percorrere kilometri e kilometri sulle linee sottili dei pensieri è ancora inevitabilmente accompagnata dalla pioggia incontenibile di parole.
Lo so, dovrei smetterla, ma non riesco a resistere al fascino altamente erotico della parola giusta al momento giusto. Alla fine però desisto dal desiderio, evito di creare nuovi mondi, che questo da solo già riesce a tirare fuori il peggio di noi.
Un pò bambina, un pò un soldato in guerra, un pò una beona di notte nei vicoli del centro. Ho idea che risulti davvero troppo difficile ritenermi credibile, comincio a pensare che…


 

Perennemente sostenuta dalla realtà dei fatti.

Ma quale dannata storia finta mi sono messa in testa di raccontarmi stasera?
Dopo anni e anni continuo ancora a mentire alla mia testa, come se fosse lecito perché tanto se vuole lei la verità la vede.
Sono arrabbiata. Non è da adesso, sono arrabbiata da un pò, solo che non riesco ad esserlo, non mi va di perdere tempo dietro a certe stupidaggini, però lo sono. O meglio, lo è.
Sono estremamente arrabbiata con la mia mancanza di coraggio, che poi altro non è, se vista con gli occhi giusti, che la mia continua ricerca della virtù.
E' strano davvero, difficile da capire finché non lo si sperimenta, ma gli ostacoli realmente superati sono quelli che quando si ripresentano non vengono più valutati come ostacoli. Da chi poi non si sa bene.
La cosa è a tratti divertente, perché mi capita spesso e volentieri di dirmi che avevo ragione ad essere arrabbiata (sostenuta dalla realtà dei fatti), non può essere sempre tutto così diverso da come sembra, non ha senso a meno che non nasconda qualcosa di simile o di più utile del pensiero iniziale. Altrimenti è solo molto stupido o molto assurdo.
A volte si fa fatica a distinguere fra il distacco verso qualcosa e la repressione di quel qualcosa, reprimere è sempre un danno, distaccarsi non lo è mai (e pensare che da fuori sembrano esattamente la stessa cosa).
Ok, credo di essere finalmente arrivata al nocciolo della questione, almeno ad uno dei noccioli, ad alcune domande (con relative risposte) che potrebbero cambiare qualcosa.
Il punto è questo: ho sempre tenuto troppo in considerazione la parola, le ho sempre attribuito un valore quasi sacro, l'ho sempre venerata e amata come una Dea.
Scritta o volante.
Non è stata questa la parte difficile da scoprire, non è certo una novità sconosciuta, ma è interessante notare la disattenzione che esercito puntualmente (o quasi) nell'utilizzarla. In questo caso molto più quella volante di quella scritta.
Fa paura.
Non mi son mai curata dei danni perché in fondo dire sempre la verità di danni così enormi non può provocarne, pensavo sinceramente che la buona intenzione di partenza fosse tutto.
Ed è chiaro che questo sia uno dei principali motivi per cui non mi sono ancora corretta e ancora aleggio in un mondo fantastico di parole che vivono di vita propria, ne trovi sempre una più adeguata nascosta dietro all'ultima riga che hai letto, io regalo orgasmi infiniti ad ognuno dei miei sensi umani ogni volta che vedo qualche segno prendere vita nella culla del discorso.
Però riuscendo a concepire anche lontanamente l'idea che forse, in qualche modo, potrei anche evitare di sciorinare al mondo qualsiasi mia mossa, bè, qualcosa si è mosso.
Sminuisce un pò quel senso di assoluto che danno le lettere, quell'arma così seducente che ho sempre considerato la via più semplice per far conoscere al mondo tutte le meraviglie che vedo e che vorrei condividere.
Oggi forse in parte inizio a ricredermi. Le parole creano mondi, questo non posso metterlo in discussione, sarebbe negare ciò che faccio quando scrivo.
Se parto da questa affermazione prendendola come verità assoluta bè, tutto fila liscio come l'olio, qualcosa che "crea" è per definizione già fuori dal sentiero.
Potrebbero davvero generarsi catastrofi a causa di una frase.
Ora però, ammesso a me stessa che dovrò piano piano fare a meno delle parole inutili, ammutolita e spaesata davanti all'inevitabilità dell'evento, giro lo sguardo verso di voi, ma non per giudicare, più per leggere i giudizi che avete creato su di me. Mi serve a capire quanto e come posso evitare di creare qualcosa che non serve.
Mi ripeto spesso che pur non avendo condiviso tanti giudizi che mi sono stati appiccicati addosso, in qualche modo devono tutti rispecchiare una realtà vera. Almeno quella di chi in quel momento ha visto.
Del resto mi sembra abbastanza stupido ed infantile credere che chi sta intorno ci veda per ciò che davvero siamo, già è improbabile riuscire a farlo da soli.
Mi sembra un capriccio ridicolo anche il pensare di avere il diritto ad essere capiti, e mi sembra la solita, stupida cantilena lamentosa questa ricerca continua di una via di fuga rapida dai pericoli e dai dolori, come se evitato il primo si fossero evitati tutti.
D'accordo, probabilmente sarò stata arrogante, saccente, presuntuosa, a volte troppo dura, a volte troppo idealista. Non lo metto in dubbio.
Lo so, sono ripetitiva e noiosa. Ma accade perché so bene di non essermi spiegata bene. Voglio dire, esce fuori davvero la mia oppressione nel non riuscire a far credere a nessuno quanto sia enormemente appagante essere felici?Questo è ciò che maggiormente mi preme.
Se giro lo sguardo verso il mondo mi chiedo dal profondo come diavolo fate.
D'accordo, forse mi sbaglio e non colgo il vero e assurdo senso di questo peregrinaggio in una terra di tutti e di nessuno, ma se non è come penso io, allora come si fa a sopportare?
Se tutto è un caso trovo impossibile non avere paura, e il fatto che io non ne ho è la mia personale prova dell'inesattezza di questo vostro sistema mentale.
Come fate a svegliarvi la mattina in un mondo in cui può succedere di tutto?
Come fate a sopportare la visione di un bambino con la pancia piena d'aria e le mosche in faccia?
Come riuscite a gestire il dolore che nasce ogni giorno solo guadandosi intorno?
Come ci riuscite?Io non ce la faccio, davvero. Non più almeno, non a farlo come lo fate voi, continuando a chiedervi perché senza mai riuscire a dare una risposta.
Mi arrabbio perché una risposta c'è. Mi arrabbio perché ascoltarla fa più paura che restare nel dolore. Mi arrabbio perché nel dolore voi volete starci.
Sono stanca e arrabbiata nel sentirmi paradossalmente più debole del mondo, non è giusto e non è così, non evito il dolore per paura, ma per totale mancanza di ruoli da adottare. Sono arrabbiata, ma forse ancora di più sono stupita.
Come ci riuscite? Come fate? E come ci riuscivo io?
Non posso davvero più capire come sia possibile tenere così tanto peso sulle spalle.
Sono arrabbiata ma non riesco a prendermela con colui che il mondo cerca come capro espiatorio, sono arrabbiata ma non ho alcuna voglia di lasciarmi andare.
Qualcun altro è arrabbiato, io no.


 

Poi d'improvviso mi sciolse le mani, e le mie braccia divennero ali....

Mentre scambiavo parole piene di cose vissute sulla mia stessa pelle, ho iniziato a vedere altre parole e sensazioni trasformarsi e diventare qualcosa di molto più buono, dolce e profondo.
Era qualcosa di diverso da ciò che mi era stato detto in precedenza, anche se i fatti raccontati erano gli stessi, forse solo regalati a persone che ne sapevano meno... ma non ho ben capito se questo le rendeva più o meno affidabili nei giudizi.
E' successo subito dopo che la stessa voce bassa e roca, sussurrando mi aveva spinto ad arrivare alle stelle.
All'inizio ha detto che dovevamo semplicemente chiudere gli occhi e sembrava facile, poi ha iniziato a guidarli all'indietro, a farli girare su se stessi, e ho visto il mio cranio pieno di buio, ho continuato dritta fino ad arrivare alla nuca.
Ecco, ormai c'ero nel buco nero di cui avrei sentito parlare solo qualche ora dopo, e anche se ormai sono profondamente innamorata del buio, effettivamente devo ammettere che chiamarlo "buco nero" gli attribuisce tutt'altro significato. E' facile pensare a qualcuno negativamente perso in un buco nero, anche se io trovo che sia uno dei posti più sicuri al mondo. Sicuro perché vicino alla realtà.
Per fortuna la voce ha ripreso a parlare e mi ha svelato che quella non era la mia nuca, ma l'universo cosmico.
Le vedi le stelle?Le vedi?Devi alzare lo sguardo, non puoi davvero credere che saranno loro a venirti incontro, è ridicolo... le vedi ora? Devi credermi se ti giuro che solo dopo aver avuto il coraggio di entrare in un buco nero acquisisci la facoltà di vedere (anche se non è detto che tu veda).
A volte il motivo per cui non si alza lo sguardo è che si pensa sia inutile quando ci si trova in un buco nero, invece è l'unico posto in cui valga la pena farlo.
Alza lo sguardo mi diceva la voce, ed io l'ho fatto ed ho visto le stelle. Ci sono davvero, e sono solo lì, non c'è più bisogno di cercare o di stringere gli occhi per metterle a fuoco, sono lì, basta solo avere il coraggio di alzare lo sguardo. E quello di buttarsi in un buco nero, ovviamente.
Probabilmente la difficoltà è maggiore per chi nel buco ci è caduto involontariamente, questa è l'unica giustificazione che riesco a dare all'immobilità.
Poi di colpo un ordine inaspettato: rompine una! Avanti, butta con passione le braccia in alto, chiudi il pugno e frantuma una stella. Uscirà la sua luce.
Ho chiuso gli occhi appartenenti al corpo che immaginavo nel buco nero, ho colpito con tutta la forza che avevo, e così la cascata di luce ha iniziato a scendere, ed io là sotto con la testa a lasciarmi bagnare.
E giù, scendeva sul collo, sul petto, fra le gambe, ormai era ovunque mentre la voce mi diceva di non lasciarla semplicemente scivolare sul mio corpo, ma di lavarmi e depurarmi con essa... purificarmi. Se hai un malessere focalizzalo, lei lo porterà via. Ma io non avevo malesseri, almeno non ne avevo di miei.
Poi da dietro al buio e sotto specifica richiesta della voce è spuntato, io lo vedevo appena accecata da tutta quella pace e presa nel mio bagno d'amore.
Che diavolo fai fermo lì?Non ha senso, vieni qua sotto (improvvisamente la voce era mia e non più fuori campo), se non sai ancora far esplodere una stella, sarò felice di condividere con te o con chiunque la luce della mia. Ma lui non voleva, e scappava, si contorceva. Era davvero convinto di soffrire.
Allora con coraggio sono uscita dalla cascata, e mi sono immersa di nuovo nel buio con tanta forza, che me lo sono ritrovato tutto in faccia. Il buio e il suo terrore.
Ho preso quella stella spenta e l'ho stretta a me, più forte che potevo, e con violenza l'ho buttata sotto la doccia di luce. Era l'unico modo che mi rimaneva per farlo.
Lo stringevo forte per tenerlo fermo e lui si dimenava e si agitava per la paura... tanto da svenire.
Esausta ho mollato la presa e ho iniziato a lavarlo accuratamente, e tolta la polvere superflua vedevo benissimo dov'erano le macchie della paura.
Sul cuore e sulla testa, come se fosse una novità poi, da quale altra parte avrei mai potuto trovarle? Siamo convinti che sporcare quei punti ci renda esseri umani speciali, quando la vera eccezionalità consiste nel riuscire a tenerli puliti.
Eppure agli occhi dei più sembra davvero qualcosa di invalicabile, quando è solo l'inizio della santità.
E tutto il tempo a strofinarlo, non mi preoccupavo della sporcizia che dal suo cuore è passata nelle mie mani. Il nero preferisco conservarlo io, che so come trattarlo.
Voi non preoccupatevi e pensate solo a non avere paura.
Come si può non capirlo?Dammene un pò, ti prego, non tenerlo tutto per te, lascia che anch'io usufruisca un pò del meraviglioso dolore di un buco nero, è la cosa più vicina alla verità.
Domani tornerò a fare pulizia, poi, quando sarai di nuovo in piedi forse vorrai imparare a rompere una stella, ed io te lo insegnerò, così come è stato insegnato a me.
Non perché lo voglio, ma perché è un mio preciso dovere.
C'è una voce bassa e roca che trova assolutamente normale qualsiasi cosa accada, ed io mi sono affidata a lei.
Vive nei buchi neri, e si incontra solo al buio.
Del resto solo i bambini hanno paura del buio, gli adulti lo sanno bene che i veri mostri esistono solo nella realtà palesata.
C'è una voce molto simile alla tua, semplicemente ti spiega come non aver mai paura di niente, ma se urli in preda alle tue ipocondriche fantasie sui dolori del buco nero che avvolge tutto, non riuscirai mai a sentirla.