Gli scopi reconditi, ma non troppo, sono quelli di dare alle masse delle valvole di sfogo che possano in qualche modo assopire la mente e la coscienza degli individui che potrebbero esplodere in esigenze esistenziali più impegnative che la cultura dominante non è in grado di dare. Naturalmente non si tiene conto che in questo modo l’esigenza del sesso in un individuo diviene sempre più insopprimibile al punto che ne diviene succube con la necessità di soddisfare ad ogni costo tale impulso e l’essere umano si priva della cosa più preziosa dell’universo, la sola cosa che veramente gli appartiene: la libertà di disporre di se stesso, di essere padrone dei propri istinti, del proprio corpo, della propria mente, della propria coscienza. Ma l’aspetto più drammatico del problema non è tanto lo svilimento del sesso, ridotto ormai a mero sfogo carnale, alla stregua di un bisogno fisiologico, alla più banale, materiale, squallida routine, ma la carenza di consapevolezza che l’atto sessuale è il mezzo attraverso cui viene chiamato al mondo un nuovo essere. Particolarmente duro era il giudizio di Pitagora verso l’irresponsabile attitudine delle masse a procreare casualmente o per semplici impulsi erotici. Egli riteneva che l’attività sessuale non finalizzata alla procreazione rendesse più deboli nel corpo e nello spirito. Quando gli fu chiesto se era lecito indulgere nel sesso rispose “ogni volta che vuoi diventare più debole”. Anche Platone sosteneva che la perdita o il sovraconsumo del liquido seminale esauriva la vitalità del sistema nervoso; dello stesso parere erano Epicureo, Democrito ed i filosofi Hindù. Anche se il sesso non è mai senza effetti collaterali, lungi da una cultura sessuofobica che copre con vergogna il corpo umano e considera, ipocritamente, criminoso qualunque atto sessuale al di fuori della coppia ufficiale, occorre però anche chiedersi: quali vantaggi hanno avuto le popolazioni occidentali con la estrema liberalizzazione del sesso? Sono stati più i vantaggi o i problemi che ciò ha creato? E non si ritorni col solito concetto che il fare l’amore è un’esigenza come il mangiare, il bere o il dormire, perché senza mangiare, senza bere o senza dormire si muore mentre senza fare sesso si può vivere altrettanto bene. Considero il mettere al mondo un bambino, per il solo piacere di avere un figlio, l’azione più irresponsabile ed egoistica che l’essere umano possa compiere. L’attrazione fisica e il piacere che ne deriva è la “trappola” predisposta dalla natura per stimolare i viventi a perpetuare la vita. A differenza degli animali la cui procreazione è governata da naturali leggi intese a mantenere l’equilibrio delle specie e quindi tutta la creazione, la specie umana è quasi la sola che, salvo casi eccezionali, utilizza l’atto sessuale al solo scopo di procurarsi piacere. Come può un individuo decidere, per un suo egoistico vantaggio, di chiamare al mondo un nuovo essere umano, una nuova persona che esisterà per sempre nell’universo spirituale e che nella sua esistenza terrena avrà certamente la sua porzione di felicità ma anche la sua porzione di lotte, sacrifici, sofferenza e infine la morte? E’ giusto decidere di avere un figlio per se stessi, per i propri vantaggi, per la soddisfazione di avere una progenie a nostra immagine, un figlio che possa ereditare ciò che abbiamo accumulato o che possa perpetuare la nostra stirpe? Non dovrebbe forse avvenire per la volontà di donare al figlio la gioia dell’esistenza, i beni della vita e in questo modo dare al mondo un essere positivo, in armonia con il prossimo, al servizio del bene collettivo, un elemento che sia una benedizione per tutti? Da genitori incapaci di governare i propri impulsi erotici e da un’azione irresponsabile od egoistica può nascere un individuo (e quindi una società) saggio, forte, equilibrato e sensibile? Io non sono certo per l’estinzione del genere umano, ma per un’umanità profondamente responsabile e consapevole dell’atto sessuale e del valore inestimabile della vita. Nel gioco imprevedibile della vita il bambino occidentale ha moltissime probabilità di nascere sano, essere fortunato e vivere felice, ma ha la probabilità anche di essere sfortunato, di nascere con un handicap, di incorrere, da grande, nel consumo di droga, di subire un incidente, di essere infelice. La vita per molti è un paradiso ma per alcuni è un inferno. Quanti genitori si chiedono se il futuro bambino è consenziente di venire al mondo? Se potessero chiedergli il consenso a nascere forse accetterebbe a condizione che i genitori si amino di vero amore, che nella sua famiglia ci sia armonia, gentilezza, garbo, gioia; contrariamente, nel dubbio di un’esistenza infelice, se dovessero mancare a priori queste condizioni, probabilmente nessun essere accetterebbe di nascere. Sulla lapide di un cimitero c’era scritto: “Qui giace un uomo che non ha chiesto né di nascere né di morire”. Quando si decide di avere un figlio si è invasi da mille progetti: si pensa alla gioia che il bambino darà ai genitori, che riempirà la loro vita spesso incompleta per carenza di ideali. Spesso si progetta la nascita di un secondo figlio per dare un fratellino al primogenito. Insomma a tutto si pensa eccetto che al bambino che dall’universo sarà chiamato ad esistere. E’ forse proprio l’incognita del futuro che spinge all’esistenza gli esseri umani? E’ necessaria una buona dose di irresponsabilità e di egoismo per mettere al mondo dei figli? Non credo. Certo, con la logica della paura di condannare ad una esistenza infelice un individuo l’umanità si ridurrebbe drasticamente. Ma se l’umanità tenesse conto di questo, se desse all’atto sessuale e alla procreazione il giusto valore, se desse maggiore importanza alla vita, all’amore, al nascituro, farebbe un inimmaginabile salto di qualità: la vita sarebbe finalmente il frutto dell’amore e non dell’egoismo. Se i genitori fossero veramente consapevoli della stupefacente possibilità di generare una nuova vita, del grandioso compito di poter, attraverso la procreazione, dare al mondo un nuovo elemento armonico, positivo, luminoso, capace di contribuire al bene collettivo, certamente darebbero al sesso la giusta importanza. Non si tratta di soffrire nella rinuncia di uno dei piaceri più forti della vita (questa è una scelta possibile solo a pochi “eletti” come diceva S. Paolo, “E’ meglio sposarsi che bruciarsi”) ma di essere noi a decidere, e non i nostri organi sessuali, quando fare l’amore con la persona giusta. Si tratta di restituire all’atto sessuale la sua sacralità: solo in questo modo, a mio avviso, potrà nascere una nuova umanità fatta di esseri forti, liberi e capaci di autodeterminare il proprio destino ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- COMMENTO di Aliberth – Pienamente, totalmente d’accordo, caro F.L.M., e puoi trovare riscontri di questa mia concordanza nei nostri vari articoli e testimonianze che appaiono in questo sito… Non ultima, proprio la traduzione messa oggi stesso, cioè: “La Verità del Tantra”, in cui si chiarisce l’importanza di una forma di sessualità ‘sacra’, che non serva solo all’egoistico scopo procreativo o peggio ancora, all’animalesco sfogo di foia e brama. | | |