Testimonianze

I giudici: un "rasta" può avere
grosse dosi di Marijuana
<<se le usa per meditare>>...
 

Dai Quotidiani: (10 luglio) - I "rasta" trovati in possesso di marijuana troveranno d'ora in avanti maggiore comprensione davanti ai giudici. Lo dice la Cassazione che ha accolto il ricorso di un condannato a 1 anno e 4 mesi di reclusione per illecita detenzione a fine di spaccio. Secondo la Cassazione infatti i giudici dovranno considerare che, per gli adepti di tale religione fumare marijuana favorisce la contemplazione e la preghiera "nella credenza che l'erba sacra sia cresciuta sulla tomba di re Salomone". Nel caso specifico il condannato era stato trovato in possesso di un etto di "erba". Lui aveva sostenuto di essere un rasta fariano e di fumare l'erba in base ai precetti rasta, che ne consentono l'uso quotidiano anche di

 

 
10 grammi al giorno. I giudici devono essere comprensivi nei confronti dei seguaci della religione rasta trovati in possesso di abbondanti quantità di marijuana perché, per coloro che seguono questo credo, fumare erba favorisce la contemplazione e la preghiera «nella credenza che l'erba sacra sia cresciuta sulla tomba di re Salomone». La Cassazione ha accolto il ricorso di Giuseppe G. contro la condanna a un anno e quattro mesi di reclusione e quattromila euro di multa che gli era stata inflitta dalla Corte di appello di Perugia nel 2005. I carabinieri lo avevano trovato con circa un etto di erba. Davanti alla Suprema Corte l'uomo ha dichiarato di essere un rastafariano e di fumare l'erba in base ai precetti della sua religione, che ne consentono l'uso quotidiano anche di 10 grammi al giorno.
Con la sentenza 28270 della Sesta sezione penale, la Cassazione ha ritenuto «fondato» il ricorso di Giuseppe G. con riferimento al fatto che i giudici di merito non avevano considerato «la religione di cui l'imputato si è dichiarato praticante», escludendo che potesse detenere un simile quantitativo di marijuana per esclusivo uso personale. «Secondo le notizie relative alla caratteristiche comporta-mentali degli adepti di tale religione di origine ebraica, la marijuana non è utilizzata solo come erba medicinale, ma anche come erba medicativa. Come tale possibile apportatrice dello stato psicofisico teso alla contemplazione nella preghiera, nel ricordo e nella credenza che l'erba sacra sia cresciuta sulla tomba di re Salomone, chiamato "il re saggio" e da esso ne tragga la forza».
Per questa ragione la Cassazione ha richiamato la Corte d'appello di Perugia per aver condannato Giuseppe solo sulla base del «semplicistico richiamo al dato ponderale della sostanza», trascurando di valutare le «modalità comportamentali del rasta». La Corte d'Appello di Firenze adesso dovrà riesaminare la vicenda perché gli Ermellini hanno annullato, con rinvio, la condanna di Giuseppe.

COMMENTO di Aliberth: Attribuire il consumo di una sostanza alla pratica religiosa mi sembra del tutto fuori luogo, soprattutto se questa associazione venga fatta in ambito giudiziario. Allora, se uno fa parte di una setta satanica dunque verrà autorizzato a bere il sangue di una bella vergine? Consideratelo come uno stupido esempio, una sorta di provocazione... Ci sono forse religioni riconosciute e altre un pò meno? E su quale base spirituale un giudice puo' valutare se una religione e' valida o no? Ci sono persone che hanno portato per anni sulla testa i capelli alla moda ‘rasta’, ma non per questo sono mai stati autorizzati ad infrangere la legge; e quando l'hanno fatto, sono stati ben informati delle conseguenze a cui andavano incontro... Senza fare troppa confusione tra un uso terapeutico (sul quale, a mio parere, vale la pena studiare e fare della ricerca seria) ed un uso ludico, senza introdurre falsi moralismi o cieco perbenismo, mi sento solo di dire:
il consumo di una sostanza è da considerarsi responsabilità propria dell'individuo che ne fa uso, poiché il suo abuso interferisce e mette in pericolo, nella maggior parte dei casi (salvo rari casi di eremitaggio), la vita sociale, le relazioni ed il contatto con la nostra (sia pur apparente) realtà. Anzi, dirò di più. Fermo restando che l’uso di sostanze psicotrope possono, in qualche modo, aiutare a scoprire una forma di ‘realtà’, forse anche più vera, tuttavia il caderne schiavi e rimanerne dipendenti, non fa altro che peggiorare la nostra originaria qualità mentale e alla fine limita, o addirittuara altera, la possibilità che questa ‘vera realtà’ possa essere scoperta e ‘vista’ senza bisogno di supporti psichedelici, ma proprio e solo con lo sforzo della pratica meditativa. Sforzo e pratica della meditazione che, peraltro, non lasciano nella mente un ‘vuoto’ così sterile e privo di ‘saggezza’, come invece accade con chi cerca una visione della ‘verità’ con queste sostanze allucinogene.
P.S. – Vedi in questo stesso sito, al n. 8 della sezione ‘Traduzioni di Dharma’, l’articolo “L'Esperienza Psichedelica del LIBRO TIBETANO dei MORTI”, che ben chiarisce quanto da me annotato qui sopra…