Cari amici, ho vissuto un'esperienza fuori dall'ordinario e desidero condividerla con tutti. Dal 6 al 10 novembre 2011 ero ospite a casa di Luigi Ferrante per il montaggio del suo film Ti racconto una storia, sulla vita e le opere di SriSathya Sai Baba, amico e maestro, che ha lasciato la sua forma terrena a Pasqua di quest'anno. È stato un lavoro molto delicato e impegnativo, che ha richiesto la massima concentrazione e accuratezza; siamo rimasti diversi giorni nel più completo isolamento, lavorando dall'alba fino a notte inoltrata per costruire una narrazione cinematografica che fosse allo stesso tempo piena d'amore e rispettosa del messaggio che Swami ha voluto impartire a questo mondo negli anni della sua permanenza fra noi. Ho vissuto con Luigi e sua moglie Anna per diversi giorni, e mi sono sentito a casa grazie alla loro cordiale ospitalità che mi ha fatto sentire in famiglia. Avevo una stanza confortevole dove consumavo le essenziali ore di sonno fra un turno di lavoro e l'altro. Luigi mi aveva chiesto, qualche giorno prima, fino a quando potevo impegnarmi per portare a termine il lavoro ed io, sempre combattuto fra tanti impegni - a volte poco essenziali - non ho saputo davvero cosa rispondergli. L'unica cosa che mi riusciva di promettere era: "Resterò fino a quando il lavoro non sarà finito e Swami non sarà contento". Forse era una risposta vaga, ma onestamente non c'era altro da dire, d'altra parte il lavoro non è finito fino a quando il "cliente" non è contento. Se la filosofia è valida per ogni lavoro profano, ancora di più doveva esserlo per questo lavoro sacro. Mercoledì 9 novembre, finalmente abbiamo visto la luce, in tutti i sensi: il lavoro aveva assunto finalmente una forma compiuta ed era appassionante e scorrevole alla visione. Restavano però tante piccole cose tecniche da fare, per completare il master e preparare la versione per la proiezione cinematografica. D'altra parte avevo però anche una famiglia che mi attendeva da giorni e con la quale non desideravo entrare in conflitto. Quindi, pensando di riuscire a partire in serata, ho avviato alcuni processi che il computer avrebbe svolto da solo e che avrebbero interrotto per qualche minuto la nostra operatività. Ho pensato di sfruttare i tempi morti per preparare il mio bagaglio ed essere poi subito pronto per la partenza. Ora devo aprire una parentesi. Anna, il giorno prima, era tornata dalla Sicilia, dove aveva incontrato una devota storica di Swami che le aveva fatto un quantità di doni. Fra i cannoli siciliani, le paste di mandorle, la focaccia, i formaggi ed ogni ben di Dio, questa signora siciliana aveva avuto il piacere di aggiungere una foto di Swami da giovane, una stampa fotografica originale di un ritratto di profilo scattato con grande maestria su pellicola in bianco e nero. La foto era stata messa in cucina, ma poi Anna, vedendo che nella mia camera non c'era un ritratto di Swami, ha allestito una piccola puja - un altarino per la meditazione - sul comò davanti al mio letto. La puja era veramente deliziosa: la grande foto al centro, due candelabri ai lati, un piccolo cuoricino di marmo, la clava di Hanuman e uno Yantra con il il simbolo della Gayatri. La sera prima degli eventi che sto per raccontare, mi ero soffermato davanti all'altarino per qualche istante, rivolgendo il mio pensiero a Swami prima di andare a dormire. Torniamo dove eravamo rimasti: entro in camera come una slavina per raccattare le mie carabattole e metterle nella borsa. Mentre faccio questo, mi raggiunge Anna, con dei pacchi destinati a mia moglie Giorgia. Dopo qualche istante, mentre mi sta spiegando il contenuto dei pacchi, Anna si rivolge alla foto di Swami sul comò e rimane congelata con un espressione di incredulità. Come se ne avessi intuito la ragione, mi avvicino a lei e guardo la foto: nei capelli del ritratto si erano materializzati piccoli mucchi di Vibhuti. Rimango attonito anche io, ma poi il mio sguardo scende alla base della foto e la meraviglia supera il livello già raggiunto: vedo un mucchio di vibuti ammonticchiata e vedo spuntare da essa un cristallo trasparente, un Lingam, simbolo shivaita usato anche per produrre un'acqua di guarigione. Sono commosso. Proprio la sera prima, mia moglie Giorgia aveva chiesto della Vibhuti speciale per un nostro amico malato e Luigi mi aveva detto: "Non ti preoccupare, vedrai che ce l'avrai fresca..." Io e Anna chiamiamo Luigi che, pure abituato a manifestazioni di questo tipo, esprime il suo stupore. Ci domandiamo a chi siano diretti questi doni e Luigi conferma che non è un caso che siano avvenuti nella camera dove io dormo e che sente con chiarezza che sono per me. Facciamo un sacco di foto e filmati, raccolgo la Vibhuti con lo yantra e la metto in una scatola. Ci vuole circa un'ora perché la situazione si avvicini a una qualche normalità e torniamo al lavoro. Chiamo poi Giorgia per raccontarle dell'accaduto e, per appartarmi, vado nella mia camera, così mentre racconto, il mio sguardo cade istintivamente alla base del ritratto di Swami. Tutti noi viviamo un'esperienza molto intensa quando assistiamo ad un miracolo, quando la nostra percezione della realtà viene scardinata da fatti che mettono fortemente in discussione la visione limitata che abbiamo di questo universo così complesso. Figuratevi quindi come ci si può sentire quando, ad un primo miracolo, ne segue subito un secondo. Alla base della foto c'era un altro mucchio di Vibhuti e dentro di essa, riposta con grande cura e senso dell'humor, una moneta da cinque rupie del 2002, anno in cui effetivamente sono stato a PrashantiNilayam - l'ashram di Sai Baba - per il Gurupurnima. Giorgia, che in quell'istante è ancora al telefono con me, vive in diretta lo stupore, le mie urla che chiamano tutti i presenti in casa a raccolta per testimoniare questa nuova manifestazione di grazia. Anna è stupita, Luigi ripete che Swami vuol giocare, facciamo un sacco di foto e filmati, uso lo yantra ancora una volta per raccogliere la Vibhuti che, a questo punto comincia a riempire la scatola che prima sembrava troppo grande. Ci vuole ancora un po' di tempo perché i nostri spiriti si plachino un po' e riusciamo finalmente a tornare al lavoro. Intanto sta arrivando la sera e comincio a nutrire dubbi sulla possibilità di tornare a casa in giornata. Penso che Swami si sta divertendo a giocare con noi e mi sta dando ragioni sufficienti per fermarmi un'altra notte per non compiere le operazioni finali troppo in fretta e usare grande cura in tutti i momenti della lavorazione del film. Comunque, mentre siamo seduti a lavorare, Anna dice che è "accidentalmente" passata dalla mia camera, ma non ha trovato nient'altro. Comincia a serpeggiare l'idea che i fenomeni avvengono quando entro io e Anna dichiara che mi avrebbe pedinato per il resto della giornata. Siamo al lavoro sugli ultimi ritocchi del film da una mezz'ora e mi viene sete, una sete irresistibile. Mi vengono in mente i fratelli Pandava in esilio, quando, uno dopo l'altro, assaliti da una sete eccezionale, si abbeverano al lago dei miracoli senza aspettare che una voce misteriosa abbia rivolto loro alcune domande. Tutti soccombono, solo Yudishitira avrà la saggezza di aspettare, rispondere agli enigmi che il lago gli rivolge e poi bere. Allora i suoi fratelli risorgono e lo Spirito del lago elargisce loro una benedizione. Così, uscito dalla stanza-laboratorio per andare in cucina a bere, non resisto ad effettuare una deviazione per la mia camera. Che ve lo dico a fare? Non c'è due senza tre: un terzo mucchio di Vibhuti e, questa volta, dentro c'è una medaglietta d'oro con l'effige di Sai Baba su un lato e una Om dall'altro. Tutte le nostre barriere mentali si sgretolano, siamo invasi da una grazia sconfinata che non cessa di confermare la Sua presenza. Anche Luigi è meravigliato e felice per me, felice che questo sia capitato ora, alla chiusura di un lavoro che ci ha messo alla prova, in cui abbiamo dovuto lottare con noi stessi per capirne la forma, per affinarne i contenuti e per oltrepassare i limiti che pensavamo di avere. Insomma, anche mia moglie Giorgia mi dice: "Resta là un'altra notte va là. Partirai domattina". Swami mi ha aiutato anche questa volta a terminare il lavoro. La realtà che ci circonda è infinitamente più complessa di quanto la nostra piccola scienza quotidiana riesca a spiegare. Esistono molteplici dimensioni, universi, mondi ed esseri al di fuori della materia nella quale siamo incarnati. La nostra vita, il nostro percorso terreno con un corpo di carne, un'identità e una mente, è la fiamma di un attimo che i nostri occhi organici non riescono a cogliere nella sua compiuta complessità. Davanti a questa luce abbagliante, mi sento come uno scolaro che non ha ancora imparato a scrivere e che comincia ora, con grande fatica, a distinguere le prime lettere di un libro di infinite pagine. Grazie Swami.
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