Nell'era Meiji, quando il Giappone cominciava ad aprirsi all'Occidente, l'eminente professore di una non meno eminente università americana fu invitato a Tokyo per un ciclo di conferenze. Egli era uno specialista di fama mondiale in filosofia e religioni comparate. Appassionato com'era per il concetto del Vuoto predicato dal buddhismo e, in particolare dallo zen, voleva approfondire del suo viaggio nel Sol Levante per discutere quella dottrina con un maestro. Grazie a uno dei suoi colleghi giapponesi ottenne un appuntamento con lo stimato superiore di un grande monastero della capitale. Per onorare il suo ospite, e certo anche per fargli sperimentare l'ineffabile essenza dello zen, lo ricevette nell'ambiente di un cha-no-yu, una cerimonia del tè. Guidato da un collega che gli faceva da interprete, il professore americano percorse i giardini del monastero fino al piccolo padiglione del tè, senza smettere di estasiarsi della bellezza dei luoghi e di fare commenti sugli elementi simbolici che riusciva a cogliere. All'ingresso, purificatosi nella vasca delle abluzioni come imponeva l'usanza, piegò faticosamente in due il suo dinoccolato fisico anglosassone per passare attraverso la stretta porta del piccolo locale. In ginocchio sul tatami, si trovò di fronte il disegno calligrafico del kakemono che tradizionalmente orna il tokonoma, l'alcova. Il maestro del tè l'aveva scelto per dare ai suoi ospiti un argomento di meditazione propizio alla cerimonia. L'intellettuale si voltò verso il collega per chiedergli che cosa significassero quegli ideogrammi. - “E' una poesia che si potrebbe tradurre così: “La ciotola è utile soltanto perché è VUOTA!” - “Ah ecco! - esclamò il pensatore occidentale.- Desideravo appunto interrogare il maestro su questa nozione del Vuoto, talvolta tradotto con Vacuità, e che sembra avere tanta importanza nell'insegnamento zen”. Il vecchio monaco accolse gli ospiti con un bonario sorriso, dopodiché si concentrò e dette inizio al rituale del tè. Con gesti precisi e quantomai delicati, lavò accuratamente gli utensili e li asciugò, sempre in un profondo e quasi palpabile silenzio, appena turbato dal canto degli uccelli, dal borbottio del bricco, simile al mormorio di un torrente di montagna, dal crepitio delle braci e tra il soffio del vento tra i rami dei pini. Desideroso di non perdere tempo, il professore americano cominciò con il ringraziare il maestro per avere accettato di riceverlo e di rispondere a qualcuna delle sue domande sullo zen. Il collega giapponese, per educazione, tradusse i suoi ringraziamenti, cercando tuttavia di fargli delicatamente capire che, prima di abbordare la conversazione, era meglio aspettare che il tè fosse servito. Ma l'intellettuale, troppo impaziente di entrare nel merito dell'argomento e di mostrare la propria erudizione, continuò: - “Da qualche tempo a questa parte, mi sono immerso con grande interesse nella letteratura buddhista della Prajnaparamita e, più particolarmente, nel Sutra del Cuore. Desideravo appunto che lei mi commentasse questo passaggio: “Tutte le cose sono il Vuoto Primordiale che non è nato né distrutto, né macchiato né puro, più di quanto non cresca né decresca!”” Sempre per cortesia, il professore giapponese tradusse le sue parole, ma il venerabile monaco, impassibile come una statua di Buddha, continuò il suo cerimoniale in totale silenzio. Con un mestolo di bambù versò l'acqua calda in una ciotola. I suoi gesti erano misurati. Per rompere il silenzio e dimostrare di non essere un neofita, l'intellettuale americano continuò: - “Sapendo che lo zen è nato in Cina, per molto tempo ho creduto che questo concetto del Vuoto fosse un influsso del Taoismo. Ma da quando ho scoperto la Prajnaparamita, che è un testo fondamentale del Mahayana e le cui prime versioni sono in sanscrito, ho scoperto l'origine propriamente buddhista di quest'idea della Vacuità. Una nozione, in effetti, quanto mai buddhista e, per certi versi, addirittura estranea all'induismo... Ma che fate maestro?- balbettò il filosofo,- La ciotola trabocca e continuate ancora a riempirla? - “Proprio così!- rispose il monaco, guardando con un sorriso ironico il suo ospite.- Proprio così: questa ciotola trabocca esattamente come la vostra mente. Come potete pensare che io possa aggiungervi qualcos'altro?- |