(TRE ANNI, TRE MESI, TRE GIORNI RINCHIUSI IN UNA CELLA A MEDITARE. IN BHUTAN, IL PICCOLO REGNO BUDDHISTA DELL'HIMALAYA È UNA COSA NORMALE. MIGLIAIA E MIGLIAIA DI MONACI DECIDONO, CHI PRIMA E CHI DOPO, DI VIVERE DA EREMITI). Si rinchiudono in una cella, una stanzina costruita in un luogo appartato, per lo più aggrappata alla roccia sopra uno strapiombo, dove proprio non passa nessuno. E lì passano in preghiera e in meditazione tre anni, tre mesi e tre giorni, per scoprire i meandri del proprio io. "L'esistenza di ciascuno di noi", mi spiegava uno di questi lama, "serve proprio a questo: ad affinare lo spirito, a esplorare i suoi territori fatti d'infinito". Anche in Nepal e altrove nell' Himalaya ci sono ancora oggi, qua e là, personaggi di alta spiritualità che si ritirano sulle montagne a meditare. Ma bisogna cercarli, chiedere alla gente dove si trovano. In Bhutan invece sono dappertutto, ovunque esista una roccia isolata che permetta la costruzione di un eremo. II ritiro di tre anni, tre mesi e tre giorni è, sorprendentemente, un fenomeno di massa. Mi ha raccontato un bhutanese: "Quando il periodo di isolamento termina, l'eremita che esce dalla sua cella viene festeggiato e riverito dalla gente. Ma molti'lama, quando l'omaggio della popolazione è finito, chiedono di tornare a rinchiudersi nella loro stanzina per altri tre anni, tre mesi e tre giorni. Alcuni scelgono di rimanervi per il resto della vita. Preferiscono la luce dello spirito piuttosto che quella del sole, la pace del proprio infinito ritrovato anziché il turbine del giorno dopo giorno". Come sono queste celle? Quando sono occupate non si possono visitare, per non disturbare chi sta meditando. Riprendo perciò una descrizione fatta da Alexandra David-Neel nel suo libro Mistici e maghi del Tibet (scritto prima dell'invasione cinese, quando questo Paese era ancora uno scrigno di uomini che vivevano per lo spirito): "Nei monasteri tibetani vi sono casette costruite apposta per quest'uso. Ve ne sono di differenti modelli: in alcune il recluso può godere il panorama, mentre in altre, attorniate da mura, c'è da guardare solo il cielo. Attorno vi è un piccolo cortile cosicché la persona in ritiro può passeggiare e sedersi all'aria libera, non vedendo nessuno". Questo è il tipo più facile di ritiro, quello più diffuso anche oggi in Bhutan. Ma c'è chi sceglie una via più ardua, come continua a raccontare Alexandra David-Neel: "Si tratta dell'isolamento nell'oscurità assoluta. Meditare nelle tenebre è pratica conosciuta nella maggior parte dei Paesi buddhisti. I birmani costruiscono a questo fine stanze speciali, ma i religiosi vi soggiornano solo qualche ora. Nel Tibet, al contrario, esistono persone che nelle tenebre passano anni e vi è anche chi si mura a vita in quella sorta di tomba". Il poco cibo portato al recluso viene lasciato all'imboccatura di un cunicolo che serve per l'aerazione, ma che è costruito ad ansa, in modo da non lasciare passare la luce. "Quando arriva il termine dell'isolamento, il monaco asceta riabitua gradatamente gli occhi alia luce. Questa operazione a volte richiede alcuni mesi. Di solito è fatta dal recluso stesso che comincia praticando un forellino piccolo come la testa di uno spillo nella parete dell'eremo. II forellino viene a poco a poco allargato, finché diventa come una finestrella". La capacità degli asceti himalayani di sopportare con incredibile serenità questi lunghi ritiri nella più totale oscurità ha sollevato la curiosità della nostra scienza. Un qualsiasi occidentale, infatti, posto nelle medesime condizioni, non potrebbe resistere per molto senza perdere la ragione. Nel buio continuo gli verrebbero a mancare le coordinate spazio-temporali. Gli asceti orientali invece non solo mantengono la sanità mentale, ma vanno oltre: arrivano a un punto in cui le limitazioni dell'io svaniscono. Come riescano in tutto questo, rimane per noi più facile raccontarlo che capirlo veramente. "Il fatto non ha nulla di miracoloso", continua la David-Neel. "Queste persone sono preparate all'isolamento. Prima di chiudersi nel loro eremitaggio hanno immagazzinato nello spirito una quantità di pensieri che servono a tenere loro compagnia. Non solo, ma il periodo di ritiro non è trascorso mai nell'inazione. Le ore che hanno smesso di contare, spesso fino a ignorare la divisione del tempo in giorno e notte, sono dedicate a esercizi diversi, a un metodico lavoro di allenamento spirituale, alla ricerca di certe conoscenze occulte, alla meditazione su problemi filosofici. Insomma, presi in introspezioni che a volte li appassionano, questi uomini sono tutt'altro che oziosi e danno poco peso al loro isolamento". Quando poi escono, tornano ad essere uomini normali, e non si atteggiano certo a santi… L'ho potuto constatare di persona. Proprio in Bhutan, pochi mesi fa, ho conosciuto uno di questi monaci che ha fatto il ritiro di tre anni, tre mesi e tre giorni per ben tre volte: era un uomo simpaticissimo, aperto, gentile, sorridente. Aveva accettato di viaggiare insieme con una famiglia di Thim-phu per andare all'interno del Paese a visitare alcuni luoghi sacri. Egli stava con noi, parlava, spiegava, si divertiva. La figlia piccola delle persone che lo avevano invitato lo prendeva per mano, lo portava a vedere ora questo, ora quello. Ed il lama era sempre dolce e accondiscendente, come uno zio con la nipotina. Eppure era un uomo che era rimasto in totale isolamento per nove anni, nove mesi e nove giorni. "Durante il suo eremitaggio non c'è mai stato un momento in cui ha desiderato di non essere lì, di essere libero?", gli ho chiesto una volta. E lui, sorridendo con dolcezza: "Non sono importanti le pareti della cella. Importante è esplorare l'interno di se stessi. Probabilmente in quella cella io ho viaggiato molto più di lei che è venuta dall'Europa per arrampicarsi fra le montagne del nostro Bhutan". Da poco tempo, anche in Occidente è cominciato (o forse sarebbe più giusto dire che è ricominciato) il fenomeno degli asceti. Per ora si tratta solamente di qualche episodio sporadico. Vi sono in questo momento 28 giovani buddhisti in ritiro in un castello della Borgogna. Le porte delle loro stanze si sono chiuse il 3 settembre del 1984, si riapriranno il 7 dicembre 1987. Fra loro c'è anche una ex-mannequin di Losanna. Ha 27 anni, si chiama Malaika Weber e prima guadagnava fino a 10.000 franchi al mese (pari a 7 milioni e mezzo di lire, circa 3.500 euro di oggi). Oggi ha lasciato tutto per meditare. Nel centro Karma Ling, nella Chartreuse de Saint Hugon ad Arvillard, sempre in Francia, il 23 gennaio di quest'anno si è chiuso un giovane italiano di Pinerolo, Ezio Guglielmino. Probabilmente, qualcuno avrà sussurrato che lui “non ci sta con la testa”, oppure, come si dice nei salotti buoni, che è “in crisi mistica”… In Bhutan, questo giovane sarebbe indiscutibilmente, per tutti, un essere umano felicemente incamminato sulla via dello Spirito. | |