Testimonianze

 

Che cos'è e cosa non è
la Meditazione…

 

 
 

Aneshvarii Annamaria ha inviato un brano che trovo particolarmente interessante. E’ un testo originale in Inglese, letto e commentato nel corso di un seminario para-universitario tenuto la scorsa estate a Londra. Si tenga presente che il testo italiano che segue - da lei tradotto - proviene da una registrazione vocale della conferenza stessa, per cui è impossibile comprendere dove inizino e dove terminino gli interventi di commento del relatore o dei singoli lettori. La base scritta a cui gli studiosi facevano riferimento è tratta da: Che cos’è e che cosa non è la meditazione, a cura di Roy Eugene Davis.


[...] Meditare non è sinonimo di autoipnosi e autosuggestione e non significa pensare, ricordare eventi passati o tentare di risolvere i problemi. Dopo la meditazione, se lo si desidera, possiamo pensare, pianificare, esaminare le nostre relazioni nel mondo in cui viviamo e risolvere i problemi.

Se non meditiamo, trascorriamo tutto il nostro tempo al livello della coscienza umana quotidiana, dove esistono problemi e impegni. Ogni meditazione, invece, se fatta in modo appropriato, è un’esperienza trascendente. Se non trascendiamo la mente e la nostra natura emotiva, non abbiamo meditato correttamente.

Qualcuno può chiedere: qual è la tecnica di meditazione migliore? La risposta è: quella che con maggior efficacia ha come risultato il rendere la nostra mente e la nostra consapevolezza più limpide ed acute. Non siamo consapevoli che ciò accada "durante" la meditazione: la consapevolezza razionale viene nella nostra vita quotidiana, quando ci rendiamo conto che il nostro cervello funziona meglio.

A questo scopo possono essere utili diverse attività di valore introduttivo: la preghiera, l'attenzione focalizzata sul respiro, il flusso interiore dell’attenzione, l'ascolto di una musica appropriata detta “mantra” (suono interiore). Si può meditare anche senza tecniche, facendo semplicemente fluire l’attenzione sulla chiara consapevolezza, ma a ciò si può giungere - generalmente - solo quando abbiamo già raggiunto una perfetta conoscenza dei processi della nostra mente, ed abbiamo già compreso che cosa si intende con "chiara consapevolezza", cioè un modo di percepire quel che ci circonda in modo molto diverso dal nostro comune modo di sentire.

Tecniche e metodi, comunque, non sono altro che procedure preliminari. Infatti non si può passare dallo stato mentale quotidiano allo stato meditativo se non grazie ad una accurata preparazione di natura volontaria sulla nostra mente. Una tale preparazione preferenzialmente può comprendere piccoli esercizi fisici tesi all'armonia muscolare (yoga, passeggiate...) e pratiche che abbiano a che fare con l'igiene personale (bagno o doccia rilassanti), tali da rendere aperta e sensibile la parte fisica di noi stessi, così da trovarci a proprio agio, in giuste condizioni di igiene, di temperatura e di tranquillità (profumi pesanti, ambienti caotici o rumorosi, abbigliamento stretto, scomodo, e con scarsa igiene possono pesantemente influire su chi non sia già ad un livello molto alto di esperienza meditativa).

Non si dimentichi, in proposito, che nella tradizione del Raja-Yoga si raccomandava di applicare almeno otto requisiti di "pulizia esterna" (abiti, corpo, ambiente, aria...) ed altrettanti interni (non-violenza, cessazione di rancori e condizioni di ira, menzogna, una buona predisposizione...). E solo dopo esserci rilassati e liberati dall’identificazione mentale, cioè dall'onnipresenza totalizzante dell'Ego che ci condiziona la mente, possiamo meditare correttamente.

Gli otto passi da fare per prepararsi alla meditazione secondo il sistema del Raja Yoga, sono, secondo la prescrizione di Patanjali:

·        Ahimsa: non-violenza, astensione dall'infliggere a qualsiasi essere vivente qualunque tipo di male, sia esso fisico, psicologico, ecc.;

·        Saucha: pulizia, salute fisica;

·        Santosa: l'accontentarsi;

·        Tapas: ardore, fervore nel lavoro, desiderio ardente di evoluzione.

·        Sathya: verità, aderenza al vero, sincerità (soprattutto con se stessi).

·        Asteya: onestà, astensione dalla cupidigia, liberazione dall'avidità;

·        Brahmacharya: purezza morale e sentimentale, che non necessariamente ha a che fare con l’astenersi dall’attività sessuale.

·        Aparigraha: distacco, non-attaccamento, astensione da bramosia del possedere;

Altri iinsegnanti definiscono fondamentali tre punti: concentrazione, autosuggestione e identificazione. Ciò tuttavia non è compatibile con la procedura tradizionale della vera e propria meditazione. [...] L’autosuggestione, infatti, è un processo mentale che conduce ad una determinata esperienza della stessa natura o ad un’identificazione con un’idea preconcetta, il che rappresenta una limitazione, mentre quella meditazione che è praticata in modo corretto conduce alla libertà della mente e dalla stessa mente.

Se potessimo rammentare che meditare correttamente significa muoverci oltre i livelli coscienti della mente, non avremmo la tentazione di utilizzare quelle tecniche di auto-suggestione su di noi, durante la pratica della meditazione. Esiste una differenza tra la suggestione – o il condizionamento della mente subconscia – e il mantenimento di un ideale durante i primi stadi della meditazione.

[...] Una persona può suggestionarsi di essere una creatura spirituale e questa cosa rimarrà per sempre solo un concetto. La stessa persona può invece risvegliarsi dalla limitazione della coscienza ristretta e comprendere realmente la sua natura immortale.
La suggestione può avere il suo preminente posto nei primi gradi di apprendimento, quando stiamo ancora lavorando per regolare i livelli subconsci della mente, ma la vera meditazione consiste nel liberarsi dalla mente stessa.

Si arriva al punto dell’obiettività assoluta, dove si rimane semplicemente testimoni di stati di coscienza e attività mentali. A quel punto, non dobbiamo neanche affermare di non essere il corpo o la mente, poiché siamo nella precisa condizione di comprendere chiaramente di essere ciò che osserva i processi interiori.

Uno dei maggiori problemi che i principianti affrontano, consiste nel fatto che molti di loro sono troppo ansiosi circa i risultati e desiderano vedere segni immediati del loro  progresso. Dopo pochi giorni o settimane si scoraggiano, oppure (anche sforzandosi) cercano giornalmente delle visioni, “rivelazioni”, ecc. La mente può produrre, o quasi, qualsiasi cosa si desideri. A quel punto si diventa totalmente coinvolti dalle esperienze fenomeniche e ci si dimentica di muoversi verso l’esperienza trascendente.


 
Durante la meditazione si può osservare qualsiasi cosa avvenga, ma l’atteggiamento dovrebbe essere: “Sono interessato solo all’esperienza della pura coscienza”. Ciò che va e viene durante la meditazione non è stabile, pertanto deve essere lasciato indietro.
Un altro problema è che gli studenti che meditano insieme si raccontano le percezioni interiori. Non è consigliato di farlo, perché in questo modo si tende ad enfatizzare le esperienze passeggere e a dare alle stesse un’importanza che non hanno."


 

COMMENTO di ALIBERTH – Qui vengono dette molte cose giuste sulla meditazione... ma ne mancano altre... Quella che (per noi del Chan) è la vera meditazione, è una funzione superiore della mente, quindi non è una 'azione' che la mente fa, ma solo uno stato superiore a cui la mente può arrivare, se e quando essa ha raggiunto un livello di maturazione tale (prodotto sia dal proprio karma personale che dalla assiduità con cui uno si applica nella pratica seduta e in quella della sua osservazione interiore fatta nel corso della vita quotidiana di tutti i giorni) che poi alla fine produce uno stato mentale fatto di estrema calma, silenzio interiore e una forte capacità di lungimirante saggezza (prajna), la quale permette di essere COSTANTEMENTE consapevoli del movimento mentale interno e della stessa funzione osservante, sia interna che esterna. Questa è quella che da noi viene chiamata "Medltazione-Chan", dove Chan (termine Cinese che deriva dal nome Sanscrito 'Dhyana') significa appunto 'Contemplazione, o Meditazione Osservativa degli Stati Interiori’.