Assumere un ruolo: maschera o realtà?
In psicologia quando si prende in pubblico una posizione che non corrisponde alle convinzioni personali, si parla di “interpretazione di un ruolo”. Si è così scoperto che le persone che interpretano ruoli pubblici, spesso ne sono influenzati e finiscono per assumere un'immagine di se stessa coerente con il ruolo interpretato. Per comprendere questo processo è fondamentale comprendere come la gente considera se stessa.
Ogni giorno interpretiamo ruoli diversi, siamo cordiali, servizievoli e attenti anche quando “non lo sentiamo”. Questo comportamento può influenzare l'immagine che abbiamo di noi stessi. Molti attori di teatro ne sono profondamente consapevoli, le parti che recitano sul palcoscenico si insinuano nelle loro vite quotidiane. Con il tempo le maschere diventano una realtà personale.
Uno dei primi ricercatori in questo campo ha fatto le seguenti osservazioni sulla personalità degli insegnanti: “Il modo rigido e formale con cui ogni mattina il giovane professore reprime se stesso diventa […] una colata di gesso da cui non potrà più liberarsi. I metodi didattici, i modi autoritari, il tono di voce monotono e sicuro di sé diventano parte integrante della sua vita […] e persistono nei suoi rapporti personali ”. (Walzer, 1932).
Gli insegnanti sono certamente cambiati, ma non le conseguenze del loro comportamento in classe. Interpretare un ruolo positivo, anche solo fingendo, col passare del tempo modifica la percezione che abbiamo di noi stessi. La fiducia in noi stessi si può manifestare in seguito all'azione.
Differenze sociali
Analizziamo ora un ultimo fenomeno che influenza il concetto di sé. E' facile constatare che la gente sviluppa l'immagine di sé osservando i modi in cui si distingue dagli altri.
Osservare le differenze fra noi e gli altri, serve ad accrescere la coscienza di una particolare caratteristica, e questa diviene un mezzo di identificazione personale.
In una ricerca sugli effetti delle differenze, alcuni ricercatori intervistarono negli USA più di 500 studenti delle scuole secondarie, chiedendo loro di parlare di sé per cinque minuti e dire qualsiasi cosa venisse loro in mente.
Circa l'82% degli studenti erano anglofoni bianchi, il 9 % era costituito da neri e l'8% da ispanici. Gli ultimi due gruppi avevano caratteristiche distintive più marcate degli altri studenti. Infatti, le auto-descrizioni mostrarono che soltanto l'1% dei bianchi aveva spontaneamente menzionato il colore della propria pelle; al contrario, il 17% dei neri e il 14% degli ispanici menzionò il colore della pelle e il gruppo etnico di appartenenza. Tutto questo mette in evidenza come il senso di identità personale si costruisce anche attraverso un inventario delle differenze sociali che mostriamo rispetto alla maggioranza che ci circonda.
Questo ed altri studi mostrano come le persone non acquistano consapevolezza di se stessi con indagini introspettive o lunghe passeggiate solitarie: l'immagine di sé evolve all'interno di relazioni attive.
Strategie di autoconservazione: tenere insieme se stessi
In un certo senso il quadro tracciato sullo sviluppo del sé fin qui è impressionante: noi siamo semplici prodotti dei rapporti sociali che ci coinvolgono e ci fanno cambiare continuamente l'opinione su di noi secondo la situazione. Sembriamo privi di un carattere stabile e soggetti a sentimenti di frammentazione.
In realtà, molti psicologi hanno mostrato come esistano delle vere e proprie strategie messe in atto dal soggetto per garantire una certa stabilità e unità all'immagine del sé.
Sono vere e proprie tecniche di autoconservazione dell'identità personale.
Una di queste tecniche consiste ad esempio, dome abbiamo già detto, nell'attenzione orientata: siamo più attenti alle informazioni che confermano le nostre ipotesi.
Anche quando siamo costretti a tener conto di alcune informazioni che non sono in armonia con il nostro schema del sé, possiamo sempre (come spesso facciamo) interpretare in modo orientato il messaggio.
Le azioni degli altri sono soggette a una continua interpretazione: ci chiediamo come intendere il comportamento altrui, comportamento che spesso è ambiguo e lascia molti margini di interpretazione. Con abili interpretazioni, possiamo rimanere in un mondo immaginario di autocompiacimento, anche se gli altri pensano su di noi cose spiacevoli.
Un'altra strategia consiste nel selezionare abilmente le proprie amicizie, accogliendo la compagnia solo di chi conferma il nostro punto di vista su noi stessi. Come abbiamo visto, sono molti i modi per confermare l'immagine di sé. Si è selettivi verso un certo tipo di informazione, si deforma il significato delle azioni altrui con opportune interpretazioni, individuando quelle che confermano la nostra opinione ecc…
In realtà, queste strategie di autoconservazione del senso di identità sembrano dettate dalla necessità dei rapporti sociali. L'individuo non può affrontare i rapporti sociali mostrandosi instabile e trasparente. Nello stesso tempo cosa accadrebbe se recitassi sempre la stessa parte sul palcoscenico sociale? Qual è la giusta misura tra bisogno di stabilità e desiderio di cambiamento?
Per conto di Daniela Poetyca: poe@poetyca.it ]
Tratto da “Consapevolezza_e_Meditazioni@yahoogroups.com”