Eccomi appena ritornato da Faleria, con un piattino pieno di delizie rubate alla tavola comune: dolcetti di Sant’Oreste, crostata di Visciole di Calcata, pane integrale cotto al forno a legna di Moricone, focaccia di Faleria, chinotto di Capranica…. Ognuno ha portato qualcosa, non solo abbiamo mangiato ma ce n’era abbastanza da portarsene un po’ anche a casa.
Sono dovuto andare a Faleria per sentire ancora la presenza umana, e quella della natura; per fortuna che c’è Faleria, almeno ho respirato un po’ d’aria buona… anche se Sergio, il nostro ospite, ha detto che parlo bene di ecologia perché vivo in mezzo al verde di Calcata… ma lui non sa quanto questo verde sia stato offeso dagli umani, che son diventati demoni, che hanno dimenticato la loro origine che è la foresta, che hanno dimenticato i loro fratelli che sono gli animali e gli alberi. Così virtuale è la presenza della “gggente” di Calcata, così finta è la loro “ecologia”, la loro “arte”, il loro guadagnare necessario (o businnes) sulla pelle del luogo, che stare a Faleria in mezzo alla gente comune che lavora normalmente e che piange e ride se c’è da piangere e ridere, mi ha confortato… Per questo mi son portato via un piattino di leccornie, da gustare poi qui nella mia casa derelitta.
Sono talmente pieno che non so se potrò rendere intellegibile questa pienezza. I discorsi che sono stati fatti, in modo molto semplice, avevano la freschezza dei racconti attorno al fuoco degli uomini primitivi. Solo messaggi senza imposizioni, solo esperienze senza pretenziosità. Poi il documentario di animazione al quale abbiamo assistito, con tutte le simbologie della natura e con i messaggio finale. che l'uomo non può vincere la natura perché esso stesso ne è una parte, è stato illuminante. Il tutto vissuto con le emozioni della storia d'avventure e con la descrizione di centinaia di personaggi, ognuno rappresentante una sfaccettatura della vita, sia animale, vegetale o umana. Non posso perciò dire di più… ma utilizzerò piccoli brani del percorso vissuto, a latere, sia quello della presenza diretta che indiretta, per restituirvene un quadro psicologico sul significato di questo magico solstizio.... lasciando i punti interrogativi o i commenti di chi non era lì con me.
“Proprio ieri, a Sava ho raccontato che da bambina portavo a casa ogni tipo di animale che trovavo, con grande disperazione di mia madre, ed una volta portai a casa un girino appena tramutato in piccolo batrace, poi lo persi di vista per un po' fino a quando una sera d'estate sentii gracidare e sotto la macchina di mio padre ritrovai un bel rospo”.
“…come è andata la tua prima giornata d'estate? Cosa ha organizzato Sergio al Dojo Koshiki? Qui è da ieri sera che piove, piove, piove...stamani, uscendo ho trovato in giro delle "presenze" particolari: rane...ce ne sono a centinaia, ranocchiette verdi e marroni che saltellano indisturbate lungo i marciapiedi. E' la prima volta che assisto ad un evento tanto insolito. Mi hanno spiegato che qui succede spesso quando il tasso di umidità è piuttosto elevato!”
“...non ti so descrivere la contentezza che provo in questo momento... Questo Solstizio mi ha davvero portato sorprese, sorprese eccezionali. Io sono la figlia prediletta della natura. Io confido e sono ricompensata dalla fiducia. La fortuna sorride sul mio volto… Il primo giorno di inaugurazione del solstizio d’estate, seppur ritardatari e pochi (ormai siamo abituati alle solite buche) siamo stati benedetti nella mattina da una provviden-ziale pioggia, sia per la natura assetata da questo ultimo periodo di caldo torrido, sia per noi sparuti viandanti perché ci ha permesso di rintanarci al Circolo Vegetariano dove abbiamo parlato, mangiato ed ascoltato le meravigliose poesie di Matteo Micci che aveva preparato per il suo intervento del pomeriggio, il tutto nell’armonia di persone che si vogliono bene.
Paolo, fra i vari discorsi, ha tenuto a precisare cosa significa il termine santo, ma per capire il significato di questa sua puntualizzazione dovrete leggere fino all’ultimo tale resoconto. Verso le 16,00 siamo saliti al borgo dove a Palazzo Baronale si teneva la Tavola Rotonda su “Le stagioni come metro sociale, sessuale e riproduttivo in natura e nella società umana”. Inutile mettersi a riferire il messaggio di tutti gli interventi, l’esito ed il comune parere finale sull’incontro è stato quello di dire “che un tale sentire ed operare dovrebbe travalicare la piccola Calcata ed espandersi a macchia d’olio il più possibile”.
E tutto questo è dovuto all’opera santa incessante e costante di Paolo D’Arpini che con la sua armonia interiore ed esteriore riesce a trasmettere ed infondere a chi ha la possibilità, la sensibilità e l’intelligenza di stargli vicino. E pensare che io stessa proprio l’altro giorno, anche per prenderlo un po’ in giro, gli avevo detto che neanche lui era un santo. Caro Paolo faccio ammenda pubblica poiché ri-conosco che tu sei un santo (o perlomeno ci “provi”…) ai posteri l’ultima sentenza, anche se ti auguro che siano molto posteri. (Laura Lucibello)