Testimonianze -


IL VIAGGIO

(pubblicato sul Nirvana News di Novembre 2003)

di DARIA -

 

Nessuno parli ora, ho bisogno del silenzio perché il colore delle voci non mi farebbe sentire il gelo che devo sciogliere da sola e il fracasso delle urla confonderebbe il lamento dello sforzo dovuto alla fatica del cammino… non avrei più una guida da seguire.

Chiedo la pace ora, perché il mio corpo non debba rallentare per prestare attenzione ai movimenti delle vostre voci e chiedo tanto lo so. Desidero il buio per vedere meglio dove siete, per correre ed arrivare prima di voi ed aspettarvi o solo per raggiungervi lì dove vi sto chiedendo di aspettarmi, nel silenzio. Chiudono i negozi e si spengono le luci adesso, mentre getto sale a terra sugli ultimi spruzzi di neve rimasta e vado avanti con lo sguardo fisso ed il respiro affannato.

Sono quasi a casa, stanca ma sicura dopo ore di fatica che nessuno mi ripagherà. Trovo lì un po’ di calore. E’ troppo tardi, sono già nell’assoluto e mi guardo intorno cercando di cogliere ogni particolare del buio e del silenzio che ho dentro.

Lo guardo, lo ascolto e ne sento il sapore e l’odore. Sento la sua umidità sulla pelle, mi avvolge e riempie tutti i miei sensi. Mi accorgo all’improvviso d’essere sola, ma nello stesso istante sento il dovere di portare qualcuno con me, in quella pace.

Non arriva nessuno, sento voci di donne che urlano impaurite dal buio e risate di uomini che le prendono in giro, ma in quelle risate si riconosce chiaramente la loro stessa paura.

Va tutto bene grido, correte qua, nella libertà…il niente, il mio grido soffoca nella gola, nessun suono arriverà alle orecchie di nessuno. Decido nel pieno della consapevolezza di proseguire, sapendo che quella voce soffocata sarebbe comunque arrivata a destinazione. Cammino, cammino curiosa e mai stanca quando mi blocca la sensazione di un sorriso sereno dietro di me, allora mi blocco e mi giro. Non vedo nessuno, ma c’è qualcuno e non lo sento ma vuole dirmi qualcosa; decido di sedermi e di aspettare, ho bisogno di compagnia e di rassicurazioni; forse lo sconosciuto che sorride sa come muoversi nel buio.

Mi assicura che mi aspettava da anni e che immaginava in modo completamente diverso il nostro incontro, subito mi irrigidisco al pensiero di aver sbagliato qualcosa, alla paura di poter perdere subito quella figura che sentivo avrebbe risposto a molte mie domande. Le mie paure si dissolvono in un attimo quando ci mettiamo seduti ed iniziamo a parlare. E’ buio pesto intorno non riesco a vederlo, percepisco i tratti del suo viso e la sua fisionomia, mi assomiglia.

Dopo ore passate a parlare mi rendo conto d’improvviso che non ho più nessuna paura né del buio e né dell’ignoto e mi sento serena, tranquilla e completamente a mio agio. Non faccio in tempo a pensarlo che subito sorge il sole e colora tutto ciò che ho intorno, ma non c’è niente intorno e soprattutto non c’è nessuno. Sento l’irrefrenabile desiderio di urlare e di correre perché sono di nuovo sola e ancora non mi sento in grado di proseguire il cammino, ma sento la stessa voce amica che mi dice che non c’è nulla da proseguire, che quello era l’universo, che lì c’era ogni cosa che mi sarebbe mai capitato di vedere nella vita.

Giro lo sguardo di scatto scrutando ogni luogo che i miei occhi potessero raggiungere, sperando di trovare la fonte di quella voce.La trovo, finalmente la trovo, sono io e non riesco a crederci, mi sono trovata. Chiudo gli occhi per assorbire questa novità e per capire se devo ridere o piangere, se gioire o rattristarmi di questa scoperta, non faccio in tempo neanche a decidere, le urla mi travolgono.

Alzo le palpebre lentamente e sono nella mia stanza, è sera e sono circondata da gente, da amici, da persone che cercano una voce.

Ho l’istinto immediato di informarli, di gridare loro che quella voce esiste e che devono solo stare zitti per sentirla, ma poi lo stesso istinto di prima mi blocca e mi ricorda che nel buio io ci sono andata da sola.

 

 

Eccola lì la realtà      

di Daria

 

Non posso essere ciò che non sono eppure lo sono.

Non posso vedere ciò che non esiste eppure lo vedo.

I miei sensi mi ingannano quando ascoltano e odorano,

ma ci sono qua io a far tornare il mio corpo alla realtà.

E’ solo che nella realtà non esiste nessun corpo, come nei sogni.

Li vedo ma non ci sono, ci parlo ma ascolto

una risposta che non esiste, come la domanda.

Eccola lì la realtà, un prato verde e nient’altro, senza nessuna costruzione, senza rifiuti lasciati in giro, persino i fiori mancano.

Non c’è bellezza né orrore, non c’è oppressione o giustizia, non c’è odio

e non c’è attaccamento. Non c’è nulla, è la realtà.

Ed ecco davanti a me la strada che mi porta a lei, è la via della verità piena di trappole e tranelli, piena di ruffiani ammaliatori pronti ad offrirti sollievo per poi intrappolarti nella loro rete, perché la verità

è una compagna piena di pretese e mai sarà a corto di nemici.

Ma si può essere rivali di chi ti guida alla realtà?

Si può imbrogliare chi ha scavato con le sue mani la terra

circondata da paludi e sabbie mobili per offrirti un’opportunità,

soltanto perché la strada non è comoda e confortevole?

Non esiste un ruolo né una funzione, non esiste un’opinione

e non esiste un giudizio, tutto questo è solo una copertura

di ciò che sono io, anche se in fondo non c’è nessun io, ci siamo noi.

E non smetteremo mai di esserci, senza però esistere…

Magari cercando di diventare

un filo d’erba.