IL SUTRA in 42 SEZIONI

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Traduzione di John Blofeld (Chu Ch'an)

 

Edizione privata per I Meditanti del Centro Nirvana

Supplemento al Bollettino "NIRVANA NEWS" -

@ 1947 The Buddhist Society - London

@ 1982 -per la lingua italiana: "Il Mutamento Pubblicazioni".

@ 2003- Ad uso dei Meditanti: "Edizioni NIRVANA"

Titolo Originale: THE SUTRA OF 42 SECTIONS

and two other scriptures of the Mahayana School

(Buddhist Society - London)- Pubblicato per la prima volta in lingua inglese nel 1947. Seconda edizione inglese (riveduta) 1978- Prima edizione italiana - 1982

Seconda Edizione Italiana – 2003- Compaiono pure altri scritti espli­cativi. E' un testo che viene tra­dizionalmente dato a chi inizia la via Buddhista, perciò è di estre­mo interesse per chi voglia aver­ne una visuale pratica.

Prefazione dell'Editore inglese alla Seconda Edizione

Questa traduzione del Sutra di 42 Sezioni è rimasta a lungo esaurita, ma quando al Sig. John Blofeld (Chu Ch'an) venne richiesto aiuto per una nuova edizione, egli revisionò intera­mente la sua traduzione originale, alla luce de­gli ulteriori trenta anni di studio, e fu d'accor­do su tutti i tagli consigliati e le alterazioni di minore rilevanza. L'uso del termine Hinayana (significante 'Piccolo Veicolo'), è oggigiorno decaduto a favo­re del termine "Theravada", la scuola che ri­mane, del grande insieme di un tempo, delle originarie sette del Buddhismo. Ma, come Mr. Blofeld ha sottolineato nel corso di una corrispondenza, giacché Theravada era un ter­mine sconosciuto, al tempo della compilazione del Sutra, l'altro termine è stato lasciato nel testo, nono­stante il suo significato leggermente peggio­rativo. La disposizione delle note a metà capitolo è peculiare, ma ­questo è apparentemente dato da come i Cinesi di allora le usavano, e certamente rende la let­tura più semplice, rispetto ad un riferimento a pie' di pagina o alla fine-capitolo o, ­cosa ancor più stancante, ad un raggruppamento di esse, tutte alla fine del volume.

 

INTRODUZIONE

Il Buddhismo, specialmente nella sua forma Mahayana, sta ora ridestando un crescente inte­resse in Occidente. Questa grande Scuola, a cui innumerevoli milioni di persone aderiscono nel lontano Oriente, contiene certi elementi mistici, che vanno oltre scienza e religione, esprimendo (nella misura in cui tali cose possono essere espresse), fondamentali verità concernenti la natura della esistenza e la relazione tra univer­so e uomo. Tali verità sono senza tempo e oggi bril­lano anche in Ame­rica ed in Europa, così come secoli fa accadeva nell'Est dell'Asia.

Questo libro comprende tre brevi sutra che vogliono essere le vere parole dette da Gautha­ma Buddha. Quanto i sutra siano fedeli regi­strazioni delle parole del Gauthama Buddha è materia di disputa tra studiosi. Basti dire che essi contengono l'essenza dell'insegnamento Buddhista (come viene interpretato dalle scuole Theravada e Mahayana) e rappresenta i pensieri e l'ispirazione di milioni di aderenti in Cina, Giappone, Mongolia, Tibet, Corea, Viet-Nam, Siberia e altrove.

I primi due dei tre brevi sutra contenuti nella presente opera, mostrano comunque po­che tracce delle particolari caratteristiche della Scuola Mahayana, e possono essere considerati come opere Hinayana che, in taluni punti, sono mo­dificate per esprimere i concetti degli aderenti Mahayana. Ho fatto la scelta di tradurli per vari motivi.

1. "Il Sutra di Quarantadue Sezioni" che può infatti essere una raccolta di detti selezio­nati da molti sutra, è stato tradizionalmente il primo testo sanscrito ad essere stato tra­dotto in Cinese e, insieme con gli altri due, è tra i primi sutra ad essere posti nelle mani dei monaci cinesi ordinati di fresco.

2. "/I Sutra della Dottrina trasmessa dal Buddha" è comunemente rappresentato come una registrazione delle ultime parole dette dal Gauthama Buddha prima della sua estinzione o entrata nel Nirvana e, insieme a "/I Sutra delle Quarantadue Sezioni", contiene un sommario di alcuni dei punti più fondamentali della dottrina Buddhista.

­3. "Il Sutra degli Otto Risvegli dei Gran­di" contiene materiale che deriva direttamente dagli insegnamenti contenuti negli altri due, ma introduce la concezione di base del Mahayana, del Bodhisattwa che ritornò dall'orlo del Nir­vana finale per poter dedicare se stesso alla sal­vazione di tutte le cose viventi.

Questi tre, presi assieme, benché molto del­l'insegnamento sia specificamente inteso per monaci e non interamente applicabile a laici, formano un eccellente fondamento sia per lo studio del Buddhismo Theravadin, sia per il Buddhismo Mahayana. Vi sono alcuni che pro­clamano che il Mahayana, per quanto conside­revole per bellezza e profondità, non ha forma­to nessuna parte dell'originale insegnamento del Gautama Buddha. Vi è ora molta evidenza del contrario, e comunque possa essere la verità, Gautama Buddha stesso insegnò che nulla può rimanere lo stesso, anche per un istante, e che ogni cosa nell'universo - persino il Dharma (dottrina) - è soggetto a cambiare. Quindi, è solo naturale che il Buddhismo abbia subito cambiamenti, comune con ogni altra cosa nella sfera fenomenica, mentre quella parte di esso che è strettamente collegata con il non-feno­menico è rimasta la medesima.

Il Professor T'ang Yung-t'ung, dell'Univer­sità Nazionale di Pechino, ha scritto un ammi­revole articolo (1) su "Il Sutra di Quarantadue Sezioni" dal punto di vista di uno storico del Buddhismo, che è basato su una dettagliata comparazione delle varie edizioni cinesi di quel­l'opera. Vi è un po' di dubbio che egli abbia ragione nel supporre che l'edizione da cui la presente edizione venne tratta (Shou-sui) con­tenga alcuni allontanamenti dall'originale - ­probabilmente il lavoro di monaci Ch'an (Zen) che cercarono di includere qualcosa dalla loro propria interpretazione della Dottrina - ma, egli è corretto nel supporre che il corpo principale dell'opera è - cosa che essa vuole essere - una assai remota traduzione (tarda di­nastia Han) dal Sanscrito. Egli è disposto a confutare l'ipotesi che tutto sia una contraffa­zione fatta in più tarda data.

Le note al fondo di molte sezioni del testo non sono di tipo accademico, essendo intese a commentare il testo secondo la presente comprensione dei Buddhisti Cinesi Mahayana. Non posso dare alcuna specifica fonte per la maggior parte delle informazioni contenute in esse, giac­ché tali note sono il frutto di molti anni di studio del Buddhismo cinese e vengono in gran parte dalla mia propria testa. In tre o quattro punti, le mie annotazioni sono state ispirate dall'articolo del Professor T'ang.

Parole contenute tra parentesi inserite nel testo sono mie proprie interpolazioni, sia intese ad esprimere che cosa si debba comprendere dal cinese - benché non espressamente lì stabi­lito - sia nella forma di note così vitali per il significato dell'insieme, che ho ritenuto consi­gliabile non separarle dal testo.

Ringraziamenti sono dovuti al Venerabile Abate del Nien Hua Ssu, di Pechino, per avermi suggerito di mettere questi tre sutra come pun­to di partenza del lavoro di traduzione, e all'In­segnante della Legge (Fa Shih), Hui T'san, dello stesso tempio, per avermi fornito i significati di certi termini che non comprendevo.

Il presente testo è una edizione riveduta di una traduzione da me fatta nel 1947. Per gli errori che dovessero permanere, chiedo il per­dono dei miei insegnanti e dei Tre Preziosi Gioielli. - John Blofeld (Chu Ch 'an) 1977.

(1) Harvard Journal of Asiatic Studies - VoI. 1 Aprile 1936 - pubblicato da The Harvard-Yenching Institute.

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 Una INTRODUZIONE al "Sutra di Quarantadue Sezioni"

                (Composta da Ch'eng Hui, alto Ufficiale della Dinastia Sung)

 

Secondo il Mahisasaka Vinaya(2), Shakyamuni Buddha nacque a Kapilavastu, nell'India Cen­trale,(3) essendo della casta Kshatriya. Il nome del padre era Re Shuddhodana e quello della madre era Maya. Nacque dal di lei fianco destro ed era di colore oro puro. Abbandonati i suoi di­ritti al trono, andò a vivere in ritiro al di fuori del mondo civile, dove spese sei anni sottopo­nendosi ad austerità e mangiando nient'altro che rozzi cereali, per sostentamento quotidia­no. Dopo di ciò, egli giunse alla Montagna Testa-di-Elefante (Gayasiras)(4) e studiò la dot­trina secondo cui nulla ha una qualsiasi reale esisten­za; ma tre anni di studio lo convinsero che questa non era la vera dottrina, ed egli la ab­bandonò. Poi studiò la concentrazione che conduce al bando di tutti i pensieri, sotto Ramaputra(5); ma, dopo altri tre anni, realizzò che la verità non stava li neppure, così abban­donò pure questa. Quindi si sforzò di raggiungere la reale, immateriale mente libera da tutte le illusioni, e superò tutti i pensieri eretici (dentro lui stesso). All'ottavo giorno della seconda lu­na del trentesimo anno, quando sorse la stella del mattino, egli ottenne l'Illuminazione. Procedendo (dopo qualche tempo) al Parco del Cervo Reale(6), egli illuminò Kaundinya e altri quattro, iniziando così la propagazione della dottrina.

Anche ne "Il Libro delle Meraviglie della Dinastia Chou" (1122-25 Ac.), si afferma che all'ottavo giorno della quarta luna del venti­quattresimo anno del Chao della Dinastia Chou, il Re, stando di fronte al Padiglione di Luce Riflessa, richiese all'astronomo Su T'ien, riguardo a questo portento. Questi rispose che dopo mille anni da quel momento, la Dottrina (del Buddha) avrebbe raggiunto questa terra (Cina).

Nel quindicesimo giorno della prima luna del settimo anno di Yung P'ing(7) (il cui persona­le stile dinastico era Hsiao Ming Ti) della tarda Dinastia Han (primo secolo d.C.), l'Imperatore sognò una figura dorata, alta circa cinque metri e brillante come i! sole, che venne dinanzi al palazzo e annunciò che il suono della Dottrina avrebbe raggiunto questa terra. Il mattino seguente l'Imperatore chiamò a raccolta tutti i suoi ministri e chiese loro la divinazione del suo sogno. Un uomo dotto, tale Fu I, rispose: "Ho visto ne "Il Libro delle Meraviglie della Dinastia Chou" che, un migliaio di anni dopo il passag­gio di un grande saggio che apparve all'Ovest(8), il suono della sua dottrina avrebbe raggiunto questa terra. Questo è confermato dal tuo sogno e certamen­te avverrà." L'Imperatore mandò quindi Wang Ts'un e altri diciassette verso Occidente, affin­ché ritornando portassero la Dottrina. Quando raggiunsero Tokharestan(9), incontrarono due Bodhisattva(10), Kasyapa Matanga e Gobharana(11), che portavano con loro un'immagine di Shakya­muni, eseguita su fine tessuto di color bianco, ed un rotolo contenente "Il Sutra di Quaranta­due Sezioni," entrambi erano a dorso di un bianco cavallo.      

L'intera missione ritornò a Loyang(12) nel decimo anno di Yung P'ing(13), arri­vando al trentesimo giorno della dodicesima luna. (La scena del lavoro di traduzione succes­sivamente intrapreso venne chiamata il Tempio del Cavallo Bianco(14), giacché era il luogo dove Kasyapa Matanga e Gobharana tradussero que­sto sutra). Sessanta anni dopo, dopo aver supe­rato con successo tutte le altre dottrine, i due Bodhisattva si lanciarono nel vuoto ripetendo prima questi versi:

"La volpe non è della razza dei leoni.

"Quale lampada si paragona con il sole e la luna?

"Nessuna vasca è così vasta come il possente mare.

"Nessun tumolo può competere con il picco montano.

"Le nuvole della Dottrina coprono il mondo.

"La pioggia della Dottrina inumidisce tutti i germi.

"Si spera che molti porteranno il suo inse­gnamento.

"E che innumerevoli siano quelli di poi col­piti! "

 

NOTE:-(1)Giacché non possiedo più una copia di que­sta introduzione, la mia revisione può essere in­completa-. (2) Uno dei grandi libri della Legge Buddhista. (3) Noi diremmo India Settentrio­nale. (4) Questo fu qualche anno dopo, quando egli era già cresciuto sino all'età virile. (5) Un grande saggio, secondo l'opinione generale, il secondo de­gli insegnanti del Buddha. (6)Vicino a Benares. (7)Generalmente noto come Ming Ti. Questo era nell'anno 61 d.C. (8)Si inten­de in India. (9)Un regno degli Sciti nell'Asia Centrale, l'o­dierno Badhakchan. (10)Erano, naturalmente, solo monaci a quel tempo, ma sono reputati essere divenuti, più tardi, Bodhisattva. (11)E', senza dubbio, certo che questa è l'esatta traduzione del nome Cinese. (12) Allora capitale della Cina. (13) Altre narra­- zioni fanno durare il viaggio sette anni. Storici sono inclini a dubitare dell'intera storia ed a crede­re che il Buddhismo venne introdotto, prima di questa volta, per terra e mare. (14)Questo fu il primo Tempio Buddhista in Cina, e tuttora esiste.

 

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  IL SUTRA di QUARANTADUE SEZIONI -                                DETTO DAL BUDDHA

(Congiuntamente tradotto nella tarda dinastia Han dai monaci Kasyapa Matanga e Gobharana, provenienti dall'India Centrale).

 

1. Quando l'Onorato-dal-Mondo(1) era di­venuto Illuminato, così rifletteva: "Abbando­nare il desiderio e restare in perfetta quiete è la più grande delle vittorie. Rimanere in uno stato di completa astrazione è superare le vie di tutti i mali(2)". Nel Parco del Cervo Reale(3), egli esponeva la Dottrina delle Quattro Nobili Verità(4), convertendo Kaundinya e al­tri quattro accoliti, e così manifestando il frutto della Via(5). Vi erano frequentemente dei monaci che davano voce ai loro dubbi e chiedevano al Buddha di risolverli, così l'Onorato-dal-Mondo insegnava e dava loro dei comandamenti, sinché uno ad uno, essi divennero Illuminati e, congiungendo le mani insieme, in rispettoso accordo, si pre­pararono a seguire i Sacri Comandamenti.

 

2. Il Buddha disse: "Coloro che, sceglien­do l'abbandono delle loro famiglie ed adottan­do la vita da senza-casa(6), conoscono la natura del­le loro menti(7) e raggiungono ciò che è fonda­mentale, comprendendo così l'Insegnamento che sta al di là dell'attività (mondana), sono chiamati Sramana. Essi osservano costante­mente i duecento-cinquanta precetti(8) entrando e dimorando in perfetta quiete. Facendo il loro cammino attraverso i quattro stadi di progresso(9), essi divennero Arhat (10), cioè coloro che possiedono i poteri di levitazione e trasforma­zione, come pure l'abilità di prolungare le loro vite per molti eoni e di dimorare o spostarsi quasi ovunque in cielo o terra. Sotto di essi vengono gli Anagamin che, alla fine di una lunga vita, ascendono in spirito ai diciannove cieli e divengono Arhat. Poi vengono i Sakra­nagamin che debbono ascendere di un grado ed ancora una volta rinascere prima di divenire Arhat sinché non siano passati attraverso nove ulteriori giri di nascite e morte. Colui che ha posto una fine alle sue brame e desideri è come un uomo che, non avendo più ulteriormente bisogno dei suoi arti (lett. avendo tagliato via i suoi arti), non li usa mai più.

3. "Lo Sramana, che avendo lasciato la casa, pone fine ai suoi desideri e conduce via le sue brame, conoscendo la fonte della sua pro­pria mente, penetra i profondi principi di Bud­dhità. Egli si risveglia al non-fenomenico, non le­gandosi a nulla nel suo interno(11), e nulla cercando al di fuori(12). La sua mente non è incatenata con dogmi, né egli è irretito dal Karma. Ponde­rando nulla e facendo nulla, praticando nulla e manifestando nulla, senza passare attraverso tutti i successivi stadi, egli (nondimeno) rag­giunge le più elevate altezze. Questo è ciò che si intende con "La Via (13)".

 

4. Il Buddha disse: "Colui che ha tagliato i capelli, la barba e i suoi blocchi mentali, per divenire un Sra­mana ed ha accettato la Dottrina della Via, ab­bandona ogni cosa del valore mondano ed è soddisfatto del cibo che ottiene mendi­cando(14), non mangiando altro che una volta al giorno(15). Se vi è un albero sotto cui riposare, egli non desidera null'altro. Brame e desideri sono ciò che rende gli uomini stupidi e ne oscu­ra le menti".

 

5. Il Buddha disse: "Vi sono dieci cose per cui gli esseri fanno il bene e dieci per cui essi fanno il male. Che cosa sono? Tre sono compiute col corpo, quattro con la bocca e tre con la mente. I (mali) compiuti con il corpo sono uccidere, rubare, e (commettere) azioni impure; quelli con la bocca sono doppiezza, maldicenza, bugia e oziosità nei discorsi; quel­li con la mente sono avarizia, avidità e stupidi­tà. Queste dieci cattive azioni non sono in armonia con la Santa Via e sono dette le dieci pratiche del male. Il porre arresto a tutte loro è detto com­piere le dieci pratiche virtuose".

 

(Note) (1)Lokajyeata, un titolo del Buddha. (2)La Via di Maras, uno dei Sei destini; ma in questo contesto significa in generale "le vie cattive". (3)Vicino a Ben­ares. (4)Vedi il Sutra della Dottrina Donata.(5) Dharma. Ho cercato di evitare termini Sanscriti nel testo. (6) L'usuale frase per divenire Monaco.(7)Un Buddhista Mahayana interpreterebbe ciò, come significante che essi realizzavano che le loro menti erano una sola cosa con il Dharmakaya, il più alto dei tre Corpi di un Buddha, il che è sinoni­mo dell'estrema realtà sottostante ogni forma, e che tutti gli attributi che li facevano apparire come personalità indipendenti, erano vuoti e falsi. Giacché questo era originariamente un sutra Hina­yana, può essere stato un tempo interpretato in maniera differente. (8)Questi precetti sono vinco­lanti per monaci e monache; il laico ne deve osser­vare solo cinque.

(9)Questi studi sono discipline, conducenti a moralità, meditazione e comprensione; ininterrot­to progresso conducente al bando di tutte le delu­sioni; liberazione dai lacci mondani, conducente a conoscenza della verità. e progresso crescente nella Saggezza-di-Buddha. (10) L'Arhat è incline ad essere disprezzato dai Buddhisti Mahayana, per il fatto di cercare solo la sua propria liberazione. (11) Lett. "conseguendo nulla al di dentro." Il Buddhista Mahayana riconosce che non vi è nulla che debba essere conseguito, giacché siamo una sola cosa con la realtà ùltima. Dobbiamo solo realizzarla.(12)Qualsiasi cosa venga dall'esterno non può che essere illu­soria. (13) La continua ruota di nascita e morte è cagionata dai nostri desideri. Col troncare i nostri desideri, ci liberiamo dal fenomenico.(14) Alcuni sono dell'opinione che questo passag­gio, incominciando con "ponderando", venne aggiunto o alterato da monaci Ch'an (Zen). Sem­bra essere una negazione delle esortazioni altrove contenute in questo sutra, ma deve essere compre­so come un più alto stadio di sviluppo in cui ogni progresso fenomenico è smesso dal discepolo che ha già raggiunto la sfera del non-fenomenico.(15)Si intende che i monaci Hinayana mendichino il loro cibo, ma non è possibile aderirvi in Cina, il cui numero di sostenitori laici è troppo piccolo.(16) La stessa pratica ha tali regole, per motivazioni climatiche. Nei paesi Hinayana, tutti i cibi presi dai monaci vengono mangiati prima di mezzogior­no, ma in Cina ciò è solo il caso di pochi mo­naci che si sottomettono volontariamente alla accettazione di questa disciplina. Non è una prati­ca raccomandabile in un paese fred­do come la Cina.

 

6. Il Buddha.disse: "Se un uomo ha tutti i tipi di colpe e non se ne duole, nello spazio di un momento una punizione gli ricadrà addosso e, come acqua che ritorna al mare, gradualmen­te diverrà più profonda e più ampia. (Ma), se un uomo ha colpe e, divenendo cosciente di es­se, cambia in meglio, la punizione si discioglie­rà spontaneamente in nulla, così come il peri­colo di una febbre gradualmente si riduce, una volta che si sia insediata la sudorazione."

 

7. Il Buddha disse: "Se un uomo cattivo, sentendo qualcosa di buono, viene e crea di­sturbo, dovreste mantenere la vostra pace. Non dovete irosamente rimproverarlo; allora colui che è venuto ad affliggervi, meramente nuocerà solo a se stesso".

 

8. Il Buddha disse: "Vi fu uno che sentì che io sostenevo la Via e praticavo grande bene­volenza e compassione. Su questa considera­zione, venne a rimproverarmi, ma io rimasi si­lente e non replicai. Quando ebbe finito di rimproverarmi, io dissi: "Signore, se Voi trat­tate un altro con cortesia ed egli non accetta, non ricade la cortesia su di voi?" Rispose che sì, ricade, ed io continuai: "Ora voi mi avete giusto afflitto ed io non ho accettato le. vostre imprecazioni, così il male che voi stesso avete fatto; ora ha fatto ritorno ed è ricaduto su di voi. Poiché un suono si accorda con il rumore che lo ha prodotto ed il riflesso si accorda con la forma. Alla fine non vi sarà scampo alcuno, così abbiate cura di non fare più del male!".

 

9. Il Buddha disse: "Un uomo cattivo che tenta di danneggiare è come uno che sputi ver­so il cielo: lo sputo, ben lungi dal raggiungere il cielo, discende sullo sputatore. Oppure que­gli provoca un vento che solleva polvere, ma in­vece di andare altrove, la polvere ridiscende su lui stesso. Virtù non può essere distrutta, men­tre il male -inevitabilmente distrugge se stesso."

 

10. II Buddha disse: "Ascolta avidamente e cura la Via. La Via certamente sarà dura da raggiungere. Ma se mantieni il desiderio di accettarla con umilità, la Via è invero possente e generosa".

 

11. II Buddha disse: "Osservate quelli che donano la (conoscenza della) Via, poiché aiutarli è grande gioia e molte benedizioni possono così essere ottenute. Uno Sramana chiese: "Vi è qualche limite a queste benedizioni?". II Bud­dha rispose: "Esse sono come il fuoco di una torcia, da cui centinaia e migliaia di persone ac­cendono le loro proprie torce. Così l'oscurità viene assorbita. Tale e così è la natura di quelle bene­dizioni".

 

12. II Buddha disse: (1) "Donare cibo a cento uomini cattivi, non è pari a donare cibo ad un uomo buono. Donare cibo a mille uomini buoni, non è pari a donare cibo ad uno che non osservi i cinque precetti(2). Donare cibo a dieci­mila che osservano i precetti non è pari a dona­re cibo ad uno Srotapana. Donare cibo ad un milione di Srotapana non è pari a donare cibo ad un Sakridagamin; donare cibo a dieci milio­ni di Sakridagamin, non è pari a donare cibo ad un Anagamin. Donare cibo a cento milioni di Anagamin, non è pari a donare cibo ad un Ar­hat. Donare cibo a mille milioni di Arhat non è pari a donare cibo ad un Pratyeka-Buddha(3). Donare cibo a diecimila milioni di Pratyeka-Buddha, non è pari a donare cibo ad uno dei Buddha del Triplo Mondo(4). Donare cibo a centomila milioni di Buddha del Triplo Mondo, non è pari a donare cibo per uno che non pondera nulla, non fa nulla, non pratica nulla e nul­la manifesta (5) ".

 

     13. II Buddha disse: "Vi sono venti cose che sono ardue per l'essere umano:

     "E' arduo praticare carità, quando si è povero.- "E' arduo studiare la Via, quando si occupa una posizione di grande autorità.- "E' arduo rinunciare alla vita, all'approccio dell'inevitabile morte.- "E' arduo procurarsi un'opportunità di leg­gere i sutra.- "E' arduo essere generati direttamente in un ambiente Buddhista.- "E' arduo sopportare lussuria e desiderio (senza cedere ad essi).- "E' arduo vedere qualche cosa di attraente senza desiderarla.- "E' arduo sopportare un insulto senza adirarsi.-"E' arduo avere potere e non dare ad esso considerazione.- "E' arduo venire in contatto con le cose eppure rimanere non colpito da esse.- "E' arduo studiare con ampiezza e investi­gare compiutamente ogni cosa.- "E' arduo superare egoismo ed indolenza.-    "E' arduo evitare di far luce sul non avere studiato (la Via) a sufficienza.-"E' arduo tenere la mente uniformemente bilanciata.- "E' arduo trattenersi da affermazione e negazione(6). - "E' arduo venire in contatto con la chiara percezione (della Via)(7).- "E' arduo percepire la propria natura e(attraverso una tale percezione) studiare comunque la Via.- "E' arduo aiutare gli altri verso l'illuminazione, secondo le loro differenti necessità.- "E' arduo vedere i vari fenomeni senza essere mossi da essi.- "E' arduo rimanere immobili e indifferenti dal nostro ambiente.- "E' arduo comprendere l'uso appropriato dei mezzi abili (per predicare e praticare il Dharma).-"

 

(Note)(1)Questo intero paragrafo può essere preso co­me illustrazione della tremenda importanza di sfor­zarsi di ottenere veramente il meglio possibile. Cosi un Anagamin è già un essere assai avanzato eppure non è meritorio neppure per la centomilio­nesima parte (100.000.000) rispetto ad un Arhat, che è solamente di uno stadio più elevato. L'ulti­ma parte del paragrafo porta pure in causa la con­cezione Buddhista di Universo, cosi vasto che que­sto mondo è, in paragone ad esso, come un granel­lo di sabbia nel fango, da cui le centinaia di miglia­ia di milioni di Buddha. (2)Cioè un discepolo laico.(3) Quegli che viva in esclusione e ottenga eman­cipazione per lui stesso solamente. (4) I mondi del passato, presente e futuro. Qui il riferimento è a quei Buddha che praticano la Dottrina Mahayana dell'assistere tutti gli esseri verso l'Illuminazione, in contrad-distinzione rispetto ai Pratyeka-Buddha. (5) Questa conclusione, forse aggiunta più tardi, comporta l'idea che uno che realizzi la propria identità con la fondamentale realtà sottostante a tutti i fenomeni è l'eguale di tutti i Buddha. Que­sta realizzazione, naturalmente, implica molto più che mera intellettuale accettazione del concetto, ed è, di fatto, la vitale esperienza di verità cui tutti i Buddhisti Mahayana tendono. Per colui che l'ha raggiunta, tutti i pensieri ed azioni, come compresi nel mondo fenomenico, sono superflui ed irreali. (6) I Buddhisti Ch'an (Zen), in special modo, sono sempre ansiosi di rendere chiaro che sia l'afferma­zione, sia il diniego, debbano inevitabilmente essere non corretti ed oscurare la verità. Consequente­mente ogni cosa "è" e "non è" a seconda del pun­to di vista da cui è giudicata. (7)La frase significante "chiara percezione" può talvolta ed in taluni con­testi significare "un amico stretto". Potremmo qui combinare i due significati e tradurre: "con amici che abbiano una chiara percezione della Via."

 

15. Uno Sramana chiese al Buddha: "Che cos'è Virtù e che cos'è grandezza?" Il Buddha rispose: "Seguire la Via, è tenere a ciò che è vero e buono. Quando la Volontà è in conformi­tà con la Via, quella è grandiosità."

 

16. Uno Sramana chiese al Buddha: "Che cosa è grande potere e che cos'è l'acme dello splendore?" Il Buddha rispose: "Essere capaci di sopportare insulto (senza ritorsione) implica grande potere. Colui che non serba motivo di risentimento, ma rimane calmo e saldo egual­mente (in tutte le circostanze), e che porta tut­te le cose senza indulgere nell'abuso certamente sarà onorato dagli uomini. L'acme dello splen­dore è raggiunto quando la mente è completa­mente purgata dalle impurità e nulla di falso o di immondo rimane (a sporcare) la sua purezza. Quando non vi è nulla, da prima della forma­zione di cielo e terra sino ad ora o in ognuno dei dieci quarti(1) dell'Universo che tu non hai visto, sentito e capito; quando tu sei giunto ad una conoscenza di ogni cosa, quello può essere chiamato splendore(2)".

 

17. Uomini che serbano attaccamenti e de­sideri sono quelli che non hanno percepito la Via. Giusto come se chiara acqua fossa smossa con la mano, nessuno di quelli che guardano in essa percepiranno i loro riflessi, cosÌ uomini nelle cui menti il sudiciume è stato smosso da attaccamenti e desideri non percepiranno la Via. Voi Sramana dovete abbandonare attacca­menti e desideri. Quando la sozzura di attacca­menti e desideri sia stata interamente spazzata via, allora soltanto potrete percepire la Via."

 

18. Il Buddha disse: "Con coloro che han­no percepito la Via, è così. Giusto come, quando si entra in una casa buia con una torcia, l'oscurità è dissipata e solo la luce rimane, cosÌ, studiando la Via e percependo la verità, igno­ranza è dissipata e l'illuminazione rimane per sempre. "

 

19. Il Buddha disse: "La mia Dottrina im­plica il pensare a ciò che è oltre il pensiero, l'attuare ciò che è al di là dell'attuazione, parlare di ciò che è al di là delle parole e praticare ciò che è al di là della pratica(3). Coloro che posso­no giungere a questo, progrediscono, mentre gli stupidi regrediscono. La Via che può essere espressa in parole si ferma presto(4); non vi è nulla che può essere afferrato. Se avete torto in misura pari alla millesima parte di un capel­lo, voi perderete (la Via) in un lampo."

 

20. Il Buddha disse: "Considera il cielo e la ter­ra e considera la loro impennanenza. Consi­dera il risveglio spirituale come Bodhi(5). Questa sorta di conoscenza conduce ad una rapida illumina­zione. "

 

21. Il Buddha disse: "Dovreste ponderare sul fatto che, benché ciascuno dei quattro ele­menti(6) di cui il corpo è fatto abbia un nome, nessuno di essi costituisce (alcuna parte de) il "né reale. Infatti il "né è non-esistente, ed è come un miraggio".

 

22. Il Buddha disse: "Vi sono genti che, seguendo i dettami dei loro sentimenti e deside­ri, cercano di creare un nome per se stessi, ma al momento in cui quel nome risuona, sono già morti. Quelli che hanno brama di un nome che a lungo sia ricordato nel mondo, e che non studiano la Via, vanamente lottano e si struggono per forme vuote. Giusto come incenso che brucia, benché altri percepiscono il suo grade­vole odore, si trova esso stesso nell'atto di bruciare, così (i desideri)(7) portano il pericolo del fuoco che può bruciare i vostri corpi sulla loro scia.

 

(Note)-(1)Gli otto punti della bussola, lo Zenit e il Na­dir. (2)E' di grande interesse notare che una mente purificata dalle impurità è stimata come più eleva­ta rispetto alla più completa ed universale cono­scienza. (3)Questo passaggio, sia originale o meno, esprime l'essenza del Ch'an (Zen), il più alto svi­luppo del Buddhismo. Sfortunatamente, è im­possibile riportare l'intero senso in traduzione. Una resa assai letterale, sarebbe: "Pensare pensieri del non pensare, agire azioni del non agire, parlare parole non parlate, praticare la pratica del non praticare." Ciò che va compreso è che nessuno di questi quat­tro processi corrisponde in alcun modo con pro­cessi che vanno sotto lo stesso nome e che essi hanno luogo nella sfera fenomenica. Si afferma che una piena comprensione di questa Dottrina, comunque, è solo nel potere di coloro che sono avanzati attraverso meditazione e concentrazione, al punto in cui possono afferrare le realtà che sta alla base del mondo fenomenico. In questa più al­ta sfera, nulla esiste (nel senso che tutti gli attribu­ti di esistenza individuale sono illusioni pertinenti il mondo fenomenico), eppure ogni cosa esiste (nel senso che l'ultima realtà possiede in "né il potere di produrre ogni tipo di fenomeno senza alcuna limi­tazione di spazio e tempo). (4)Comparare la sen­tenza di apertura del Tao-Te-Ching di Lao Tzu. (5)La più alta conoscenza, l'Illuminazione di un Buddha. (6)Umidità della terra, calore e vapore. (7)Qui si intende specialmente senza dubbio il desiderio di fama.

 

23. Il Buddha disse: "Ricchezza e bellezza, per un uomo che non le abbandonerà, sono come un coltello coperto di miele, che, anche prima che egli abbia il piacere di mangiare il miele, taglia la lingua del bambino che lo lec­ca."

                                                           

24. Il Buddha disse: "Le persone che sono legate alle loro mogli, figli e case sono peggio che prigionieri. Un prigioniero sarà prima o poi rilasciato, ma familiari, moglie e figli non hanno alcun pensiero di portarsi da parte. Perché temere di perderli? (Altrimenti), voi siete docilmente sottomessi alle mandibole di una tigre e delibe­ratamente consenzienti a che voi stessi anne­ghiate nelle sabbie mobili in cui siete caduti, peritando così il nome di "stupidi". Se,con questo, potete entrare nel Cancello del Dharma, emergerete dalla polvere e diverrete degli Arhat".

 

25. Il Buddha disse: "Di tutti gli attacca­menti e desideri, non ve ne è uno più forte del sesso. Il sesso come desiderio non ha eguale. Confidate nella (universale) Unità. Nessuno sotto il cielo può divenire un seguace della Via se accetta il dualismo insito nel sesso."

 

26. Il Buddha disse: "Coloro che (permet­tono a se stessi) attaccamenti e desideri sono come un uomo che cammina portando una torcia, a dispetto del vento. Inevitabilmente le sue mani saranno bruciate. Gli dèi mi conces­sero una ragazza di giada sperando di scuotere la mia determinazione. lo le dissi: "O sacco di pelle, pieno di ogni tipo di sozzura! Per quale motivo sei qui venuto? Vai! lo non ho biso­gno di te." Allora gli dèi mi tributarono pro­fonda riverenza e, quando mi chiesero di espor­re la Via, io li illuminai e perfino essi divennero Srotapana. "

 

27. Il Buddha disse: "Coloro che seguono la Via sono come una tavola di legno nell'acqua, che fluttua via, non toccando alcuna riva, e che non è neppure colta da uomini, intercettata dagli dèi, ostacolata da schiuma fluttuante, né marcisce lungo la via. Sono preparato a sotto­scrivere che un tale pezzo di legno raggiungerà il  mare. Se quelli che studiano la Via non sono sviati dai loro sentimenti e desideri, non distur­bati da ogni sorta di depravazione, e se essi con convinzione avanzano verso il non-fenomenico, sono preparato a garantire che essi certamente raggiungeranno la Via!".

 

28. Il Buddha disse: "State attenti a non dipendere troppo dalla vostra propria intelligenza(1) - in essa ­non vi si deve riporre molta fiducia. Ponete attenzione a non entrare in contatto con attrazioni fisiche - tali contatti sfociano in calamità. Sola­mente quando avrete raggiunto lo stato di Arhat, voi potrete dipendere dalla vostra pro­pria intelligenza."

 

29. Il Buddha disse: "Abbiate cura di evi­tare di guardare la bellezza delle donne, e guardatevi da loro(2). Se voi (avete occasione di) conversare con esse, controllate attentamente i pensieri che corrono attraverso le vostre menti. Come Sramana, nel venire in contatto con il mondo impuro, si deve essere come il loto che rimane immacolato nel fango (da cui cresce). Le donne mature vedetele come vostre madri, quelle più anziane di voi vedetele come vostre sorelle maggiori e quelle più giovani di voi, come vo­stre sorelle minori; mentre quelle assai giovani, vedetele come vostre figlie. Se voi desiderate fortemente la liberazione, bandite tutti i pensieri cattivi."

30. Il Buddha disse: "Coloro che seguono la Via sono come paglia che deve essere preser­vata dal fuoco. Un seguace della Via che provi desiderio, deve mettere una distanza tra se stes­so e (l'oggetto del suo) desiderio."

 

31. Il Buddha disse: "Vi era uno che, essendo incapace di sottomettere le sue passioni sessuali, desiderò spontaneamente di tagliarsi il pene. lo gli dissi: "Fare ciò non sarà altrettanto buono del porre fine al(la ra­dice del) male nella tua mente. La mente è come quel tale Kung Ts'ao(3). Se Kung Ts'ao desiste, i suoi seguaci pure si fermeranno. Se le deprava­zioni mentali continuano, qual è l'utilità di tagliare via il tuo pene?" Allora ripetei questo verso per lui: "Il desidèrio sgorga dai tuoi pen­sieri. Il pensiero sgorga dal discernimento (del­l'argomento). Quando le due menti(4) sono entrambe calme, non vi è né forma né azione(5). Aggiunsi che questo verso venne espresso per prima dal Buddha Kasyapa(6)".

 

(Note)-(1)Cioè: non correte rischi. Evitate opportu­nità di tentazioni, piuttosto che fidare della vostra propria discrezione o della tenacia. (2)Questo si applica solo ai monaci, non ai laici, che possono sposarsi. (3)Un potente ufficiale della Dinastia Han a cui nessuno osava disubbidire: è un'ovvia interpola­zione. (4)La pura, originale Mente-del-Buddha (che possiede tutto e che non può essere macchiata) e la mente ordinaria che è parte della grande illusione del "né. (5)Quando la seconda mente è portata in conformità con la prima, il mondo fenomenico è trasceso. (6)Il terzo dei cinque Buddha particolarmente con­nesso con l'odierna èra o eone (kalpa).

 

32. Il Buddha disse: "I dolori degli uomini vengono dai loro attaccamenti e desideri. Ed il ti­more viene da questi dolori. Se libertà dal de­siderio è raggiunta, quale (causa per) afflizione e timore rimarrà?"       .

 

33. Il Buddha disse: "Quelli che seguono la Via sono come uno che debba combattere con diecimila nemici e che, vestendo la sua armatura, muo­ve fuori dalla siepe. I suoi pensieri possono essere timorosi e la sua risolutezza debole, oppure egli può (persino) arrivare a metà del campo di battaglia e quindi voltare le spalle e volatilizzar­si. Ancora, egli può fare battaglia ed essere tru­cidato. D'altro canto egli può conquistare la vittoria e ritornare. Lo Sramana che studia la Via deve avere una mente risoluta e costruire zelantemente il suo coraggio, senza temere nulla che si ponga innanzi a lui e distruggendo tutti i demoni (di tentazione che stanno sulla sua via), in maniera tale da poter ottenere il frutto (di studiare diligentemente) la Via."

 

34. Una notte, uno Sramana stava intonan­do il "Sutra degli Insegnamenti Donati dal Buddha Kasyapa". Il suono della sua voce era lugubre, poiché egli ripetutamente pensava di voler rinunciare ai suoi giuramenti. Il Buddha gli chiese: "Che cosa facevi prima di diventare monaco?" "Usualmente amavo suonare il liuto" egli rispose. "Che cosa succedeva - disse il Buddha - quando allentavi le corde?" "Esse non facevano alcun suono." "E quando le tira­vi, tendendole?" "I suoni erano brevi." "E come era, quando non erano né tese, né lente?" "Allora, tutti i suoni erano normali" replicò lo Sramana. A questo punto il Buddha disse: "E' lo stesso con uno Sramana che studia la Via. Se la sua mente è appropriatamente diretta, egli può conseguirla, ma se egli forza se stesso verso di essa, la sua mente diventerà stanca e, in conse­guenza della stanchezza della sua mente, i suoi pensieri diverranno irritabili. Con tali irritabili pensieri, le sue azioni retrocederanno e, con ta­le retrogressione, il male entrerà nella sua men­te. Ma se egli studia quietamente e felicemen­te, egli non perderà la Via."

 

35. Il Buddha disse: "Se un uomo fonde il ferro, sinché tutte le impurità siano state elimi­nate (prima di procedere) per fare strumenti con esso, gli strumenti saranno di buona qualità. Se uno che studia la Via, prima spurga il suo cuore da tutte le influenze immonde, di sicuro poi le sue azioni diverranno pure."

 

36. Il Buddha disse: "E' arduo, per un essere, abbandonare le più grossolane forme di incarnazione ed essere generato come essere umano.- "E' arduo, per un tale essere, sfuggire dal­l'essere una donna oppure dall'essere generato come uomo.- "E' arduo, per un tale essere, venir generato con tutti i suoi organi in perfette condizioni.-"E' arduo, per un tale essere, venir generato in un paese centrale (1).- "E' arduo, per un tale essere, venir generato direttamente in ambienti Buddhisti.- "E' arduo, per un tale essere, venire in con­tatto con la Via.- "E' arduo, per un tale essere, coltivare fede nella sua mente.- "E' arduo, per un tale essere, realizzare il Cuore-del-Bodhi(2).

- "E' arduo, per un tale essere, raggiungere (lo stato in cui) nulla è praticato, nulla è ottenuto e nulla è mani­festato(3)".

 

37. Il Buddha disse: "Un discepolo che vi­ve a migliaia di miglia da me, otterrà, se avrà costantemente cura e pondererà i miei precetti, il frutto (dello studio) della Via: ma uno che pure sia in contatto immediato con me, benché mi veda costantemente, se egli non segue i miei precetti, alla fine mancherà di fare così!"

 

38. Il Buddha disse ad uno Sramana: "Quanto lunga è la misura di una vita umana?" "Non è altro che pochi giorni", fu la risposta. Il Buddha disse: "Tu non hai compreso", e lo chiese ad un altro Sramana, il quale rispose: "E' (come) il tempo preso da un (singolo) respiro", fu la risposta. "Eccellente" disse il Buddha "Tu comprendi la Via."

 

39. Il Buddha disse: "Quelli che studiano la Via del Buddha dovrebbero credere e seguire tutto quello che è detto dal Buddha. Proprio come quando mangiate miele (trovate che) ogni goccia di esso è dolce, così è con le mie parole".

 

40. Il Buddha disse: "Uno Sramana che studia la Via non dovrebbe essere come un bue che gira attorno alla pietra del mulino, il quale ben­ché attui le necessarie azioni con il suo corpo, non si concentra su di esse con la mente. Se la Via è seguita nella mente, di quale utilità sono le azioni?(4)"

 

41. Il Buddha disse: "Quelli che seguono la Via sono come un bue che porta un pesante carico e che cammina in un fango profondo. Esso si sente così affaticato che non osa guar­dare a sinistra e a destra e, solo emergendo dal fango, può rianimarsi con il riposo. Uno Sra­mana dovrebbe considerare sentimenti e desi­deri più seriamente che il fango (considerato dal bue). Solo controllando la sua mente e pensando alla Via egli può evitare l'afflizione."

 

42. Il Buddha disse: "lo considero lo stato di re e principi come la polvere che soffia attra­verso una fessura. lo considero ornamenti d'oro e gioielli come pietrisco. lo considero abiti fatti con la più fine seta come cenci consunti. lo considero un chilio-cosmo(5) superiore ad una piccola noce(6). lo considero l'Anavatapta(7) co­me olio per imbrattare i piedi(8). (D'altro can­to), considero metodi espedienti che conduco­no alla verità, come spendere mucchi di gioiel­li(9). E considero il supremo veicolo(10) come un sogno di ricchezza abbondante. lo considero la Via del Buddha come tutti gli splendori che in­contrano gli occhi. lo considero la meditazione Dhyana(11) come il sostegno del Monte Sumeru(12). lo considero il Nirvana come il risvegliarsi allo spuntar del giorno, provenendo dal sonno di una notte. lo considero l'eresia elevata, come se fossero i Sei Draghi danzanti(13). lo considero l'universale, imparziale attitudine(14) (di un Buddha) come l'Assoluta Realtà. lo considero la conversione (alla Via) come i cambiamenti su­biti da un albero, (dovuti alla azione) delle quattro stagioni (15)."

 

(Note)- (1)Si intende un paese sotto il raggio del Dhar­ma del Buddha. (2) Il cuore pienamente Illuminato. (3)Vedi nota al paragrafo tre. (4) A che prò. T'ang Yung T'ung considera questa come una sostituzione da parte del Ch'an (Zen). (5)-1.000.000.000 di "piccoli mondi" (o univer­si), di cui il mondo, in cui viviamo, forma una pic­cola parte di uno di essi. (6)Nel Cinese è dato il nome della noce, ma qui è meramente un'indicazione di qual­che cosa di molto più piccolo. (7)Un lago ritenuto esse­re a nord dell'Himalaya e detto essere rotondo per una misura di ottocento "li" (un 'li' è un terzo di miglio). (8) Ancora, qualcosa di piccolo viene indi­cato, cioè, l'ammontare necessario per un'unzione. (9) L'ultima parte di questa frase e quelle che seguo­no potrebbero essere tradotte "come altri conside­rano…" (10)Il Mahayana, una delle due principali branche del Buddhismo, i cui seguaci mirano ad illuminare tutti gli esseri senzienti, cosi come se stessi. (11) Cinese "Ch'an", Giapponese "Zen", una forma di meditazione, pure usata come nome di una setta che stima questa forma di meditazione al di sopra di tutte le altre pratiche Buddhiste. (12)Una montagna che è detta essere al centro del "piccolo mondo" o universo di cui il nostro mondo forma una piccola parte. (13) Questi sei draghi sono i sei organi dei sensi (inclusa la mente), che non sono solo gli organi attraverso i quali noi siamo illusi e delusi, ma anche quelli attraverso i quali percepiamo i mezzi per ottenere l'Illuminazione. L'idea riporta­ta con il danzare è quella parte del movimento o cambiamento risultante da conversione dal feno­menico al non-fenomenico o super-fenomenico. (14) Imparziale nel senso di essere immoto da desi­derio o avversione verso qualunque, qualsi­voglia cosa. (15) Cioè, inevitabili cambiamenti. Ogni essere è detto possedere in "né il potere di divenire o realizzare la sua identità con il Buddha (nel senso della personificazione dell'ultima realtà, che giace dietro le illusorie apparenze dei fenomeni).                                             FINE I° PARTE

 

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          II° PARTE

     

     L'EDITTO IMPERIALE CONCERNENTE LA VASTA PROMULGAZIONE DE

     "IL SUTRA DELLA DOTTRINA DONATA DAL BUDDHA",

emanato da Sua Maestà Imperiale, T'ai Tsung(1) della Dina­stia T'ang,

denominato anche Wen Huang Ti e Chen Shi.

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"Venerabili Seguaci del Buddha! Poiché durante questo ultimo periodo(2) dopo il passaggio del Tathagata(3), ha preso luogo la corruzione, noi incarichiamo i principi e i grandi ministri dell'Impero di con­servare e mantenere la Dottrina del Buddha. Inoltre i monaci che hanno adottato la vita senza casa, debbono agire in accordo con i pre­cetti. Se, dando sfogo ai loro sentimenti, essi indulgono nella impudicizia, saranno coinvolti in un pantano di afflizione(4). (Similmente), se noi che non siamo monaci negligiamo i sutra e le leggi(5), perderemo la profonda e meraviglio­sa guida del Tathagata e metteremo in pericolo i princìpi di giustizia che sono sacri per tutti i princìpi dell'Impero."

"Il Sutra della Dottrina Donata" contiene le parole dette dal Buddha per ammonire ed inco­raggiare i suoi discepoli, quando sono sul punto di entrare nel Nirvana. E' invero un eccellente sommario di punti essenziali. Se non è ricevuto e trattato con rispetto, la grande Via sarà oscu­rata e le sottili parole periranno. Per sempre curate la Sacra Dottrina! Dedicate molto pen­siero su di essa, allo scopo di estrarre ed espor­re il suo significato. Appropriate emanazioni dovrebbero originare, tramite i seguenti co­mandi: i dieci calligrafi ufficiali devono pro­durre un largo numero di copie di questo sutra. Grandi sforzi devono essere fatti per promul­garlo. Le autorità civili debbono dare il per­messo perché vengano rilasciate le penne, la carta e l'inchiostro necessari (a fare un grande numero di copie). Tutti gli ufficiali di quinto grado(6) e superiori, così come tutti i governatori dei dipartimenti(7), debbono ciascuno riceverne una copia. Se monaci e monache sono scoperti mentre fanno male azioni (lett: costruendo karma negativo per se stessi) o mentre non agiscono in accordo con i sutra, essi debbono essere uffi­cialmente o privatamente ammoniti e si deve far sì che obbediscano all'insegnamento."

 

(Note)- (1)Asceso al trono nel 627 d.C. (2)Il Buddha pro­fetizzò che la Dottrina avrebbe proseguito per 500 anni propagandosi con grande successo, poi per altri 1000 anni durante i quali una parvenza di conservazione si sarebbe mantenuta e, infine, per un terzo lungo periodo di declino. (3)Un titolo del Buddha. (4) Le tre grandi afflizioni sono: desiderio, collera (o avversione) e ignoranza. (5) Shila, le norme di con­dotta. (6) Vi erano nove gradi in tutto. (7) Ciascuna provincia conteneva numerosi "chou" (comune­mente sillabato "ciau") o dipartimenti. Preceden­temente allo stabilirsi della Repubblica, la calligra­fia di un alto ordine era una delle qualifiche essenziali di tutti gli ufficiali. Era senza dubbio giudicato dall'Imperatore che copie scritte a mano da tali augusti ufficiali avrebbero ricevuto partico­lare attenzione e rispetto.

 

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              "IL SUTRA DELLA DOTTRINA DONATA DAL BUDDHA,"   detto anche

"IL SUTRA DELLA GENERALE ISTRUZIONE E DEGLI AMMONIMENTI PREDICATI DAL BUDDHA

PRIMA DELLA SUA ENTRATA NEL NIR­VANA."

(Tradotto dal monaco Indiano Kumarajiva(1), sotto il regno dell'Imperatore Yao(2) della Tarda Dina­stia Ch'in(3).-

 

Quando Shakyamuni Buddha dapprima girò la Ruota della Legge(4), convertì Ajnata-kaun­dinya e, nell'ultima occasione in cui egli parlò della Dottrina, converti anche Subhadra(5). Tutti coloro che ricevettero conversione(6) (dal Buddha) sono stati completamente Illuminati. Quando sul punto di entrare nel Nirvana giace­va tra gli alberi gemelli "sala". Nessun suono disturbava il completo silenzio (sinché) per il bene dei discepoli, (egli cominciò) a dare un sommario dei fondamentali della Dottrina. Egli così disse:

"O monaci! Dopo il mio passare, dovreste avere il più grande rispetto e venera­zione per i duecentocinquanta precetti(7) Trat­tateli come una luce a cui sieti giunti nell'oscu­rità, o come un uomo povero tratterebbe un gioiello che abbia trovato. Dovreste sapere che voi siete la vostra guida principale. Se io doves­si rimanere nel mondo, non vi sarebbe alcuna differenza tra questo fatto e l'avere questi (come vostra guida). Aderite alle norme di condotta. Non comprate né vendete le vostre terre, case, braccianti, schiavi o greggi. Dovreste sfuggire da tutti i tipi di proprietà e ricchezza così come evitereste un abisso di fuoco.     Non dovete tagliare piante ed alberi, né spezzare nuovo suolo, né vangare la terra. né potete voi com­porre medicine, praticare divinazione o incan­tesimi, o portare avanti qualsivoglia forma di astrologia(8). Siate casti nei costumi, mangiando solo a tempo debito(9), e vivendo le vostre vite in purezza e solitudine(10). Non prendete parte agli affari mondani col predire la fortuna. Non dovreste mormorare incantesimi, preparare rimedi magici, coltivare le amicizie di persone potenti, mostrare (speciale) amicizia per i ricchi o trattare con disprezzo quelli che sono carenti (nella ricchezza mondana o nelle capacità). Dovreste cercare Illuminazione con le vostre menti, appropriatamente sotto controllo e con retti pensieri. Non consentite a voi stessi di trattenere incrinature o imperfezioni, né attua­te meraviglie per far trasalire le persone. Quan­to alle quattro offerte(11), siate contenti di esse e realizzate la loro sufficienza. Prendetele quando sono offerte, ma non immagazzinatele. Questo è brevemente ciò che si intende per os­servare i precetti. Questi precetti sono i fonda­mentali (della Via di vita), che si accorda esat­tamente con la (via alla) Illuminazione. Così essi sono noti come pratimoksha(12). Basandosi su di essi, tutti gli stadi di contemplazione posso­no essere raggiunti, è così pure la conoscenza che conduce al trionfo su tutte le afflizioni. Questo è il perché un monaco deve mantenerli in purezza e non consentire loro di cadere nel­l'oblio. Se un uomo può, in tutta purezza, mantenere i precetti, egli sarà in possesso di un eccellente metodo (per ottenere l'Illumina­zione). Se egli non fa così, nessun merito(13) di alcun tipo gli deriverà. Ecco perché si do­vrebbe sapere che i precetti sono il principale costante punto di merito, che risulta sia nel corpo, sia nella mente che si trovi in riposo.

 

(note)-(1)Kumarajiva, che mori a Ch'ang-an (il moder­no Sian), circa nel 412 d.C., fu uno tra i più grandi missionari Indiani Buddhisti a venire in Cina. Il numero di traduzioni e commentari che portano il suo nome è enorme. Suo padre, pare fosse India­no e sua madre una principessa dell'Asia centrale. (2) Un acuto patrono del Buddhismo che regnò alla fine del terzo e all'inizio del quarto secolo d.C.. (3)Questa dinastia fu contemporanea a molte altre e non forma parte della linea ufficiale delle dina­stie Cinesi. (4)Una frase comune per intendere la pro­pagazione del Buddhismo. (5)Un Brahmano che si di­ceva avesse 120 anni. (6)La parola "tu", che ho qui tradotto conversione, in realtà significa "far passa­re" ed è stato altrove tradotta come "illuminare," ecc. (7)Il Pratimoksa sono le norme per i monaci nel Vina­ya. (8)Nel testo Cinese si dà una breve lista dei differen­ti metodi di astrologia, ma riprodurla qui richiede­rebbe un'abbondanza di note, di un genere verosi­milmente di interesse solo per un limitato numero di studenti. (9)Una volta al giorno, prima del mez­zogiorno. (10)Il testo contiene il singolo termine ch'ing-ching che connota sia purezza sia quiete. (11)Un laico può appropriatamente offrire ad un monaco, l'abito, cibo, letto e medicine. Questo non viene applicato in Cina. Vedi nota al paragrafo-4 de: 'Il Sutra delle Quarantadue Sezioni'. (12) Vedi sopra, nota sette. (13)Si ritiene che le buone azioni producono me­rito che può essere stimato, sia per avere il potere di cancellare un equivalente ammontare di male, sia per essere produttivo di buon karma.-

 

"O monaci. Se voi siete già capaci di con­formarvi ai precetti, dovete (poi) controllare i cinque sensi(1), e non consentire loro (di guidarvi) senza restrizione entro il potere dei cinque desideri(2), giusto come un bovaro controlla il suo bestiame con un bastone e non gli permette di vagabondare dove vuole, rovinando i raccolti della gente. Se voi date libero corso ai vostri cinque sensi, i vostri cinque desideri non solo trascenderanno tutte le barriere ma diver­ranno incontrollabili, proprio come un cavallo selvaggio che, se non controllato da una briglia, trascinerà in un burrone l'uomo che lo guida. Se un uomo viene derubato, il suo dolore non supera il periodo della sua vita, ma le depreda­zioni dei cinque sensi causano calamità che si estendono per molte vite ed il male è molto più terribile. (Perciò) non sarete mai troppo attenti. Ecco perché uomini saggi controllano se stessi e non seguono i dettami dei loro sensi, ma li guardano come ladri a cui non si deve consentire libertà dalle restrizioni. Se essi consentono loro libertà dalle restrizioni, in breve essi tutti saranno distrutti dai demoni. La mente è il signore dei cinque sensi. Ecco perché dovreste controllare le vostre menti con attenzione. La mente deve essere temuta più dei serpenti velenosi, delle bestie selvagge e dei più peri­colosi ladri. Persino le più terribili conflagrazioni non pos­sono compararsi a ciò. Pensate ad un uomo che porta un vaso di miele e cammina, disatten­to di ogni cosa eccetto del miele, che manca di notare una profonda buca direttamente sulla linea del suo sentiero! Pensate ad un elefante impazzito senza restrizione di catene! Pensate ad una scimmia che, salendo su un albero, balza su di esso, si allontana rapida e stordita! Sarebbe ben difficile fermarli! Siate solleciti a con­trollare i vostri desideri. Non permettete loro di andare incontrollati. Colui che dà sfogo alla mente, sarebbe meglio se fosse già morto! Controllatevi assolutamente e non vi sarà nulla che voi non potrete compiere. Ecco perché, o monaci, voi dovreste darvi duramente da fare per sottomet­tere le vostre menti."

 

"O monaci. Nel ricevere tutti i tipi di cibo e bevanda, dovreste trattarli come se steste prendendo una medicina. Sia che siano buoni o cattivi, non cercate di aggiungervi o di toglie­re qualcosa ad essi. Prendeteli per sostenere i vostri corpi nella resistenza alla fame ed alla sete. Proprio come le api che raccolgono (miele) dai fiori, meramente estraggono il gusto senza rovinare il colore e la fragranza (dei fiori), cosi dovrebbe essere con voi, o mo­naci. Prendete ciò che vi è offerto dalla gente, cercando semplicemente di evitare l'afflizione (di fame e sete). Non chiedete troppo rovinando cosi la bontà dei vostri cuori, proprio come un uomo saggio, avendo valutato la forza del suo bue, non gli dà troppo da fare e cosi lo trattie­ne al limite delle sue capacità. O monaci! Di giorno dovreste praticare la bontà con menti diligenti e non consentire a voi stessi di sciupa­re il tempo. né dovreste sciupare il tempo nel­le sere o nelle notti. A metà della notte, dovre­ste intonare i sutra per rendervi più edotti. Non consentite a voi stessi di passare vanamen­te e senza frutto le vostre vite a causa del dormire. Dovreste considerare il mondo come consumato da un fuoco mostruoso e, al più presto possibile, far si che le vostre menti vi liberino da esso. Non (spendete molto tempo nel) dormire. Le afflizioni predatrici(3)  incessan­temente attendono di distruggere gli esseri umani. (Voi siete in) anche maggiore (perico­lo) che (se foste in) una famiglia piena di odio. Come potete dormire spontaneamente e senza svegliarvi terroriz­zati, quando il serpente Afflizione giace dormendo nei vostri propri cuori? Dovreste attaccarvi alla protezione dei precetti, come se un piccolo e pericoloso nero serpente giacesse nella vostra stanza. Distrug­getelo rapidamente! Quando il serpente(4) dormiente è stato scacciato, allora, soltanto, sarete capaci di dormire in pace. Se dormite senza scacciarlo, siete un uomo senza vergogna(5). Di tutti gli ornamenti (di moralità) la sottomis­sione alla vergogna è di gran lunga il primo. La vergogna, è come un pungolo di ferro che può controllare le male azioni umane. E' per questo che voi dovreste sempre aver vergo­gna (delle vostre manchevolezze). Nulla può prendere il suo posto. Se siete senza questo sentimento, tutti i meriti saranno persi per voi. Colui che ha rimpianti possiede ciò che è buono, mentre colui che non ha rimpianti non è differente dalle bestie e dagli uccelli."

 

(Note)-(1)I Cinesi e gli Indù spesso parlano di sei sensi, considerando la mente come il sesto. (2) I cinque desideri sono tal­volta classificati come quelli per le cose viste, sen­tite, annusate, assaporate e toccate; talvolta come quelli per la ricchezza, sesso, cibo e bevande, fama e sonno. Qui si intende ovviamente la prima clas­sificazione, giacché questi desideri corrispondono ai cinque sensi. (3)Le tre afflizioni sono desiderio, odio (o avver­sione) e stupidità (o ignoranza). (4)Questa frase potrebbe, forse, essere tradotta come segue: "Il ser­pente (del voluttuoso) dormire." (5)La parola "vergogna" in questa e nelle frasi seguenti corri­sponde quasi esattamente a quello che uno scrit­tore europeo chiamerebbe "coscienza". La tra­duzione potrebbe venire migliorata sostituendo quest'ultima parola in tutto il passaggio.

 

"O monaci. Se qualcuno dovesse venire a smembrarvi pezzo per pezzo, voi dovreste con­trollare voi stessi e non consentirvi di sentire ira o odio. Inoltre dovreste guardare il vostro par­lare e trattenervi dall'ingiuriarlo. Se voi lasciate spazio a pensieri di odio, ostacolate il vostro proprio progresso (lungo) la Via, perdendo così il beneficio dei meriti (che avete immagaz­zinato). Tolleranza è una virtù che non può essere eguagliata persino dal mantenere i pre­cetti e dal praticare austerità. Colui che sa pra­ticare tolleranza può essere chiamato potente uomo nel potere (della Via). Colui che è inca­pace di ricevere maldicenza velenosa, così felicemente come se stesse bevendo del netta­re(1), non può essere detto uomo che abbia rag­giunto una conoscenza della Via. Perché questo? Il danno causato da ira e risentimento è sufficiente per distruggere tutto quello che vi è di buono e così rovinare il vostro buon nome che, sia le presenti che le future genera­zioni, saranno dispiaciute nel sentir proferire. Dovreste sapere che i pensieri irosi sono più (terribili) che una terribile conflagrazione. Continuamente guardatevi da essi e non con­sentite loro di entrare. Di tutti i ladri che pos­sono rubarvi merito, nessuno è peggiore del risentimento e del­l'ira. La gente comune può dare sfogo ai suoi desideri, ma coloro che seguono la Via non debbono farlo!. In quelli che non hanno alcun modo di controllare se stessi, l'ira può ancora essere scusabile, ma in quelli che hanno lasciato la casa per seguire la Via e abbandonato deside­ri, il dare asilo all'ira e al risentimento non può essere in alcun modo scusato, proprio come una esplosione di tuono accompagnata dal lampo non può essere attesa da una fresca, traslucente nuvola. O monaci! Voi dovreste sfregare le vostre teste(2) pensando a voi stessi: "E' bene che io abbia abbandonato adornamenti personali. lo porto la veste gialla(3) e la ciotola da mendicante con cui questuare per la mia vita." Riguardan­do voi stessi in questo modo, quando sorgono pensieri arroganti e insolenti, dovete immedia­temente estinguerli. La crescita di arroganza ed insolenza non è adatta neppure per il laico: tanto meno per l'uomo che ha lasciato la sua casa per entrare nella Via e che per ottenere l'Illuminazione ha forzato se stesso alla sotto­missione di vivere come un mendicante!"

 

"O monaci. Una mente incline a lusinga, è incompatibile con la Via. Ecco perché è giusto ed appropriato controllare una tale inclina­zione. Dovreste sapere che la lusinga è null'al­tro che un mezzo di inganno. Quelli che sono entrati nella Via, perciò, non hanno nulla a che fare con essa. Ecco perché dovreste decisamen­te tener da conto il controllo di tali errori come fondamentale per il proposito di rettificare la mente. O monaci! Dovreste sapere che quelli che hanno molti desideri, poiché cercano molto profitto per se stessi, fanno anche esperienza di molto dolore. Quelli con pochi desideri, giac­ché né cercano né desiderano (di trarre vantag­gio per se stessi), non fanno esperienza di tali calamità. Immediatamente (cercate di) dimi­nuire i vostri desideri! Allo scopo di ottenere tutti i tipi di merito, dovete pure dedicare voi stessi a certe pratiche, ma quanto più può esse­re ottenuto con la diminuzione dei desideri! Gente che desidera poco non indulge in adula­zione per ottenere la buona opinione degli altri e, d'altro canto, non è spinta dai propri sensi. Quelli che praticano diminuendo i loro desideri, ottengono, in tal modo, menti con­tente e non avendo alcun motivo di afflizione o timore trovano che le cose con cui entrano in contatto sono più che sufficienti per i loro bisogni, non soffrendo mai di carenza. Quelli che hanno diminuito i loro desideri possiedono il Nirvana. Questo è il significato de "l'avere pochi desideri".

 

"O monaci. Se voi volete gettar via tutti i tipi di afflizione, dovreste vedere ciò e cioè il fatto che siete stati resi contenti. L'esser pago(4) è la base (lett. il dimorare) dell'abbondanza, della felicità, della pace e del ritiro. Quelli che sono resi contenti sono felici anche se possono dover dormire sulla terra. Quelli che non sono resi contenti, anche se vivessero nel cielo (stesso), sarebbero ancora insoddisfatti. Tali persone si sentono povere anche se sono ricche, mentre quelle contente, sono ricche anche trovandosi in povertà. Le prime sono condotte dai loro cinque deside­ri e sono profondamente compatite da coloro che sono paghi. Tale è il significato dell'esser in stato di accontentamento.

 

(Note)-(1) Lett. kan lou (Sanscrito, amrita), dolce rugia­da, il nettare di immortalità. Usato come metafora per la Verità-del-Buddha. Il Bodhisattva Avaloki­tesvara è spesso disegnato mentre ne porta un vaso. (2)Si suppone che questa azione implichi pro­fondo pensiero. (3) Il Cinese huai se in realtà signifi­ca una sorta di colore marrone, ma il colore del­l'abito del monaco Buddhista è più giallo che mar­rone. La parola huai connota anche qualcosa di rotto o rovinato e fà riferimento alla forma del­l'abito, che è fatto di toppe quadrate, tali che richiamano alla mente gli abiti di un mendicante. In Cina, questo abito è portato (sopra gli altri) durante cerimonie ed è effettivamente marrone. (4)Lett. "il dharma dell'esser reso contento", non nel senso di "Il Dharma, o Parola del Bud­dha", ma nel senso di verità, principio, metodo, ecc.

 

"O monaci. Cercate la gioia della quiete e della passività. Evitate confusione e rumore. Vivete soli in luoghi appartati. Coloro che di­morano in solitudine sono tenuti in profonda stima da Indra e da tutti gli dei(1). Ecco perché dovreste abbandonare la vostra propria e tutte le altre comunità per vivere soli in luoghi ap­partati e ponderare sui fondamentali (del metodo col quale) il dolore può essere elimi­nato(2). Se voi prendete parte ai piaceri della comunità, voi pure sottostarete alle sofferenze della comunità, giusto come un alto albero su cui gli uccelli giungono in stormi, appassirà e si spezzerà. Coloro che sono legati alle cose mondane divengono immersi nelle sofferenze dell'umanità ed essi sono come un vecchio elefante incapace di districare se stesso dal fango in cui sta sprofondando. Tale è il significato di "rimuovere se stesso (dai grovigli mondani)". O monaci! Se voi vi sforzate con diligen­za, nulla sarà difficile per voi. Ecco perché dovete darvi da fare con tutto il vostro potere ed essere come un piccolo ruscelletto di acqua che, col continuo fluire, è capace di tracciare il suo cammino perforando la roccia. Se la mente di colui che lavora (per l'Illumina-zione) è continuamente pigra ed oziosa, egli sarà come (un uomo) che cerca di produrre fuoco tramite frizione, ma il cui fuoco continua a fuoriuscire perché il calore è insufficiente. Per quanto voglia il fuoco, egli trova grande difficoltà nel produrlo. Questo è il significato di "sforzarsi con diligenza".

 

"O monaci. Cercate la profonda conoscen­za. Cercate quello che vi aiuterà al meglio. Non vi è nulla come l'attenzione ininterrotta. Se vi è uno la cui attenzione è conti-nuamente ininterrotta, nessuna delle tre Afflizioni pre­datrici(3) potrà entrare nella (sua mente). Ecco perché voi dovete tenere le vostre menti in uno stato di costante attenzione; altrimenti perde­rete tutti i meriti. Se il vostro potere di atten­zione è assai grande, benché cadiate in mezzo ai cinque desideri predatori non sarete mai messi in pericolo da essi, proprio come non ha nulla da temere un uomo che entra in battaglia ben coperto con una potente armatura. Tale è il significato di "ininterrotta attenzione". O monaci! Se voi controllate le vostre menti, esse resteranno in uno stato di assidua concentrazione. Se le vostre menti sono in uno stato di assidua concentrazione, voi potrete comprendere la natura impermanente del mon­do. Ecco perché dovreste costantemente sfor­zarvi di praticare, (passando attraverso) i diversi stadi di concentrazione. Quando uno stato di concentrazione è raggiunto, la mente non divaga. Quelli che adottano questa pratica dovrebbero essere come quelli la cui professione è di pren­dersi incarico delle vie d'acqua e che appropria­tamente regolano le loro dighe. Trattando la conoscenza(4) come l'acqua (di questo esem­pio) essi potranno fare una appropriata pratica di concentrazione e preservare dalla dispersio­ne (la conoscenza raggiunta in questo modo). Tale è il significato di "assidua concentrazione".

 

"O monaci. Se voi avete conoscenza(5), sarete liberi dal desiderio disordinato. Costan­temente intraprendete l'auto-esaminazione per prevenire la perdita (di qualsiasi parte di essa). In questo modo, potrete raggiungere l'Illumi­nazione con i miei metodi. Se voi non agite in tale modo, non sarete seguaci della Via. D'altro canto, non apparterrete neppure alle persone ordinarie, cosicché non vi sarà nome che si adatti a voi(6). La 'Vera Conoscenza' è una salda zattera che vi porterà attraverso l'oceano di vecchiaia, malattia e morte. E' anche una luce brillante con cui disperdere la nera oscurità del­l'ignoranza. E' una medicina efficace per ogni malato. E' un'affilata accetta per tagliare l'albero dell'afflizione. Ecco perché voi dovre­ste coltivare conoscenza con l'ascolto (della Dottrina) e la ponderazione di essa, ed è così che voi potete aumentare i benefici (derivati da essa). Se avete l'illuminazione che viene dalla conoscenza, benché i vostri occhi non siano al­tro che organi della carne, potrete vedere chia­ramente (nei cuori degli) uomini. Questo è il significato di 'vera conoscenza'.

 

(Note)-(1)Il Buddha non negava l'esistenza degli dèi, che formavano una parte importante del suo ori­ginario retroterra, ma era leggermente sprezzante verso di essi, considerandoli come parte di un mondo irreale di fenomeni, e soggetti a morte e rinascita. Egli insegnava che l'uomo è superiore agli dèi per il fatto che è solamente dallo stato umano che il Nirvana può essere ottenuto. Vi sono, comunque storie di dèi che ricevettero conversione e imme­diatamente divennero Srotapana, ecc. (2)Cioè: I fondamentali della Dottrina Buddhi­sta, che considera il mondo fenomenico e il dolore come inseparabili, e che punta al raggiungimento dello stato che è al di là dei fenomeni e, perciò, al di là del dolore. (3)Desiderio, Odio (o Avversione) e Ignoranza. (4)Un Buddhista Mahayana probabilmente com­prenderebbe, grazie a questo, l'intuitiva conoscenza che viene come frutto della concentrazione. Non sono certo se un Buddhista Hinayana considerebbe ciò alla stessa maniera, o se lo considererebbe come conoscenza acquisita da studio. (5)Qui, sembrereb­be che si siano intesi entrambi i tipi di conoscenza. (6)Cioè, uno che non si comporta come un monaco né vive la vita di un laico.

 

"O monaci. Quelli che indulgono in tutti i tipi di oziose discussioni possiedono menti piene di caotici pensieri e, benché essi lascino le loro case, saranno incapaci di ottenere l'illumi­nazione. Ecco il perché, o monaci, dovre­ste immediatamente mettere da parte pensieri caotici e discussioni oziose. Se voi volete rag­giungere la felicità della quieta dissoluzione, avete solo(1) bisogno di eliminare completamente il male della oziosa discussione. Tale è il signi­ficato di 'rinunciare a discussione'. O monaci! Nell'(acquisizione) di tutte le forme di merito, dovete costantemente (preser­vare) singolarità di proposito e sbarazzare voi stessi di ogni indulgenza, come fuggireste da un crudele predatore. Quello che l'Infinitamente Compassionevole e l'Onorato dal Mondo ha detto per vostro beneficio è ora concluso, ma sta a voi sforzarvi diligentemente, per osservare questo insegnamento. Sia che voi siate nelle montagne o nei grandi aperti spazi, sia che voi siate sotto gli alberi, o nei vostri luoghi di isola­mento, ponderate sull'insegnamento che avete ricevuto e non lasciate che alcunché di esso sia perso. Costantemente dovreste incoraggiare voi stessi ad osservarlo con diligenza, per timo­re di dover morire dopo aver sprecato un intero periodo di vita e giungere a rimpiangere ciò in vite future. lo sono come un buon dot­tore che, avendo diagnosticato la malattia, pre­scrive questa medicina. Che essa sia presa o no, non dipende dal dottore(2). Posso anche essere paragonato ad una buona guida che in­dica la strada migliore. Se quelli che ascoltano (questo consiglio) non lo prendono, allora non è colpa della guida se sbagliano strada. O monaci. Se voi avete dubbi riguardo le Quattro Nobili Verità(3), concernenti dolore e il resto, potete chiedere subito di essi. Non date asilo a tali dubbi senza cercare di risolverli."

 

L'Onorato dal Mondo parlò così tre volte, eppure non vi fu nessuno che gli fece domande. Perche? Perché non vi era alcuno che albergas­se alcun dubbio. Poi Aniruddha(4) vedendo cosa vi era nella mente dell'assemblea, disse ri­spettosamente al Buddha: "Onorato dal Mon­do. La luna può sorgere calda ed il sole può sorgere freddo, ma le Quattro Verità enunciate dal BlIddha non possono essere messe in dubbio. La Verità che il Buddha enunciò riguar­dante il dolore (denota) reale dolore che non può essere volto in gioia. L'accumulazione (dei desideri) è la reale causa di dolore, né vi è nes­sun altra causa. Se il dolore viene distrutto, ciò è perché la causa è stata distrutta; allora il risultato sarà distrutto. La via che conduce alla distruzione del dolore, è la Via reale, né vi può essere alcuna altra via. Onorato dal Mondo! Tutti questi monaci sono certi che non hanno dubbi concernenti le Quattro Verità. In questa assemblea, quelli che non hanno com­pletato il loro compito (di raggiungere l'lllumi­nazione), al veder il Buddha nell'atto di com­piere la traversata, certamente si sentiranno pieni di dolore. Se vi sono alcuni che sono en­trati non di recente nella Via e che hanno sentito ciò che il Buddha ha appena detto, essi saranno tutti Illuminati e vedranno la Via così chiaramente, come il balenio di un lampo viene visto di notte. Se vi sono alcuni che han­no gia completato il loro compito (cioè di raggiun­gere l'Illuminazione) e che hanno già attraver­sato il mare del dolore, essi semplicemente diranno a se stessi: "L'Onorato dal Mondo è passato oltre. Perché è andato così rapida­mente?" Benché Aniruddha avesse espresso queste parole e tutta l'assemblea avesse penetrato il significato delle Quattro Nobili Verità, l'Onora­to dal Mondo (ancora) voleva rafforzare la risoluzione in tutti, in quella grande riunione e, dall'infinita benevolenza del suo cuore, ancora parlò per loro edificazione.-

 

(Note)- (1)Sembrerebbe che un piccolo errore si sia insi­nuato nel testo, giacché questo non può essere il solo requisito per raggiungere il Nirvana. (2)Lett. "Non è colpa del dottore". (3)Le Quattro Nobili Verità (Aryasatyani) for­mano la base dell'insegnamento del Buddha. Esse sono (a) dukkha, la dottrina per cui il dolore è inseparabile da esistenza senziente; (b) samudaya, la dottrina secondo cui l'accumulazione di do­lore è causata dal desiderio e dalle passioni; (c) nirodha, la dottrina secondo cui l'estinzione del dolore è possibile. (d) marga, la dottrina della Via conducente alla sua estinzione. Questa Via è il Nobile Ottuplice Sentiero (Asta-marga), che consi­ste di (i) samyag-drsti, corrette visioni o l'abilità di discernere la verità. (ii) samyak-samkalpa, corret­to pensiero o assenza di cattivo pensiero, (iii) samyag-vac, corretta parola, (iv) samyak-karman­ta, corretta condotta, (v) samyag-ajiva, corretta attività o occupazione, (vi) samyag-vyayama, cor­retta energia o zelo, (vii) samyak-smrti, corretta memoria, (viii) samyak-samadhi, corretta medi­tazione, astrazione o concentrazione. Questa Via conduce al Nirvana, l'estinzione del fenomenico e perciò, dell'afflizione (che risulta da desideri di oggetti fenomenici, percepiti attraverso organi­ sensoriali fenomenici. (4)Di cui si diceva avesse una illumina­zione supernaturale.

 

Così ancora il Buddha disse: "O monaci. Non sentitevi afflitti. Dovessi vivere su questo mondo per un eone(1) la mia as­sociazione con voi dovrebbe comunque giungere ad una fine. Una situazione che non giunge ad una fine è impossibile. La Dottrina è ora com­pleta per uno e per tutti, cosÌ il mio permanere più a lungo non sarebbe di qualsivoglia utilità. Quelli, sia in cielo sia in terra, che io vorrei e potrei aver Illuminato sono già stati Illuminati e quelli che non sono ancora passati oltre com­pletamente, hanno già completato i requisiti(2) per passar oltre (quando il tempo verrà). D'ora in poi, tutti i miei discepoli dovranno con­tinuare incessantemente questo lavoro."

"Questo agire cosÌ, può essere comparato al­l'eternità e indistruttibilità della Legge del Corpo del Tathagata(3). Ecco perché voi dovreste conoscere che nulla in questo mondo è eterno e che ogni incontro deve essere se­guito da una separazione. Non albergate alcun affanno (al mio passaggio), poiché tale è la natura delle cose di questo mondo. Voi dovreste diligentemente sforzarvi e cercare presto l'Illuminazione. Tramite la luce della vostra conoscenza, distruggete completamente l'oscurità di ignoranza. Questo mondo è in­vero mortale e instabile. Ora che io ho rag­giunto la dissoluzione (del mio "né temporale), sono proprio come uno che sia appena sfuggito ad una terribile malattia. Questo è un corpo di cui noi siamo ben liberati, una cosa del male che falsa­mente va sotto il nome di ""né", sommerso nel grande oceano di nascita, malattia, vecchiaia e morte. Può esservi un saggio che non gioisca all'oppor­tunità di liberare se stesso da questo fardello corporeo, allo stesso modo di come ucciderebbe un truculento predatore?(4)

"O monaci. Dovreste sempre mantenere singolarità di mente nel cercare con diligenza la Via che conduce fuori (dal mondo fenomeni­co). Tutte le cose in questo mondo, mutabili ed immutabili, sono forme che conducono, non a tranquillità, ma a distruzione e perversità. Voi dovreste trattenere (voi stessi dall'essere sviati da esse) Voi non mi sentirete più parla­re. Il momento della separazione è imminente. lo voglio passare oltre nella dissoluzione. Que­ste sono le mie ultimissime istruzioni."

 

(Note)- (1)Un periodo lunghissimo di tempo; un Kalpa. (2)Lett. "prodotto le necessarie cause" (per ottenere quel risultato). La legge di Causa e di Effetto è una parte fondamentale e imprescindibile della Dottrina Bud­dhista. Non vi è alcuna via supernaturale o straordinaria per di­struggere l'illusione dei fenomeni che ci incantena­no alla ruota samsarica di vita e morte. Un tale risultato de­ve procedere da certe cause che dobbiamo sforzar­ci di produrre. (3) Il Corpo della Legge (Dharmakaya) di un Bud­dha è sinonimo dell'estrema realtà che è indistrut­tibile ed immutabile. La perpetuazione della Dot­trina, ad opera dei discepoli è comparata a questo. (4)La proibizione Buddhista contro il prendere la vita è assai rigida. Questo deve dunque significare "come cinque altri vorrebbero uccidere…".