Gli Agama Sutra (di media-lunghezza) 

Una Traduzione dal  Madhyama Agama Cinese 

di Charles D. Patton, II – tradotti in Italiano da Aliberth 

 

Sezione I°: I Sette punti 

 

1) Il Buon Dharma(1) 

1.1- Così io ho sentito: Una volta, il Buddha viaggiava nel regno di Sravasti e stava nel Parco di Anathapindada nel Boschetto di Jeta. 

1.2- In quel momento, l’Onorato nel Mondo si rivolse ai bhikshu (monaci): "Un bhikshu che realizza i sette punti è di incoraggiamento, di esaltazione, di felicità per tutti gli Arya (Nobili); perché egli è diretto correttamente verso la cessazione dei flussi(2). Quali sono questi sette punti? Sono: conoscere il Dharma, conoscere il significato, conoscere il tempo, conoscere la moderazione, conoscere il sé(stesso), conoscere la riunione, e conoscere le differenze più grandi delle persone. 

1.3- "Qual’è un bhikshu che conosce il Dharma? Egli è un bhikshu che conosce i veri sutra, geya, vyakarana, gatha, nidana, itivrttaka, jataka, udana, avadana, vaipulya, adbhuta-dharma, ed upadesa(3). Questi è chiamato un bhikshu che conosce il Dharma. Supponete cha vi sia un bhikshu che non conosce il Dharma, cioè che non conosce i veri sutra, geya, vyakarana, gatha, nidana, itivrttaka, jataka, udana, avadana, vaipulya, adbhuta-dharma, ed upadesa. Questo bhikshu non conosce il Dharma. Supponete che vi sia un bhikshu che conosce bene il Dharma, cioè che conosce i veri sutra, geya, vyakarana, gatha, nidana, itivrttaka, jataka, udana, avadana, vaipulya, adbhuta-dharma, ed upa-desa. Questo bhikshu conosce bene il Dharma. 

1.4- "Qual’è un bhikshu che conosce il significato? Egli è un bhikshu che conosce che dissertazioni e dottrine hanno questo o quel significato. Questi è chiamato un bhikshu che conosce il significato. Supponete che vi sia  un bhikshu che non conosce il significato, cioè che non conosce che dissertazioni e dottrine hanno questo o quel significato. Un simile bhikshu non conosce il significato. Supponete che vi sia un bhikshu che conosce bene [421b] il significato, cioè che conosce che dissertazioni e dottrine hanno questo o quel significato. Questi è chiamato un bhikshu che conosce bene il significato (4). 

1.5- "Qual’è un bhikshu che conosce il tempo? E’ un bhikshu che cono-sce il tempo di coltivare le apparenze minori, il tempo per coltivare le apparenze maggiori, e il tempo per coltivare la rinuncia alle apparenze. Questo è chiamato un bhikshu che conosce il tempo(5). Supponete che vi sia un bhikshu che non conosce il tempo, cioè che non conosce il tempo di coltivare le apparenze minori, il tempo per coltivare le appa-renze maggiori, ed il tempo per coltivare la rinuncia alle apparenze. Tale bhikshu non conosce il tempo. Supponete che vi sia un bhikshu che conosce bene il tempo, cioè che conosce il tempo di coltivare le apparenze minori, il tempo per coltivare le apparenze maggiori, ed il tempo per coltivare la rinuncia alle apparenze. Questo è chiamato il bhikshu che conosce bene il tempo. 

1.6- "Qual’è un bhikshu che conosce la moderazione? E’ un bhikshu che conosce la moderazione nel bere, nel cibo, nell’andare, stare, sedere, sdraiarsi, parlare, rimanere in silenzio, avere molta o poca decenza(6), astrarsi da sonnolenza e coltivare la sua pratica con retta conoscenza. Questo è chiamato un bhikshu che conosce la moderazione. Supponete che vi sia un bhikshu che non conosce la moderazione, cioè che lui non conosce la moderazione nel bere, nel cibo, nell’andare, stare, sedere, sdraiarsi, parlare, restare in silenzio, avere molta o poca decenza, astrarsi da sonnolenza e coltivare la sua pratica con retta conoscenza. Tale bhikshu non conosce la moderazione. Supponete che vi sia un bhikshu che conosce bene la moderazione, cioè che conosca bene la moderazione nel bere, nel cibo, nell’andare, stare, sedere, sdraiarsi, parlare, restare in silenzio, avere molta o poca decenza, astrarsi da sonnolenza e coltivare la sua pratica con retta conoscenza. Questo è chiamato un bhikshu che conosce bene la moderazione. 

1.7- "Qual’è un bhikshu che conosce il sé? E’ un bhikshu che conosce: 'Così è la mia credenza, disciplina, ascolto(7), generosità, saggezza, discernimento degli Agama e le mie realizzazioni(8)'. Questi è chiamato un bhikshu che conosce il sé. Supponete che vi sia un bhikshu che non conosce il sé, cioè che non conosce: 'Così è la mia credenza, disciplina ascolto, generosità, saggezza, discernimento degli Agama e le mie realizzazioni'. Tale bhikshu non conosce sé. Supponete che un bhikshu conosca bene il sé, cioè che conosce: 'Così è la mia credenza, disciplina ascolto, generosità, saggezza, discernimento degli Agama e le mie realizzazioni'. Questi è chiamato un bhikshu che conosce bene il sé. 

1.8- "Qual’è un bhikshu che conosce la riunione? E’ un bhikshu che sa: 'Questa è una riunione di kshatriya, questa una riunione di brahmana, questa una riunione di laici, e questa è una riunione di sramana. In queste riunioni io dovrei così andare, così star in piedi, così sedere, così parlare, e così restare in silenzio'. Questi è chiamato un bhikshu che conosce la riunione. Supponete che vi sia un bhikshu che non conosce la riunione, cioè che non sa: 'Questa è una riunione di kshatriya, questa una riunione di brahmana, questa una riunione di laici, e questa è una riunione di sramana. In queste riunioni io dovrei così andare, così star in piedi, così sedere, così parlare, e così restare in silenzio'. Un tale bhikshu non conosce la riunione. Supponete che vi sia un bhikshu che conosce bene la riunione, cioè che sa bene: 'Questa è una riunione di kshatriya, questa una riunione di brahmana, questa una riunione di laici, e questa è una riunione di sramana. In queste riunioni io dovrei così andare, così star in piedi, così sedere, così parlare, e così restare in silenzio'. Questi è chiamato un bhikshu che conosce bene la riunione. 

1.9- "Qual’è un bhikshu che conosce la differenza più grande delle persone? E’ un bhikshu che sa che vi sono due generi di persone. Ci sono i fedeli e gli infedeli. Se uno è fedele, è eccellente. Uno che non è fedele non è così. 

1.10- "delle persone fedeli, ci sono di nuovo due tipi: quelle che vanno frequentemente a vedere i bhikshu e quelle che non vanno frequente-mente a vedere i bhikshu. Se uno va di frequente a vedere i bhikshu è eccellente. Uno che non va di frequente a vedere i bhikshu non lo è. 

1.11- "di quelli che frequentemente vanno a vedere i bhikshu, ci sono due tipi: quelli che salutano rispettosamente i bhikshu e quelli che non salutano rispettosamente i bhikshu. Se uno saluta rispettosamente i bhikshu, è eccellente. Uno che non saluta rispettosamente i bikshu non è così. 

1.12- "di quelli che salutano rispettosamente i bhikshu, ci sono due tipi: quelli che chiedono dei sutra e quelli che non chiedono dei sutra. Se uno chiede dei sutra, è eccellente. Uno che non chiede dei sutra non è così. 

1.13- "di quelli che chiedono dei sutra, ci sono due tipi: quelli che li ascoltano attentamente e quelli che non ascoltano attentamente i sutra. Se uno ascolta attentamente i sutra, è eccellente. Uno che non ascolta attentamente i sutra, non è così. 

1.14- "di quelli che ascoltano attentamente i sutra, ci sono due tipi: quelli che ascoltano e trattengono il Dharma e quelli che ascoltano ma non trattengono il Dharma. Se uno ascolta e trattiene il Dharma, è eccellente. Uno che ascolta ma non trattiene il Dharma non è così. 

1.15- "di quelli che ascoltano e trattengono il Dharma, ci sono due tipi: quelli che sentono il Dharma e contemplano il suo significato e quelli che sentono il Dharma ma non contemplano il suo significato. Se uno sente il Dharma e contempla il suo significato, è eccellente. Uno che sente ma non contempla il Dharma non è così. 

1.16- "di quelle persone che sentono il Dharma e contemplano il suo significato, ci sono due tipi: quelli che conoscono il Dharma, conoscono il suo significato, sono inclini verso il Dharma, arrivano al Dharma, si adattano al Dharma, e si comportano secondo esso; e quelli che non conoscono il Dharma, non conoscono il suo significato, non sono inclini verso il Dharma, non arrivano al Dharma, non si adattano al Dharma, e non si comportano secondo esso. Se uno conosce il Dharma, conosce il suo significato, è incline verso il Dharma, arriva al Dharma, si adatta al Dharma, e si comporta secondo esso, quegli è eccellente. Uno che non conosce il Dharma, non conosce il suo significato, non è incline verso il Dharma, non arriva al Dharma, non si adatta al Dharma, e non si comporta secondo esso, non è così. 

1.17- "di quelle persone che conoscono il Dharma, conoscono il suo significato, sono inclini verso il Dharma, arrivano al Dharma, si adattano al Dharma, e si comportano secondo esso, ci sono due tipi: quelli che ne traggono essi stessi profitto e che beneficiano gli altri, beneficiando molte persone, avendo misericordia per il mondo, cercando il significato per il beneficio di dèi e esseri umani [422a] e cercando una tranquilla felicità; e quelli che non ne traggono essi stessi profitto, che non beneficiano gli altri, non beneficiano molte persone, non hanno misericordia per il mondo, non cercano il significato per il beneficio di dèi ed esseri umani, e non cercano una tranquilla felicità. Se uno ne trae profitto egli stesso, beneficia gli altri, beneficia molte persone, ha misericordia per il mondo, cerca il significato per il beneficio di dèi ed esseri umani, e cerca una tranquilla felicità, questa persona è la migliore fra tutte le altre: è grande, superiore, eccezionale, eccellente, onorata, e meravigliosa. 

1.18- "E proprio come grazie ad una mucca esiste il latte, grazie al latte c'è la crema, grazie alla crema c'è il burro, grazie al burro c’è il burro raffinato, grazie al burro raffinato c'è il ghee (burro fuso). Il Ghee è il migliore di tutti: grande, superiore, eccezionale, eccellente, onorato, e meraviglioso. Così è la persona che ne trae profitto per sé e per gli altri, beneficia molte persone, ha misericordia per il mondo, cerca il signi-ficato per il beneficio di dèi ed esseri umani, e cerca una tranquilla felicità: si dice che essa sia la superiore tra due persone, distinta per essere superiore, destinata ad essere superiore a tutte le altre. Questa persona è la migliore, grande, superiore, eccezionale, eccellente, onorata, e meravigliosa. Così è chiamato un bhikshu che conosce la  più grande differenza tra le persone." 

1.19- Così parlò il Buddha. Quei bhikshu che sentirono questo discorso del Buddha esultarono, lo presero con loro, ed andarono via. 

 

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Note:  

1. T0026.1.421a-422a. Questo Sutra è equivalente al Pali Dhammaññu (AN.VII.64). Traduzioni di questo testo si possono trovare anche in Cinese al T027, T0125.39.1 e nel Sutra Mahayana del Gran Parinirvana (T0375, capitolo 20).  

2. Il termine "flussi" qui traduce ‘asava’.  

3. Le dodici categorie delle Scritture buddhiste. Il traduttore sceglie di traslitterare i termini per questi dodici tipi di scritture. I Sutra sono testi che cominciano con "Così ho sentito" e finiscono con "Esultanti, [gli ascoltatori] lo presero ed andarono via". Questa è la configurazione per riconoscere le scritture che intendono riferire eventi, sermoni, ecc. che accaddero durante la vita di Gautama. Essi di solito sono resoconti di suoi propri sermoni, ma talora si riferiscono a dei discorsi dati dai suoi discepoli. Le altre undici categorie sono in realtà diversi tipi di sutra. I geya sono sutra i cui versi sono usati per compendiare il contenuto di un precedente discorso in prosa. I vyakarana sono sutra in cui è fatta una predizione sulla futura rinascita di qualcuno, normalmente sulla sua futura buddhità. I gatha sono versi di quattro-righe estratti da altri sutra per una maggiore concisione. Il Dhammapada è un esempio, poiché è una raccolta di gatha. I nidana sono definiti sutra in cui un gatha-radice di solito è interpretato da qualcuno a fianco del Buddha, o quando il Buddha offre semplicemente un gatha come commento dell'evento o del comportamento di una persona. Gli itivrttaka sono sutra in cui il Buddha riferisce eventi del passato, come quelli dei Buddha passati, o sulle vite passate di un interlocutore, ecc. I jataka sono sutra relativi agli eventi delle vite passate di Gautama quando era un bodhisattva. Gli udana sono sutra in cui il Buddha fà un discorso senza essere incitato da interlocutori. Gli avadana sono sutra con parabole, similitudini, e metafore. I vaipulya sono i Sutra Mahayana, così chiamati perché essi sono spesso piuttosto grandi e di tono universale. Gli adbhuta-dharma sono sutras in cui accadono eventi miracolosi ("cose mai avvenute prima"), come il resoconto della nascita di Gautama, in cui egli arrivò sulla terra stando diritto in piedi, e poi camminò, e parlò. Oppure, la volta in cui il Mara Papiyan fu trasformato in un toro, ecc. Gli Upadesa sutra sono quelli in cui è interpretato il significato di una dissertazione, sia dal Buddha che da qualcun altro.  

4. Poiché il significato dei testi è in un altro articolo separato da questo, si può presumere che il precedente "conoscere il Dharma" si riferisca semplicemente a sapere le parole dei testi, non necessariamente ciò che essi intendono. Non è sorprendente che è fatta questa distinzione. Nel sangha antico, i testi di Dharma erano memorizzati, e tramandati attraverso le generazioni come storie e canti recitati. Una cosa è sapere il testo a memoria ed un'altra capirlo pienamente ed esattamente, proprio come nei tempi moderni una cosa è possedere un libro e altro è capire completamente ciò che l'autore intendeva impartire.  

5. Il Pali ed il Cinese qui divergono. Il passaggio più criptico è in Cinese, poiché nessun contesto è dato per il significato di "apparenze minori" o "apparenze maggiori". Si può semplicemente prenderli per ruoli sociali inferiori e superiori. Il Pali fa piuttosto riferimento alle attività: recitazione, interrogatorio, sforzo, solitudine. La versione trovata nel Sutra Mahayana del Grande Parinirvana si riferisce a tranquilla medita-zione, coltivare lo sforzo, la concentrazione, e la rinuncia, facendo offerte ai Buddha ed alle Sei Paramita (T375.20.17).  

6. Questo invero è un eufemismo Cinese per l’espulsione di feci e orina.  

7. In Cinese letteralmente si legge "udito", però ciò non si riferisce alla facoltà di sentire, quanto piuttosto alla quantità che uno ha sentito di sermoni, discorsi, e così via. Quindi, esso ha il valore di apprendimento. In una società che doveva ancora usare ampiamente la scrittura, ciò era rudemente equivalente all'espressione moderna di essere "colto", il  che intende che una persona ha letto (e presumibilmente imparato) una gran mole di materiale. E’ la radice del successivo termine sravaka, "uditore", che si riferisce a coloro che avevano sentito personalmente i discorsi dell'Insegnante.  

8. In altre parole, egli è in grado di valutare accuratamente le sue capacità, conoscenza, ecc. Uno che non conosce queste cose, potrebbe essere completamente inconsapevole,oppure valutarle imprecisamente, ritenendosi più o meno avanzato, di quanto non lo sia davvero.  

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Sezione 2: I Sette Dharma 

 

(2) L’Albero del Giorno della Liberazione (1) 

2.1- “Così io ho udito: Una volta, il Buddha era in viaggio nel regno di Sravasti e stava al Parco Anathapindada nel Boschetto di Jeta. 

2.2- A quel punto, l’Onorato dal Mondo si rivolse ai bhikshu: "Se nel Cielo dei Trentatrè, le foglie dell’albero del Giorno della Liberazione si appassissero e diventassero gialle, gli dèi dei Trentatrè sarebbero lieti e incoraggiati, perché non passerebbe molto tempo che le foglie dell’albero del Giorno della Liberazione cadrebbero. 

2.3- “Inoltre, una volta che le foglie dell’albero del Giorno della Libera-zione nel Cielo dei Trenta-tre saranno cadute, gli dèi dei Trenta-tre sarebbero lieti e incoraggiati, perché non passerebbe molto tempo che le foglie dell’albero del Giorno della Liberazione comincerebbero di nuovo a crescere. 

2.4- "Inoltre, una volta che le foglie dell’albero del Giorno della Libera-zione nel Cielo dei Trenta-tre avessero cominciato di nuovo a crescere, gli dèi dei Trenta-tre sarebbero lieti e incoraggiati, perché non passe-rebbe molto tempo che all’albero del Giorno della Liberazione cresce-rebbe la chioma. 

2.5- "Inoltre, una volta che all’albero del Giorno della Liberazione nel Cielo dei Trenta-tre fosse cresciuta la chioma, gli dèi dei Trentatre sarebbero lieti e incoraggiati, perché non passerebbe molto tempo che all’albero del Giorno della Liberazione crescerebbero [gemme che somigliano a] becchi di uccello. 

2.6- "Inoltre, una volta che all’albero del Giorno della Liberazione nel Cielo dei Trenta-tre fossero cresciute [gemme che somigliano a] becchi di uccello, gli dèi dei Trentatre sarebbero lieti e incoraggiati, perché non passerebbe molto tempo che sull’albero del Giorno della Liberazione [le gemme] si aprirebbero come ciotole. 

2.7- "Inoltre, una volta che [le gemme] sull’albero del Giorno della Liberazione nel Cielo dei Trenta-tre si fossero aperte come ciotole, gli dèi dei Trenta-tre sarebbero lieti e incoraggiati, perché non passerebbe molto tempo che [le gemme] dell’albero del Giorno della Liberazione sarebbero completamente aperte. Se [le gemme] dell’albero del Giorno della Liberazione si aprissero completamente, vi sarebbe una luce, si rifletterebbero i colori e trasuderebbero fragranze in tutta un'area di cento yojana. Allora, gli dèi dei Trenta-tre si intratterrebbero                   l'un l'altro durante i quattro mesi di estate coi cinque desideri e le virtù perfette del Cielo. Si dice che gli dèi dei Trenta-tre siano riuniti sotto l’albero del Giorno della Liberazione per intrattenersi [l'uno con l'altro]. 

2.8- "Così è anche il significato del Nobile discepolo. Egli riflette sul fatto di lasciare la sua casa. Allora si dice che il Nobile discepolo stia ingiallendo le [sue] foglie, proprio come le foglie dell’albero del Giorno della Liberazione nel Cielo dei Trenta-tre si appassiscono e diventano gialle. 

2.9- "Inoltre, il Nobile discepolo si rade i capelli e indossa la tonaca di kasaya, per la fede di abbandonare la casa, e senza più un tetto va ad addestrarsi sul Sentiero. È allora che si dice che il Nobile discepolo stia lasciando cadere le [sue] foglie, proprio come cadono le foglie dell’albero del Giorno della Liberazione nel Cielo della Trenta-tre. 

2.10- "Inoltre, il Nobile discepolo si allontana dai desideri, si separa da cose cattive e non buone. Con consapevolezza ed investigazione, egli si separa dalla fonte del piacere, raggiunge il primo dhyana, e lo completa al massimo. È allora che si dice che al Nobile discepolo stiano crescendo di nuovo le foglie, proprio come le foglie dell’albero del Giorno della Liberazione nel Cielo dei Trenta-tre che ritornano di nuovo a crescere. 

2.11- "Inoltre, il Nobile discepolo, avendo avuto consapevolezza ed investigazione, ha fatto cessare il tumulto interno e ha aumentato la sua attenzione. Senza più bisogno di consapevolezza e investigazione, la sua concentrazione diviene beata. Egli raggiunge il secondo dhyana e lo completa al massimo. È allora che si dice che al Nobile discepolo stia crescendo una chioma, proprio come cresce la chioma dell’albero del Giorno della Liberazione nel Cielo dei Trenta-tre. 

2.12- "Inoltre, il Nobile discepolo si disgiunge dal desiderio per quella beatitudine e vi rinuncia, e così non la ricerca più. Egli è giustamente attento, accorto, e consapevole dei suoi piaceri fisici, cioè, quello che il Nobile dice e quello che il Nobili rifiuta; egli dimora attento e felice nella vacuità. Egli raggiunge il terzo dhyana e lo completa al massimo. Allora si dice che al Nobile discepolo stiano crescendo [gemme che somigliano a] becchi di uccello, proprio come all’albero del Giorno della Liberazione nel Cielo dei Trenta-tre crescono [gemme che somigliano a] becchi di uccello. 

2.13- "Inoltre, nel Nobile discepolo cessa il piacere e cessa l’angoscia, perché è cessata la radice della gioia e del dolore. Non gaudente e né angosciato, egli abbandona la sua ricerca del puro, raggiunge il quarto dhyana, e lo completa al massimo. È allora che si dice che al Nobile discepolo stiano aprendosi [le sue gemme] come ciotole, proprio come all’albero del Giorno della Liberazione nel Cielo dei Trenta-tre si aprono [le gemme] come ciotole. 

2.14- "Inoltre, il Nobile discepolo che ha fatto cessare i flussi, ha la sua mente liberata e la sua saggezza liberata. Proprio in questo momento presente, egli stesso lo sa, si risveglia, e realizza il suo completamento al massimo: Sono finite le nascite; è stata stabilita la pratica divina; ciò che andava fatto è stato ottenuto; non c’è più da sperimentare altre esistenze; conoscendo ciò che realmente è. È allora che si dice che il Nobile discepolo si sia completamente aperto, proprio come l’albero del Giorno della Liberazione nel Cielo dei Trenta-tre si apre completamente. 

2.15- "Coloro che hanno terminato i flussi sono degni bhikshu. Gli dèi dei Trenta-tre si radunano intorno ad essi, per stare insieme ai giusti signori del buon Dharma, esaltandoli con encomi di tali Nobili discepoli in tali-e-tali villaggi e città, i quali si rasero i capelli e indossarono le tonache di kashaya, lasciarono per fede le loro case, e senza un tetto andarono ad addestrarsi sul Sentiero. Avendo fatto cessare i flussi, le loro menti sono liberate, la loro saggezza è liberata. Proprio in questo presente momento, essi stessi lo sanno, si sono risvegliati, e hanno realizzato il loro completamento al massimo grado: sono finite le loro nascite; è stata stabilita la pratica divina; ciò che andava fatto è stato ottenuto; non ci sono più esistenze da sperimentare; conoscendo ciò che realmente è. Si dice che questo sia il raduno di quelli che hanno cessato i flussi, che sono Arhattva, proprio come quando gli dèi del Cielo dei Trenta-tre si radunano insieme sotto l’albero del Giorno della Liberazione". 

2.16- Così parlò il Buddha. Quei bhikshu che ascoltarono ciò che aveva detto il Buddha esultarono, lo presero con loro, ed andarono via. 

 

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Note: 

1. T0026.1.422a-c. Equivalente al Pali Parichattaka (AN.VII.65). Vi sono anche traduzioni alternative Cinesi di Gautamasamgadeva (T0125.39.2) e Danapala (T028). Gautamasamgadeva traduce qui il nome dell'albero parijata come albero del "giorno della Liberazione". Si dice che questo albero cresca nel Cielo dei Trenta-tre, di fronte al palazzo di Indra, e versi i suoi fiori a cascata sopra il Buddha.     

 

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L'armonia di Differenza e Identità 

Ts'an-t'ung-ch'i  - Del Maestro Ch'an Shih-t'ou Hsi-ch'ien 

 

Titolo del Testo: 參同契

Ts'an-t'ung-ch'i (Cinese Wade-Giles); Sandõkai (Giapponese) 

  

Varie Traduzioni del Titolo: 

1. Armonia di Differenza e Identità 

2. Armonia di Differenza e Uguaglianza 

3. Fusione di Differenza e Identità (Thomas Cleary) 

4. Identità di Relativo ed Assoluto (Dennis Genpo Merzel) 

5. Ode all’Identità (Daisetsu Teitarõ Suzuki) 

  

Autore del Testo : 石頭希遷 (700-790) 

Shih-t'ou Hsi-ch'ien (Cinese Wade-Giles);  Sekitõ Kisen (Giapponese) 

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI:

 

"Shih-t'ou era ancora un ragazzo quando il sesto Patriarca, Hui-nêng era ancora vivo; e aveva solamente tredici anni quando Hui-nêng morì. Più tardi, lui studiò il Ch’an sotto Hsing-szu e divenne uno dei grandi insegnanti del tempo."

 (Saggi di buddhismo Zen - terza Serie 116-7) 

  

"Quando ero con Shih-t'ou, ogni volta che qualcuno gli faceva una domanda, egli diceva, 'Chiudi la tua bocca, e non abbaiare come un cane!' " (Saggi di buddhismo Zen - terza Serie 45) 

  

"Mentre gli studiosi della Scuola Avatamsaka(1) stavano facendo uso a modo loro delle intuizioni del Ch’an, i maestri Zen erano attratti verso la filosofia di Identità ed Interpenetrazione difesa dall'Avatamsaka, e tentavano di incorporarla nelle loro proprie dissertazioni. Per esempio, Shih-t'ou nel suo 'Ode sull’Identità' dipinge la mutualità di Luce e Oscurità come se si restringono l'un l'altra ed allo stesso tempo essendo fuse l'una nell'altra; Tung-shan(2) nella sua composizione metrica chiamata 'Samadhi del Sacro Specchio' (3) discorre sulla mutualità di P'ien (4), 'unilaterale', e Chêng (5), 'corretto', molto similmente a Shih-t'ou nella sua Ode, perché entrambi Shih-t'ou e Tung-shan, appartenevano alla scuola di Hsing-szu nota come il ramo Ts'ao-tung (6) (Soto) del buddhismo Zen. Questa idea della Mutualità ed Identità senza dubbio deriva dalla filosofia dell’Avatamsaka, così formulata in modo competente da Fa-tsang. Poiché sia Shih-t'ou che Tung-shan, sono maestri Zen, il loro modo di presentarla non è affatto come quello dei metafisici." (Saggi di buddhismo Zen - terza Serie 19) 

  

"Sekitõ Kisen continuò la linea di trasmissione di Seigen Gyõshi (7). Egli visse in una capanna che aveva costruito per sé nelle vicinanze di un monastero buddhista. Le scritture a lui attribuite sono Sõanka (8) e Sandõkai." 

(Lo Sviluppo dello Zen Cinese dopo il Sesto Patriarca, 6) 

  

Note 

1 Hua-Yen-tsung (Kegonshû) 

2 Tung-shan Liang-chieh (Tõsan Ryõkai, 807-869) 

3 Pao-ching San-mei-ko (Hõkyõ Zanmaika) 

4 Unilaterale (p'ien, hen) 

5 Corretto (cheng, shõ) 

6 Ts'ao-tung (Sõtõ) 

7 Ch'ing-yüan Hsing-ssu (morto 740) 

8 Ts'ao-an-ko 

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Il Ts'an-t'ung-ch'i  (Sandokai)

   (Identità di Relativo e Assoluto)

 

“E’ uno dei più importanti poemi Zen, questo profondo sutra è cantato quotidiana- mente nelle cerimonie rituali di servizio del Soto Zen”.  (L'Occhio Che Mai non Dorme, D. Genpo Merzel, 135) 

  

"Shitou, la cui vita attraversò quasi l'intero ottavo secolo, è particolarmente ben conosciuto per il suo straordinario poema didattico intitolato 'Fusione di Differenza e Identità'. Questa è una delle asserzioni più compatte delle registrazioni sul buddhismo, scritto ad un livello elevato di concentrazione. Molti tentativi sono stati fatti per delucidare i suoi intimi significati, con commentari che si rifanno dal principio alla fine al tardo periodo classico dello Zen, solo alcune generazioni rimosse dalla composizione originale. 

            Nella tipica maniera dei testi scritti in uno stile concentrato di Zen, il lavoro di Shitou dice molto sulle premesse fondamentali dello Zen, già nella frase di apertura: 'La mente del grande immortale dell'India ha messo intimamente in comunicazione l’ Oriente e l'Occidente'. Il grande immortale dell’India (1), si riferisce al Buddha, e quella mente si riferisce alla mente illuminata. Il termine usato per immortale qui è un termine taoista, ed i caratteri nel titolo dell’opera sono identici ad un precedente classico Taoista dell'alchimia spirituale. Qui Shitou non sta usando un abbellimento solo letterario o l'approssimazione di concetti; il messaggio è che la mente illuminata penetra attraverso e va oltre le distinzioni di configurazione religiosa, è più profonda e non impedita da differenze culturali come quelle che vi sono tra Oriente ed Occidente".( Essenza dello Zen, 96) 

  

"Nell’ultima opera (2) Sekitõ parla del Buddha come il "Grande Eremita" (daisen)(3); il significato e la base di tutte le cose lui li chiama la "fonte spirituale" (reigen)(4). La risoluzione dialettica dei dualistici paia di opposti ji (5) e ri (6) e luce (myõ)(7) e oscurità (an)(8) in un'unità più alta, sviluppata da Sekitõ nel Sandõkai, può essere considerata la fondazione di, o il primo passo verso, la successiva dottrina dei "Cinque Ordini" (goi)(9) nella Setta Sõtõ". (Lo Sviluppo dello Zen Cinese dopo il Sesto Patriarca 6-7) 

  

"I due principali termini dei Cinque Ordini sono shõ ("eretto", "diritto") e hen ("piega", "piano inclinato"). Per il significato di shõ, serviranno le parole esplica-tive di Ryõkai: “C'è un’unica cosa: da essa è tenuto sospeso il Cielo e su di essa poggia la Terra. È nera come la lacca, costantemente in attività e in movimento". Shõ è anche L’Unico, l'Assoluto, la base di Cielo e Terra e di ogni essere. Ma questo Assoluto è dinamico, continuamente in movimento. La mente cognitiva (Geist) non può fissarlo né può mantenere una ferma presa su di esso. Questo Assoluto corrisponde a ri o an ("oscurità") nella speculazione di Sekitõ Kisen. È rappresentato simbolicamente da un cerchio nero e solido. Nella terminologia della filosofia buddhista è il Vero Vuoto (shinkû)(10). 

            In hen l'Assoluto entra nelle apparenze. Penetra completamente il mondo fenomenico, diviene il Tutto e tutte le cose. Con Sekitõ Kisen questo è ji o myõ ("luminosità"). Il cerchio bianco è il suo simbolo corrispondente. Ma i due, l'Assoluto e relativo-fenomenico, non sono separati, non sono due, ma uno solo. L'Assoluto è Assoluto rispetto al relativo. Il relativo, tuttavia, è relativo rispetto solo all'Assoluto. Perciò nella terminologia filosofica buddhista il relativo-fenomenico è "meravigliosa esistenza" (myõu)(11) che è inseparabile dalla Vera Vacuità. L'espressione è shinkû myõu (12)". (Lo Sviluppo dello Zen Cinese dopo il Sesto Patriarca, 26) 

  

“C'è un’unica e sola cosa: sopra, sostiene il Cielo; sotto, solleva la Terra. È nera come la lacca, sempre attivamente in funzione". Tung-shan Ling-chia (Tõsan Ryõkai) (Lo Sviluppo dello Zen Cinese dopo il Sesto Patriarca, 74) 

  

HEN, rappresenta                                              SHO, rappresenta

il relativo                                                          l’Assoluto

il fenomenico                                                    il fondamentale 

forma e colore                                                  la vacuità

la differenza                                                     l’identità unica

i molti                                                             l’Uno

gli attributi e le qualità                                      la vera natura

  

(Dal Dizionario Shambhala di buddhismo e Zen, 69,)

I Cinque gradi (dell’Illuminazione)  有一物上天下地。黒似漆。常在動用中。

 

Note 

1 Tu-tu ta-hsien (Chikudo daisen) 

2 Ts'an-t'ung-ch'i (Sandõkai) 

3 Ta-hsien 

4 Ling-yüan 

5 Shih 

6 Li 

7 Ming 

8 An 

9 Wu-wei 

10 Chen-kung 

11 Miao-yu 

12 Chen-kung miao-yu 

  

 

Il Testo Originale  Cinese

 

謹進觸承事萬明當當本然眼火四闇色迴門執靈人竺 石

白歩目言存物暗暗明未於色熱大合本而門事源根土 頭

參非不須函自各中中須一耳風性上殊更一元明有大 參

玄近會會蓋有相有有歸一音動自中質相切是皎利仙 同

人遠道宗合功對明暗宗法聲搖復言像境迷潔鈍心 契

光迷運勿理當比勿勿尊依鼻水如明聲不迴契枝道東

陰隔足自應言如以以卑根香濕子明元爾互理派無西

莫山焉立箭用前明暗用葉舌地得清異依不亦暗南密

虚河知規鋒及後相相其分鹹堅其濁樂位迴非流北相

度故路矩處歩睹遇語布醋固母句苦住互悟注祖付

  

 

Traduzione del Testo       參同契 (Armonia di Differenza e Identità) 

  

La mente del grande saggio dell'India  

E’ stata intimamente trasmessa da ovest ad est.  

Mentre le facoltà umane sono acute o ottuse,  

La Via non ha antenati settentrionali o meridionali.  

La Sorgente spirituale splende chiara nella Luce;  

Le correnti ramificate scendono nel buio.  

Attaccarsi alle cose è certamente ingannevole; 

Accordarsi con l’identità non è ancora Illuminazione. 

Tutti gli oggetti dei sensi,

Interagiscono tra loro, eppure non è così. 

L’interagire porta il coinvolgimento. 

Altrimenti, ciascuno mantiene il suo posto. 

Le visioni variano in qualità e forma, 

I suoni differiscono come piacevoli o aspri. 

Nel buio parole raffinate e comuni sono uguali, 

Nella luce le frasi chiare e le oscure si distinguono. 

I quattro elementi ritornano alla loro natura 

Proprio come un bambino si volge verso sua madre;  

Il fuoco riscalda, il vento soffia e si muove 

L’acqua è bagnata, la terra è solida.  

L’occhio può vedere, l’orecchio sente i suoni, 

Il naso ha l’odorato, e la lingua può gustare; 

Quindi,  con ognuna di tutte queste cose, 

Dipendendo da queste radici, le foglie crescono. 

Il tronco e i rami condividono l'essenza; 

Persone riverite e comuni, ognuno ha il suo modo di parlare. 

Nella luce vi è oscurità, ma non prendetela come oscurità; 

Nel buio vi è la luce, ma non vedetela come luce. 

La luce ed il buio si oppongono l'un l'altro 

Come nel camminare, il piede davanti e quello dietro. 

Ognuna delle innumerevoli cose ha il suo merito, 

Espresso secondo la sua funzione e luogo. 

I fenomeni esistono; scatola e coperchio si adattano; 

Il principio corrisponde; la freccia punta al bersaglio. 

Sentendo le parole, si capisce il significato; 

Non stabilite i vostri propri standard. 

Se non comprendete la Via diritta davanti a voi, 

Come potrete conoscere il sentiero su cui state camminando? 

Il progresso non è questione se è lontano o vicino, 

Ma se siete confusi, montagne e fiumi ostacolano la vostra Via. 

Io rispettosamente esorto voi che studiate il mistero, 

A non passare invano i vostri giorni e notti. 

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Bibliografia: 

  

Lo Sviluppo dello Zen Cinese dopo il Sesto Patriarca. Heinrich Dumoulin.  SMC Pubblic., Inc. Taipei n.d.. 

  

Saggi di buddhismo Zen, 3 vols. Daisetsu Teitaro Suzuki. Rider & Co. Londra, 1949-53. 

  

L'Occhio Che Mai non Dorme. Dennis Genpo Merzel. Shambhala. Boston, 1991. 

  

Il Dizionario di Shambhala di buddhismo e Zen. Shambhala. New York, 1994. 

  

L’Essenza dello Zen: La Scienza della Libertà. Ed. e trad. di Thomas Cleary. Shambhala. New York, 1989. 

  

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Il Canto del Samadhi del Prezioso Specchio

(Pao-ching San-mei-ko) 

Del Maestro Ch'an Tung-shan Liang-chieh

  

Contenuti :Titolo del Testo - Autore del Testo 

Il Pao-ching San-mei-ko: Il Testo Originale Cinese

Traduzione del Testo - Trascrizione giapponese del Testo 

Bibliografia 

  

Titolo del Testo  -

  

Pao-ching San-mei-ko (Cinese Wade-Giles) 

Hõkyõ Zanmaika (Giapponese) 

Letteralmente, Tesoro Specchio Samâdhi Canto/Poema 

Il poema è noto come Hõkyõ Zammai (Samâdhi del Prezioso Specchio). 

  

Varie Traduzioni del Titolo 

1. La Canzone-Samadhi dello Specchio Ingioiellato (Toshu John Neatrour, Sheng-yen, Kazu Tanahashi) 

2. Canto del Samadhi del Gioiello Specchio

3. Samadhi dello Specchio Sacro (Daisetsu Teitarõ Suzuki) 

4. Samadhi dello Specchio Prezioso

5. Canto del Brillante Specchio Samadhi 

  

Autore del Testo: Tung-shan Liang-chieh (Cinese Wade-Giles) 

Tõzan Ryõkai (Giapponese) 

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI:

Tung-shan Liang-chieh (Tõzan Ryõkai, 807-869) è il fondatore della Scuola di buddhismo Zen Ts'ao-tung (Sõtõ). Egli fu un contemporaneo di Lin-chi I-hsüan (Rinzai Gigen, morto 866). 

Tung-shan Liang-chieh è anche noto come Wu-pen Ta-shih (Gohon Daishi). 

In giapponese, il suo nome (Tung-shan) è pronunciato sia Tõzan che Tõsan. 

I suoi detti ed insegnamenti furono compilati in Tung-shan Ch'an-shih Liang-chieh Yü-lu (Tõzan Ryõkai Zenji Goroku) (Dainihon Zokuzõkyõ, vol. 2 N.ro 24).  

  

"Tõsan Ryõkai praticò prima sotto Nansen(1) e Isan(2), ma fu dal maestro Ungan Donjõ (3) che alla fine egli ricevette il Sigillo della Trasmissione. La sua maniera di istruire e guidare i discepoli fu mite, senza bastoni o urla. Nell’introspezione silen-ziosa essi furono spinti a cercare l’illuminazione che deve manifestarsi nelle attività della vita quotidiana." (Lo Sviluppo dello Zen Cinese dopo il Sesto Patriarca, 25) 

  

"Mentre Tung-shan Liang-chih era ancora un ragazzo, un insegnante di Vinaya gli fece studiare il Sutra del Cuore, Hridaya-Sûtra (4), e tentò di spiegargli la frase, 'non c'è nessun occhio, nessun naso...' Ma Liang-chih osservò il suo insegnante, scrutandolo col suo occhio, poi toccò il suo proprio corpo con la mano, e alla fine disse, 'Lei ha un paio di occhi, e gli altri organi di senso, ed anch’io sono provvisto di essi. Perché i Buddha ci dicono che non c'è nessuna di tali cose?' L'insegnante di Vinaya fu sorpreso per questa domanda e così gli disse: 'Io non sono in grado di essere il tuo insegnante. Devi andare da un maestro di Zen, perché un giorno tu sarai un grande insegnante del Mahâyâna'." (Saggi di buddhismo Zen - terza Serie 237-8) 

  

"Yun-mên (5) chiese a Tung-shan: 'Da dove vieni?' 'Da Chia-tu'. 'Dove hai passato la sessione estiva?' 'A Pao-tzu, in Hu-nan'. 'Quando sei venuto qui?' 'Il venticinque di Agosto'. Yun-mên concluse, 'Io ti condono i trenta colpi [benché tu li meritassi veramente]'. 

Sull'incontro di Tung-shan con Yun-Mên, Tai-hui commentò: 

            “Com’ era semplice di cuore Tung-shan! Egli rispose rettamente al maestro, e così fu naturale per lui riflettere, 'Che colpa ho commesso per dover avere i trenta colpi dato che io risposi veramente come dovevo?' Il giorno seguente egli si recò di nuovo di fronte al maestro e gli chiese, 'Ieri sei stato lieto di condonarmi trenta colpi, ma io non riesco a rendermi conto di quale fosse la mia colpa'. Yun-mên disse, 'Oh, tu sacco-di-riso, ecco il modo in cui tu sei venuto dall'ovest del fiume al sud del Lago!' Questa frase all'improvviso aprì l'occhio di Tung-shan, eppure egli non aveva niente da comunicare, nulla da ragionarci sopra. Egli sem-plicemente si prostrò, e disse, 'Dopo questo, io costruirò la mia piccola capanna dove non c'è alcuna abitazione umana; non un grano di riso sarà tenuto nella mia dispensa, non un gambo di vegetale crescerà nel mio campo; e però io tratterò con abbondanza tutti i visitatori che giungeranno al mio eremo da tutte le parti del mondo; e tirerò via anche tutti i chiodi e le viti [che sono contenuti in un palo]; io li scambierò coi loro cappelli unti e vestiti male-odoranti, così che essi siano completamente ripuliti dall’immondizia e diventino degni monaci'. Yun-mên sorrise e disse, 'Che bocca grande che hai, per un corpo non più grande di una zucca!'. " (Saggi di buddhismo Zen - Seconda Serie, 28)  

  

"Mentre gli studiosi della Scuola Avatamsaka(6) stavano facendo uso a modo loro delle intuizioni del Ch’an, i maestri Zen erano attratti verso la filosofia di Identità ed Interpenetrazione difesa dall'Avatamsaka, e tentavano di incorporarla nelle loro proprie dissertazioni. Per esempio, Shih-t'ou(7) nel suo 'Ode sull’Identità' (8) dipinge la mutualità di Luce e Oscurità come se si restringono l'un l'altra ed allo stesso tempo essendo fuse l'una nell'altra; Tung-shan nella sua composizione metrica chiamata 'Samadhi del Sacro Specchio' discorre sulla mutualità di P'ien (9), 'unilaterale', e Chêng (10), 'corretto', molto similmente a Shih-t'ou nella sua Ode, perché entrambi Shih-t'ou e Tung-shan, appartenevano alla scuola di Hsing-szu nota come il ramo Ts'ao-tung (Soto) (11) del buddhismo Zen. Questa idea della Mutualità ed Identità senza dubbio deriva dalla filosofia dell’Avatamsaka, così formulata in modo competente da Fa-tsang. Poiché sia Shih-t'ou che Tung-shan, sono maestri Zen, il loro modo di presentarla non è affatto come quello dei metafisici." (Saggi di buddhismo Zen - terza Serie 19) 

  

"Il poema di Tung-shan, che fu composto quando una volta egli vide il suo riflesso nel ruscello che stava attraversando, può darci uno squarcio della sua esperienza interiore del Prajñâpâramitâ (cioè la scoperta della vera Verità…): 

 

Ecco ora altri poemi, sulla stessa falsariga, estratti qua e là e che asseriscono la stessa cosa:       

 

Stai attento a non cercare [la Verità] da altri, 

            Essa si ritirerà sempre più lontana da te; 

            Io ora me ne vado tutto solo e da solo, 

            E la incontro dappertutto ovunque io mi giri. 

            Essa non è altro che me stesso, 

            Epperò io non sono ancora essa. 

            Quando avrò capito questo, 

            Sarò faccia a faccia con la Talità." 

                                                                       (Saggi di buddhismo Zen - terza Serie, 238) 

  

            Cercandola da sempre attraverso gli altri, 

            Io ero ben lontano dall'arrivarvi vicino. 

            Ora io me ne sto da solo; e la incontro dappertutto. 

            Essa è proprio me-stesso, ed io non sono me!.  

            Comprendendo in questo modo, 

            Io posso essere come veramente sono!. 

                                                                                                          (Due Classici Zen, 267) 

  

           

Non cercarla mai da un altro, fuori di te, 

            Altrimenti sarai estraniato dal tuo vero Sé. 

            Io ora che proseguo il sentiero da solo, 

            Cercando me, incontro essa dappertutto. 

            Adesso essa è me, ed io non sono Essa. 

            Uno dovrebbe comprendere in questo modo,

Per potersi unire alla Talità così com’è!

                                                                                               (La Trasmissione della Luce, 38) 

  

            Non cercarla mai da altri (fuori di te), 

            Altrimenti sarai alienato da te-stesso. 

            Adesso che io vado avanti da solo - 

            Dappertutto io la incontro. 

            Ora essa è me-stesso, ora io non sono Essa. 

            Uno deve capire in questo modo, 

            Per immergersi nell’Essere, così come è. 

                                                                                              (La Trasmissione della Luce, 167) 

  

Wu-Men Kuan (Mumonkan), Caso 15, I Sessanta Colpi di Tung-shan

    Tung-shan venne a studiare lo Zen sotto Yün-men (Unmon). Yün-men chiese, "Da dove vieni?" 

"Da Cha-tu (Sato)", rispose Tung-shan. 

"Dove sei stato durante l'estate? " 

"Beh, ero al monastero di Pao-tz'u (Hõzu), a sud del lago." 

"Quando sei andato via da là?", chiese ancora Yün-men. 

"Il 25 di Agosto", fu la replica di Tung-shan. 

"Ti risparmio sessanta colpi!", disse Yün-men, alla fine. 

Il giorno dopo, Tung-shan andò da Yün-men e disse, "Ieri, Lei ha detto che mi risparmiò sessanta colpi. Ora io le chiedo, dove era la mia colpa?" 

"Oh, tu, sacco di riso!" gridò Yün-men. "Cosa vai in giro a vagare, ora ad ovest del fiume, ora a sud del lago?" 

Tung-shan ebbe allora una fulminea e potente esperienza di illuminazione. 

(Commento di Wu-men)- (Se Yün-men avesse dato a Tung-shan il vero cibo dello Zen, incoraggiandolo a sviluppare un attivo spirito Zen, la sua scuola non sarebbe declinata come poi avvenne). 

Tung-shan ebbe una tormentosa lotta per tutta la notte, perduto nel mare del giusto e dell’errato. Quindi, giunse ad un totale vicolo cieco. Dopo avere aspettato l'alba, egli andò di nuovo da Yün-men, e Yün-men gli creò ancora un libretto di figure Zen.                                                                 (Due Classici Zen, 61-2) 

  

Wu-men Kuan (Mumonkan), Caso 18, Il "Ma san chin" di Tung-shan.

    Un monaco chiese a Tung-shan, "Cos’è il Buddha?"

Tung-shan rispose, "Ma san chin!"(Masagin) [Tre libbre di lino!].  (Due Classici Zen, 71) 

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Note 

1 Nan-ch'üan P'u-yüan (Nansen Fugan, 748-834) 

2 Wei-shan Ling-yu (Isan Reiyû 771-853) 

3 Yün-yen T'an-cheng (Ungan Donjõ 782-841) 

4 Il Sûtra del Cuore (Hannya Shingyõ) (Sanscrito, Mahâprajñapâramitâ-hridaya-sûtra, Giapp., Maka Hannya Haramita Shingyõ), brano del 'Prajñapâramitâ-sûtra'); il più corto dei quaranta sûtra che costituiscono il Prajñapâramitâ-sûtra".   (L'Enciclopedia della Filosofia e Religione Orientale, 128) 

5 Yün-men Wen-yen (Unmon Bun'en, 864?-949) Noto anche come K'uang-chen Ch'an-shih (Kyõshin Zenji) 

6 Hua-Yen-tsung (Kegonshû) 

7 Shih-t'ou Hsi-ch'ien (Sekitõ Kisen, 700-790) 

8 Ts'an-t'ung-ch'i (Sandõkai???) 

9 unilaterale (p'ien, hen) 

10 corretto (cheng, shõ) 

11 Ts'ao-tung (Sõtõ) 

 

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Il Pao-ching San-mei-ko 

  

Il Pao-ching San-mei-ko è uno dei più famosi poemi Zen. Il poema è considerato come un sûtra nella Setta Sõtõ, all’interno della quale occupa una importantissima posizione come scrittura. Il testo si trova in Taishõ Daizõkyõ,vol. 47, n.ro 515 a/b.

  

  "Uno dei Cinque Classici, ‘Nei Jing’ (1) (Il Libro dei Mutamenti) è un sistema di divinazione basato sulle permutazioni di yin e yang, che esamina le tendenze attuali verso il cambiamento, rappresentate attraverso l'uso di combinazioni di sei-linee tra intere ed interrotte, chiamate esagrammi. Dongshan Liangjie si riferisce espressamente a quest’opera nel suo famoso poema, Baojing sanmei ke, (Il Canto del Samadhi del Gioiello Specchio), un testo basilare di Cao-Dong(2): "È come le sei linee della duplice divisione dell’esagramma; il relativo e l’assoluto integrati – uno sull’altro, ne formano tre; e la totale trasformazione ne fa cinque". (3). Veramente, l’insegnamento di Dongshan dei Cinque Ordini (4) può venir compreso anche come un chiarimento diagrammatico dell'interazione tra yin e yang, trasposti in un contesto buddhista." 

  

Note 

1 ‘I Ching’ (Ekikyõ) 

2 Ts'ao-tung (Sõtõ) 

3 重離六爻、偏正回互。疊而成三、變盡爲五。

4 Wu-wei (Goi) 

  

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Il Testo Originale Cinese

  

只潛不臣非木箭藝以以如佛要顛隨先外宗宗今毫細因天錯通正如疊重終婆不如汝如雖爲夜但背動意類銀汝如

能行順奉情人鋒以有有虎道合倒其聖寂通趣有忽入眞然宗中而離不婆去世是臨非物半形觸成不而碗今是

相密不於識方相巧驚下之垂古想顛悲内趣分頓之無時而則通妙草成六得和不嬰非寶有作正文共在不盛得之

續用孝君到歌値力異劣缺成轍滅倒之搖極矣漸差間節妙吉途挾味三爻物和來児渠鏡爲則明彩非臼言齊雪之法

名如不子寧石巧射狸寶如十請肯以爲眞即不大寂不不挾敲如變偏語有不五渠形不用天即如差來混明宜佛

主愚奉順容女力中奴几馬劫觀心緇法駒常是立應然屬可帯唱金盡正未句起相正影是抜曉屬大落機則月能祖中如非於思起何百白珍之觀前自爲檀伏流規宗律方昭迷犯挾雙剛爲回正無不完是相無諸不染火顧亦知藏保密

主魯輔父慮舞預步牯樹古許素度鼠注矩趣呂所著悟忤路舉杵五互故句住具汝覩語苦露聚佇赴處鷺護附

  

Trascrizione giapponese del Testo 

 

寶鏡三昧歌Hõkyõ Zanmaika

 

如是之法 佛祖密附   Nyoze no hõ Busso mitsu ni fusu.

汝今得之 宜能保護   Nanji ima kore o etari, yoroshiku yoku hõgo subeshi.

銀碗盛雪 明月藏鷺   Ginwan ni yuki o mori, meigetsu ni ro o kakusu.

類而不斉 混則知處   Rui shite hitoshikarazu. Konzuru tokinba tokoro o shiru.

意不在言 來機亦赴   Kokoro koto ni arazareba, raiki mata omomuku.

動成臼 差落顧佇   Dõzureba kakyu o nashi, tagaeba kocho ni otsu.

背觸共非 如大火聚   Haisoku tomo ni hi nari. Daijaku no gotoshi.

但形文彩 即屬染汚   Tada monsai ni arawaseba, sunawachi zenna ni zokusu.

夜半正明 天曉不露   Yahan shõmei, tengyõ furo.

爲物作則 用抜諸苦   Mono no tame ni nori to naru. Moichiite shõku o nuku.

雖非有爲 不是無語   Ui ni arazu to iedomo, kore go naki ni arazu.

如臨寶鏡 形影相覩   Hõkyõ ni nozonde, gyõyõ aimiru ga gotoshi.

汝是非渠 渠正是汝   Nanji kore kare ni arazu, kare masa ni kore nanji.

如世嬰児 五相完具   Yo no yõji no gosõ gangu suru ga gotoshi.

不去不來 不起不住   Fukyo, furai, fuku, fujû.

婆婆和和 有句無句   Ba-ba wa-wa, uku, muku,

終不得物 語未正故   Tsui ni mono o ezu, go imada tadashikarazaru ga yue ni.

重離六爻 偏正回互   Juri rikkõ, henshõ ego,

疊而成三 變盡爲五   Tatande san to nari, henji tsukite go to naru.

如茎草味 如金剛杵   Chisõ no ajiwai no gotoku, kongõ no sho no gotoshi.

正中妙挾 敲唱雙舉   Shõchû myõkyõ, kõshõ narabi agu.

通宗通途 挾帯挾路   Shû ni tsûji to ni tsûzu, kyõtai kyõro.

錯然則吉 不可犯忤   Shakunen naru tokinba kitsu nari. Bongo subekarazu.

天眞而妙 不屬迷悟   Tenshin ni shite myõ nari. Meigo ni zoku sezu.

因縁時節 寂然昭著   Innen jisetsu, jakunen to shite shõcho su.

細入無間 大絶方所   Sai ni wa muken ni iri, dai ni wa hõjo o zessu.

毫忽之差 不應律呂   Gõkotsu no tagai, ritsuryo ni õzezu.

今有頓漸 縁立宗趣   Ima tonzen ari, shûshu o rissuru ni yotte.

宗趣分矣 即是規矩   Shûshu wakaru, sunawachi kore kiku nari.

宗通趣極 眞常流注   Shû tsûji shu kiwamaru mo, shinjõ ruchû.

  外寂内搖 繋駒伏鼠  Hoka jaku ni uchiogoku wa, tsunageru koma, fukuseru nezumi.

先聖悲之 爲法檀度   Senshõ kore o kanashinde hõ no dando to naru.

隨其顛倒 以緇爲素   Sono tendõ ni shitagatte shi o motte so to nasu.

顛倒想滅 肯心自許   Tendõ sõmetsu sureba kõshin mizukara yurusu.

要合古轍 請觀前古   Kotetsu ni kanawan to yõseba kõ zenko o kanzeyo.

佛道垂成 十劫觀樹   Butsudõ o jõzuru ni nannan to shite jukkõ ju o kanzu.

如虎之缺 如馬之     Tora no kaketaru ga gotoku, uma no yome no gotoshi.

以有下劣 寶几珍御   Geretsu aru o motte hõki chingyo,

以有驚異 狸奴白     Kyõi aru o motte rinu byakko.

藝以巧力 射中百歩   Gei wa gyõriki o motteite hyappo ni atsu,

箭鋒相値 巧力何預   Senpõ aiau, gyõriki nanzo azukaran.

木人方歌 石女起舞   Bokujin masa ni utai, sekijo tatte mau.

非情識到 寧容思慮   Jõshiki no itaru ni arazu, mushiro shiryo o iren ya.

臣奉於君 子順於父   Shin wa kimi ni bushi, ko wa chichi ni junzu.

不順不孝 不奉非輔   Junzezareba kõ ni arazu, busezareba ho ni arazu.

潛行密用 如愚如魯   Senkõ mitsuyõ wa gu no gotoku, ro no gotoshi.

只能相續 名主中主   Tada yoku sõzoku suru o shuchû no shu to nazuku.

                             ___________________________________ 

Traduzione del Testo  寶鏡三昧歌

  

Il Canto del Samadhi dello Specchio Prezioso

  

Il Dharma della Quiddità (la Talità, il così-com-è) è intimamente trasmesso

Da tutti i Buddha e dagli antenati spirituali. 

Ora che tu lo possiedi, preservalo bene!. 

Una ciotola d’argento piena di neve, un airone nascosto nella luna. 

Presi allo stesso modo, non sono gli stessi;

Quando non distinti, i loro luoghi sono conosciuti. 

Il significato non risiede nelle parole, ma lo produce un preciso momento. 

Muoviti e sarai intrappolato, mancalo e vacillerai nel dubbio. 

Toccarlo oppure rifiutarlo è comunque sbagliato, perché esso è come un fuoco. 

Anche riportarlo in forma letteraria, è contaminarlo con una macchia. 

Nella notte più scura esso è perfettamente chiaro; nella luce dell’alba è nascosto. 

Esso è comune in tutte le cose; il suo uso rimuove ogni sofferenza. 

Sebbene non sia costruito, non è aldilà delle parole. 

Come davanti a uno specchio prezioso; il riflesso e la forma si vedono l'un l'altra. 

Tu non sei esso, ma in verità esso è te. 

Come un bimbo neonato, esso è pienamente dotato di cinque aspetti: 

Non andando e non venendo, nessun sorgere né permanere; 

Dicendo P'o-p'o han-han - è stato detto qualcosa o no? 

Alla fine niente è stato detto, perché le parole non sono corrette. 

Nell’esagramma "duplice fuoco", sono trasposte le linee principali e secondarie, 

Messe una sopra l’altra diventano tre; le permutazioni ne fanno cinque. 

Come il gusto dell'erba ai cinque gusti, come il vajra a cinque punte. 

Abbracciati felici all'interno del tutto, suonando e cantando iniziano insieme. 

Penetra la sorgente e percorri i sentieri, abbraccia il territorio e fa tesoro delle vie. 

Tu faresti bene a rispettare tutto questo; non trascurarlo. 

Naturale e meraviglioso, esso non è materia di illusione o illuminazione.  

All'interno di cause e condizioni, tempo e stagioni, esso è sereno ed illuminante. 

Così minuto entra dove non c'è apertura, così enorme trascende ogni dimensione. 

Ma se c’è anche una minima deviazione, tu sarai fuori strada. 

Ora, può essere improvvisa o graduale, secondo gli approcci e gli insegnamenti. 

Con distinti approcci ed insegnamenti, ognuno ha le sue possibilità. 

Se si è o meno padroni di approcci e insegnamenti,la realtà fluisce continuamente. 

Immobili fuori e tremanti dentro, come puledri legati o topi spaventati. 

Gli antichi saggi si addolorarono per essi, ed offrirono loro il dharma. 

Portati fuori dalle loro visioni invertite, essi prendono il nero per bianco. 

Quando ferma i pensieri invertiti, la mente che afferma si accorda naturalmente. 

Se vuoi proseguire sulle antiche piste, per favore osserva i saggi del passato. 

Colui che sta realizzando la Via del Buddha contemplò un albero per dieci kalpa. 

Come una tigre lanciata in battaglia, come un cavallo pronto a scattare. 

Poiché alcuni sono volgari, con tavole ingioiellate e mantelli riccamente ornati. 

Poiché altri sono di larghe-vedute, come gatti e buoi bianchi. 

Con la sua abilità da arciere, Yi fece centro da cento passi. 

Ma quando le frecce vanno in-su, come potrebbe essere questione di abilità? 

L'uomo di legno comincia a cantare, la donna di pietra si alza per ballare. 

Poiché non è raggiunto da sentimenti o coscienza, come potrebbe portare libertà? 

I Ministri servono i loro signori, i bambini rispettano i loro genitori. 

Non obbedire né rispettare non è filiale, e non servire non è certo di aiuto. 

La pratica nascosta che funziona in segreto, fa apparire come un’ idiota sciocco. 

Però, continuare così, è chiamato l'ospite all'interno dell'ospitante. 

  

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Una Traduzione Alternativa, di Toshu John Neatrour, Sheng-Yen, e Kazu Tanahashi 

 

 Il Canto del Samadhi dello Specchio Ingioiellato

   

L'insegnamento della Quiddità, è stato dato direttamente,

tramite tutti gli antenati dei Buddha, 

Ora che esso è Vostro, conservatelo bene. 

Servire neve in una ciotola d’argento, o aironi celati nello sfolgorìo della luna 

Visti separatamente, sembrano simili, ma insieme, essi sono diversi. 

Il significato non può stare nelle parole, ma si adatta a ciò che sorge. 

Se tremerete sarete persi in trappola, perdetelo e vi pentirete per sempre. 

Non rifiutate e non attaccatevi alle parole, è sbagliato comunque;

Come una palla di fuoco, che è utile ma pericolosa.

Espresso soltanto in eccellente linguaggio, lo specchio si annerirà. 

A mezzanotte è davvero molto brillante, di giorno non può ancora essere visto. 

Esso è il principio che regola tutto, ed allevia ogni sofferenza. 

Benché esso non agisca, non è senza parole. Nello specchio prezioso

La forma incontra il riflesso: Tu non sei Quello, ma Esso è tutto ciò che tu sei.

Proprio come un bambino, con tutti i cinque sensi, non c’e andare né venire,

Non c’è sorgere né rimanere, solo balbettii e parole senza senso, 

Nessuna comprensione, nessuna espressione chiara. 

Sei linee fanno il duplice trigramma , dove principio e apparenze interagiscono. 

Linee ancora ammuchiate in tre paia si trasformano in cinque modi. 

Come i cinque sapori dell’erba hyssop o le cinque punte dello scettro di diamante, 

La realtà si armonizza sottilmente, come ritmo e melodia, che insieme è musica. 

Penetrate la radice e scoprirete i rami-attaccamenti, poi uno trova la strada. 

Essere in errore è di lieto auspicio, non c'è certo contraddizione. 

Naturalmente puro e profondamente sottile, non riguarda illusione né risveglio, 

In ogni momento e condizione, esso risplende quietamente. 

Così sottile da non poter entrare in nessun spazio aperto,

Così grande che i suoi limiti non possono essere misurati. 

Ma se siete distanti anche un solo capello, ogni armonia si perde in discordia. 

Ora vi sono scuole improvvise e graduali, così sorgono approcci standard. 

Ma penetrando e dominando l'approccio, la costante genuinità continua a fluire. 

Immobili fuori, e traballanti dentro: come cavalli imbastiti e topi impauriti;

I compassionevoli Saggi li liberarono con l'insegnamento. 

Rovesciando i metodi, i popoli presero il nero per bianco. 

Il pensiero invertito impedì loro di realizzare la mente senza neanche provare. 

Se poi volete proseguire l’ antico Sentiero, allora considerate gli anziani: 

Il Buddha, completando il percorso, stette immobile per dieci lunghi eoni. 

Come una tigre che segue la preda, come un cavallo che alza la zampa sinistra, 

Per coloro la cui abilità è sotto tiro, un tavolino ingioiellato e una tunica broccata. 

Per gli altri che ancora si domandano, ci sono un gatto di casa e una vacca. 

Yi, l'arciere nel cielo colpì nove soli su dieci, salvando i raccolti dal seccarsi,

Mentre un altro arciere colpì il bersaglio centrandolo da cento passi: 

Queste abilità sono piccole se paragonate a quella in cui le punte di due freccie

Tirate in alto a testa in su si incontrano a mezz’aria. 

L’uomo di legno irrompe con il suo canto, la  ragazza di pietra si mette a ballare, 

Essi non possono essere conosciuti dal mero pensiero o dai sentimenti,

E quindi, come potranno essere analizzati? 

Il ministro serve ancora il suo signore, il bambino rispetta il suo genitore. 

Non rispettare non è degno di un figlio, mentre non servire è uno spreco inutile. 

Praticare interiormente, funzionare in segreto, sembrare sciocchi e stupidi,

Se soltanto potete persistere così, vedrete il Signore all'interno della persona. 

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Bibliografia 

  

Lo Sviluppo dello Zen Cinese dopo il Sesto Patriarca. Heinrich Dumoulin. SMC Pubblic., Inc. Taipei n.d.. 

  

L'Enciclopedia della Filosofia e Religione Orientale. Ingrid Fischer-Schreiber, et al. Shambhala Pubblic. New York, 1994. 

  

Saggi di buddhismo Zen, 3 vols. Daisetsu Teitaro Suzuki. Rider & Company. Londra, 1949-53. 

  

Due Classici Zen. Katsuki Sekida. Weatherhill. New York, 1995. 

  

L’Essenza dello Zen: La Scienza della Libertà. Ed. e trad. di Thomas Cleary. Shambhala Pubblic. New York, 1989. 

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Questi testi sono stati estratti da INTERNET – e tradotti da Aliberth (Alberto Mengoni) –

Finito nel mese di Dicembre 2004 – per conto del CENTRO NIRVANA di ROMA – Solo per uso interno.

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CENTRO NIRVANA –  Sito web: www.centronirvana.it; E.mail: centronirvana@libero.it - nirvananews@libero.it;

 

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COMMENTO BREVE di Aliberth: - Per chi avesse occasionalmente intenzione di avvicinarsi alla scoperta della meravigliosa dottrina del Chan (Zen), non c’è niente di meglio di iniziare a farlo leggendo gli antichi Sutra del Periodo d’Oro del Chan Cinese (circa 630- 900 d.C.). Al fine di agevolare l’interesse e la possibilità  di chi è arrivato fin qui, proponiamo la lettura e la riflessione interiore di alcuni tra i più importanti Sutra del Buddhismo Cinese. Questa Prima Parte presenta alcuni Canti e Compendi che possono aiutare a comprendere la specificità metafisica, ma anche profondamente spirituale, della metodologia Chan. La Verità (con la maiuscola) che è celata agli occhi delle persone comuni, che vivono nell’ordinaria vita mondana, può essere bruscamente rivelata e assaporata da quei pochi arditi che si sentano di volerla a tutti i costi scoprire. Con la sola forza della motivazione, ma poi con una decisa intenzione a mettere in atto la pratica effettiva del Chan (meditazione e comprensione), si potrà giungere fino agli estremi limiti della sapienza spirituale umana. Quella stessa raggiunta dagli adepti e seguaci della Via tracciata dal Buddha e riproposta dal filone Cinese, che vi aggiunse la preziosa e particolare conoscenza intima e profonda del Taoismo.

°°°° FINE DELLA PRIMA PARTE -----------------------------------------------------------------------------